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Autore: Jeremymarsh    28/09/2022    10 recensioni
Nel peggior giorno della sua vita, Kagome ripensa alle leggende che il nonno le raccontava da piccola prima di andare a dormire e alle quali ha smesso da tempo di credere.
È convinta che sia ormai impossibile uscire dal baratro in cui è precipitata all’improvviso, ma non è detto che tutti i mali vengano per nuocere. Un unico evento – per quanto disastroso – ha provocato conseguenze impensabili e ben presto dovrà affidarsi credenze e valori finora ignorati per sopravvivere, lasciando dietro ogni cosa conosciuta.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, izayoi, Kagome, Sesshoumaru | Coppie: Inuyasha/Kagome, Miroku/Sango, Rin/Sesshoumaru
Note: Lemon, Soulmate!AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Capitolo IX: Immaturità







“Al buio, coi puntini rossi che mi nuotavano negli occhi, mi esaminai riguardo a quelle che si chiamavano questioni di coscienza, e non trovai ferita alcuna. Mi chiesi se, avendo scelto la mia strada, potevo mutar direzione o addirittura voltare la bussola di novanta gradi, e conclusi che potevo, ma non volevo farlo.”

L’inverno del nostro scontento, John Steinbeck






Lasciato l’ufficio del padre, Sesshomaru si era diretto immediatamente all’esterno e, senza che avesse bisogno di richiedere la sua presenza, il suo vassallo – un piccolo demone dal colore verdastro che somigliava un po’ a una kappa e un po’ a una rana – si materializzò al suo fianco.

“Jaken, andiamo!” ordinò perentorio, non aspettandosi alcun diniego. Infatti, Jaken era noto a noto a tutti per l’infinita fedeltà che aveva nei confronti del suo padrone e mai nessuno lo aveva visto andare contro a un suo comando o anche solo provare a esporre un'idea leggermente diversa dalla sua. Per lui, la parola di Sesshomaru era legge e il terreno sul quale camminava meritava d’essere baciato; in breve, nulla e nessuno era meglio di lui e guai a chi avrebbe osato remargli contro!

Ciò significava anche che non aveva un buon rapporto con il fratellastro del grande principe dei demoni e se quest’ultimo aveva un diverbio con il padre, era sempre pronto a difenderlo e a far partire sermoni infiniti durante i quali esponeva i motivi secondo i quali l’Inu-no-Taisho stava certamente sbagliando. Di solito, questi scenari si concludevano con Sesshomaru che lo calpestava senza troppi complimenti con i suoi pulitissimi stivali neri pur di farlo stare zitto. Tutto si poteva dire tranne che fosse davvero un’ottima compagnia e ciò aveva spesso sollevato dubbi sul perché il dai-youkai se lo portasse sempre dietro visto che era evidente non apprezzasse davvero la sua gracchiante presenza.

E invece, ogni volta partivano; ogni volta era Jaken l’unico a cui era permesso accompagnare Sesshomaru e ciò la diceva lunga su quanto il demone cane in realtà apprezzasse la fedeltà e la disponibilità del vassallo – perché altre buone qualità di certo non ne possedeva.

Negli anni, il kappa aveva anche sviluppato una cerca affinità nei confronti di Sesshomaru che gli permetteva di percepire i suoi stati d’animo o presentarsi da lui nel caso del bisogno, nonostante questa, abbinata alla sua poca intelligenza, non lo salvasse dai continui maltrattamenti. In quell’occasione, come tante altre, Jaken aveva previsto subito che Sesshomaru avrebbe voluto lasciare la valle e cominciare uno dei suoi viaggi senza meta che, per lo più, conducevano i due verso luoghi solitari o – nel caso in cui avrebbero incontrato ostacoli – bagni di sangue.

Si incamminarono oltre le mura difensive e non appena Jaken agitò il Nintojo, il bastone a due teste che portava con sé, e fece per aprire la bocca e cominciare la solita tiritera, Sesshomaru gli riservò un’occhiata glaciale che avrebbe fatto sprofondare sotto terra anche esseri molto più forti. Jaken deglutì e continuò a corrergli dietro, tentando in tutti i modi di mantenere il passo, ma inciampando più spesso che no come risultato.

“Non ho intenzione di aspettarti,” sibilò Sesshomaru, già arrabbiato di suo e – quindi – ancora più pericoloso del solito. “E non pensare nemmeno per un secondo di sprecare fiato per uno dei tuoi inutili monologhi.” Detto ciò, si librò in aria e il piccoletto fece appena in tempo ad aggrapparsi alla sua lunga e bianca mokomoko prima di essere lasciato indietro.

Volarono per un tempo indefinito e Jaken non osò chiedere quanto ancora avrebbero continuato, soprattutto perché l’aura del padrone continuava a vibrare di rabbia repressa. Questa volta stava dimostrando più buon senso del solito e non aveva intenzione di fare una brutta fine.



***



Tornarono a terra senza preavviso, apparentemente senza direzione: Sesshomaru sembrava non essere ancora in grado di pensare oltre il proprio risentimento, la rabbia e le ultime parole di suo padre. Non avrebbe mai creduto che si sarebbe arrivato a quel punto.

La discordia tra loro due, ormai, era una costante ed era passato un pezzo dall’ultima volta in cui si erano detti d’accordo o non avevano litigato per una delle sue decisioni ignobili o per una ramanzina che – chissà per quale motivo – Toga aveva sempre pensato potesse avere effetto. Era ormai evidente che la pensavano diversamente su tutto. Eppure, non aveva mai considerato il genitore come una persona capace di arrivare alle minacce o a mezzi così subdoli. Ma lui non era disposto a piegarsi a certi giochetti.

Sferrò d’improvviso gli artigli tranciando di netto tutti gli alberi intorno a lui e facendo scappare la fauna e i demoni inferiori, mandando anche a terra Jaken che non si era ancora staccato. Ma non servì a sfogare la propria insoddisfazione, non che avesse creduto anche solo per un secondo che avrebbe funzionato.

No, non era disposto a piegarsi alle richieste di suo padre, ma nemmeno gli avrebbe permesso di liberarsi di lui. Il suo obiettivo era dimostrarsi, un giorno, superiore a lui, sconfiggerlo ad armi pari e senza che nessuno potesse contestare la sua vittoria. Se Toga aveva deciso tutto d’un tratto di revocargli ciò che gli spettava di diritto – l’ennesima cosa, a ben pensarci, visto che aveva donato la Tessaiga a quell’essere inferiore – anche Sesshomaru sarebbe passato alle maniere forti.

Gli avrebbe dimostrato che non aveva bisogno del suo consenso per governare le terre che erano la sua eredità.

Ma quel pensiero non fece nulla per calmare il risentimento che covava dentro di sé, la sensazione di ingiustizia e l’essersi sentito – ancora – paragonato al mezzo demone. E ammettendo certe emozioni provava ancora più rabbia: avrebbe dovuto essere al di sopra di esse, dimostrare anche a se stesso che l’indifferenza era parte essenziale di lui e non solo una maschera da mostrare agli avversari e a chiunque tentasse di ingraziarselo solo per insulsi favori. Non avrebbe dovuto provare una collera bruciante dentro di sé al pensiero del padre che gli volgeva le spalle per difendere chi era venuto dopo di lui; non avrebbe dovuto covare un’invidia pari a quella di un cucciolo.

Si portò gli artigli letali al viso e li osservò stringendo gli occhi e chiedendosi se la stessa letalità fosse ciò che ogni persona vedeva davvero quando lo incontrava o se qualcuno potesse, invece, discernere ciò che aveva sempre nascosto con cura a tutti – tranne che al genitore.

Cosa c’era di male nel desiderare ardentemente il potere e volersi dichiarare sempre più potente di altri? Era nella sua natura di demone ambire a certe cose e, in quanto dai-youkai di una stirpe nobile come la sua, era maggiormente suo diritto erigersi come essere superiore, voler cancellare chi non era degno di essere in sua presenza. Cosa ci trovava, invece, suo padre nell’intrattenersi con quest’ultimi? Cosa se ne faceva di sentimenti così inetti? A lui serviva solo la sete di potere e la rabbia che lo bruciava dentro e lo spingeva ad andare oltre, a volere di più. Ma era bloccato da così tanto tempo in quel suo percorso che aveva cominciato a dubitare delle proprie azioni, a chiedersi se stesse davvero facendo di tutto per arrivare al prossimo passo o se avesse dovuto cambiare strategia. E ciò aveva provocato in lui così tanta insoddisfazione dall’intrattenersi, negli ultimi anni, in uccisioni sempre più numerose, un passatempo che finora aveva funzionato bene come distrazione. Ma per quanto ancora? Fino a quando avrebbe saputo tenerlo a bada? Forse aveva già smesso.

Purtroppo per lui, il suo prossimo obiettivo era stato sconfiggere il padre e sostituirlo nelle vesti di Generale perché sentiva di aver fatto già tutto – e dopo di che avrebbe ucciso il mezzo demone e si sarebbe impossessato finalmente di Tessaiga. Di conseguenza, l’ultimo incontro con Toga era stato come un bagno freddo.

Si trovava a un’impasse – e ciò lo rendeva ancor più furioso.

Era stato preso alla sprovvista, nemmeno in grado di rispondergli nel modo più adeguato, scappando poi come un codardo da palazzo. Avrebbe dovuto riflettere bene sulla sua prossima mossa ed evitare gesti azzardati; si sarebbe preso del tempo perché non aveva nessuna intenzione di tornare ed essere invaso dalla puzza di umani.

Presa quella decisione, si incamminò di nuovo, sempre senza una meta e senza attendere che il suo vassallo – che lo aveva fissato a bocca aperta fino a quel momento – si riprendesse e lo seguisse.

Un attimo dopo, la sua voce gracchiante lo implorò di aspettarlo.

Sarebbero passate settimane prima che qualcuno al castello avesse di nuovo notizie di lui.



***



Inuyasha e Kagome stavano attraversando lentamente i giardini, esplorando una sezione che lei non aveva ancora mai visto, com’era ormai diventata consuetudine da quando era diventata residente fissa a palazzo. Mentre lei osservava la natura attorno a sé, attratta da tutta quella bellezza, il mezzo demone preferiva concentrarsi sui raggi del sole pomeridiano che si infrangevano sulla sua chioma scura, sul sorriso sincero che le illuminava il viso o sui suoi occhi che brillavano; spesso era distratto dal rosso sulle sue guance, dalle sue labbra piene o dall’odore di lei che lo assaliva nel quale avrebbe voluto volentieri affondare. Ogni cosa di Kagome lo attirava e richiamava il suo demone interiore che non era tanto contento del periodo d’attesa che gli era stato imposto; lui avrebbe preferito farla subito sua, perdersi in lei e marchiarla a fondo.

Inuyasha non aveva mai fatto pensieri simili, ma ora si ritrovava ad esserne preda sempre più spesso: i dettagli non mancavano mai né le immagini che il demone gli mandava per indurlo in tentazione e abbandonare ogni buona intenzione o attesa; il suo corpo era preda di desideri a cui non aveva mai prestato attenzione e ai quali, però, si opponeva ancora, non dandogli alcun reale sfogo; la tensione era diventata ormai una realtà concreta, così come la lotta interiore. Tutto ciò lo coglieva impreparato.

A volte, provava vergogna nell’affiancare simili sensazioni al nome di Kagome. Sapeva che erano normali e che, se avesse osato parlarne al padre, questi lo avrebbe preso in giro prima di ribadire concetti che era stato abbastanza sentire anche solo una volta, ma aveva così tanto rispetto di lei e di chi era per riuscire ancora ad associare tanta innocenza alla passione che lo struggeva. Si diceva che non avrebbe dovuto preoccuparsi di cose del genere perché non avrebbe comunque potuto metterle in pratica presto – se mai – ma, nel frattempo, tentava di tenere a bada se stesso lasciandosi andare nella santità delle proprie camere, mentre si dava piacere da solo ripensando a quelle stesse labbra che desiderava baciare o al sangue che le affluiva sulle guance, rendendola ancora più desiderabile. E quando si separavano alla fine delle loro passeggiate, faceva fatica a trattenersi per non farle capire l’intensità di quelle emozioni sia fisiche che non, dicendosi che, in realtà, nemmeno lui era pronto per un passo del genere e che, in fin dei conti, il suo obiettivo non era di certo spaventarla.

Inuyasha era convinto che suo padre fosse ben consapevole di ciò che stava avvenendo in lui – poteva aver fatto qualche commento qua e là, non solo per farsi due risate, ma anche per fargli capire che era una reazione normale in quanto aveva trovato l’anima a lui destinata e il suo demone non ragionava in modo razionale, dunque, non capiva il motivo per cui aspettava –, ma in risposta lui sapeva solo lanciargli occhiatacce. Era facile per Toga ridere; dopo tutto, lui si era unito alla sua anima gemella dopo solo una settimana.

“Inuyasha? Qualcosa non va?” domandò Kagome vedendo la smorfia sul suo viso e distogliendolo da quei pensieri.

Lui si rese conto di essersi fatto prendere troppo da certe riflessioni e tentò di nascondere ogni sua reazione, anche se il rossore sulle sue guance non poteva sparire così facilmente. Scosse la testa e si grattò la nuca, nervoso. “Uh, ecco, stavo ripensando a una cosa che mi ha detto mio padre.” Non era una bugia, dopo tutto.

“Nulla di preoccupante, spero,” replicò lei.

“No, tranquilla.” Le sorrise e poi allungò il braccio cercando la mano di lei, per stringerla, come se fosse la cosa più normale del mondo. Ma proprio quando le loro dita stavano per sfiorarsi sembrò rendersi conto di quanto sfacciato fosse stato e la ritirò come scottato, arrossendo ancora di più e mormorando scuse incomprensibili. Entrambi volsero lo sguardo da parti opposte per nascondere l’imbarazzo che, ancora, certe azioni all’apparenza semplici provocavano in loro.

Stavano facendo passi da giganti e avevano già imparato molto l’uno dell’altra, ma molte altre cose erano ben lontane dall’essere raggiunte.

“Oh, beh, spero che sia rimasto soddisfatto dell’incontro con la mia famiglia,” commentò infine lei dopo un po’ per rompere il silenzio che era sceso su di loro. Quella mattina erano andati via dopo aver trascorso alcuni giorni a palazzo per conoscere i genitori di Inuyasha e discutere delle nozze imminenti – ma non così imminenti.

Dopo qualche settimana, durante le quali si erano scambiati missive, finalmente il nonno, la mamma e Sota erano giunti accompagnati da Miroku e Sango, i quali avevano portato anche una sacerdotessa che, a detta del monaco, era perfetta per continuare l’addestramento di Kagome.

Kaede era una donna molto stimata dalle parti in cui era cresciuto Miroku e siccome gli era giunta voce che aveva lasciato il proprio posto alla sua vecchia apprendista, aveva pensato bene di chiederle questo favore quando era andato a trovare il proprio mentore. L’anziana donna si era detta incuriosita dalle parole del monaco e aveva voluto accertarsi da sola del potenziale di Kagome; non era stata delusa e aveva accettato l’incarico quando le due erano state presentate. Tuttavia, le aveva fatto capire senza mezzi termini di essere una persona molto esigente e che non le avrebbe fatto sconti: i loro studi sarebbero stati impegnativi e avrebbero dovuto rimediare anche al tempo trascorso senza fare nulla. Kagome sapeva di essere all’altezza delle sue aspettative – non aveva mai dubitato delle proprie capacità –, ma sperava solo non le fosse fatta tanta pressione come accadeva al vecchio villaggio. Miroku, però, percependo quest’ultima reticenza, le aveva assicurato le buone intenzioni di Kaede; non aveva ragioni per temere, le aveva detto.

Erano stati giorni sereni e sia Inuyasha che Kagome erano stati contenti di vedere le loro rispettive famiglie andare d’accordo e lei sapeva che il nonno era stato particolarmente soddisfatto di osservare come stava conducendo la propria vita a palazzo, di come veniva trattata e delle opportunità che le erano state date. Ichiro era ancora più sicuro di aver preso la giusta decisione quello sfortunato giorno. Fu anche contento di constatare come la coppia si stava pian piano avvicinando e che Inuyasha non stava in alcun modo approfittando della nipote o andando oltre ciò che era consono. A volte, lontano da lei e roso dalla preoccupazione, aveva temuto che Kagome fosse entrata in una relazione che non prevedesse felicità, ma vederli insieme confermava solo la prima impressione che aveva avuto di Inuyasha.

E quando si erano separati quel mattino, l’aveva abbracciata stretta mormorandole che era fiero di lei e che tutto sarebbe solo migliorato da quel momento in poi. Aveva tutto il tempo e le ragioni per godersi la sua nuova vita.

L’unica nota negativa di quei giorni era l’umore non proprio felice di Toga, un contrasto anche troppo evidente rispetto a ciò che Kagome aveva imparato a conoscere da quando viveva lì. Tuttavia, l’assenza sempre più prolungata del primo figlio preoccupava il Generale e sebbene a lei non dispiacesse il non dover incontrare Sesshomaru per i corridoi, comprendeva anche i sentimenti del Grande Demone Cane. Non voleva nemmeno immaginare la sua reazione all’arrivo di altri umani in quelle terre.

“Ah, direi che questo è poco ma sicuro,” la rassicurò Inuyasha. “Non riesco a capire come sia possibile, visto quanto sono diversi, ma pare proprio che siano andati d’amore e d’accordo. E papà aveva solo cose belle da dire nei riguardi di tutta la tua famiglia stamattina.” Anche questo era vero: aveva parlato della serietà e degli apparenti buoni valori del nonno, della gentilezza e dell’affetto che la mamma esternava e sottolineato l’ottimo rapporto di Kagome e Sota – e Inuyasha aveva notato anche lo sguardo perso del padre mentre si soffermava su quest’ultimo punto, senza dubbio pensando a Sesshomaru e al legame inesistente tra i suoi due figli.

Kagome si stropicciò le dita, leggermente agitata, mentre lo osservava. “Sono davvero felice di sentirlo; ero preoccupata che qualcosa potesse andare storto e mi sarebbe sinceramente dispiaciuto. Non avrei voluto ci fosse alcun tipo di discordia o antipatia tra le nostre due famiglie.”

Inuyasha sorrise, notando immediatamente con che naturalezza la ragazza aveva parlato, e a suo modo sollevato di sapere che anche lei condivideva certe speranze come lui, speranze che conducevano sempre all’immagine di una loro vita futura. Insieme. Annuì. “Sarebbe stato difficile che qualcosa andasse storto,” la consolò – sebbene anche lui aveva nutrito dubbi a un certo punto, generati dalle proprie ansie immotivate. “Tuo nonno avrebbe dovuto essere un purista della razza umana affinché accadesse, ma siccome non ha avuto nulla in contrario quando ho chiesto la tua mano, direi che era impossibile.”

Lei ricambiò il sorriso. “Hai ragione. Ora dobbiamo solo sperare che lui e tua madre non ci mettano troppa pressione per il matrimonio.” Arrossì mentre lo diceva. “Vorrei avere l’opportunità di conoscerti ancora un po’ di più; ho apprezzato molto il tempo trascorso insieme in queste ultime settimane e sono sicura ci siano ancora tante cose da scoprire.”

E ce n’erano state di cose che avevano condiviso durante quelle pause pomeridiane.

Inuyasha le aveva parlato del senso di appartenenza che provava quando era con i suoi genitori che, però, era in contrasto con quello di alienazione che percepiva da solo o con demoni che non approvavano la sua stessa esistenza. Lo stesso era in parte diminuito, le aveva confessato, quando aveva conosciuto Sango e in seguito Miroku, i suoi primi veri amici e coloro che gli avevano donato un po’ di speranza. Era riuscito anche a spiegarle perché il loro incontro gli era ugualmente risultato sorprendente per quanto a lungo avesse creduto fosse impossibile.

Kagome, invece, raccontò del suo addestramento, delle giornate libere insieme al fratello e alle poche compagne che ricordava con affetto nonostante il modo in cui aveva dovuto allontanarsi da loro e dei ricordi del padre. Aveva accennato anche a una famiglia di kistune che aveva salvato e che aveva rivisto di tanto in tanto, stupendo ancora di più il fidanzato per quell’azione pura e altruista.

Condividere le proprie esperienze e ciò che di più caro avevano aveva contribuito a unirli ed avvicinarli mentre i lacci che avevano unito le loro vite quel primo giorno andavano stringendosi sempre di più fino a che, quando sarebbero diventati tutt’uno, niente più avrebbe potuto dividerli.

Arrivarono, infine, di fronte alla camera di lei e facendosi coraggio, Inuyasha riuscì a superare l’imbarazzo e a stringerle le mani tra le sue, guardandola fissa negli occhi e offrendole un sorriso che metteva in risultato la dentatura perfetta e affilata. “Troverò sicuramente qualcos’altro da dire per intrattenerti,” ammiccò. Poi, prima che l’ansia potesse impadronirsi di nuovo di lui, le spostò una ciocca che le cadeva sulla guancia e sfiorò la stessa con le labbra. Fu un contatto flebile e a malapena percepibile, ma per entrambi risultò alla stregua di un fuoco che divampa, improvviso e maestoso, da una piccola fiamma. Infine, dopo un saluto appena accennato, scomparve dalla vista di lei, lasciandola imbarazzata ma contenta.

Kagome sorrise continuando a osservare il corridoio verso il quale il mezzo demone era sparito e poi si ritirò nelle proprie stanze, incredula ma soddisfatta di tutti i progressi che stavano facendo.

Inuyasha era entrato nella sua vita in una fase tutt’altro che positiva e, per questo, si rendeva conto di non aver reagito nel migliore dei modi. Ma riflettendo ora sulla piega che tutto stava prendendo, non lo avrebbe sostituito per nessun altro. Il cuore un po’ le si stringeva per il rimorso e per il povero Hojo con il quale avrebbe dovuto essere già sposata, ma Inuyasha aveva risvegliato in lei sentimenti che non credeva fossero possibili e aveva ogni intenzione di farli fiorire e sbocciare. Era troppo tardi per tornare indietro né avrebbe voluto.



***



Jaken era stanco e troppo vecchio per mantenere quel regime; erano settimane che camminavano senza sosta e sostentamento – soprattutto perché il padron Sesshomaru non apprezzava il cibo degli umani – e non credeva avrebbe retto ancora a lungo.

Il dai-youkai lo aveva condotto lungo un percorso a lui sconosciuto, non sapeva quale fosse la meta o il loro obiettivo e, a dire la verità, non c’era stata nemmeno chissà quale attività. Certo, avevano sterminato qualche essere debole qua e là e Jaken aveva gioito per il suo padrone, agitando il proprio Nintojo come una clava prima di essere schiacciato per il troppo gracchiare, ma l’assenza di nemici e battaglie formidabili stava cominciando a stancarlo. Di solito, i vagabondaggi con Sesshomaru promettevano più avventura di quella attuale. Con suo grande disappunto, ammise tra sé e sé che forse l’umore ancora ombroso del demone stava condizionando tutto il resto.

Ma non era colpa sua, pensò Jaken fissando lo sguardo su quella maestosa figura, gli splendenti e setosi capelli d’argento che nessuno avrebbe eguagliato, la folta mokomoko e la regalità con la quale camminava; il signor padre e quel mezzosangue indegno erano gli unici responsabili dell’attuale situazione di Jaken.

Così occupato con quei pensieri che si erano concretizzati con una smorfia sul suo volto verdastro non si rese conto che Sesshomaru si era fermato all’improvviso, irrigidendosi. Il piccoletto finì ancora una volta per scontrarsi con le gambe del padrone e poi con il sedere a terra. Si rialzò immediatamente, si inchinò e fece per aprire la bocca e scusarsi, quando si rese conto del silenzio inquietante che li circondava e della mancanza dell’aura arrabbiata che di solito seguiva quegli incidenti. Alzò il volto di scattò e rivede Sesshomaru ancora fermo in quella posizione, spalle sempre più tese.

Poi, in un attimo, era scomparso e l’unica traccia che era rimasta a Jaken era l’ultimo bagliore del sole, ormai sul punto di tramontare, sulla chioma argentea che poco prima aveva ammirato. Il kappa rimase a bocca aperta, interdetto, non riconoscendo le azioni del dai-youkai. Poi si riprese, improvvisamente entusiasta: forse il suo padrone aveva fiutato qualche nemico degno di lode e avrebbe assistito a qualche massacro interessante! Ma non aveva nemmeno finito di formulare quel pensiero che dei ringhi dietro di lui lo scossero da quella fantasia. Voltandosi, e tremando di conseguenza, Jaken si ritrovò faccia a faccia con un branco di lupi affamati.

Sbiancò e poi, con una velocità che in condizioni normali non avrebbe mai raggiunto, scappò nella stessa direzione urlando “Signor Sesshomaruuuuuu” e cacciando fiamme dal suo fedele bastone nel tentativo di tenere a bada quelle bestie.

Questa volta il padrone lo aveva davvero lasciato nei guai e sperava di non rimetterci anche le penne!







N/A: Ma salve!
Come potrete notare le cose cominciano a farsi ancora più interessanti e la lancetta dell'orologio è andata un po' avanti. Focus ancora su Sesshomaru questa volta e presto scoprirete anche cosa gli è preso all'improvviso... mmmmh.

Ci rileggiamo tra due settimane, un bacio a tutti ❤

   
 
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