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Autore: StagTree    03/10/2022    0 recensioni
Raccolta per il Writober 2022.
#1 zucchero: Lo zucchero gli ricorda il collo basso del plaid, e il dolce sudore di immagini private. (ishimondo)
#2 respiro: Mondo dà la propria voce al vento. (ishimondo)
#3 tattoo: Kiyotaka gli sfiora la schiena tatuata. (ishimondo)
#7 coffee shop: Entra — il ragazzo senza nome — e si chiude la porta alle spalle con inconsapevole eleganza. (ishimondo)
#15 burro: Ha i capelli legati; se li tocca distrattamente, e fa subito una smorfia disgustata quando si ricorda di avere le mani sporche di burro. (ishimondo)
#28 penombra: Quindi quando Hajime si accovaccia nella mensa in piena notte, e aspetta che si annacqui un attacco di panico, Nagito lo accoglie, e gli porge un bicchiere d’acqua. (komahina)
#29 futuro: E’ un gioco; le ombre sul suo viso lo differenziano dal miraggio nei suoi incubi. (komahina)
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Hajime Hinata, Kiyotaka Ishimaru, Mondo Oowada, Nagito Komaeda
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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prompt #1 e #2 insieme perché nel weekend non ho accesso al computer

generalmente tutte pre!despair oppure (meglio) non-despair!au perché sì

 

https://www.fanwriter.it/writober-2022/

 

 

 

  1. zucchero

 

Così — tramite convenzioni irreparabili, un invito a guardare ragazze in gonne corte e canottiere che non può ammettere, di fatto, di non voler guardare — Mondo si trova nella casa di Leon, o della cugina di Leon, o di chi dir si voglia, con un bicchiere di Crusta in mano, ovvero, di quello che dovrebbe essere un bicchiere di Crusta in mano, e di cui, distrattamente, bacia il bordo zuccherato. Tra un rimpianto e l'altro, e approfittandosi della sua stazza per farsi strada tra la folla, ne beve prima un sorso più lungo, e poi uno più piccolo, poco alla volta. Contorce il viso in una smorfia di ribrezzo; fa per sputacchiare, poi, e dopo un'imprecazione — "Cristo Dio," dice, senza far caso alle reazioni della gente a cui passa vicino — o due, si avvicina a Leon con il naso arricciato. È seduto; a gambe incrociate osserva l'andazzo della festa, trovandolo soddisfacente, sorridendo, magnate, tutto in bianco, con le braccia stese sul bordo del tavolo della cucina dell'ampio open space. Mondo deve urlare per farsi sentire — chiede, "Ma cos'è 'sta merda?" calcando la M, avvicinando le ultime due parole ad una sola. "Sa di Tylenol col brandy." E Leon fa spallucce, indica il bancone nel salone, con l'indice. "Hey," sorride, a metà, col mento alto; ha l'aria di chi ha appena ereditato il trono d'Inghilterra. "Hiro è il barman. Prenditela con lui."

 

"E chi ce l'ha messo lì?"

 

"Oh, nessuno. Ci si è messo lui da solo. Il barman vero se n'è andato all'una e mezza." Se lo beve tutto in un sorso, Leon, quel che del suo cocktail gli era rimasto, e Mondo pensa che in quella loro realtà tutta improbabile dei due è lui quello rimasto più sobrio. Nota Kiyotaka dall'altra parte del salone, che parla con Makoto e Kyoko, in un angolo più appartato e intimo; e si direbbe orgoglioso, se Taka sapesse, Mondo pensa, premendosi le labbra tra di loro. Si lecca lo zucchero con la punta della lingua e si immagina di premergliela su un angolo della bocca come un lucidalabbra sbavato. Orgoglioso del suo autocontrollo. Cerca una sigaretta nella tasca, gli tremano le mani.

 

E riflette: Kiyotaka veste un plaid marrone, e bianco, coprendogli angoli spigolosi di pelle, muscolosi. Non un bottone manca all'appello, fino a cingergli la base del collo come un soldatino. Si chiede, Mondo, e riflette, se può fingersi brillo abbastanza da strappargliene uno con i denti. I pantaloni seguono le curve toniche delle sue gambe, jeans neri. Pantaloni e denti, bocca e bottoni, nello stesso flusso di coscienza, e la sigaretta gli scivola dalle dita.

 

"Sei sbronzo, Cristo," è Yasuhiro, che raccoglie la sigaretta da terra e la butta nel posacenere. No, non lo sono, vorrebbe dirgli, con la gola mozza. Yasuhiro era già fuori prima di lui, o l'ha accompagnato, Mondo non ricorda. "Tremi come una foglia. Ma stai bene?"

 

"Vorrei," Mondo risponde, guardandosi le dita, per un attimo, la vista annebbiata, fuori fuoco, un collo scoperto, un pomo d'Adamo sotto il pollice. Cosa? "Cioè, dovrei."

 

"Dovresti cosa? Star bene?"

 

"Già," e poi, "Quanta gente c'è ancora, secondo te? Dentro?"

 

Alza le sopracciglia, Yasuhiro, stranito, non ancora del tutto ottuso dalla musica e il baccano, o magari abituato abbastanza da non farci caso; dà un colpetto alla sua canna per far cadere la cenere, sporto sul balcone, e dice, "Cos'è, non ci vedi? Un bel po', bello"; se la porta alle labbra e tira, e Mondo lo sta fissando, e gli viene offerta, ma rifiuta. Fa spallucce, Yasuhiro. "Non credo se ne sia già andato nessuno. Cioè, non lo so, ma non sembra ... la notte è lunga, ancora." E che ore sono? Kiyotaka ha un orologio, ha sempre un orologio, lui glielo saprebbe dire. "Stressato?"

 

Preciso sul minuto. "Non proprio," Mondo dice, e in quel momento considera se esporsi a Yasuhiro se sia una di quelle esperienze di cui ci si pente anche a tempo a venire; considera chi lo verrebbe a sapere, e considera, che Yasuhiro non lo si considera, in genere. E quindi fanculo, "Ah," maledice il senso generale di spirito pratico, e dice, "C'è ... qualcuno a cui vorrei parlare."

 

"Oh, e chi è?"

 

"E perché pensi che te lo voglia dire?"

 

"Aw, non vuoi? No, aspetta," Yasuhiro fa un altro tiro e sbuffa, questa volta ghigna. "Fammi indovinare. E se azzecco mi dai cinquecento Yen."

 

"Ma fottiti."

 

"Ah ah. Sicuro!," una pausa; di nuovo, tira, e dice, "È Kiyotaka.”

 

E, sì, pensa, Mondo, Kiytotaka sarebbe orgoglioso di lui, del suo senso di responsabilità; Mondo cerca un'altra sigaretta ascoltandosi il cuore in tachicardia, irrequieto, vorrebbe un ansiolitico, dell'ansiolitico, si chiede se ne abbia mai fatto uso. Maturità; Si vergogna a chiedere aiuto per accenderla quando la trova e se la porta spenta alle labbra, ma Yasuhiro è grande e lo capisce da solo. Gliela accende, e Mondo lo ringrazia a guance rosse, e a labbra strette.

 

Labbra, pensa: il sapore di zucchero è sparito con la sigaretta di prima. L'amaro del drink gli torna alla gola.

 

"Comunque, fai schifo a fare cocktail," è la risposta che propone, Mondo, e a Yasuhiro — distratto dal fumo, chissà, o semplicemente molto più consapevole di quel che Mondo crede — quello basta. "Dissento," risponde, e Mondo si rende improvvisamente conto degli anni che lo precedono. "E prova tu a star dietro agli ordini di tutti! Pure i professionisti sbagliano, a volte, o come si dice?"

 

Kiyotaka sarebbe preciso, pensa, estremamente, e ne farebbe di più buoni, perché tutto quello che fa è perfetto e irraggiungibile. "Stanno tutti bevendo a goccia, fatti due domande."

 

"Beh, hey, sto sgobbando quando nessun altro lo farebbe," una pausa, "e poi," e un sorriso, preme il filtro della canna fumata nel posacenere, "Ho indovinato, no? Vero? Vero? Quindi non solo mi becco i soldi per stasera, ma pure la tua mancia. Terrò il tuo oscuro segreto al sicuro dalle malelingue, giurin giurello."

 

"Ti pagano pure per fare queste brodaglie?"

 

"Daresti il culo aggratis? Lo penso anche io," Yasuhiro torna alla sua mansione martoriante. Mondo, dal canto suo, evita che la parola culo lo porti in meandri mentali a cui non è pronto ad affacciarsi, non in questo momento.

 

Il suo bicchiere di Crusta è andato dimenticato nella sala, da qualche parte. A malincuore, dopo aver perso di vista Kiyotaka, finita la sigaretta (e assicurandosi di sentire il fumo traviargli i polmoni), se ne fa preparare un altro. Lo zucchero gli ricorda il collo basso del plaid, e il dolce sudore di immagini private.

 

 

 

 

 

  1. respiro

 

Mondo dà la propria voce al vento, e Kiyotaka si sfiora il petto con le dita, consapevole dei battiti intensi e delle carezze delicate della sua voce; veloce — si sente il cuore esplodere in colori mai pensati, di qualsiasi sfumatura e suono, odore e sapore, e si stringe le dita delle mani, Kiyotaka, si punisce il viso in espressioni turbolente, perché la risata che lo tocca non è la sua ed è irraggiungibile, Mondo, è lontano, è il cielo incontenibile — è il calore del sole, che lo avvolge, ad occhi chiusi, sognando di un giorno in cui sarà possibile toccarlo con la punta delle dita.

E’ questo — il punto, è questo, è la fisicità che manca, la virgola sbagliata nelle leggi della gravità che lo perseguitano e lo trattengono a terra; Mondo dà e dona, regala ed esalta la propria voce al vento, in una risata inconsapevole, mai sentita, sentita, e Kiyotaka si sente incontenibile, esulato da qualsiasi altra realtà e senso che esista.

Finché non succede, e si cedono in un attimo — uno scambio di sguardi e si cedono in un attimo, l'intesa è immediata, rischiosa, naturale; e il respiro che lo tocca, le labbra che si trascinano, private, sulla sua pelle, non è il suo, non sono le sue. E alza il mento, Kiyotaka, tende il braccio da una nuvola, lascia che il suo collo tremi e bruci.

 

  
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