Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: sakura_hikaru    03/10/2022    0 recensioni
Touma ha la febbre e c'è solo Shu a prendersi cura di lui.
Un po' di fluff, un po' di angst. Touma pensa sempre troppo e a troppe cose.
E Shu la ancora a terra con la sua presenza.
Post-message. I nostri cinque vivono assieme da parecchio tempo.
Seconda fic del mio personale writober 2022.
Genere: Generale, Hurt/Comfort, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Kento Rei Faun, Rowen Hashiba
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il soffitto bianco, il pulviscolo che volteggia nell'aria, pigro, illuminato dai raggi di sole che fendono le tende; l'odore di menta e eucalipto, la pezza fredda sulla fronte, la pesantezza delle membra e gli occhi che mi guardano...

«Shu, lasciatelo dire...» la mia voce roca, bassa e tremenda. «Hai una faccia tremenda ora».

E lui aggrotta la fronte, sbuffa e continua a guardarmi con quell'aria preoccupata.

«Hai 40 di febbre. Forse vaneggi. Anzi, sicuro che vaneggi. Ho una faccia tutt'altro che tremenda, sempre».

La risata esce dalle mie labbra con una tosse che mi scuote, tanto che mi devo rannicchiare in posizione fetale per evitare di andare in pezzi. O, beh, quella sarebbe la sensazione.

Se è così che si diventa vecchi... non voglio invecchiare.

«Visto che non dormi e fai fatica a parlare, stai pensando più del solito, lo sai, Touma?».

Lo guardo con la coda dell'occhio, ma devo chiudere gli occhi per evitare che il mal di testa scoppi del tutto.

«Senza Shin e... con la mia lingua fuori... uso... sei molto più eloquente... del solito».

Accidenti alla gola e alla febbre e ai cambi di stagione.

Accidenti.

«Shin mi ucciderà per non avergli detto che stai male...».

«È a Okinawa per lo stage... non voglio rovinargli-» attacco di tosse forsennato, ecco le lacrime, inevitabili, che scendono. Quanto accidenti fa male la gola?

«Me l'hai già ripetuto mille volte e mi hai convinto. Ma, tanto, so che mi farà una lavata di capo».

«Mi spiace».

«Scemo. Come se mi importasse, ora».

«Allora, ti piace anche essere sgridato...». Sì, nonostante la febbre, riesco a essere uno stronzetto ironico. Ma Shu è così semplice da prendere in giro... così.

«Se continui così, telefono al tuo editor e lo metto in vivavoce».

Arriccio il naso, apro appena gli occhi e gli lancio uno sguardo irritato (credo, almeno).

«Non oseresti essere così crudele!».

«Tu vedi di stare buono e di dormire, invece di parlare a vanvera. Le medicine faranno effetto in poco...».

Richiudo gli occhi, scuoto la testa e mi tiro la coperta fin sopra il naso. Sento la sua presenza, il suo sguardo intenso su di me... e lo so che è preoccupato. Ma la febbre è destinata a calare, dovrebbe saperlo.

«Non riesco a dormire, Shu».

Sì, lo so, lo so. Io, il dormiglione per antonomasia che non riesco a dormire. Fatevi una risata e poi tacete.

«Mi sembri più Shin che Touma, ora, sai?».

Ah, il tono della sua voce si è ammorbidito... Shu è bravo. Shin è bravo, mamma chioccia quando deve curarci. Ma Shu, quando non stiamo bene, ci tratta come se fossimo i suoi fratellini. Se Shin coccola in ogni istante, Shu ci rimprovera; se Shin ci accarezza, Shu poggia la sua grande mano sulla fronte, borbotta qualcosa che sa solo lui e non ci lascia un secondo con lo sguardo.

Se Shin rivolta la cucina preparandoci innumerevoli pasti da ammalati, Shu ci prepara il suo brodo di pollo segreto di cui nemmeno il pesciolino conosce la ricetta. E quando ci imbocca – perché lo fa sempre, a suo modo – ci pizzica le guance, ci dà degli sciocchi che non si prendono abbastanza cura di se stessi e ci sistema con le sue forti braccia contro il cuscino. Poi, una mano calda sulla nuca, l'altra impegnata con il cucchiaio, non ci fa sprecare nemmeno una goccia del suo brodo segreto.

Riesce a farlo anche con Seiji che, cascasse il mondo, vorrebbe fare sempre di testa sua (non che Ryo sia molto diverso...).

Sarà che il tocco di Shu è diverso.

Grande, caldo e forte. Ha qualcosa che le parole non riescono a descrivere. È una sensazione, qualcosa che non ricordo di aver mai provato altrove.

È una preoccupazione... calma... anche se non ha molto senso, forte.

Però, se la metto a confronto con quella di Shin, tutto ha senso: Shin è leggero, delicato; la sua mano fresca e non troppo grande, molto femminile a dirla tutta. E ha quel tipo di preoccupazione... sì, agitata... da occhi mobili, grandi e acquosi... e cucina ridotta a un disastro, se non fosse per Shu. E quel groppo alla gola che non riesce mai a nascondere e che noi tutti sappiamo che, prima o poi, si scioglierà, davanti a noi, oppure in solitudine.

Shu preferisce cullarti con lo sguardo, fissarti con così tanta intensità da inchiodarti a quel letto e da cacciar via la febbre, solo perché sarebbe in grado di terrorizzarla.

Shu non piange, in queste occasioni. Ti tiene la mano, copre la tua fronte, stringe appena la nuca, provocandoti un formicolio per tutto il corpo e cancellando la confusione che la febbre provoca.

In questo – e in tanto altro – è la nostra roccia.

Sorrido e riapro gli occhi: ecco lì i suoi, blu come il mare più profondo, e tutto ha senso.

«Grazie di essere qui, Shu...» la mia mano destra scivola fuori dalle coperte e va ad afferrare una delle sue. «Stai qui finché non mi addormento...?».

Ah, sì. Quando ho la febbre, la lingua e la mente non hanno freni.

Sì, insomma, riesco a essere svenevole e imbarazzante con chiunque.

Lo vedo abbozzare un sorriso, accarezza la mia mano col pollice.

«Non ho proprio niente da fare, sai? Quindi rimarrò con te anche dopo...».

Che bugiardo.

So che deve studiare per un esame.

Richiudo gli occhi e stringo la sua mano, così grande, enorme attorno alla mia...

Il vago ricordo di un'altra mano, altrettanto grande, sfiora la mia mente: ero piccolo, così piccolo che non so se me lo sono solamente sognato.

Otoosan?

Sento l'altra mano di Shu racchiudere la mia in una solida presa, e il calore mi raggiunge anche da sotto le palpebre.

Sorrido e, non so perché, in gola scivola una lacrima.

  
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