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Autore: sakura_hikaru    01/10/2022    0 recensioni
Writober 2022, giorno 1.
Prima fic del mese del writober (un writober che mi sono un po' creata ad hoc).
E' la festa della scuola e i caffé a tema sono la norma.
Hinata fa il pirata e ne combina una delle sue.
Kageyama rischia di uccidere qualcuno.
E Tsukishima subisce un "poderoso" attacco da Hinata.
Attenzione a tulle e volant :P
Tachibana e la fujoshi sono mie invenzioni.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kei Tsukishima, Nuovo personaggio, Shouyou Hinata, Tobio Kageyama
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Ar ar ar!».

La voce si alzò limpida e innocente, scatenando risatine tra le ragazze e qualche sguardo riprovevole dai ragazzi. Un braccio teso verso l'alto, nella mano una spada di plastica, sulla guancia una cicatrice che ricordava fin troppo quella di Luffy e addosso un completo nero e rosso: Hinata non aveva un grande senso estetico, ma non gli mancava di certo l'entusiasmo.

Era la sua prima festa della scuola e, nonostante gli impegni del club, il ragazzo era stato precettato per partecipare al caffè in stile piratesco della classe.

Non era molto credibile, a dirla tutta, con quel sorriso che sfoggiava con chiunque entrasse, invece di spaventarlo, e la nera spada di plastica che pendeva già tristemente su un lato.

«Hinata-kun, forse dovresti metterti la benda sull'occhio...» azzardò una compagna col fantasma di un sorriso sulle labbra.

Il ragazzo si voltò con un piccolo broncio e adocchiò la benda nelle mani della ragazza. «Pensi che non basti tutto questo?» e indicò... tutto se stesso.

«Beh-».

«Saresti credibile come baby-pirata, Hinata». Il suo compagno di banco, Tachibana, sapeva essere lapidario. Incrociò le braccia e arricciò il naso. «E ti avevo detto di non sventolare quella spada a destra e manca... non è una palla da volley!».

«Ma è divertente!» si lamentò l'altro, muovendo ancora, da un lato all'altro, il triste pezzo di plastica. «Non era molto resistente, comunque».

«L'hai dato in testa a mezza classe. Altro che non resistente!».

Tachibana alzò gli occhi al cielo, scosse la testa e arruffò i capelli rossicci del compagno – cosa che gli fece guadagnare un'occhiataccia poco credibile.

«Tachibanaaaa».

«Hinata» la lingua del compagno schioccò, facendo mettere sull'attenti il ragazzo. «È il tuo turno per pranzare, vai a farti un giro, ok? E non prendere a spadate qualcun altro!».

Hinata guardò storto il compagno, abbassò la spada fino a terra, facendola ondeggiare, ma non replicò: aveva imparato, fin dai primi giorni, che Tachibana era un tipetto che non ammetteva repliche – e che aveva la capacità di metterti in riga quasi quando Daichi-san.

«Vaaaaa bene».

Con l'accenno di una smorfia, il ragazzo scivolò fuori dalla classe, passando sotto una jolly roger e adocchiando il teschio di gomma pieno di caramelle che dava il benvenuto a tutti i clienti.

Nelle mani, strette dietro la schiena, la spada continuava a dondolare, picchiettando contro i suoi polpacci a ogni passo.

Prima di andare a mangiare, Hinata volle andare a curiosare nella classe di Kageyama che era stato piuttosto vago sul tema scelto dalla sua classe. Giunse nei suoi pressi e notò che la porta era semicoperta da un gruppo piuttosto nutrito di ragazzi e ragazze che vi sostavano di fronte. Gli occhi di Hinata colsero solo la scritta “caffè”, su un suo lato, e la vistosa presenza di tulle rosa confetto tutto attorno.

«Un altro caffè... chissà che dolci avranno...» borbottò tra sé Hinata prima di sobbalzare all'improvviso scoppio di risate proveniente dal gruppo.

«Oddio, questa è da immortalare per i posteri!».

«Certo che bisogna averne di coraggio per mettersele su...».

«Beh, alcuni stanno proprio bene, però...».

«Ecco la fujoshi che parla».

«Ecco l'idiota che respira».

Hinata rimase interdetto a quello scambio di battute, ma dovette scansarsi prima di essere travolto dalla marcia dell'“idiota che respirava”.

La fujoshi, ignorando quella ritirata, continuò ad adocchiare l'interno dell'aula con occhi ben spalancati.

«Ah, Kageyama in particolare sta proprio bene. Peccato per quell'espressione...».

Ovviamente, Hinata non potè più trattenersi e, forte della sua spada di plastica, si fece strada tra i presenti.

«Bloccate l'entrata ai clienti, ar ar ar!» si giustificò lui alzando un pugno al vento.

In risposta, giunsero dai ragazzi risatine e mani a scompigliargli i capelli.

«Sei un Luffy proprio carino, Hinata-kun» commentò la fujoshi spostandogli la benda dall'occhio. «Ma questa cosa rovina il personaggio».

Le guance di Hinata si gonfiarono e sgonfiarono in un attimo.

«Io sono Luffy in versione cresciuta, e la benda sull'occhio-». Il tono orgoglioso di Hinata si sgonfiò del tutto quando i suoi occhi corsero all'interno della classe: tulle, roselline, pizzo, porcellane, musica strana e... ragazzi vestiti da cameriere. «Ma... che...?!».

«È un maid caffè, Hinata-kun. A Sendai ce ne sono diversi... non è incredibile?» continuò la ragazza di cui Hinata non sapeva il nome (e non capiva come lei, invece, sapesse così bene il suo).

«Ma...?!».

«Sì, maid caffé al maschile. Capita un sacco di volte a scuola. Beh, almeno nei manga».

«Ma...».

«Beh, è un modo come un altro per attirare gente. E ne attirano, non credi?».

La bocca di Hinata, incapace di pronunciare un altro “ma”, si richiuse, ma lo sconcerto rimase nel suo sguardo.

«Non tutti sanno portare la gonna da maid, ma alcuni sfoggiano gambe niente male». Hinata si volse quasi stordito verso la ragazza che, sorriso fremente sulla bocca, passava lo sguardo sulla stanza con l'aria da segugio. «E il tuo compagno di squadra, Kageyama-kun, porta la gonna proprio bene».

Gli occhi di Hinata, ormai enormi, sfrecciarono nella direzione presa da quelli della ragazza: là, con un vassoio in equilibrio su una mano, l'altra a strattonare la gonna nera che un compagno aveva giocosamente afferrato, c'era Kageyama.

Lo sguardo era a dir poco assassino.

Hinata temeva che il ragazzo sarebbe finito defenestrato dopo una manciata di secondi, ma il suo setter riuscì a strappare dalla mano molesta la gonna e a servire il tè al tavolo a fianco.

«È la terza volta che gli capita e non ha ancora ucciso nessuno» commentò la ragazza con un mezzo sospiro. «Sapevo che aveva un grande sangue freddo in campo, ma non pensavo che si comportasse così bene anche qui...».

Hinata ingollò, pregando per l'anima di quel ragazzo – e di quelli prima di lui – che, finita la festa della scuola, avrebbe subito le ire di Kageyama.

Per una volta, Hinata non poté che dargli ragione.

Poi, maid-Kageyama si volse verso di loro, probabilmente per prendere un nuovo ordine, e fu allora che incrociò lo sguardo di Hinata: il colore del setter cambio svariate volte in una manciata di secondi, ma fu lo sguardo a far sussultare Hinata. La spada che, fino ad allora, aveva penzolato al suo fianco, si rizzò sull'attenti, l'elsa di plastica stritolata dalla sua mano. Gli occhi scuri del setter si strinsero ancora di più in sguardo assassino, ma volse lo sguardo al tavolo e parve abbandonare ogni intento omicida.

«Kageyama! Va a mangiare!» fece una voce di ragazza, all'improvviso.

Ed ecco che Hinata vide un po' del vero Kageyama quando questi afferrò quella specie di coroncina frù frù che gli avevano infilato in testa. Lo vide stritolarla con la mano – e col pensiero – prima di ficcarsela in tasca e marciare in direzione di Hinata.

«Beh, anche da arrabbiato e con passo di marcia, Kageyama ha proprio delle belle gambe!» ridacchiò ancora la fujoshi, battendo prima una mano sulla spalla di Hinata e poi dileguandosi chissà dove.

Il rossino rimase con i piedi inchiodati a terra, confusione e terrore dipinti sul viso.

Quando se lo ritrovò davanti, con almeno un centimetro più del solito in altezza, viste le scarpe con il tacco, Hinata sentì la propria fine vicina.

Letteralmente.

«Sc-sc-sc-scu... sa».

Prendere ripetutamente a pallonate il suo setter non l'avrebbe mai reso così nero.

Le labbra di Kageyama parevano una linea orizzontale stirata e immota. Il suo sguardo, beh... non era molto diverso da quando erano in campo e Hinata ne combinava una delle sue. Ma era la presenza di quel vestito, con la camicia piena di volant bianchi e la gonna gonfia come se... avesse dei palloncini pieni di gas al di sotto... ed era nera e... e le sue gambe... collant?!

«Cosa dovresti essere, tu?».

La voce di Kageyama riportò Hinata sulla Terra. Più o meno.

«Cosa...?». Quest'ultimo si guardò, cercando di riprendere il filo dei suoi pensieri. «P-pirata...?».

Il capo corvino del setter si chinò da un lato, gli occhi passarono sul finto sfregio, sulla benda ormai penzolante dal collo del compagno e infine sulla spada di plastica con la punta ormai deviata verso il basso.

«Che hai fatto alla spada?».

Era una domanda innocente, davvero. Ma il quasi ringhio che uscì dalla bocca del ragazzo fece andare nel panico Hinata.

«L-l'ho usata sui miei compagni!» balbettò quasi l'altro, alzando la spada verso l'alto, a riprova delle sue parole, e quasi colpendo il compagno sul naso. La mano di Kageyama la afferrò, abbassandola con un ringhio.

«Tienimi lontano quella spada, baka!».

All'insulto, Hinata parve riscuotersi e, fatti due passi indietro, divaricò le gambe e puntò la spada contro il compagno.

«Ricorda che sono un pirata, ora! Ar ar ar!».

Uno scoppio di risate alle spalle di Kageyama fece da sfondo a quella scena surreale.

«Ou-sama, dovremo chiamarti hime-sama ora?».

La voce di Tsukishima si sciolse in una risata, una delle tante; Kageyama dava l'idea di poter prendere fuoco da un momento all'altro.

Hinata, forse preso dal panico – o forse temendo che la rabbia del suo setter ricadesse su di lui invece che sul biondino – decise di rivolgere la spada contro questi (che, pur essendo nella sua stessa classe, sfoggiava un semplice grembiule sotto i pantaloni della tuta).

«Spilungone, attento a te!».

«Oh, e cosa mi farai con la tua triste spada di plastica?» lo sguardo beffardo di Tsukishima era capace di accendere una fiamma anche in una palude.

Hinata percepì la fiamma di Kageyama e fece la prima cosa che gli passò per la testa: brandì la spada con due mani e saltò, con quell'agilità tipica che sfoggiava a pallavolo.

E calò la spada... sulla testa di Tsukki.

Un silenzio di tomba calò nel corridoio.

Hinata, tornato a terra, si rese conto dell'idiozia commessa e, sgranati gli occhi sul viso immobile del biondo, fece cadere la spada ormai inservibile per terra.

«Ops...».

«Baka...».

Hinata venne strattonato e, in un attimo, correva dietro a Kageyama, il proprio braccio stretto da una sua mano, i volant neri della gonna che sobbalzavano come onde del mare davanti ai suoi occhi.

Non seguì la strada che fecero, ma si accorse che si erano fermati perché Kageyama l'aveva sbattuto, un po' malamente, all'interno di uno dei bagni e la sua mano l'aveva lasciato.

«Ma sei impazzito? Da quando in qua ti metti a colpire volontariamente un compagno?!».

«Era di gomma!».

«Gliel'hai data in testa!».

«Ma era di gomma!».

«Hinata!».

«La pallonata che ho preso in faccia l'altro giorno faceva più male, sono certo!».

Kageyama fece per aprire bocca, ma si trattenne, sbuffando un lamento nervoso. Non era possibile, non era...

«Hai delle belle gambe». Gli occhi di Hinata lo guardarono, straniti. Forse ancora in preda all'adrenalina. «Lo diceva quella ragazza».

Qualcosa si smosse negli occhi scuri di Kageyama, qualcosa di simile all'imbarazzo e alla timidezza. E poi alla furia.

Chi era all'esterno, potè solo sentire un ruggito. Poi il lamento di un animale braccato.

La porta del bagno si aprì e Hinata fu letteralmente sbattuto fuori.

La porta fu richiusa all'istante.

Pochi metri più in là, un Tsukishima livido avanzava verso la sua vittima.

 

Dall'interno del bagno, un Kageyama confuso sentì un ultimo “ar-ar-ar”, poi un urletto disperato e un silenzio inquietante: non era certo di non sentirsi in colpa, ma non era ancora pronto ad ammetterlo.

  
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