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Autore: Quebec    06/10/2022    1 recensioni
In una città invasa da un'epidemia di vampiri e sigillata dall'esercito, un uomo e un bambino tentano una fuga disperata.
Genere: Drammatico, Horror, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vampiro barcollava avanti e indietro nel corto corridoio. Annusava l'aria, si girava e rigirava, la testa preda di tic nervosi, eccitati. Aveva percepito un odore, ma non capiva da dove provenisse. Si bloccò davanti all'uscio dello stanzino, gli occhi nero pece fissi sul montante della porta, la bocca spalancata da cui colava la saliva giallastra.
L'uomo lo guardava dalla fessura creata tra la botola e il pavimento. Aveva già veduto i vampiri comportarsi in quella maniera e non era un buon segno. Aveva fame. E quando un vampiro aveva fame e aveva sentito anche l'odore di una preda, lo si doveva ammazzare o non sarebbe più andato via.
Il vampiro digrignò i denti aguzzi e si voltò lentamente verso la botola. L'uomo la socchiuse un poco fino a lasciare uno spiraglio per sbirciare. Il succhiasangue barcollò nello stanzino e si fermò ai piedi della botola. L'uomo si tolse il fucile dalla spalla e lo puntò in alto. Se il vampiro avesse sollevato la botola, lui gli avrebbe fatto saltare la testa. Lo sparo avrebbe attirato i succhiasangue vicini, ma l'uomo avrebbe bloccato la botola e loro non sarebbero mai entrati. Non avrebbero capito cosa fosse successo. Non erano molto svegli e prima o poi sarebbero andati via. Doveva solo aspettare.
Il vampiro restò fermo per un lungo momento, il corpo percorso da forti tremiti. Era inquieto e logorato dalla fame. Se non avesse trovato del sangue, sarebbe impazzito e avrebbe attaccato gli altri vampiri. E questi lo avrebbero fatto a pezzi.
Il vampiro si girò, barcollò verso il corto corridoio e si fermò sulla soglia.
L'uomo aprì lentamente la botola, posò il fucile sul pavimento, lo raggiunse alle spalle e gli sferrò una martella in testa. Il sangue nero gli schizzò in faccia. Il vampiro si afflosciò in avanti, ma l'uomo lo afferrò da sotto le braccia per non farlo cadere. Poi lo trascinò dietro a una cassa vuota e lo fissò negli occhi per un attimo. Era morto. I suoi occhi neri si facevano via via più vitrei.
Quando l'aveva colpito, non immaginava che sarebbe morto. Credeva che dopo averlo tramortito, doveva piantargli un paletto nel cuore, invece era bastato un colpo in testa.
Nei primi mesi dell'epidemia, in televisione avevano parlato di persone prosciugate, fatte a pezzi o infettate dai vampiri. Mostri invincibili, impossibile da uccidere. E ora per la prima volta aveva ucciso un vampiro. L'uomo cominciava a credere che quelli non fossero veri vampiri, ma qualcosa di molto simile.
Ritornò alla botola, prese il fucile e la richiuse sopra la sua testa.

L'uomo e il bambino sedevano attorno al tavolo. Il primo con gli occhi puntati sullo schermo del laptop acceso, il secondo con la sparachiodi in mano. Il bambino la esaminava con fare curioso. Credeva fosse una pistola speciale che avrebbe fermato qualsiasi vampiro. E l'idea lo rendeva più sicuro di sé.
L'uomo controllava l'ultima pagina del Baywood Times. L'ultima notizie risaliva a quattro giorni fa. L'esercito aveva sigillato la città per contenere l'infezione e si preparava a evacuare i cittadini. L'uomo corrugò la fronte con fare pensieroso. Nessuno sarebbe venuto a salvarli. Erano da soli.
Nelle due settimane che seguirono il caos, l'esercito si era fatto vedere solo con i cacciabombardieri che sfrecciavano di continuo nei cieli. L'uomo pensava che prima o poi avrebbero raso al suolo la città e tanti saluti. E chi andava ai posti di blocco sul confine della città per tentare la fuga, veniva allontanato a colpi di M60.
La corrente andò via.
Il bambino mollò la sparachiodi, girò attorno al tavolo e si strinse all'uomo. Lui lo circondò con un braccio.
- E se i vampiri ci trovano? - chiese il bambino spaventato.
- Non ci troveranno.
- Forse sono stati loro a spegnere le luci? Vogliono spaventarci.
- Alcune volte la corrente va via. Tra poco ritornerà.
Il bambino guardò lo schermo del laptop e i suoi occhi si illuminarono. - La mia mamma parlava sempre al computer. C'erano le persone e lei rideva sempre. Perché non ci sono le persone?
- Forse era in videochiamata.
Il bambino abbassò gli occhi per un momento. - Posso chiamarla?
- Chi?
- La mamma. Forse è casa in videochiamata. Magari si è dimenticata di prendermi perché sta ridendo troppo.
L'uomo lo fissò con gli occhi lucidi. Strinse il bambino sul suo petto.
- Posso chiamarla? - chiese il bambino.
Qualcosa urtò contro la botola. Lui allontanò bambino, afferrò fucile e martello e raggiunse velocemente la botola. Il bambino si nascose sotto il tavolo impaurito. Pianse. Il rumore gli aveva riportato alla mente la morte della madre.
L'uomo puntò il fucile verso la botola. Qualcuno cercava di aprirla con colpi lenti, discontinui. Abbassò il fucile con fare pensieroso. Un vampiro farebbe molto più rumore. Non cercherebbe di aprirla, ma di abbatterla con pugni e calci. Forse c'era una persona dall'altra parte. Poggiò una mano sulla scala a pioli, ma si bloccò.
E se dall'altra parte ci fosse qualcuno che gli avrebbe piazzato una pallottola in fronte appena aperto? Arretrò e guardò il bambino. Non poteva permettersi errori. Lui veniva prima. Doveva proteggerlo.
E se invece ci fosse una brava persona? Magari un altro bambino? Più pensava, più l'istinto gli suggeriva di controllare. Se non l'avesse fatto sarebbe stato divorato dai sensi di colpa.
Salì la scala, sbloccò la botola e puntò il fucile in alto con una mano. La botola si aprì e ne emerse il viso scioccato e sporco di una donna dai capelli crespi e luridi.
I due si fissarono per un attimo. Poi lei piantò gli occhi sul fucile.
- Scendi - disse l'uomo.

Quando l'uomo richiuse la botola, la donna si guardò intorno spaventata. Si aspettava di scorgere altra gente nella penombra in cui era inghiottita lo scantinato, ma i ragnetti erano gli unici ospiti che zampettavano sulle ragnatele agli angoli.
Il bambino uscì da sotto il tavolo e la fissò esitante. La donna ricambiò lo sguardo sorpresa. Non vedeva un bambino vivo da più di una settimana.
L'uomo non le toglieva gli occhi di dosso. La superò e si fermò accanto al tavolo. - Siediti.
L'unica fonte di luce era lo schermo del laptop che illuminava una parete crepata dello scantinato.
Il bambino si portò dietro l'uomo. La donna si avvicinò cauta, lo sguardo fissò sul fucile.
- Avrai fame - disse l'uomo.
La donna non rispose e si sedette. Il bambino la squadrava da capo a piede. Gli ricordava la madre. Aveva gli stessi capelli corvino lunghi fino alle spalle e le labbra sottili. Ma non era lei. Sua madre era morta. Scoppiò a piangere.
La donna si accigliò, confusa. L'uomo gli posò una mano sulla spalla, ma il bambino si allontanò e si arrampicò su un letto a castello. Il silenzio interrotto dai singhiozzi.
L'uomo andò a prendere una busta di patatine da uno scaffale e le posò sul tavolo. La donna la guardò con fare avido. Non mangiava da giorni.
- È tuo - disse l'uomo.
Lei abbassò lo sguardo. L'ultima volta che aveva accettato cibo da qualcuno era finita male.
Lui aprì le patatine e gliele avvicinò.
L'odore le fece venire l'acquolina in bocca, lo stomaco brontolava. Voleva afferrare le patatine, mettersele in bocca, masticarle. Strinse le mani a pugno. Doveva resistere.
L'uomo aggrottò le sopracciglia confuso. - Se non ne vuoi, le mangio io. - Allungò una mano, ma la donna prese la busta e divorò le patatine con voracità, le mani sporche di terra. Ogni tanto alzava lo sguardo per controllare l'uomo. Non voleva che l'assalisse mentre non guardava. Ma lui restava guardingo sulla sedia, il fucile in grembo.
Quando la donna ebbe finito di mangiare, si irrigidì e incassò la testa nelle spalle. Spostò lo sguardo dal fucile all'uomo, e dall'uomo al fucile. Era pronta a scattare in piedi e scappare al primo movimento.
- Avevi davvero fame - disse l'uomo.
La donna trasalì
Lui posò il fucile contro una gamba del tavolo. - Se avessi voluto farti del male, non ti avrei dato del cibo.
- L'ultimo che mi ha dato da mangiare ha preteso che facessi sesso con lui - rispose la donna con voce cupa, graffiata. - E io non ho voluto. Lui... - Serrò gli occhi irata. - Lui mi ha picchiata e violentata per giorni. Diceva che avevo mangiato il suo cibo e che poteva fare di me ciò che voleva.
L'uomo si fece serio. - Mi dispiace.
La donna gli lanciò un'occhiata diffidente. L'uomo che aveva davanti poteva essere come lui.
- L'hai ucciso? - chiese l'uomo.
- Chi?
- Il tizio che ti ha violentato.
La donna non rispose subito. - Avrei voluto, ma ci ha pensato un vampiro.
Restarono in silenzio per un momento.
- Come sei riuscita a scappare? - domandò l'uomo.
- È un terzo grado?
L'uomo abbozzò un sorriso. - Io non ti conosco. Per quanto ne so potresti rifilarmi queste cazzate per farmi abbassare la guardia. Forse di sopra ci sono i tuoi amici che aspettano che tu mi faccia fuori.
Gli occhi della donna erano due strette fessure cariche di rabbia. - Ho detto la verità!
L'uomo si alzò e prese il fucile. La donna scattò in piedi impaurita.
- Voglio crederti - disse l'uomo. - Sembri troppo spaventata per fingere. E non credo tu stia fingendo. Ma non voglio abbassare la guardia. Là fuori è pieno di gente che ucciderebbe per questo posto. E tu potresti essere una di loro.
La donna aveva troppo paura per guardarlo in faccia e si limitava a fissare il fucile. Le gambe tremanti, le labbra asciutte, lo stomaco in subbuglio. Ora che aveva mangiato il suo cibo, si aspettava che prima o poi l'uomo le mollasse un pugno, la prendesse a calci, si sbottonasse la patta e le venisse sopra con un sorriso sinistro, compiaciuto.
- Riposati - aggiunse l'uomo. - Resteremo qui ancora per molto.

   
 
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