Anime & Manga > No. 6
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Autore: sasdavvero    04/10/2022    1 recensioni
Il profumo di verdura era l’unico odore che riempiva la piccola abitazione.
Il ragazzo dai capelli bianchi entrò in casa bussando, non aspettò un Avanti dall’altro ragazzo, semplicemente si presentò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé.
Dopo un’altra giornata passata a lavare i cani per Inukashi sentiva l’estremo bisogno di dormire per forse un po' troppo tempo. Il lavoro in sé lo divertiva, i cani gli stavano simpatici, i piccoli cuccioli erano davvero adorabili e la ragazza era di buona compagnia, ma l’inverno si faceva sempre più presente, e Shion sapeva che sudare e sudare sotto il freddo vento gli avrebbe portato solo un fastidioso raffreddore.
“Che cucini?” chiese mentre dava un’occhiata nel pentolone sul fuoco.
Zuppa.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Nezumi, Shion
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il profumo di verdura era l’unico odore che riempiva la piccola abitazione.

Il ragazzo dai capelli bianchi entrò in casa bussando, non aspettò un Avanti dall’altro ragazzo, semplicemente si presentò nella stanza e chiuse la porta dietro di sé.

Dopo un’altra giornata passata a lavare i cani per Inukashi sentiva l’estremo bisogno di dormire per forse un po' troppo tempo. Il lavoro in sé lo divertiva, i cani gli stavano simpatici, i piccoli cuccioli erano davvero adorabili e la ragazza era di buona compagnia, ma l’inverno si faceva sempre più presente, e Shion sapeva che sudare e sudare sotto il freddo vento gli avrebbe portato solo un fastidioso raffreddore.

“Che cucini?” chiese mentre dava un’occhiata nel pentolone sul fuoco.

Zuppa.

Un lieve sorriso comparve sul suo volto, la zuppa che preparava Nezumi era la più buona che avesse mai assaggiato, a volte affiorava il pensiero che col pane che sua madre preparava sarebbe stata ancora più deliziosa, ma spesso scacciava quell'illusione per evitare di pensare a lei.

Alla Città.

A tutto.

“Vuoi stare tanto a fissare la pentola?” gli chiese Nezumi vedendolo con lo sguardo fisso da tre buoni minuti.

Shion abbozzò una risata. “Vado a lavarmi, chiamami quando è pronto.”

Lo vide di sfuggita fare un cenno, non capì che tipo di cenno fosse, se stesse semplicemente annuendo come d’accordo o alzando le spalle con indifferenza, ma non era importante, si chiuse nel piccolo bagno e alzò la testa a guardarsi.

A guardarsi.

Erano passate… settimane? Quante? Tante, poche? Non lo sapeva nemmeno più, ma ogni volta che guardava il suo volto allo specchio non capiva chi fosse la figura che lo guardava di rimando, quel ragazzino coi capelli bianchi e un serpente che gli inondava una guancia, gli stringeva il collo, era lui? Doveva essere lui, un po' stava cercando di fare pace col fatto che fosse lui, che ormai quello sarebbe stato il suo aspetto, ma allo stesso tempo…

Non lo sapeva nemmeno spiegare.

Scosse la testa e distolse lo sguardo da quel ragazzo, si tolse il maglione, la camicia, sguardo sul pavimento, sulle proprie scarpe, e si lavò al meglio che poté con una spugna inzuppata e una piccola saponetta.

Nezumi gli diceva che doveva essere semplicemente felice di essere ancora vivo, in pratica di portare con fierezza quei segni, quelle testimonianze.

Shion non ci riusciva sempre, ma faceva del suo meglio.

Dopo dieci minuti a strofinare assorto il proprio avambraccio, sentì la chiamata.

Era pronta la cena.

Si asciugò velocemente e si rivestì, il suo stomaco bruciava da ore, non si era ancora abituato alla fame, a quella sensazione dolorosa che chiama, implora qualcosa che già scarseggia nella casa.

Ma la zuppa…

La zuppa era buona.

La zuppa non mancava mai, e Shion non poteva che esserne felice.

Si sedette a tavola in silenzio, accettò con un cenno la ciotola che Nezumi gli porse, e stette fisso.

Fisso.

Fisso.

La ciotola gli riscaldava le mani, bruciava, a dire il vero, ma era un bruciore calmo, tranquillo, la stringeva e le sue dita tremavano ma era calda e lui aveva così tanto freddo, in quel momento, così tanto freddo.

“...ion, ohi, Shion?”

Il ragazzo alzò la testa e il suo sguardo incrociò quello annoiato dell’altro, qualcosa di non detto chiaramente presente e così confuso nei suoi occhi. “Mh?”

“Non tenerla in mano che scotta.”

“Oh,” come se quella realizzazione fosse arrivata improvvisa, Shion quasi buttò la ciotola sul tavolino, “scusa.”

“Scusa per cosa?” Nezumi abbozzò un mezzo sorriso. “Basta che mangi e non fissi il cibo come un pesce morto, che è già tanto se riusciamo ancora a farcela, ‘sta zuppa.”

Shion annuì lentamente, uno strano senso di vergogna gli fece caldo il petto.

Vergogna per cosa? Non ne aveva idea, ma era lì, e rimase mentre con testa bassa mangiava lentamente quella pietanza che piano piano lo riscaldava di un diverso calore.

Casa.

“Dormi ancora di là?” chiese poco dopo a Nezumi che lavava la pentola e le scodelle.

Lo vide annuire.

“Non è scomodo? Per terra.”

“Perchè tutte ‘ste domande? Ci sono abituato.”

“Ma—”

Nezumi si voltò, uno strano sorrisetto stampato sul suo volto. “Se vuoi che dorma con te non girarci troppo attorno.”

Vampate sulle sue guance, Shion fece un passo indietro. “Non— Non è questo— io—”

Non è questo.

Perché dovrebbe essere questo? Non—

Non—

“Shion,” mano fredda al suo collo, fredda, fresca, Shion era immobile, lo sguardo dell’altro si fece più leggero, meno divertito. “va tutto bene?”

Lui annuì velocemente. “Intendevo solo che— che posso dormire io a terra, se vuoi stare sul letto, non— non è un problema.”

Nezumi lo fissava e basta. Inclinò la testa, come a dire Sicuro?

Sicuro di stare bene?

Shion annuì.

“Stacci te sul letto,” disse solo Nezumi, la sua mano gli lasciò la pelle e Shion già ne sentiva la mancanza, la sensazione di presenza lì, lì, ancora impressa in lui, “io sto bene di là.”

“Mh,” non guardarlo, non guardalo.

Va tutto bene.

Va tutto bene.

Si salutarono pochi minuti dopo, Shion si teneva stretta la coperta che lo avvolgeva, tentando di non far passare nemmeno uno spiraglio di vento, anche se il freddo sembrava essere ovunque, ovunque, ovunque.

E non ebbe senso.

Non ebbe senso, quando i suoi occhi iniziarono a bruciare e silenziosi singhiozzi si spansero leggeri per la stanza, lacrime colavano sul suo viso coricato e il suo piangere si fece più rumoroso, intrattenibile, non ebbe senso, non aveva senso, non ne aveva.

Sentiva solo un buco nel petto e un qualcosa che mancava.

Un qualcosa che mancava, e che non ci sarebbe stato.

Non aveva idea di cosa fosse.

O forse lo sapeva fin troppo bene.

Ma il sonno lo prese e il risveglio fu troppo brusco, occhi incollati e mal di testa, finse un sorriso ad uno sguardo che sapeva, e tutto continuò come sempre.

Non c’era tempo di piangere, non c’era tempo di volere qualcosa di incomprensibile, doveva lavorare a una cura contro quel parassita e scoprire cosa stava succedendo a No.6.

Non c’era tempo di piangere per qualcosa che non capiva nemmeno.

Non c’era davvero il tempo.

*

“Sei davvero un pessimo bugiardo,” Shion fu distratto dalla voce di Nezumi che entrava nella stanza, stava leggendo uno dei libri della casa, non sapeva da quanto l’altro fosse sulla porta, ad osservarlo con un fare tra serietà e celata preoccupazione.

“Non so di che parli,” non ne aveva davvero idea.

“Quando ti faccio domande voglio risposte sincere, Shion, non maschere messe su tanto per.”

Shion sospirò. “Parli di maschere ma io non capisco davvero che intendi.”

Nezumi rimase a fissarlo come a dire Certo che sei un idiota, ma si mosse a sedere di fianco a lui sul divano, lo guardò negli occhi quando gli disse:

“Stai bene, Shion?”

Lui non capiva. “Sì, perché dovrei star male?”

“Perché è la quarta nottata che ti sento piangere prima di dormire, ti manca davvero così tanto la Città? Mica non ti pentivi delle tue scelte?”

“Che?” pur essendo abbastanza sorpreso, Shion sperò che il suo sorriso sembrasse veritiero. “Non c’entra, sono davvero… davvero non mi pento di essere scappato, non lo so cosa— scusami, non volevo farti preoccupare.”

Nezumi lo fissava. “Non hai risposto alla domanda.”

“Sto bene,” non forzare troppo il sorriso, Shion, o capirà, “davvero, tutto bene.”

Ed era così ovvio quanto non ci credesse, nessuno dei due ci credeva davvero, eppure Shion non aveva idea di come spiegare quella sensazione che sempre sentiva.

Non ne aveva davvero idea.

“Non mi piacciono i bugiardi,” e dio mio— “ma se posso fare qualcosa per te, per aiutarti a capire come stai, dimmelo.”

“Come sei gentile.”

“Non dirlo in giro.”

Gli scappò una risata. “Sicuro, il tuo segreto è al sicuro con me.”

Nezumi sbuffò, ma non sembrava tanto serio quanto prima.

E Shion non sapeva come chiedere, quella cosa che pensava forse l’avrebbe aiutato.

Quindi tornò semplicemente sui suoi passi.

“Dormi di là?”

Nezumi sembrò quasi spiazzato dalla domanda.

Annuì.

“Ma…” deglutì, “sarà… scomodo, no? Per terra e tutto.”

“Vuoi che dorma sul letto?”

Shion alzò le spalle. “Non voglio che tu stia scomodo.”

Sogghignò. “Okay, okay, possiamo fare cambio per stasera."

Groppo in gola, un okay sussurrato.

Nezumi si voltò a guardarlo di nuovo, ancora seduto di fianco a lui, Shion non osava alzare lo sguardo.

“Vuoi dormire con me nel letto?” gli chiese Nezumi.

Quasi non lo sentì col cuore che gli rimbombava nelle orecchie.

“Scusa,” si limitò a rispondere, e sobbalzò al braccio che sentì avvolgersi attorno alle sue spalle.

“Perché scusa?”

“Non lo so.”

“Non c'è problema,” disse solo Nezumi, “almeno stiamo comodi entrambi.”

Shion alzò un poco lo sguardo a guardarlo, capiva tra l’appannato dei suoi occhi che lui non lo stava più guardando, ora, ma notò del lieve rossore sulle sue guance e non poté fare a meno di sorridere.

Si appoggiò alla sua spalla, tentando di trattenersi dal tremare e riuscendoci solo in parte, e la sua presa su di lui si fece più salda, le sue dita gentili disegnavano cerchi leggeri sulla sua spalla, e Shion non riuscì più a trattenere le lacrime, le lasciò scorrere silenziosamente, mordendosi il labbro tremante per non far uscire alcun singhiozzo.

Si coricarono poco dopo, sdraiati faccia a faccia, Shion teneva gli occhi chiusi e tentava di non sobbalzare al contatto con Nezumi, dopotutto, il letto era troppo stretto per due persone.

Dopotutto, forse, non era stata una buonissima idea.

Eppure, quando sentì il suo braccio esitante raggiungerli la vita, gli venne istintivo ingoiare la paura e rannicchiarsi addosso a lui, testa contro il suo petto, mano alla sua schiena, forse lo strinse a sé con un po' troppa forza, con troppo qualcosa, ma non sembrava che all’altro importasse.

A nessuno dei due importava davvero.

Alla fine, quella notte, dormì meglio di quanto avesse mai dormito.

*

A volte, era come se fosse ancora lì.

Come se potesse ancora sentire il suo calore sulla sua pelle, come se il suo braccio fosse ancora avvolto alla sua vita, come se il suo odore ancora lo inondasse.

In quelle volte, sapeva che sua madre evitava il suo sguardo la mattina dopo, sonno disturbato da lamenti e singhiozzi che portano solo occhiaie e stanchezza inutile per un altro giorno lavorativo.

Pianti.

Pianti.

Pianti.

Come se fosse ancora lì, sentiva ancora la sua voce e vedeva il mezzo sorriso sul suo viso, il suo viso, lo guardava con spensierata gentilezza e tutto tornava.

Tutto tornava, e ancora Shion lo aspettava.

Ancora, ancora, ancora spalancava le porte a vetro quando c’era un temporale e lo implorava nella sua testa Eccomi, sono qui, ti prego, ritorna.

Ti prego, ritorna.

Quando riesci, quando puoi.

Ma ti prego, ritorna.

Sempre chiudeva le finestre dopo troppo tempo, acqua ovunque nella stanza e fogli sparsi per terra, si coricava a letto e lasciava che il tutto lo prendesse, quel familiare buco nel petto colmato solo da lui lo squarciava e non poteva fare altro se non piangere per lasciare andare anche solo un minimo di ciò che desiderava.

Ancora piangeva come una ragazzina.

E ancora e ancora e ancora.

Non gli importava molto.

Avrebbe solo voluto che lui fosse lì, a dirglielo, per potersela prendere e per poterci ridere su, per potersi avvicinare a lui e per potergli dare solo un bacio, solo un bacio di bentornato, di mi sei mancato, di grazie per essere tornato.

Non aveva ancora capito se un Ti amo fosse incluso in tutto questo.

Non gli importava molto capirlo.

Alla fine, Nezumi era Nezumi, qualunque cosa avessero avuto, era stata bella, dolce, movimentata e gentile.

Necessaria, forse perfetta, così come era stata.

E si lasciava cullare da quei pensieri, da quella speranza, sentendo un calore nel petto che solo in parte colmava il vuoto, e si lasciava cadere nell'oblio di un’altra notte senza di lui.

   
 
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