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Autore: Stillathogwarts    30/09/2022    0 recensioni
"Draco Malfoy non aveva mai avuto una scelta, finché Hermione Granger non gliene aveva data una.
Finché Hermione Granger non era divenuta la scelta stessa."
(Dalla storia)
Genere: Dark, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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CAPITOLO 30










Non che tu potresti capire, Malfoy.
Gli aveva fatto male, sentire quelle parole. Non che non fossero vere, Draco ne era perfettamente consapevole e anzi, forse lo avevano ferito proprio perché contenevano un’alta dose di verità. Lui non aveva mai amato e non era mai stato amato, come poteva parlare di cuori spezzati o di quel che voleva dire averne uno?  
Avrebbe dovuto ingoiare quella stupida battuta e starsene zitto, per una volta nella sua vita.
Cosa stava cercando di fare? Convincere la Granger che non avrebbe dovuto rinunciare alla possibilità di innamorarsi quando lui stesso non vedeva alcuna speranza nella sua vita? E perché mai poi? Perché avrebbe dovuto importargli di quello che la Grifondoro pensava o meno di poter avere nel suo futuro? Perché avrebbe dovuto importargli che non chiudesse il suo cuore all’amore? Cosa gli fregava dell’amore in generale?
Bleah, anche questa è colpa tua, vero, dannata coscienza?
Però Draco si sentiva molto strano al riguardo, all’idea che la Granger non volesse innamorarsi mai più… Forse, si disse, era perché nonostante tutto lui sperava di poter avere qualcosa di… vero, nella sua vita; magari non di freddo e calcolato, ma di caldo e rassicurante, qualcosa che gli facesse sentire quelle sensazioni nuove che la Granger, suo malgrado, gli aveva fatto provare standogli accanto in quei mesi. E se lei pensava di non avere speranze… Cosa gli faceva credere che avrebbe potuto averne una lui?
Ma tu non ne hai una, stupido. Dove la trovi una Purosangue che si innamori di una persona e non dei suoi caveaux alla Gringott? Dove la trovi una Purosangue che si prenderebbe la briga di conoscerti sul serio? Che non sarebbe fredda e composta e distaccata? Dove la trovi una Purosangue che si innamori e basta?
Draco sbuffò e relegò quei pensieri in un angolino della sua mente.
Andò a farsi una doccia fredda, pensando che forse la Granger lo aveva contagiato con il suo Grifondiotismo e che doveva correre ai ripari prima di impazzire completamente.
 
«Granger, la lezione sul Patronus è uno scherzo?» domandò Draco con un’espressione a metà tra il corrucciato e l’indignato.
«No, Malfoy» rispose lei sedendosi su uno dei divani della Sala Comune del Dormitorio Segreto.
«Ma non viene mai insegnato a Hogwarts! Sai, per il fatto che molti preferiscono tenere la forma segreta e altri non hanno ricordi abbastanza felici per evocarlo» protestò il giovane, sedendosi di fronte a lei.
«Prenditela con Piton. Voleva sicuramente la scusa per toglierci punti. Ha detto testuali parole: “voglio proprio vedere come se la caverà Paciock con questo”.»
Un ghigno comparve sul volto di Draco nel sentire l’ultima trovata del Capo della Casa di Serpeverde, sghignazzo a cui Hermione rispose mettendo su un cipiglio di rimprovero.
«Immagina la sua faccia quando ha scoperto che tutti noi Grifondoro sapevamo già produrre un Patronus. Neville incluso» affermò con gioia lei.
Draco sgranò gli occhi, sorpreso. «Paciock sa produrre un Patronus?»
Hermione annuì. «Harry ha insegnato a noi dell'ES come eseguire l'incanto, l'anno scorso.»
Una smorfia di fastidio comparve sul volto del biondo.
«Puoi dormire sonni tranquilli, comunque. Quando Neville se l'è lasciato sfuggire, Piton ha tolto cinquanta punti a Harry per essere stato così arrogante da credere di avere le competenze per insegnare un Incantesimo di quel livello.»
Draco scoppiò a ridere e Hermione batté un piede per terra, indignata.
«Non c'è nulla da ridere, Malfoy» obiettò irritata la ragazza. «Sono anni che ci toglie punti senza motivo, l'idiota!»
Malfoy in cuor suo sapeva che il trattamento riservato ai Grifondoro da Piton non era affatto corretto, ma lo trovava comunque esilarante.
«Il tuo che forma ha?» chiese Hermione, un po' per cambiare discorso ed evitare un litigio standard Grifondoro-Serpeverde, un po' perché era decisamente curiosa. Ma poi vide un'ombra comparire sul viso del Serpeverde che distolse rapidamente lo sguardo da lei.
«Non sono affari tuoi, Granger.»
La Grifondoro assottigliò gli occhi. «Non ci sei ancora riuscito» dedusse continuando a studiarlo attentamente con lo sguardo.
«È solo che non ti interessa, dannata ficcanaso» sbottò lui, lasciandosi ricadere il capo sulla spalliera del divano.
Hermione alzò un sopracciglio e rimase a guardarlo con le braccia conserte, rivolgendogli il mezzo sorriso di chi la sapeva lunga.
Draco sbuffò. «E va bene! No, non ci sono ancora riuscito.»
Il tono del ragazzo era talmente tanto irritato che Hermione non se la sentì di prenderlo in giro; aveva dato per scontato che l’unica persona che poteva reputare un degno rivale sul piano accademico fosse in grado di produrre un Patronus, ma, vista la natura dell’incanto, si rese conto che avrebbe dovuto essere più cauta sull’argomento. Voleva, però, per qualche assurda ragione, aiutarlo. Ma non poteva offrire il suo aiuto in una questione del genere a Draco Malfoy, l'avrebbe cacciata dalla stanza senza nemmeno farle finire la frase.
«A cosa pensi, quando lo evochi? Se posso chiedere…»
Il Serpeverde le rivolse un'occhiataccia; poi spostò lo sguardo soffitto e mormorò: «La mia prima volta su una scopa.»
Hermione dovette mordersi la lingua per non ridere, ma Draco notò comunque l'espressione divertita che il volto della Granger aveva assunto.
«Ti fa ridere, Granger? Che il mio ricordo più felice sia la prima volta che sono salito su una scopa?» le domandò acido.
Hermione tornò seria un secondo dopo. Era molto triste, veramente, ma non era una cosa da dire a Draco Malfoy.
«No, è solo che è curioso…»
«Curioso? Cosa c'è di così curioso?», chiese ancora lui, questa volta lasciando trasparire un po' di perplessità.
«Harry ha usato lo stesso ricordo quando ha provato ad evocare un Patronus per la prima volta», spiegò Hermione.
«Granger, se con questo stai supponendo che Potter ed io siamo in qualche modo simili, giuro che…» iniziò il ragazzo, con fare indignato, ma la giovane lo interruppe.
«Non sto insinuando assolutamente questo» disse accigliandosi lei. «È solo che per certi versi tu e Harry avete molto in comune. Differenti contesti, ma non si può negare che ci siano delle... analogie, ecco.»
Una smorfia di disgusto apparve sul viso di Draco.
«Oh, smettila, Malfoy!», sbottò lei, roteando gli occhi. «Avete delle cose in comune, punto. Non sono l’unica ad averle notate, sospetto che anche Silente…»
Ma lui la interruppe bruscamente.
«Cos’è che avrei in comune con Potter, sentiamo!»
Hermione sospirò esasperata. «Innanzitutto, siete entrambi due cocciute teste calde con un piccolo problemino di arroganza» asserì con una punta di divertimento nel tono della voce, che però poi si fece immediatamente seria. «E nessuno di voi due ha potuto scegliere se essere coinvolto o meno in questa guerra. Non è che siano andati da Harry e gli abbiano chiesto ‘Hey Potter, vuoi essere il Prescelto? Firma qui’!»
Draco la fissò di sottecchi, mentre ponderava quelle parole. Poi decise di ignorare i punti salienti del suo discorso. «Quindi ammetti che Potter è arrogante.»
Hermione ringhiò dalla frustrazione. «Non quanto te, ma sì, a volte pecca di arroganza anche lui. Non siamo esseri perfetti, Malfoy. Nessuno di noi lo è. E non era questo il nocciolo della questione!»
«E qual è?» domandò seccato il Serpeverde.
«Che quello non è un ricordo neanche lontanamente intenso da poter funzionare per evocare un Patronus.»
Draco sbuffò. «Ci penserò meglio, allora…»
Hermione non poteva credere alle sue orecchie; davvero lui, che aveva sempre decantato la sua esistenza perfetta, non aveva un ricordo migliore da poter usare? Parlando almeno dei tempi prima del ritorno di Voldemort… Ma forse, rifletté la giovane, la vita perfetta di cui Malfoy si era tanto vantato in passato non era così perfetta come cercava di far credere alla gente.
Tirò fuori il tomo che stavano utilizzando il giorno precedente e il suo tema lasciato a metà per andare alla cena del Lumaclub.
«Ti ha fatto storie?» chiese Draco di punto in bianco.
«Eh?»
«Potter, ti ha fatto storie?» ripeté lui fissandola incuriosito.
«Per cosa?» chiese lei alzando lo sguardo dal suo foglio di pergamena e rivolgendogli un’occhiata confusa.
«Per il fatto che sei il mio Contatto» rispose lui, passandosi la lingua sul labbro inferiore. «Per tutta questa storia in generale. Lo sa che studi qui?»
Hermione corrugò la fronte. «Non sono fatti suoi, dove studio. E no, non mi ha fatto storie.»
Il sopracciglio del Serpeverde scattò all’insù.
«No? Per la storia del Sectumsempra? Si sente in colpa a tal punto?»
«No, Draco. Cioè, anche. Ma non solo» rispose vagamente la ragazza, ma quando vide l’espressione sul volto del giovane sospirò e poggiò la sua piuma sul tavolo.
«Credo che anche lui colga le similitudini tra voi due» spiegò concisa la Grifondoro.
Draco sbuffò nuovamente, indignato.
«Sai» asserì lei, con una leggera esitazione nel tono della voce. «Credo che avreste potuto essere buoni amici, in circostanze diverse…»
«Gliel'ho offerta la mia amicizia, il primo anno» ribatté gelido il biondo. «Non l'ha voluta.»
Draco avvertiva ancora un senso di bruciore quando ci ripensava. La prima volta in cui qualcuno aveva rifiutato la sua amicizia come se non valesse niente. Ora lo capiva, che tutti i suoi amici in realtà erano amici di Malfoy e non di Draco, ma prima era offuscato dalle stronzate che gli aveva inculcato suo padre, su quanto la loro famiglia fosse importante e superiore a tutti; su quanto fosse un privilegio l'amicizia offerta da un Malfoy.
«Malfoy, volevi l'amicizia di Harry solo perché era Harry Potter» asserì la Grifondoro, prendendo le parti del suo amico.
Non è molto diverso da quello che gli altri Serpeverde hanno fatto con te.
Draco sentì la fine di quella frase nella testa, anche se la Granger non le pronunciò mai quelle parole.
«E sicuramente non eri abituato al rifiuto. Ma Harry è cresciuto tra i Babbani. E tu ti sei presentato a lui parlando della superiorità di alcune famiglie di maghi e hai offeso Ron e i Weasley, le prime persone in vita sua ad avergli mai mostrato un po' di gentilezza. Cosa credevi che avrebbe fatto?» spiegò Hermione, lievemente accigliata dalla punta di rancore che aveva avvertito nel tono di Draco. «E poi Harry, come me, ha frequentato una scuola babbana finché non ha scoperto di essere un mago. E lì cercano subito di sensibilizzare contro il razzismo e la discriminazione. In più, gli hai ricordato suo cugino, che lo ha bullizzato praticamente finché non è stato attaccato da un Dissennatore.»
Draco distolse lo sguardo da Hermione e deglutì; sapeva che la ragazza si stava riferendo a quando suo padre aveva fatto l’impossibile per far espellere Potter. Decise che fosse meglio sviare il discorso.
«Io non ce le vedo ugualmente, tutte queste somiglianze di cui parli» affermò testardamente Malfoy.
La Grifondoro alzò gli occhi al cielo.
Era esattamente quello che intendeva quando aveva detto che entrambi erano cocciuti come muli.
«Ho solo detto che capisce cosa vuol dire trovarsi coinvolti in questa guerra e non aver possibilità di tirarsi indietro. Non ho detto che siete gemelli separati alla nascita, Draco.»
Il giovane la fissò. «Tu me l’hai data, questa possibilità, però.»
«Harry non ce l’ha affatto, questa possibilità. Potresti almeno cercare di sforzarti di vederlo in maniera diversa» controbatté la ragazza. «Ti sta aiutando anche lui, nonostante tutto…»
Draco sospirò. La Granger aveva ragione, come al solito… Ma come al solito lui non lo avrebbe ammesso comunque.
«E tu, Granger?» domandò poi all’improvviso; lei gli rivolse un’occhiata interrogatoria. «Credi che avremmo potuto essere… amici, io e te, in altre circostanze?»
Non sapeva perché lo avesse chiesto e sicuramente lei non lo capiva, vista l’espressione perplessa che ricevette in risposta.
«In altre circostanze…» disse solo lei, riportando lo sguardo sulla sua pergamena.
In altre circostanze...
Per qualche motivo a lui sconosciuto, Draco si corrucciò sentendo quelle parole, la definitività con cui le aveva pronunciate.
Cosa ti aspettavi, stupido? Che ti dicesse che lo siete ora?, borbottò irritata la vocina nella sua testa.
Perfetto, Draco pensò il ragazzo. Ora infastidisci persino te stesso.
Restarono in silenzio per un po’, mentre entrambi lavoravano al loro tema, poi qualcosa balenò nella mente del Serpeverde, qualcosa che si era trattenuto dal chiedere per un bel po’. E la Granger quel giorno pareva in vena di confessioni.
«Granger» fece lui, non senza esitazione. «Quando parli, non ti includi mai in nessuno dei due lati. Perché?»
Se n’era accorto molto prima, ma aveva sempre temuto la reazione della ragazza a qualsiasi possibile domanda sull’argomento; a quel punto però, pensava Draco, doveva averlo capito che non le avrebbe mai fatto del male, non più, non dopo tutto quello che lei aveva fatto per lui; allora glielo aveva chiesto.
Hermione sbatté più volte le palpebre e lo guardò confusa; era raro che non capisse una domanda.
«Come, scusa?»
«È solo che ho notato che quando parli dei Babbani sono loro e quando parli dei Maghi siamo noi» precisò lui a voce bassa, parlando piano. «Come se… non ti includessi in nessuno dei due casi.»
La Grifondoro restò in silenzio a guardarlo per diversi secondi, poi si alzò in piedi, raccolse le sue cose in un batter d’occhio e andò via biascicando un flebile «devo andare».
Draco era rimasto immobile ed in silenzio ad osservarla lasciare il Dormitorio, consapevole di aver combinato un casino.
Cosa diavolo mi è saltato in mente? Fare una domanda del genere alla Granger!
Avrebbe risolto la questione il giorno dopo, si ripromise; se lei avesse dato segno di essere arrabbiata con lui o in qualche modo offesa dalla domanda… lui avrebbe fatto qualcosa per distendere la tensione, per rimediare a quella spiacevole uscita che non aveva ponderato a sufficienza.
Ma Hermione non tornò al Dormitorio il giorno seguente; e neanche quello dopo ancora.

 
*

Hermione odiava Draco Malfoy.
Era passato tanto tempo dall’ultima volta che aveva avuto quel pensiero, troppo distratta dal dolore che il ragazzo stava provando nell’ultimo periodo da arrivare quasi a dimenticare chi fosse; come, fosse.
Più di quanto odiasse Malfoy, però, detestava il fatto che le aveva fatto notare quella cosa. Lei non se n’era mai resa conto, che aveva quella tendenza, e non solo era terribilmente incavolata con sé stessa per quello, per aver fatto trapelare all’esterno quel senso di inquietudine circa il posto a cui appartenesse, quel senso di trovarsi bloccata in mezzo tra i due mondi senza mai riuscire ad aderire perfettamente a uno o all’altro, ma era anche estremamente arrabbiata perché a notarlo era stato proprio Draco Malfoy.
Aveva puntato a quello per anni, aveva cercato sempre di farla sentire come se non appartenesse veramente al mondo magico e, nonostante lei avesse sempre pensato di essere in grado di scrollarsi via di dosso le sue cattiverie senza dargli credito, quella domanda le aveva fatto prendere una orrenda consapevolezza: ci era, almeno in parte, riuscito.
Cosa voleva adesso? Un riconoscimento al merito?
Sbuffò, mentre si lasciava cadere pesantemente sul divano della Sala Comune dei Grifondoro; aveva anche lasciato il volume che stava consultando sul tavolo del Dormitorio Segreto; quindi, avrebbe dovuto ultimare il tema senza di esso.
«Che tu sia maledetto, furetto del cavolo» borbottò tra sé e sé.
 
«Voglio parlare con la Granger» disse Draco, il tono di voce che non ammetteva alcun rifiuto.
Aveva provato a chiamarla più volte con il galeone incantato, ma la ragazza aveva l’aveva ignorato ogni singola volta, mandando invece il professor Piton da lui a portargli i suoi appunti.
Non voglio vederti, idiota!
Sentiva la sua voce irritata urlare quelle esatte parole nella sua mente ogni qualvolta i capelli unti del professore facevano capolino nel Dormitorio. Probabilmente pensava che se il motivo per cui stava facendo riscaldare il galeone fosse stato urgente, avrebbe comunque contattato il docente.
Piton alzò un sopracciglio e gli rivolse uno sguardo impassibile; ignorò la sua richiesta.
«Il compito di uccidere il Preside è stato affidato al Signor Nott» lo informò in tono neutro.
«Grazie al cazzo» rispose caustico Malfoy; come se non lo avesse saputo fin dall’inizio.
Non pensò di chiedere dell’Armadio Svanitore, aveva altre priorità in quel momento.
«Ho detto che devo parlare con la Granger» ripeté irritato. «Le dispiace mandare lei, domani?»
«La signorina Granger mi ha fatto sapere che è molto impegnata in questi giorni» replicò in tono untuoso Piton. «Credo stia aiutando il Signor McLaggen con l’Incanto Patronus.»
Draco fece una smorfia a quelle parole.
«Altra cosa di cui volevo parlarle» asserì gelido il Serpeverde. «Da quando si insegna quell’incantesimo a Hogwarts?»
Ci aveva provato, ma proprio non ci riusciva; qualche scintilla bianca di volta in volta, ma mai niente di concreto; neanche uno stupido Patronus incorporeo… e la Granger stava aiutando la Piovra.
Avrebbe potuto essere qui e star aiutando te, se tu non fossi un tale imbecille, lo rimbeccò la vocina nella sua testa.
E poi, non aveva detto che tutti i Grifondoro sapevano già effettuare l’incantesimo?
Quella aveva tutta l’aria di essere una pessima scusa… e se ne sarebbe accorta, se solo Hermione avesse avuto la minima idea di quanto effettivamente ascoltasse le sue parole quando parlava.
«Direi, Signor Malfoy, che spetta a me stabilire cosa insegnare e cosa non insegnare nella mia classe» ribatté gelido il professore, girando i tacchi e dirigendosi verso la porta. «I Dissennatori sono dalla parte del Signore Oscuro. Sto cercando di dare a quei ragazzi le armi necessarie a difendersi.»
Draco assottigliò gli occhi a quella risposta. «Da che parte sta veramente?»
Ma Piton ignorò quella domanda; esitò un momento, però, prima di uscire.
«Signor Malfoy, le consiglio vivamente di togliersi dalla testa la Signorina Granger. L’ho già avvisata una volta, riguardo al suo attaccamento per lei… Mi creda quando le dico che non va mai a finire bene, in questi casi.»
Piton sparì prima ancora che Draco potesse ribattere e negare qualsiasi allusione il professore fosse andato a pensare.
È impazzito, dev’essere così. Crede che ci sia qualcosa tra me e la Granger?
Draco rise, ma non si accorse che la sua era una risata priva di ilarità.
 
Hermione riuscì ad evitare Draco Malfoy per tre giorni; poi Piton l'aveva fermata dopo la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure e le aveva detto di riferire al “loro amico in comune” che l'essere morti non dispensava dall'esecuzione dei compiti.
Draco aveva sbuffato alle parole del professore, - a quanto pareva anche essere il cocco di Piton aveva delle limitazioni nei privilegi che egli accordava -, e poi era rimasto in silenzio a guardarla per qualche secondo.
Non era andata da lui perché Piton le aveva detto che voleva parlarle e voleva sentire quello che aveva da dirle; era andata da lui perché il professore l’aveva costretta.
Quel pensiero lo infastidì non poco.
«Bene, dovevo solo dirti questo. Questi sono gli appunti di oggi, invece» asserì in tono asciutto la Grifondoro dopo aver riferito il messaggio di Piton.
«Ora devo andare» si congedò la ragazza senza neanche degnarlo di uno sguardo, ma quando fu sul punto di toccare la maniglia della porta, il biondo parlò.
«Non ti sei fatta viva per tre giorni» disse freddamente, con il suo solito tono strascicato. «È successo qualcosa?»
Hermione si era convinta, nei giorni passati, che a Draco la sua assenza non avrebbe fatto alcuna differenza. E lei comunque non voleva vederlo, non dopo quello che le aveva fatto notare.
Proprio lui, commentò acidamente nella sua mente per l’ennesima volta.
In quel preciso istante, però, la realtà dei fatti la colpì: Draco aveva solo lei con cui parlare. Per il resto del mondo, lui era tre metri sottoterra.
«No, sono stata impegnata…»
«Sei una pessima bugiarda» l'accusò con rancore il Serpeverde. «Credevo che voi Grifondioti foste coraggiosi, invece la prima volta che ti faccio una domanda in cui saresti stata tu a doverti aprire sei scappata come una codarda e non ti sei fatta vedere finché non sei stata costretta a farlo.»
C'era qualcosa di tremendamente simile alla maniera in cui il vecchio Draco Malfoy si rivolgeva a lei nel modo in cui le stava parlando e che la fece sussultare; Hermione realizzò solo in quel momento di non esserci più abituata. Quando avevano sotterrato l'ascia da guerra, loro due? Forse litigare con Draco Malfoy era più semplice del tenerci conversazioni significative; forse non voleva avere conversazioni serie con lui.
Perché avrebbe dovuto?
Ha ragione, però… non avevi questo problema quando era lui a doversi esporre per convincerti della sua sincerità.
Era sul punto di fare un passo indietro, quando un pensiero le sfiorò la mente e la riportò per un attimo al secondo anno; si ricordò come l’avesse fatta sentire, la prima volta che l'aveva chiamata Sanguemarcio, nonostante non avesse idea del significato del termine; ripensò a come aveva gioito dell'apertura della Camera dei Segreti e della possibilità che lei stessa morisse per quello; se l’era addirittura augurato. E poi le ritornò in mente il quarto anno e le innumerevoli volte in cui l'aveva derisa e umiliata; il quinto anno, quando da membro della Squadra di Inquisizione della Umbridge le aveva tolto dei punti, togliendogliene alcuni in più “perché sei una Sanguemarcio”, aveva detto.
Le si annebbiò la vista e perse il filo dei suoi stessi pensieri; le braccia le caddero lungo i fianchi e strinse i pugni, sul volto l'ombra di un ringhio.
Draco si irrigidì, non aveva previsto quella reazione. Non voleva farla arrabbiare, voleva spronarla a rispondergli. Voleva farle capire che lui ci stava provando, ad aprirsi con lei, a farle conoscere Draco e non solo Malfoy, perché per la prima volta in vita sua gli importava, quella differenza. Perché lei meritava almeno quello.
E voleva anche farle capire che Draco voleva conoscere Hermione.
«Cosa vuoi che ti dica?»
Hermione pronunciò quelle parole con una freddezza che non le apparteneva; il tono della sua voce era carico della stessa quantità di astio che gli riversava contro quando litigavano nei precedenti anni, se non di più.
«Granger...»
Il biondo fece per parlare, per chiarirsi, ma lei non gli permise di continuare.
«Cosa vuoi sapere, Malfoy? Se ci sei riuscito? Se in tutta questa merda puoi almeno avere la soddisfazione di avermi influenzata abbastanza da non sentirmi parte del mondo dei maghi? Da non sentirmi accettata, né qui né tra i Babbani?», domandò velenosa la Granger.
Draco sgranò gli occhi e impallidì. Provò a parlare ma non ci riuscì; non riuscì a trovare le parole per dirle che no, erano le ultime cose che voleva, che sperava, che intendeva. Il suo cervello sembrava essere andato in corto circuito, non riusciva a formulare una frase coerente.
Non ci era abituato, dannazione, a tutta questa roba delle relazioni sincere e autentiche, nonostante ne volesse disperatamente una.
La Granger gli aveva fatto capire che l’invidia che provava verso Potter non era tanto dovuta alla gloria che sembrava seguirlo ovunque andasse, ma al fatto che lui aveva dei rapporti autentici, delle amicizie; al fatto che aveva qualcuno che teneva a lui, che gli voleva bene e non aveva problemi a dimostrarlo apertamente.
La sentì inspirare ed espirare sonoramente.
«Quando uso il voi» proseguì la giovane con una punta di disprezzo, «mi riferisco a voi Purosanguisti del cazzo, non ai Maghi in generale. Ecco perché il voi
«Granger» riprovò allora Draco; voleva dirle che lo aveva capito, lo aveva visto con i suoi occhi che il sangue dei Nati Babbani era uguale al suo. E per qualche ragione il pensiero che, nonostante il tempo trascorso insieme, lei continuasse a pensare che lui ancora credeva a quella roba gli causò un leggero malessere.
Ma d'altronde, cosa aveva fatto per convincerla del contrario? Aveva disertato i Mangiamorte per salvarsi la pelle, non perché voleva fare la cosa giusta, ovvero combattere per l'Ordine. Era stato rapido e preciso nel richiedere di essere nascosto, ansioso di mettere in chiaro che lui non avrebbe mosso un dito per aiutarli, se non dandogli le informazioni che aveva a disposizione e che ormai erano più che obsolete. Non solo, evitava ancora di sfiorarla anche per sbaglio, - principalmente perché temeva che lei di riflesso lo affatturasse o che persino lo respingesse, ma non lo avrebbe ammesso mai e poi mai ad alta voce.
Perché la Granger avrebbe dovuto sopportare il suo tocco? Il tocco di uno che aveva il Marchio Nero sul braccio, l’icona attorno alla quale si riunivano coloro che stavano cercando di ucciderla? Il tocco di una persona che l’aveva sempre e solo offesa?
Draco si era concesso un attimo per riorganizzare i propri pensieri e trovare le parole giuste da dirle, per risolvere quella situazione che aveva creato in maniera del tutto non intenzionale. Hermione, però, non mostrò alcun segno di voler ascoltare cosa avesse da dirle.
«Ho intenzione di chiedere a Silente di trovare qualcuno che possa sostituirmi come tuo referente per l'Ordine» riprese a parlare quasi subito e a Draco parve di ricevere una doccia gelata a quell’affermazione.
«Cosa?», esclamò forse troppo repentinamente, mentre le si avvicinava. «Granger, no. Io... mi... mi hai frainteso, n-non intendevo...»
«Continuerò a portarti gli appunti delle lezioni e i libri di cui avrai bisogno dalla biblioteca finché non verrà selezionato qualcuno di idoneo» proseguì imperterrita lei, ma senza mai voltarsi a guardarlo. I suoi occhi erano fissi sui pugni delle sue mani, ancora serrati lungo i suoi fianchi.
«Granger, non lo voglio un altro fottuto referente!», urlò a quel punto Malfoy.
Non poteva fargli davvero quello, non dopo tutto quello che si erano detti, confidati; dopo che erano riusciti ad instaurare una sorta di rapporto civile e amichevole, nonché a stabilire una partnership scolastica che si stava rivelando estremamente proficua.
Per la prima volta in vita sua aveva qualcuno con cui parlare che non fosse un idiota, qualcuno che lo ascoltasse veramente e che non gli stesse accanto solo per il suo cognome o i suoi soldi.
«Mi hai frainteso...» ripeté ancora mortificato; era come se gli si fosse formato un nodo alla gola.
«Mi dispiace, Draco, ma io non posso più farlo. Questo...» rispose lei, fissando i suoi occhi color cioccolato in quelli grigi di lui, decisa; lo Indicò con un dito e poi indicò sé stessa.
«Questo non va bene.»
Poi si voltò e Draco fece appena in tempo a gridare il suo cognome, prima di sentirla borbottare qualcosa di cui colse solo le parole "troppa storia" e richiudersi la porta alle spalle.
Draco si domandò per la prima volta se avrebbe mai più rivisto la Granger.

 
   
 
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