Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: Akane    05/10/2022    0 recensioni
"Penso davvero che lui con me non abbia speranze. Un’ombra non batterà mai la luce. Ma un’ombra può creare un’altra luce in grado di batterne una. Tutto quello che ha fatto, è sempre stato per me.
Più guardo Kagami giocare, più me ne rendo conto. È lui il suo regalo per me."
Aomine si rende conto di ciò che ha fatto per lui Kuroko e del perché l'ha abbandonato quando stava più male e vuole fargli sapere che ha capito. Al tempo stesso, Kuroko è convinto che il suo avversario degno sia Kagami e che ormai è questione di tempo affinché lui lo salvi da sé stesso.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La cosa più preziosa'
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degno_avversario

NOTE: dopo un po’ di attesa, arriva la quarta fic della serie La cosa più preziosa. Taiga ha capito che è attratto da Daiki, oltre che ossessionato da lui in tanti sensi. Ma Daiki cosa pensa di Taiga? Durante la prima partita, quando poi lo ha battuto, ha percepito la scintilla e ne è rimasto colpito, ma poi come è andata avanti da parte sua? Come farà la sua attenzione a finire su Taiga? Tetsuya è convinto che sia lui la persona eccezionale, il suo degno avversario, quello che promise a suo tempo a Daiki, quando si sono lasciati. Avrà ragione?
Tempo di chiarimenti e di spiragli, in questa quarta fic. È ora che Daiki inizi a guardare Taiga nel modo giusto, ma anche che riveda le azioni passate di Tetsuya nel verso giusto. 
Le immagini che uso non sono mie ma degli aventi diritti, sono fan art trovate su internet. Mentre i personaggi sono del suo creatore. 
Come già anticipato, la serie conta già molte fic ed è completa, a volte però ci metto un po’ di più a correggere e pubblicare. Per sapere quando lo faccio, basta seguire la mia pagina su FB: https://www.facebook.com/akanethefirst 
Buona lettura. Baci Akane

DEGNO AVVERSARIO

aokaga

Al contrario di Taiga, Daiki non aveva mai pensato costantemente a lui. 
Si era acceso durante la partita, rendendosi conto che lui sarebbe potuto essere l’avversario che aspettava da oltre un anno, ormai quasi due, dal giorno in cui Tetsu glielo aveva detto, ma non rivedendolo spesso non ci aveva realmente pensato. 
L’aveva rivisto in campo quando Satsuki l’aveva trascinato a forza a guardare una delle loro partite ed allora si era ricordato di come l’aveva fatto sentire giocarci contro, aveva notato i miglioramenti e ne era stato estremamente felice. 
Significava che non solo aveva speranza di offrirgli uno scontro interessante, ma anche che aveva un effettivo margine di miglioramento. 
Era importante nel caso fosse stato davvero lui quell’avversario degno di cui Tetsu quella sera gli aveva parlato.
Non sapeva, all’epoca, di chi parlava perché erano ancora insieme alla Teiko, ma erano agli sgoccioli. L’aveva convinto per il rotto della cuffia a tornare in squadra, ma non era mai stato realmente convinto. 
Quella sera gli aveva detto che un giorno avrebbe incontrato il suo avversario degno. Lì per lì aveva pensato che si riferisse a sé stesso, ma quando aveva visto che era impossibile per Tetsu migliorare al punto da diventare il suo degno avversario, non gli aveva più rivolto la parola, lasciandosi avvolgere dal nero. 
Perché erano state solo parole, ecco tutto.
Ma ora no, ora sapeva che non lo erano.
Quel Kagami era quell’avversario degno, ci aveva sperato giocandoci contro e vedendolo allenarsi successivamente come un pazzo da solo pur di essere più bravo per lui. 
Ora che lo vedeva realmente migliorato, non era solo una speranza ed una scintilla. Era una certezza.
Si trattava unicamente di aspettare il momento adatto.
Tetsu aveva avuto ragione, aveva visto lontano, quella sera di quasi due anni prima. 
Forse valeva la pena dargli fiducia.
Sentendosi sempre più solo si era arrabbiato con lui al punto da lasciarlo, gli aveva sempre fatto credere di doversi fidare, che giocando a basket insieme avrebbe trovato qualcosa che ne valesse la pena, ma poi non era mai successo e lentamente aveva iniziato ad odiare Tetsu e quell’attesa a vuoto. 
Adesso capiva la sua visione. 
Non aveva mai pensato a sé stesso, aveva sempre pensato a qualcuno che un giorno avrebbe incontrato.
Kagami era quella persona, il suo degno avversario, colui che gli avrebbe restituito i colori. 
“Devo scusarmi con lui, l’ho sempre trattato di merda da quel giorno che ci siamo definitivamente lasciati. Mi aveva promesso di ridarmi il mio basket ed io l’ho solo maltrattato odiandolo con tutto me stesso. Ma in realtà ci stava lavorando. Quando ci siamo rivisti l’ho schiacciato, l’ho demolito, ma non se lo meritava. 
Penso davvero che lui con me non abbia speranze. Un’ombra non batterà mai la luce. Ma un’ombra può creare un’altra luce in grado di batterne una. Tutto quello che ha fatto, è sempre stato per me.
Più guardo Kagami giocare, più me ne rendo conto. È lui il suo regalo per me. Devo scusarmi. Anzi, voglio farlo.”

Daiki aveva fatto di tutto per convincere le persone giuste ad andare dove era in ritiro la squadra del Seirin. Con ‘di tutto’ si intendeva semplicemente ordinarlo alla sua solita sgarbata ed antipatica maniera. 
Imayoshi non conosceva Daiki bene come Satsuki, ma quando si era sentito ordinare di trovare il luogo del ritiro del Seirin che voleva raggiungerli, non gli aveva chiesto spiegazioni, né aveva questionato.
Era semplicemente la prima volta da quando era con loro che chiedeva una cosa del genere. Fino ad ora si era sempre limitato a starne fuori. Giocava le partite importanti o interessanti, tutto lì. O quelle che secondo lui andavano giocate, nemmeno si allenava con loro. 
Satsuki aveva confermato che se lui chiedeva una cosa simile, probabilmente si era reso conto di dover delle scuse a Tetsuya. Nemmeno lei, che sapeva tutto di loro, conosceva certi dettagli.
Era consapevole del fatto che al tempo delle medie fossero una coppia a tutti gli effetti e che poi si erano lasciati, sapeva anche che Daiki era stato ingiusto con Tetsuya, ma era stata la sua enorme delusione per essersi perso e non essere stato recuperato da lui. 
Satsuki era la persona che in assoluto capiva e conosceva meglio Daiki in quanto amici d’infanzia, erano come fratello e sorella. 
Anche se non sapeva certe cose, le poteva immaginare e dedurre. 
Così aveva confermato a Imayoshi che se Daiki aveva chiesto una cosa simile, significava che lentamente il processo di ri-umanizzazione iniziato da Tetsuya stava dando i suoi frutti. 
Dovevano solo assecondarlo con pazienza. 
Imayoshi, dopo aver visto che il Seirin faceva il ritiro vicino ad un centro termale, aveva deciso che non sarebbe stato un grosso problema organizzare un weekend con la squadra proprio lì.

Daiki non era bravo a scusarsi, tanto meno a fare discorsi normali.
Non più.
Una volta era bravo a farli. Una volta gli venivano facilmente, discorsi sentimentali di ogni genere. 
Si era messo con Tetsu senza esitare e gli aveva dichiarato i suoi sentimenti.
Una volta aveva avuto così tanto cuore e anima che i suoi colori erano stati un arcobaleno. 
Ma più ne hai, più quando li perdi è dura recuperarli. 
Così Daiki non aveva realmente idea di come ci si scusava, né tanto meno voleva davvero farlo. Voleva solo fare qualcosa per dirgli che aveva capito cosa aveva fatto quel giorno lasciandolo. 
Che aveva capito cosa aveva inteso dicendo che avrebbe trovato il giocatore degno. 
Voleva fargli sapere che aveva compreso.
Non scusarsi, scusarsi no. Perché in realtà era colpevole di non essersi espresso bene e averlo lasciato andare. Aveva visto che si isolava e glielo aveva permesso.
Non è che non fosse colpevole di nulla, non voleva tornare indietro, non voleva rimettere le cose a posto con lui, in realtà.
Voleva solo dire che aveva capito e lo perdonava, ecco. Niente di più. 
“E poi come dovrei dire che ho capito che stava solo cercando il ragazzo giusto per me visto che aveva capito che non poteva essere lui? Anche perché per il momento parliamo di basket, ma lui all’epoca in cui ci siamo lasciati era il mio ragazzo. Ha permesso che la nostra relazione finisse solo per colpa del basket ed è lì che lui ha sbagliato. Io stavo male, chiedevo aiuto in quel modo e lui in tutta risposta mi ha detto che avrebbe trovato il ragazzo giusto per me, che non poteva essere lui. Ma che me ne fregava del basket e degli altri? Nella vita c’è altro! C’era lui! Doveva esserci! Invece mi ha permesso di riversare tutto sul basket, anche il mio cuore. E poi di perderlo. Poteva rimanermi vicino come ha fatto Satsuki. Certo lei è come una sorella, ma lui era il mio ragazzo. Non è che non abbia colpe. Se lui riteneva di non poter esserlo più perché non era un degno avversario, allora non poteva, non può e non potrà mai davvero esserlo nemmeno fra un milione di anni. Però il bene che mi voleva lo ha portato a consegnarmi Kagami, un giocatore degno di me. Per il momento solo questo. Anzi, ci sta lavorando alla sua maniera, diventando la sua ombra lo sta illuminando permettendogli di splendere sempre più e non so cos’altro succederà da qui in poi, ma lo so che questo è il suo modo di volermi bene. Ma se mi avesse davvero amato come lo amavo io, non mi avrebbe lasciato andare per nessuna ragione al mondo. Nemmeno per trovare un ragazzo più adatto a me.”

Non aveva le idee chiare su come fare, sapeva solo che voleva farlo.
Perciò quando arrivò nel centro termale rifiutò per principio di unirsi alla squadra a fare il bagno, non poteva di sicuro abbassarsi a fare una cosa di gruppo dimostrando di farne parte. Non era lì per quello, ma per un motivo preciso. 
Perciò lasciò i propri compagni gettarsi nel bagno per andare alla ricerca di Tetsu; lo conosceva e sapeva che non avrebbe retto a lungo l’acqua calda. Probabilmente si era bagnato ma ne era uscito presto e dubitava fossero lì da poco, considerando l’ora. 
Iniziò così a girovagare alla ricerca di una sala relax dove si potessero prendere bibite fresche e appena trovò l’insegna che indicava la zona adibita, ci andò. 
Arrivò all’uscio e i suoi occhi vennero immediatamente catalizzati da una panchina al centro della saletta dove in un angolo stavano delle macchinette. 
Steso su di essa c’era Tetsuya con gli occhi coperti da una pezza fresca e l’aria provata. Il suo tipico pallore, i capelli ancora bagnati e una pressione sicuramente bassa. 
Le terme non erano decisamente il suo ambiente!
Andò in silenzio da lui e gli appoggiò vicino al capo la sua borraccia di bibita energizzante fresca che aveva provveduto a portarsi dietro, sapendo dove sarebbero andati. 
- Tieni. - disse a voce bassa. Quante volte era capitato di ritrovarlo ridotto in quelle condizioni, quando erano andati insieme alle terme? Gli era sempre toccato occuparsi di lui, perciò sapendo dove sarebbero stati, si era portato la borraccia pronta per lui, come ai vecchi tempi. 
Deja-vu. 
- Grazie. - rispose Tetsu pensando di parlare con qualcun altro. Togliendosi la pezza fece per prendere la bottiglia, ma notando che rivolto alle macchinette a prendersi una bibita non era chi pensava, si bloccò sorpreso. 
- Sei tu! - fece meravigliato alzandosi lentamente a sedere.
“Chi pensava fossi?” Si chiese. 
- Ne è passato di tempo, Tetsu. - rispose impassibile. 
Si sentiva innegabilmente strano a trattarlo come ai vecchi tempi, quando stavano insieme. Beh, non proprio. In quei casi non rimaneva così freddo, dritto ed impassibile. 
- Aomine. 
I due si guardarono seri, tesi, Tetsuya sorpreso, incerto su come comportarsi e, sicuramente, sentirsi. 
Probabilmente avrebbe immaginato di vedere chiunque tranne lui, in quel posto. 

L’aveva fatto. 
Alla fine Daiki aveva trovato quel gesto. Dargli il suo beverone energetico. 
- Non hai fatto il bagno? - chiese Tetsu sistemandosi bene sulla panca, mentre lui apriva la bevanda appena presa e si appoggiava al muro, sorseggiandola. 
- Non mi piace molto fare gruppo. - rispose secco e sincero senza guardarlo in viso. Fissava la lattina aperta fra le dita. 
- Una volta non era così. - asserì piano in un sussurro appena udibile. 
Il nervoso montò su in Daiki, non era lì di certo per parlare di questo, né per sentire una predica. Da lui non ne voleva proprio sapere. 
Aveva voluto trovare un gesto per fargli capire che aveva compreso ciò che aveva fatto per lui quella volta, l’aveva trovato, l’aveva fatto, adesso basta. Se capiva bene, altrimenti erano fatti suoi! 
Non gli avrebbe mai detto a voce ‘sai, ho capito perché hai permesso me ne andassi via da te! Cercavi di salvarmi da me stesso, sapevi che non avresti mai potuto farlo tu in prima persona, perciò ti sei messo a cercare qualcuno che potesse farlo al tuo posto!’
Anche perché, di fatto, ce l’aveva comunque per quella sua scelta codarda. 
Era lui il suo ragazzo, lui. 
Suo malgrado, con durezza, bevve un sorso e disse: 
- Ti ho visto giocare. Era quella la nuova tecnica di cui parlava Satsucki? - Tetsuya sollevò gli occhi azzurri che fino a quel momento erano rimasti bassi, si posarono sui suoi blu penetranti, duri, accusatori. Ma, forse, con un piccolo spiraglio. Lo spiraglio materializzato in quella borraccia che gli aveva prestato. 
- Sì, l’ho sviluppata per usarla contro di voi. - rispose l’altro, come sempre apparentemente calmo. 
Daiki sfoggiò il suo sorrisino sbruffone e con l’aria sicura di sé, ormai tipica, disse staccandosi leggermente da dietro: 
- È inutile! La Winter cup sarà vinta da... - ma non riuscì a finire la frase perché un braccio gli circondò il collo e una presenza gli si appoggiò addosso, finendo per lui col suo stesso identico modo sbruffone e sicuro di sé: 
- Da noi! - Kagami era tornato. E non aveva perso l’occasione di toccarlo, ovviamente. 
Come se non aspettasse altro. 
I due si guardarono seri, uno irritato, l’altro ancora con quel sorriso che fino ad un momento prima aveva avuto lui stesso. 
- Toglimi quel braccio dalle spalle! - brontolò seccato, mentre dentro di sé si sentiva semplicemente stupido.
Lì per lì non capì come mai, ma fissando i suoi occhi dall’insolita sfumatura rossa, così vicini ai suoi e notando il suo sorriso, si era sentito strano, stupido. 
Taiga esitò prima di accontentarlo e appena sfilò il braccio, Daiki si sentì infastidito. Gli era piaciuto essere toccato da lui. 
“Non ha paura di me. Non lo irrito. Non mi odia. Non ha soggezione come la maggior parte di quelli che mi incontra. È felice. È veramente felice di vedermi. Quasi ci sperava, oserei dire. Potrei pure aggiungere che è al settimo cielo. Come è possibile? L’ultima volta mi odiava dal profondo, l’ho demolito, distrutto, ho infierito. Non suscito mai questi sentimenti in chi calpesto sul campo.”
- Kagami. - lo richiamò Tetsuya, teso all’idea che i due si mettessero a litigare. Taiga si spostò mettendosi accanto al suo compagno di squadra.
- Che ci fai qui? - chiese, poi, fissandolo impertinente. 
- Allora pensate di vincere? - fece di rimando Daiki, leggendoglielo negli occhi limpido e cristallino. - Non basta. - aggiunse appoggiando la lattina vuota nella panchina dove prima era seduto Tetsuya. - Vi serve di più. È vero che avete spalancato una porta, ma non avete varcato la soglia. Non siete paragonabili alla Generazione dei Miracoli. Non fate divertire nessuno. 
Doveva infierire. Non sapeva perché, ma doveva farlo. Ogni volta che incontrava qualcuno che lo irritava o lo colpiva o gli rimaneva in testa, doveva infierire. 
- Che stai dicendo? - fece a mezza voce Taiga serio, spegnendo il suo sorriso strafottente. 
Bene, così andava meglio. Continuò a sparare le sue cattiverie sbruffone gratuite. Forse nemmeno pensava realmente ciò che diceva e comunque non gli importava veramente. Generazione dei miracoli, essere più forti o cosa. A lui importava trovare una sfida degna di essere giocata. Una interessante. Che poi gli altri fossero più forti o meno o alla loro altezza, contava meno di zero. 
Sapeva che per quel Kagami era un’ossessione diventare all’altezza della Generazione dei Miracoli, la sua, perciò doveva dirgli quelle cose. Solo così l’avrebbe colpito. Doveva farlo. Era più forte di lui. Non ne poteva fare a meno. 
Dopo di questo gli comunicò che avrebbero giocato la prima partita del campionato invernale proprio contro la loro squadra.
Demolire. Demolire era l’unico modo che ormai conosceva per comunicare col prossimo, per rimanergli in mente, per far sì che non si dimenticassero di lui. 
Ma lì, proprio lì quando pensava di aver di nuovo fatto il solito vuoto intorno a sé nell’unica volta che forse non avrebbe davvero voluto, non realmente, Tetsuya sorrise contento. 
- Mi dispiace Kagami, in realtà ho appena gioito dentro di me. - i due ragazzi accanto a lui lo guardarono sorpresi. Era davvero contento, non lo diceva tanto per metterlo a posto. Capirono tutti e due che anche il suo cambiamento, come quello degli altri, era ormai avviato e dava i suoi frutti. Non c’era più ansia, tensione e brutti sentimenti, davanti all’idea di affrontare il proprio complicato e doloroso passato. Solo voglia di rivincita e di superarlo. 
Questo perché, ormai era evidente, per Tetsuya i sentimenti erano cambiati. 
Kagami gli andò subito dietro, dimostrando di essere sulla sua stessa lunghezza d’onda: 
- Che vuoi dire, cretino? Lo pensano tutti! - lui di sicuro, e non ne aveva fatto mistero ancor prima di sapere la notizia. Gli era bastato rivedere Aomine per essere contento. Cristallino a dir poco. 
- Nessuno crede che sarà facile vincere... - disse ancora Taiga prendendo la lattina che aveva posato Daiki. Proprio quella. Poteva mai ignorare qualcosa che lo riguardava? Ormai non più. 
Sorrideva. Era realmente contento. Non ci poteva credere. 
- Se vinciamo abbastanza partite, prima o poi li affronteremo. Meglio saldare subito il debito! - aggiunse accartocciando la lattina, tutto trionfante e sicuro di sé. 
“Bello!” Pensò spontaneo Daiki. “Veramente bello!” 
E non aggiunse altro, fra sé e sé, ma sorrise a sua volta alla sua stessa identica maniera.
Felice all’idea di affrontarlo, ma non solo. Felice di non far più paura all’avversario. 
“Degno.” Ripeté fra sé e sé. 
- Molto bene. Fatevi sotto. 
“Proprio come disse Tetsu quel giorno. Un avversario degno. Magari non forte quanto me, capace di battermi, ma degno di starmi davanti. Lui in qualche modo lo è. E credo abbia capito Tetsu meglio di quanto io l’abbia mai capito.”
In quello provò un moto di gelosia e con un’aria di stizza finale, prese e si girò senza dire altro. 
Tetsuya e Taiga rimasero a guardarsi perplessi di quell’improvviso e brusco andarsene e si capirono, mentre il più basso dei due chiedeva con lo sguardo se potesse andare. Taiga con una strana smorfia infastidita, alzò le spalle e si gettò sulla panchina dove prima si era messo lui. 
- Va pure! 
Tetsuya sorridendo lo ringraziò per poi correre fuori all’inseguimento di Daiki, con la bottiglietta in mano. 
Taiga, rimasto solo, si stese e sollevò la lattina di Aomine tutta accartocciata e la guardò intensamente, senza dire o pensare nulla se non a lui. A quel ragazzo che ormai era diventato la sua ossessione in modi impensati e che Tetsuya e solo lui conosceva. 
Non aveva potuto non parlargliene, un po’ per chiedergli del loro passato insieme, un po’ per saperne di più.
Quando gli piaceva qualcuno non poteva non dimostrarlo, non ci riusciva. Magari ci provava, ma trapelava dall’ossessione che mostrava verso di lui.
Perciò alla fine Tetsuya, estremamente sveglio di suo, aveva capito subito che tutte quelle domande sul suo ex avevano un motivo ben preciso e ne avevano parlato apertamente. 
“Sarà vero che per lui non sono problemi e che ha superato tutto? Non voglio mettermi in mezzo a loro, non lo farò mai. Sa che mi piace, ma sa anche che non intendo agire. Non se avrò anche solo il minimo dubbio.”
Dubbio che stava per sondare. 
“Non è che se uno mi piace devo per forza provarci. E comunque dubito mi ricambi. A prescindere da quello che erano loro, ma questo aggiunge un bel veto. Mi dà già abbastanza fastidio che Kuroko l’abbia capito. Non volevo, ma non è che ci ho potuto fare molto, l’ha capito lui. Comunque anche se non fossero due ex, a quello non piaccio. A malapena potrebbe considerarmi interessante in campo, forse, se riesco a migliorare davvero. Ma ora come ora non ho speranze e se voglio averne devo trovare un modo veloce per fare un salto di qualità o non otterrò mai la sua attenzione, tutto ciò a cui posso puntare. Se lo batto almeno avrò quella. Me lo farò bastare. Ma dannazione, come lo batto?”
Pensandolo si mise l’asciugamano abbandonato prima sulla fronte come a proteggere i propri dubbi cosmici, e assopendosi mentre ci pensava, gli venne in mente Alex, la sua allenatrice di quando viveva negli Stati Uniti. 

Uscito all’esterno del centro termale, venne schiaffeggiato dalla frescura che si contrappose al calore che c’era dentro. 
Daiki prese un respiro profondo gettando indietro la testa, chiuse gli occhi e lasciò andare un sorrisetto divertito. 
Quel tipo era proprio un pazzo se pensava che anche se con difficoltà, l’avrebbe battuto. Poteva impegnarsi quanto voleva, ma il loro livello era ancora abissale, di questo ne era sicuro. Era convinto lo sapesse anche lui, eppure sembrava realmente contento di affrontarlo, così come lo era di vederlo tutte le volte. 
L’unica soluzione all’enigma che rappresentava quel tipo, era che fosse pazzo e basta. 
“Capisco come mai piace a Tetsu. Forse gli ricordo io ai primi tempi, quando si è innamorato di me. Quel Kagami è ancora un puro, ma cambierà se diventerà più forte. Perché succede a tutti. È la regola. Si guasterà.”
Ma non sapeva se lo diceva per convincersene oppure se lo pensasse realmente. 
Mosse alcuni passi nel parco esterno al centro, allontanandosi dalla zona termale dove i suoi compagni di squadra si stavano ancora crogiolando nell’acqua, infastidendo quei perdenti del Seirin. 
Il posto era molto bello, si ergeva in una zona lontana dalla città, piena di quiete e pace. Poco distante c’era una palestra con annesso un dormitorio, posto gettonato da molte squadre di basket per i ritiri. 
Stava ancora pensando a Kagami e Kuroko in un miscuglio di emozioni, quando una bottiglietta gli venne posata sulla nuca attirando la sua attenzione. 
Daiki si voltò e vide con sorpresa che si trattava di Tetsu. 
Il più basso gli porse la sua borraccia che gli aveva prestato, ringraziandolo. 
- Sapevi di trovarmi qua e le condizioni in cui sarei stato, vero? 
Non era una vera domanda. Daiki arrossì lievemente, infastidito di mostrare la propria gentilezza nei suoi confronti. Da quando si erano lasciati in quel modo aveva montato rabbia e frustrazione che si era sfogata in quella prima partita fra loro. 
Non aveva ancora avuto un atteggiamento decente, quello era il primo e l’aveva cercato di proposito. Era contento che da quel porgergli la bottiglia con il beverone energetico, lui avesse capito. Ci aveva sperato. Ma non voleva andare oltre, specie perché non voleva sentirsi dire che ora stava con Kagami. Era ovvio, insomma. 
Tetsu lo affiancò e sorridendo in modo più strano del solito, si mise le mani in tasca facilitandogli il compito di sentire quel che doveva dirgli. Daiki era convinto si trattasse della sua relazione con Kagami. 
C’era un bel cielo stellato sulle loro teste, a fare da contorno.
- Comunque grazie. - fece sereno, come prima cosa. Daiki, serio ed imbarazzato, alzò le spalle. Per un momento si ricordò di come stavano bene insieme una volta, poi gli tornò in mente il modo in cui l’aveva abbandonato. Aveva permesso al suo dolore di divorarlo. Quello aveva cancellato ogni cosa bella fra loro. Non sarebbero mai potuti tornare come prima, anche se quel prima era stato davvero bello. 
Daiki rimase in silenzio a fissare le stelle senza vederle davvero, torturato da quello era convinto sarebbe venuto ora dalla sua bocca. 
- Sai, l’ho trovato, alla fine. Credo tu l’abbia capito che è lui... 
Non serviva specificasse che parlava di Kagami. Daiki si oscurò, indurendosi. Il fastidio crebbe prepotente insieme alla voglia di reagire. Reagire male, come faceva sempre quando stava in quel modo, quando si sentiva uno schifo. 
- Un nuovo fidanzato a cui aggrapparti per divertirti sia a basket che fra le lenzuola? 
Infine l’aveva fatto. Non aveva potuto trattenersi, per difendersi lui attaccava e voleva sempre essere sicuro di vincere, per questo doveva schiacciare il prossimo immediatamente, demolirlo. 
Tetsu alzò lo sguardò cercando il suo profilo dritto e rivolto in avanti. Si aggrottò e poi si aprì capendo in un attimo il reale motivo del suo fastidio e della sua chiara gelosia. 
- Guarda che non stiamo insieme. Lui è la persona eccezionale che ti dicevo. Quell’avversario degno di te. Vedrai che sarà lui a restituirti la gioia di giocare a basket che hai perso. 
Daiki, colpito più dalla prima frase che dal resto, si girò a guardarlo di scatto, mostrando tutta la sua sorpresa. 
- Non state insieme?! - chiese incredulo. Già sapeva che Tetsu pensava che quel Kagami fosse il suo avversario degno, ma di sicuro non aveva idea che non stessero insieme. 
Tetsu alzò le spalle guardandolo deciso e sicuro, con una specie di mezzo sorriso che velava le sue labbra delicate. Non aveva timore, non mentiva. Aveva sempre capito quando era sincero e con lui, comunque, lo era sempre stato. 
-No, certo che no. Non ho minimamente intenzione di stare con uno così simile a te! Certo, ha delle differenze sostanziali. Lui al contrario di te ha un’anima pura e traboccante di colori, ma sono sicuro che anche tu ritroverai la tua. 
Non le mandava a dire, non l’aveva mai fatto. Non aveva mai avuto paura di lui, in alcun modo. 
Daiki lo fissò serio, in un misto fra il contento e il contrariato. Non sapeva bene di cosa dovesse sentirsi felice, ma c’era qualcosa che lo infastidiva ancora. 
- Ma tu piaci a lui. - sostenne deciso, come se quello fosse il punto e l’avesse appena scoperto. 
Non avrebbe dovuto avere importanza, cosa provasse Kagami. Tetsuya se ne rese conto. Se Daiki provava ancora dei sentimenti per lui, se Kagami nutriva interesse o meno non avrebbe dovuto importargli. Invece aveva puntato i riflettori su quello. 
Sorrise più sereno, con una gioia pura dentro di sé.
Si erano voluti tanto bene, lui soprattutto. Al punto da lasciarlo per trovare un modo per aiutarlo. Consapevole che standogli vicino non avrebbe potuto mai, perché non era lui la persona giusta. Forse troppo diversi. 
Ma ora le cose erano diverse, era successo di tutto. Avevano incontrato Kagami che aveva cambiato drasticamente gli equilibri o, forse, li aveva ricreati, in effetti. 
Perché se avessero mai avuto equilibrio, avrebbero trovato un modo per stare insieme, invece lentamente si era tutto deteriorato. 
Quando ne aveva parlato con Taiga se ne era reso conto. Gli aveva voluto tanto bene e di sicuro anche Daiki gliene aveva voluto, ma forse semplicemente era finito tutto proprio perché non erano giusti uno per l’altro. 
Ora Tetsuya ne aveva solo conferma. 
Era contento per loro, non ne dubitava. Non si stava raccontando una favola per non starci male. 
Capito che a Taiga piaceva Daiki, ora aveva appena trovato conferma che era pure ricambiato, solo che quell’ottuso testardo non se ne era ancora reso conto. Ci avrebbe messo un po’ di più, ma era sicuro ci sarebbe arrivato 
E lo sapeva perché era stato Taiga a riportare un dialogo ed un’apertura fra loro. Era stato lui a permettere il miracolo. 
- Come amico. A lui ormai piace un’altra persona. 
Voleva dirglielo, ma capì che non era il suo compito e che avrebbero dovuto cavarsela da soli, in modo naturale. 
“Tanto conoscendo Daiki da adesso in poi non farà che pensarci fino a che non gli salterà addosso.”A quel pensiero Tetsuya sorrise. “Ci saranno scintille!”
In molti sensi. 
- Vabbè. - fece poi secco ritornando a quello che teoricamente doveva essere il discorso principale. - Comunque se pensi che mi batterà e mi farà... cos’è che dici? Tornare a divertirmi a basket? Ti sbagli di grosso! È ancora troppo lontano dal mio livello! 
- Per ora! - puntualizzò Tetsu sicuro di sé alzando il dito e rivolgendosi completamente a lui. Daiki, colpito da quanto ne fosse sicuro, si ricordò di come di norma non si fosse mai sbagliato quando aveva quella sicurezza addosso. Magari la ragione poi era stata dalla sua nel tempo, non immediatamente, ma alla fine l’aveva sempre spuntata. 
Una nota di speranza si insinuò, a quel punto.
Forse poteva davvero crederci. Forse. 
Daiki lo guardò serio e pensieroso, dall’alto dei suoi molti centimetri. 
Poteva realmente essere Kagami? 
- Tu giochi ancora proprio perché ti fidi di quel che ti ho detto quel giorno. Che avresti incontrato quella persona. Ed io sono sicuro che sia lui. Vedrai che un giorno ti batterà e allora non penserai che a lui. 
E lo diceva in tutti i sensi. 
Daiki se ne rese conto, sapeva a cosa si riferiva. Fece il broncio, convinto di non poter essere così prevedibile e soprattutto davvero battuto, ma sapeva di volerlo.
Certo che lo voleva. Lo voleva eccome. 
Ma era anche fottutamente terrorizzato dal ricevere l’ennesima delusione. Un’altra dopo Tetsu non ce l’avrebbe fatta a reggerla. 
- Vedremo chi ha ragione. - disse infine alzando le spalle ed ostentando una durezza che non gli apparteneva in quel momento, sentendosi più insicuro che mai per la prima volta. 
Tetsuya fece un cenno e sbadigliando lo salutò dandogli appuntamento al campionato, dicendo di voler andare a dormire che aveva sonno. 
Daiki lo guardò andarsene verso i dormitori. L’aveva capito il messaggio che era venuto a dargli?
Non un ringraziamento, ma più un ‘ce l’ho di meno con te perché ho capito che non mi hai semplicemente abbandonato, ma non ti perdono perché io ero innamorato di te e volevo te.’
L’aveva ferito comunque, ormai era finita, ne era certo. 
Sospirando, tornò dentro stranito della strana assenza di quel tipo che non si staccava mai da Tetsu. 
Quando tornò nella sala relax, lo vide sulla panchina dove prima aveva trovato il suo ex, steso allo stesso modo, un asciugamano rosso sulla fronte e sulla testa, il viso scoperto a mostrare gli occhi chiusi. Sembrava dormire. 
Daiki fece un risolino divertito, incredulo che reggesse così poco le terme anche lui. 
Probabilmente era la sua prima volta, ma anche a lui non piacevano molto, infatti non si era fatto il bagno con gli altri. 
Il sorriso sparì lasciandogli un’aria pensierosa che rimase mentre si accucciò sopra la sua testa, al contrario rispetto a lui. 
Lo osservò con attenzione prendendo l’asciugamano che si era messo sulla fronte e facendoselo passare intorno al proprio collo.
Odorava di lui, un profumo molto semplice, ma distinto. 
Si appoggiò sui gomiti chinandosi a guardarlo, piegato sulle ginocchia.
Dormiva davvero, per lo meno non dava cenni di aver percepito qualcuno e il suo respiro rimaneva regolare. 
“È lui davvero quell’avversario degno, quella persona eccezionale di cui parlava Tetsu? Lui è convinto lo sia, ma sarà vero?”
Non era più tanto una questione che fosse lui o meno, un po’ iniziava a crederci anche lui. Non che potesse batterlo, ma che potesse divertirlo in campo, farsi notare, insomma. 
Non avrebbe mai concepito una persona in grado di batterlo, nonostante ne volesse disperatamente una. 
“Cos’avrà di tanto speciale questo qui?”
Lo osservò sempre più vicino, mentre al contrario lo guardava pensieroso, assorbendo ogni dettaglio del suo viso. 
Non aveva lineamenti particolarmente delicati come Tetsu o selvatici come i propri. Aveva un viso deciso e maschile, le sopracciglia folte, i capelli rosso scuro poco curati, ma quegli occhi... ogni volta che li incrociava erano sempre vivi, scintillavano di quel riflesso infuocato. Gli erano rimasti impressi sin dal primo istante che li aveva visti. Aveva una luce diversa da tutti gli altri.
“Perché lui ti ha visto ed ha deciso che saresti stato tu la sua nuova luce? Quello che un giorno mi avrebbe battuto, la mia persona eccezionale, il mio avversario degno? Come ha potuto capirlo? Perché sei tu? Perché sei così eccezionale, perché ogni volta che ti vedo catalizzo ogni attenzione esclusivamente su di te, come in attesa di qualcosa che ancora non hai mostrato, ma che sicuramente hai, che devi avere? Cos’hai di così particolare che mi attrae tanto?”
Senza rendersene conto, si ritrovò chino sulla sua fronte e le sue labbra si posarono sulla sua pelle, fra i suoi capelli umidi; l’asciugamano gli ricadde coprendo quel bacio che gli scappò impulsivamente. 
Non aveva problemi ad andare coi ragazzi, se ne incontrava uno interessante se lo faceva senza esitazione. Non fu quello a turbarlo, mentre gli rubava un bacio sulla fronte. 
Era il fatto che fosse proprio lui. 
Il ragazzo designato da Tetsu, quasi come se fosse stato deciso da lui che Kagami dovesse essere qualcuno di speciale. 
Così speciale da non volerlo semplicemente far suo fra le coperte o contro un volgarissimo muro. 
Realizzandolo si sollevò velocemente, guardò fra le sue mani la lattina che prima aveva bevuto e poi lui gli aveva accartocciato insieme ad un’uscita che faceva effetto. Sorrise alzandosi in piedi, tenendosi il suo asciugamano. 
Non sorrise dolcemente o sollevato.
Sorrise divertito. 
Forse ne sarebbero arrivate delle belle, Tetsu magari non aveva torto.
Quel tipo lì, che ora gli dormiva davanti, doveva essere per forza speciale. 
“Già se sarà il mio degno avversario, sarò contento.”
Per il resto non serviva esagerare. 


 

   
 
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