Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Zobeyde    27/09/2022    3 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

ALLA FINE DI TUTTE LE COSE
 
 
 
 
Jim avrebbe voluto poter strappare alla notte qualche altra ora.
Aveva smesso di nevicare, ma i vetri delle finestre erano coperti da un sottile strato di brina luccicante. Immersi nel tepore dell’ufficio, rischiarato dai primi raggi dell’alba, lui e Alycia indugiarono un altro un po’ sotto le coperte; sapevano di non poter chiudere il mondo fuori per molto, che di lì a poco Valdar sarebbe venuto a cercarli, ma non ne parlarono, non ancora, impegnati com’erano nel cercare nuovi modi per intrecciare le loro membra nude sul pavimento.
Fecero l’amore un’altra volta, poi, stesa accanto a lui con la testa abbandonata sul suo petto, Alycia gli posò un bacio sulla clavicola e bisbigliò: «É ora di andare.»
A malincuore, Jim acconsentì.
Si vestirono lentamente e scesero al piano di sotto tenendosi per mano.
Valdar li attendeva nell’atrio dell’ospedale, con Wiglaf appollaiato sulla spalla, intento ad affilare con un coltello la punta di una specie di lancia ricavata da un grosso ramo di melo; ne aveva preparate molte altre durante la notte.
Consumarono insieme una veloce colazione a base di uova al tegamino e tè amaro, dopodiché cambiarono aspetto e indossarono nuovamente i loro travestimenti. Infine, abbandonarono la sicurezza del rifugio passando dal retro.
Avevano stabilito che la scelta migliore fosse sfruttare il bosco di frassini che delimitava il prato alle spalle dello Sherwood; da lì avrebbero potuto studiare la Torre Nera da vicino, contando tuttavia sul riparo offerto dagli alberi e sulla possibilità di fuggire in caso di pericolo. E poi, lì dove il Tutto e la Vita ancora resistevano, il Vuoto aveva meno potere.
La foresta era fredda e immobile, come cristallizzata da un incantesimo; non un soffio di vento, né il canto di un uccello. Persino il suono dei loro passi era smorzato dallo strato di neve soffice posatasi solo poche ore prima. Si fermarono sul limitare di una radura da cui si aveva una buona visuale.
La Torre Nera incombeva su di loro, vicina come non mai: solo ora potevano rendersi conto di quanto fosse immensa, tanto da poter contenere tranquillamente tre intere città. L’Oscurità di cui era composta vorticava lenta, paziente e letale, in mezzo alla campagna invasa dalla grigia foschia del mattino.
Guardandola, si aveva la raggelante sensazione di trovarsi davvero alla Fine di Tutte le Cose.
Jim, Alycia e Valdar si confrontarono per capire da quale punto fosse meglio entrare e se farlo di giorno o di notte; secondo Alycia e Valdar conveniva attendere che facesse buio, ma Jim non era d’accordo:
«Ho già affrontato le Creature Vuote, non sopportano la luce e il calore. Se c’è un momento della giornata in cui sono più vulnerabili è questo.»
Valutarono i pro e i contro di entrambe le opzioni e intanto cercarono di rubare quante più informazioni dal territorio nemico.
«Voglio tentare un altro viaggio in astrale» propose Jim a un tratto. «Controllare la situazione e provare a mandare un segnale agli ostaggi, in questo modo sapranno che devono tenersi pronti.»
«È rischioso» replicò Alycia. «Potresti essere intercettato.»
«Ogni passo che compiremo di qui in poi sarà rischioso» obiettò Jim. «Preferisco avere anche solo una minima idea di cosa ci aspetta che brancolare nel buio.»
Furono tutti e tre d’accordo. Jim chiuse gli occhi, si concentrò, dopodiché estese la propria coscienza oltre i limiti fisici della Carne e cercò di toccare quella di Solomon, di Boris o di un membro qualsiasi della compagnia.
Nel momento in cui valicò le soglie del Vuoto, i bordi della ferita sulla spalla iniziarono a pizzicare ed ebbe l’impressione che l’Oscurità si aprisse per cedergli il passo, quieta e rassicurante.
Corrispondenza. Era il Vuoto che gli dava il benvenuto, percependolo non come una minaccia ma come un figlio recalcitrante che ritrova la finalmente la via di casa. Non era un rapporto in cui Jim riusciva a sentirsi a proprio agio, ma tanto valeva sfruttarlo.
La sua mente sfiorò labili guizzi vitali in un oceano morto e vuoto, anime intrappolate e condannate a spegnersi lentamente: uomini, donne, bambini. Jim poteva quasi sentire il loro muto urlo di dolore, la loro confusione, la loro paura…
Mi dispiace, avrebbe voluto dire a tutti loro, prima che l’Oscurità li inghiottisse per sempre. Mi dispiace che stiate patendo tutto questo.
Fu in quel momento che una coscienza urtò la sua, veloce e brusca come una spallata: era un groviglio di emozioni indisciplinate, di paura, di rabbia, ma anche speranza e determinazione. Qualcuno era in fuga.
Sconcertato, Jim si avvicinò il più possibile, cercando di riconoscere quell’aura ribelle, sperando con tutte le forze che si trattasse di Solomon, o di Arthur, o di qualcuno dei loro…
«Aiuto! Qualcuno mi aiuti!»
Jim spalancò gli occhi, il cuore in gola. Scattò in piedi. «Laggiù!»
Stupefatti, Alycia e Valdar seguirono la direzione indicata; una persona era appena sbucata fuori dalla Torre e correva a perdi fiato tra le sterpaglie verso il bosco.
«Potrebbe essere un ostaggio» disse Jim. «Dobbiamo aiutarlo!»
Ma qualcos’altro emerse dal muro di Oscurità, riempiendo il cielo di sinistri lamenti e di un frenetico sbattere di ali. Sembrava uno stormo di corvi, ma erano troppo grossi per essere corvi e i suoni che emettevano erano diversi da quelli di qualsiasi uccello Jim avesse mai sentito prima.
Valdar lo tirò al riparo dietro un cespuglio, mentre uno di quegli strani volatili planava proprio sopra le loro teste.
L’orco strinse con forza la sua lancia, Jim sollevò le mani, gli artigli del Vuoto tesi e pronti ad attaccare e Alycia al suo fianco ruotò le braccia ed evocò un arco di vibrante energia verde smeraldo con un dardo incoccato.
Ma la creatura non li degnò di uno sguardo e proseguì verso il bosco, scomparendo presto alla vista.
«Che diavolo era?» sussurrò Alycia.
Jim ne sapeva quanto lei. Non somigliava alle Creature Vuote che aveva affrontato l’ultima volta: in un primo momento, aveva creduto si trattasse di un uomo dall’aspetto demoniaco, coperto da chiazze di pelliccia putrescente e dotato di enormi ali da pipistrello, ma poi si era reso conto che aveva qualcosa di…animalesco.
«Sembrava una Scimmia Volante.»
«Una cosa?»
«Come quelle del Meraviglioso Mago di Oz» spiegò Jim, ma era chiaro che lei non ne avesse mai sentito parlare. «Un romanzo per bambini. Non credevo che Lucindra lo conoscesse.»
«Immagino che il tempo per leggere non le sia mancato.»
«Dobbiamo seguirle» disse Jim. «Chiunque stiano cercando avrà bisogno di aiuto.»
Alycia però non era convinta. «Non possiamo esporci, se ti riconoscessero…»
«Se uno degli ostaggi è riuscito davvero a scappare, da solo non andrà lontano!»
Titubante, lei occhieggiò la Torre Nera che turbinava alle loro spalle. «Va bene. Ma teniamo gli occhi aperti.»
Attraversarono il bosco, seguendo il coro di stridii infernali che giungevano da sopra l’alto soffitto di rami. Jim ormai procedeva a passo così veloce da aver distanziato gli altri due. Il cuore gli batteva forte mentre setacciava gli alberi alla disperata ricerca di un volto umano, di chiunque fosse riuscito miracolosamente a liberarsi dalle grinfie di Lucindra.
Non è troppo tardi, non è troppo tardi…
«Jim!» lo chiamò Alycia. «Rallenta, dobbiamo restare uniti!»
Emersero in un prato con un dirupo sulla loro destra, aspro e profondo, a picco sulle rocce sottostanti. Lì, vicino all’orlo, un’esile figura brandiva un ramo per aria contorcendosi nel tentativo di allontanare le creature demoniache che le volteggiavano attorno; l’elegante cappotto color vinaccia che indossava era strappato in più punti, dove gli artigli avevano fatto a brandelli la stoffa.
«Lasciatemi in pace!» urlava, i lunghi capelli neri e scarmigliati che le piovevano davanti al viso. «Demoni bastardi!»
Il cuore di Jim gli balzò nel petto. «Margot!»
La donna girò la testa di scatto, ma in quell’istante una scimmia alata le si avventò addosso, strappandole un grido di dolore e paura. L’afferrò per le braccia, tirandola su finché i suoi piedi non si staccarono da terra…
Jim non ragionò più. Scattò in avanti con le mani sollevate e l’essere si dissolse in una nuvola di polvere nera senza emettere neppure un lamento, come se fosse stata cancellata dal piano dell’esistenza con un solo colpo di spugna. Margot ricadde a terra con un gemito soffocato.
I mostri stridettero e si accalcarono nel cielo in un frenetico sbattere di ali. Iniziò lo scontro: Wiglaf schizzò in aria e un lampo di luce bianca e abbagliante irradiò la radura. Accecati, i mostri sibilarono e svolazzarono come ubriachi andando a sbattere gli uni contro gli altri. Valdar scagliò i giavellotti ricavati da rami di melo uno dopo l’altro come fossero freccette e ne infilzò almeno sei al volo, mentre Alycia ne abbatteva una decina con i dardi infuocati del suo arco magico. Le creature strillarono rabbiose, ma quando Jim liberò i tentacoli di Materia Vuota, si dispersero oltre le cime degli alberi, volando via in tutte le direzioni.
«Margot!»
Jim corse dall’indovina rannicchiata per terra. Era così felice di vederla sana e salva che avrebbe voluto abbracciarla. Le sfiorò la spalla, ma lei trasalì e si allontanò con un grido isterico. Era evidente che fosse ancora sotto shock.
«Sono io, Jim» la rassicurò lui. Si passò una mano sul volto e recuperò il suo vero aspetto. «È tutto finito, se ne sono andati. Sei al sicuro.»
Lei si scostò i capelli dalla faccia e lo fissò incredula, gli occhi verdi spalancati. «Jimmy..?»
«Dobbiamo andarcene di qui» fece Alycia, l’arco di energia incoccato e lo sguardo che saettava da una direzione all’altra. «Prima che ne arrivino altri. Ce la fa a correre?»
Jim le offrì il braccio e la donna si aggrappò a lui mentre cercava di rimettersi in piedi. «Vieni, ti portiamo in un posto sicuro. Gli altri sono ancora prigionieri? Vi hanno fatto del male..?»
Margot però non lo stava ascoltando, gli occhi fermi sulle sue dita annerite. «Le tue mani…»
«Oh, queste…dopo ti spiego, è una storia assurda. Ma adesso dobbiamo metterci al riparo.»
Era la cosa più sensata da fare, anche se erano così tante le domande che voleva rivolgerle. Ma il modo in cui Margot lo stava fissando bandì dalla sua mente qualsiasi altro pensiero. «Ti senti bene?»
«Ci sei riuscito» sussurrò la donna. Gli afferrò entrambe le mani tra le sue, mentre uno strano sorriso si disegnava sul suo viso, un sorriso quasi addolorato. «Hai abbracciato il Potere Oscuro. La Profezia si è compiuta!»
Lo shock colpì Jim come uno schiaffo. «Un momento, che ne sai tu della Profezia..?»
«So ogni cosa.» Gli occhi di Margot tornarono a inchiodare i suoi, immobili e scintillanti come gemme. «Perché sono stata io a pronunciarla.»
«Tu?! Ma…?!»
«Jim» Alycia si avvicinò lentamente. «Che succede, che sta dicendo?»
Il sorriso di Margot si spense e il suo sguardo si posò sulla ragazza, ricolmo di freddezza. In quell’istante, dal folto della foresta si udì uno scalpitare di zoccoli e una ventina di uomini a cavallo di Lipizzani bianchi e neri irruppero nella radura. Tutti armati di fucile.
Circondarono Valdar e Alycia, che si strinsero schiena contro schiena, pronti a difendersi.
«Guarda, guarda» disse uno di loro, massiccio e con un sorriso pieno di denti gialli. Fermò il cavallo proprio davanti a Jim e gettò ai suoi piedi la cicca della sigaretta. «Abbiamo trovato i novelli Bonnie e Clyde!»
Jim non riusciva a credere ai propri occhi. Conosceva quegli uomini. Li conosceva da una vita intera. «Sinclair..?»
E Kowalski. E Big Joe. E Skinny Pitt. Erano gli operai e gli addetti alle gabbie e alla sicurezza del circo.
Il capomastro di O’Malley allargò il suo ghigno viscido, mentre trottava verso di lui con la canna del fucile che mirava dritta alla sua testa.
«Sei impazzito?»  ringhiò Jim. «Che cosa state facendo?»
«Oh, Superstar! Ti sei perso un sacco di novità! Il circo ha di nuovo cambiato gestione.»
«Cosa?» Jim era spiazzato. Come una folgorazione, si ricordò di quando Arthur aveva cercato di avvertirlo sui traffici loschi a cui aveva assistito tra Sinclair e un individuo misterioso, vicino i vagoni della Squadriglia Volante: non era alle bestie che erano interessati e nemmeno alle scommesse clandestine. E Jim aveva liquidato la faccenda come una cosa di poca importanza…
«Hai venduto la compagnia agli Zeloti! Come hai potuto farlo? Con tutto il denaro di Blake e le bische e il resto!?»
Gli occhi di Sinclair divennero sottili e sornioni come quelli di un gatto.
«Ho scoperto che esistono pagamenti ben più interessanti del denaro, Jimbo. Ah, la magia! Poter fare ciò che si vuole, avere ciò che si vuole, solo schioccando le dita! Una vera ingiustizia che sia nelle mani di così poche persone. Ma le cose stanno per cambiare, grazie a quella pupa coi capelli rossi…»
«Razza di idiota!» sbottò Jim. «Lucindra non vi renderà mai dei maghi! Odia i Mancanti, si sbarazzerà di tutti voi, dal primo all’ultimo!»
Per nulla turbato, lui si passò una mano sul mento. «Ha un bel caratterino, te lo concedo. Motivo in più per tenerla contenta, no? Ma ora basta chiacchiere: prendeteli!»
Alycia gridò e Jim la vide cadere a terra, con una fune di acciaio a bloccarle le braccia lungo il corpo.
Chiamò il suo nome, ma nel momento in cui cercò di correre da lei, con un gesto rapidissimo Margot gli chiuse i polsi con delle pesanti manette coperte da un intreccio di rune. «Mi dispiace, tesoro» disse, la voce limpida e fredda. «È meglio per tutti se non ti immischi.»
«M-ma che fai?» balbettò Jim, scioccato. Strinse i pugni, evocò tutto il suo potere per liberarsi, ma ottenne solo deboli scintille di energia.
Acciaio alchemico, lo stesso di cui erano fatte le armature dei Guardiani Silenti di Arcanta: indistruttibile e refrattario a qualsiasi tipo di magia.
Interrogò gli occhi impassibili di Margot. Non riusciva a capacitarsi che stesse accadendo davvero. «Margot, che significa?»
«Sta' calmo» mormorò lei, rivolgendogli di nuovo quel sorriso doloroso. «Tra poco sarà tutto finito.»
Gli uomini di Sinclair smontarono da cavallo e cercarono di afferrare Alycia, ma Valdar si lanciò contro di loro con la furia di un toro, e tutti i fucili furono puntati su di lui. «Fermati, bestiaccia!»
«No!» gridò Jim.
Gli spari esplosero nella radura, riverberando per parecchi istanti. Valdar vacillò sotto i colpi, ma non si fermò e con un urlo da guerra si abbatté con tutte le forze sugli aggressori. I cavalli si impennarono, gli uomini urlarono. Uno di loro fu disarcionato e cadde a terra e l’orco lo sollevò in aria come se non pesasse niente.
«Abbattete quella cosa, maledizione!»
Una moltitudine di cappi piovve su Valdar. Gli si strinsero attorno al collo e i cavalieri iniziarono a strattonarlo in tutte le direzioni, speronando con forza i cavalli, mentre Alycia, legata e impotente, gridava e si contorceva a terra.
L’orco oppose ancora una fiera resistenza, ruggendo, divincolandosi, menando pugni per aria, ma quando i nodi si strinsero ancora e iniziò a mancargli l’aria, crollò in ginocchio, tossendo e annaspando.
«Basta!» implorò Jim. «Così lo ucciderete!»
A quel punto, Margot sollevò una mano: un gesto calmo e imperioso e i cavalieri smisero subito di tirare. L’orco si tastò la gola, rantolando in maniera terribile.
Lacrime di frustrazione e rabbia bruciavano negli occhi di Jim quando si voltò verso Margot. «Sono ai tuoi ordini adesso?»
«Lo sono sempre stati.»
«E Maurice…?»
«Maurice è una piccola creatura insignificante con tanti vizi» rispose lei, con gelida calma. «Ci vuole poco a sviare la sua attenzione: lui si preoccupava di avere abbastanza soldi e scorte di whisky e io intanto manovravo i fili del circo a sua insaputa.»
«Ma è tuo marito!»
«È uno strumento» mormorò lei, le labbra arricciate in una smorfia. «Che ho usato per avvicinarmi a te.»
Jim impallidì. «A me?»
Margot assunse un’espressione severa. «Te l’ho detto, Jimmy: tu sei prezioso per noi, più di quanto immagini. Sapevo che il tuo potere sarebbe venuto fuori prima o poi e così è stato: a soli dieci anni me ne hai dato un piccolo assaggio, durante la Notte del Disastro…»
«Ma di che stai parlando?»
«Della notte in cui hai reso Joel e Arthur King di nuovo dei Mannari» disse Margot. «Per anni il Vuoto ti ha chiamato a sé, ma tu ti rifiutavi di ascoltare, tranne quando avevi paura: quella notte, la notte in cui Joel King ha affrontato le bestie tu gli hai dato il potere di trasformarsi. Gli hai restituito la magia.»
Jim indietreggiò, in preda all’orrore. Si rifiutava di crederci. «No, non è vero.»
«Sei stato tu.» La voce di Margot era bassa e tranquilla, ma i suoi occhi ardevano di una luce avida, sinistra. «Quella notte ho compreso che le mie carte non mentivano: che avresti portato il Grande Cambiamento.»
Jim guardò la donna che aveva di fronte senza riuscire a riconoscerla. La dolce e riservata Margot, che per dieci anni lo aveva tirato su come un figlio…che gli aveva medicato le ginocchia sbucciate, cantato ninna nanne in francese, insegnato a ballare… e che alla fine lo aveva convinto a diventare allievo di Solomon Blake. Esattamente come era nei piani di Lucindra.
«Sei sempre stata una di loro.» Faticò a convincere la voce a uscire. «Per tutti questi anni…mi hai cresciuto solo per potermi consegnare a lei!»
«Ho dovuto farlo.»
«Hai dovuto!? Sei stata come una madre per tutti noi e hai condannato a morte la tua gente!»
«Nessuno di quei saltimbanchi è mai stato la mia gente» replicò lei, secca. «Tu dovresti saperlo: non sei il solo ad aver nascosto per anni la sua vera natura. Ad aver fatto finta di essere meno di ciò che sei!»
Agitò piano le dita e un filamento viola aleggiò nell’aria, increspandola. In quell’istante, la radura tornò a riempirsi degli striduli richiami delle scimmie alate, che si alzarono in volo dalla foresta, ammassandosi nel cielo. Erano centinaia.
Jim sgranò gli occhi. «Tu sei una maga...»
«Madame» intervenne Sinclair. «Che ne facciamo del mostro e della ragazza?»
Lo sguardo di Margot tornò a posarsi altero sui due prigionieri. «L’orco lo portiamo con noi, un guerriero di tale tempra ci farà comodo quando marceremo su Arcanta. Di Blake, invece, ne abbiamo avuti fin troppi tra i piedi.»
Jim sentì un nodo di terrore avvinghiargli il cuore, come un pugno gelido contro il petto. «Non vi azzardate..!»
Compì uno slancio verso Alycia, ma Sinclair smontò da cavallo e gli assestò un pugno nello stomaco. Jim lo sentì affondare nelle viscere, svuotargli i polmoni da tutta l’aria. Piombò a terra senza riuscire a emettere neppure un suono.
Margot si irrigidì, ma non fece nulla per aiutarlo. «La nostra Signora si è espressa chiaramente: dobbiamo portarlo da lei senza torcergli un capello.»
«Ma dai!» protestò Sinclair allegramente. «Sta una favola! Vero, Jimbo? Dopotutto, tu sei come Houdini, no? Hai uno stomaco d’acciaio!»
Stordito dal dolore e dalle grida dei mostri, Jim rotolò sul fianco e incrociò lo sguardo spaventato di Alycia, vi si immerse interamente, disperatamente. «No…»
A un cenno di Margot, le creature si gettarono in picchiata sulla ragazza. Del tutto inerme senza l’uso delle mani, Alycia gridò e scalciò per allontanarle, ma i mostri affondarono gli artigli nella stoffa del suo cappotto e la issarono in aria.
Jim si rimise in piedi con fatica, ma Sinclair lo spinse di nuovo a terra.
«No!» Era già troppo in alto, troppo lontana e lui non poteva usare la magia per raggiungerla. Ma non riusciva a smettere di urlare. «NO! NO! NO!»
Wiglaf fu da lei in un paio di battiti veloci, seminando graffi e beccate sui mostri. Un istante dopo, una macchia confusa d’ombra si aggrovigliò attorno al corvo bianco come un mantello, bloccandogli le ali e facendolo piombare verso il basso. Jim capì subito che si trattava di Lilith, il demone del Vuoto di Lucindra che un tempo era stato il suo famiglio.
Le creature continuarono a salire e a salire, portando Alycia sopra il burrone...
A Jim mancava l’aria, gli bruciavano le vene.
Guardò supplicante Margot. «Ti prego» gemette. «Ti prego...»
Lo sguardo della donna tornò a velarsi di tristezza. «Un piccolo sacrificio» disse piano. «Per un bene superiore.»
Su quelle parole abbassò la mano e lasciò che Alycia precipitasse nel vuoto.

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Zobeyde