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Autore: Duodoppioteam99    28/09/2022    0 recensioni
Dal testo:
A quel punto non seppi come reagire, e per la prima volta durante tutto il mio viaggio, mollai. Avrei potuto seguirlo sicuramente, ma in quell’istante non ebbi la prontezza necessaria.
La testa si fece ancora più pesante, la mente annebbiata e le gambe si fecero molli sotto al mio peso. Svenni.
L’ultima cosa che sentii fu il richiamo acuto di Reshiram, ormai allontanato dalla sua controparte, e le urla dei miei amici Komor e Belle che cercavano inutilmente di farmi rinsavire.
———
Proseguo immaginario della storia tra Touko ed N dopo gli avvenimenti di Nero e Bianco
!Prologo risistemato graficamente!
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Touko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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CAPITOLO 23
Mi sistemai alla meglio la lunga sciarpa color castagna che portavo per coprire in modo adeguato il collo scoperto. Successivamente uscii di casa richiudendomi la porta alle spalle.
Leggeri brividi scossero il mio corpo nel momento in cui entrai a contatto con la fresca aria autunnale di quel giorno.
Misi le mani in tasca e, pigramente, iniziai a camminare verso il laboratorio della Professoressa Aralia.
Come era cambiato il paesaggio della mia cittadina.
I colori verdi brillanti delle foglie degli alberi avevano lasciato spazio a dei colori più tenui che variavano dall’arancione al marrone dalle varie tonalità, mentre la soffice erba, ormai inaridita, faceva da scenario ad un paesaggio comunque suggestivo.
L’unica cosa che non era cambiata era il mare. Anche se il suo colore poteva sembrare più cupo e scuro a causa della stagione, le sue onde continuavano incessantemente a infrangersi contro il molo della cittadina producendo un suono monotono.
 
Sii sempre come il mare che infrangendosi contro gli scogli, trova sempre la forza di riprovare”.
 
Ecco, il mare poteva considerarsi l’esatta rappresentazione di quello che io non ero riuscita a fare. Riprovare.
Ma andiamo con ordine.
Dopo la visita al castello, ormai risalente a tre mesi addietro, avevo completamente perso le tracce di Zoroark e, da allora, non avevo più avuto sue notizie.
Avevo appreso che il Palazzo di N era precipitato maggiormente tra le fredde braccia della Terra e, ora come ora, risultava inaccessibile. Di conseguenza avevo rinunciato ad entrarci una seconda volta.
Ero tornata più volte alla Fossa Gigante per cercare di ritrovare i miei amici Pokèmon ma senza successo. Avevo esplorato la caverna da cima a fondo con molta pazienza ma delle sfere bianche e rosse nessuna traccia.
L’orrore di dover ricominciare ad allenare da zero una nuova squadra si era insinuato nella mia mente ed era ormai un pensiero fisso. Ma faceva ancora più male sapere di aver perduto Reshiram.
La regione di Unima aveva perso in un sol colpo i suoi più forti Leggendari a pensarci bene.
Il bianco Reshiram rinchiuso da qualche parte in una di quelle subdole tecnologie inventate dall’uomo stesso, e il nero Zekrom disperso e, con molta probabilità, neanche più presente nella ridente e felice regione di Unima perché volato via con il suo affascinante Eroe.
Di N neanche l’ombra. Come da copione. Le mie speranze di ritrovarlo erano ormai crollate, per la felicità di Komor, e le mie buone intenzioni verso di lui erano al minimo storico.
Lui non mi voleva, non sarebbe tornato e, forse, mi andava bene così.
Avrei ingoiato il rospo e sarei andata avanti, girando pagina e continuando con la mia vita che, a momento, si presentava monotona e assai banale.
L’unica punto positivo della faccenda era che la cattura dei Sette Saggi e quella di Gechis erano terminate. Anche il padre modello era stato catturato ed ora avrebbe scontato una pena che difficilmente avrebbe dimenticato.
 
Mi fermai una volta arrivata al laboratorio ma, prima di entrare, diedi un’ultima occhiata all’orizzonte.
Con l’intento di evitare di rendere le mie giornate fredde e vuote mi ero accontentata di seguire la Professoressa Aralia in laboratorio e, ogni tanto, accompagnare la mia amica Belle nelle sue ricerche fuori da Soffiolieve. L’obiettivo era quello di farle compagnia e fornirle una mano fisicamente ma, sotto sotto, era principalmente un modo per impiegare le giornate.
Non ero soddisfatta della mia vita al momento ma, ora come ora, non avevo la forza di cambiare.
 
“Buongiorno Touko!” mi richiamò la voce di Belle una volta entrata nell’edificio.
La mia amica sempre di buon umore era l’unica persona che lasciava entrare nella mia vita un senso di gioia e vitalità. I suoi modi buffi, e a volte un po’ capricciosi, erano come tenue ma caldo raggio di sole nei giorni bui.
“Meno male che sei arrivata. Oggi giornata ricca di visite, avrò sicuramente bisogno di una mano” continuò poi.
Abbozzai un sorriso mentre mi levavo da dosso il piumino blu beige che indossavo. L’aria era cambiata mentre l’inverno si stava avvicinando sempre di più e, di conseguenza, i comodi short di jeans e magliettina bianca avevano fatto spazio ad un vestiario sicuramente più consono e più caldo. Pantaloni lunghi, sempre di jeans, e maglioncino leggero erano ormai abiti all’ordine del giorno.
Una volta indossati i guanti mi avvicinai alla mia amica, più o meno pronta per iniziare la giornata.
 
“Come stai Touko?” mi chiese la mia amica ad un tratto, seduta sulla sedia del suo studio. Un thè caldo portato in mano, per rilassarsi nei pochi minuti di pausa che aveva a disposizione tra una visita e l’altra.
“D-direi bene” risposi balbettando.
Come poteva una così semplice domanda farmi dubitare così fortemente della risposta appena data?
“Come mai questa domanda, Belle, nonostante ci vediamo tutti i giorni?”
“Così…” rispose vaga e sorridendomi “spesso ci dimentichiamo di chiederlo alle persone che stanno davanti a noi e con cui condividiamo tanti momenti. Ma una semplice domanda come questa, se fatta dalla persona giusta, può migliorarti la giornata”.
Adoravo Belle.
Nonostante tutto era una ragazza con un cuore enorme. A volte forse un po’ troppo empatica, ma che sapeva il fatto suo.
Potevo definire Komor come una spalla più fisica e mentale, mentre Belle era la parte emotiva della compagnia. Componente non banale e da non sottovalutare.
“Bhe” continuai “diciamo che va tutto bene, anche se alcune cose potrebbero essere leggermente diverse forse è meglio non lamentarsi di gamba sana”.
“Togli il forse, è così. Siamo entrambi giovani e se volessimo ancora cambiare la nostra strada potremmo farlo in qualsiasi momento. Basta solo volerlo, la salute è l’ultima cosa che manca” rispose con aria saccente alle ultime parole e sorridendo leggermente.
“Belle?” la richiamai, sporgendomi leggermente dal tavolo delle visite su cui ero seduta.
“Si?” rispose lei guardandomi con i suoi grandi occhi al di sotto degli occhiali rossi.
“Non parlare come mia nonna, mi fai paura” sibilai.
Scoppiammo a ridere a quelle mie parole e mi lasciai andare ad una, rara, ma fragorosa risata.
“Tu come stai, invece, Belle?” domandai dopo essermi calmata ma con ancora una mano portata sulla pancia dolente.
“Io? Io sto benissimo” rispose alzando leggermente il tono della voce “non sono mai stata meglio. Ho l’occupazione che ho sempre sognato, sono a contatto con la gente e con i Pokèmon e tutto va bene. Diventare Campionessa potrà aspettare. Per quello c’è Komor”.
Il mio amico, infatti, era partito da qualche giorno per un ulteriore allenamento in vista del suo appuntamento con la Lega. Dopo gli ultimi avvenimenti, aveva deciso di affrontare Nardo, non prima di aver affinato ancora di più le sue abilità nella lotta. Per questo era partito senza una meta ben precisa, ma con l’obiettivo principe di trovare allenatori forti da sfidare.
Gli avevo anche proposto di sfidare Camilla, ma purtroppo, era già ripartita per Sinnoh. Buon per lui da un lato. Si era risparmiato una mazzata dal Garchomp di quest’ultima.
Invidiavo i miei amici. Loro le idee chiare le avevano eccome.
 
La sera tornai a casa dopo una giornata piena e densa di visite e, dopo aver cenato, mi rinchiusi in camera da letto come ero solita fare da qualche tempo.
Appena varcata la soglia notai come la mia cameretta fosse in disordine. Diversi vestiti erano stati abbandonati a sé stessi sulla sedia della scrivania mentre alcuni erano stipati nei cassetti che facevano fatica a chiudersi.
Gli oggetti che una volta erano contenuti nella mia borsa da viaggio, invece, erano stati appoggiati al mio rientro dalla visita al castello sulla scrivania e, da quel momento, non erano più stati spostati.
Emisi un sospiro e decisi che era il momento di dare una riordinata, più per senso del dovere che voglia di fare.
Impiegai diversi minuti per sistemare e ripiegare a dovere i diversi vestiti, ma fu quando presi in mano i miei soliti pantaloncini di jeans da viaggio che mi accorsi di un piccolo particolare.
Avevo perso la spilla che, tempo addietro, avevo attaccato con tanta cura ai passanti dell’indumento. Quella che riportava la mia iniziale e il luogo di origine. Spilla che possedevano anche Belle e Komor.
Non mi ero accorta della sua scomparsa ma ero abbastanza certa di non averla persa in casa.
Ma, anche se era un ricordo importante della mia infanzia, sul momento non diedi molto peso a questa questione e, una volta ripiegato alla meglio i pantaloncini, mi misi a letto e mi addormentai.
 
CONTINUA…
   
 
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