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Autore: Serpentina    07/10/2022    2 recensioni
Londra, 2037
Il verdetto sulla morte di Aisling Carter, giudicata come tragico incidente, non convince Frida Weil, che nei misteri ci sguazza per passione e sospetta possa trattarsi di omicidio. Decide quindi di "ficcanasare", trascinando nella sua indagine non ufficiale William Wollestonecraft, forse perchè le piace più di quanto non voglia ammettere...
Un giallo con la nuova generazione dell'Irvingverse. 😉
Dal capitolo 5:
"–È vero che sei la figlia di Faith Irving, la patologa forense?
–Così è scritto sul mio certificato di nascita- fu la secca risposta di Frida, che storse il naso, a far intendere che quelle domande insulse la stavano indisponendo, e fece segno ad Andrew di risedersi.
–Ho voluto questo incontro perché, se ho ben capito, sostieni che tua madre abbia liquidato un po’ troppo frettolosamente la morte di mia sorella. Che razza di figlia non si fa scrupoli a sputtanare sua madre?
–Una dotata di un cervello funzionante. Meine liebe Mutter è fallace come qualunque essere umano, e i vincoli parentali sono nulla, in confronto al superiore interesse della giustizia. Ma non siamo qui per parlare di me. Se avete finito con le domande stupide, ne avrei una io. Una intelligente, tanto per cambiare: perché siete qui?"
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Bentrovati!

Dopo un’altra era geologica, riecco le (dis)avventure di Frida, Will e compagnia.

Grazie a chi segue questa storia, dall’inizio o da pochissimo, e naturalmente a chi recensisce; sono felice di constatare che, pian piano, questo esperimento di “giallo a tinte rosa” sta decollando.

Sottofondo musicale consigliato: “Nothing else matters”, un brano che non ha bisogno di presentazioni e “The ending” dei Papa Roach (perché sì).
 

Ricreazione
 

Nessun rapporto è una perdita di tempo: se non ti ha dato quello che cercavi, ti ha insegnato di cosa hai bisogno”.

Charles Bukowski
 

Immerso nel buio quasi totale della propria abitazione, Andrew Carter si abbandonò all’ira, colpendo con calci e pugni qualunque cosa gli capitasse sotto tiro. Era arrabbiato con tutto e tutti: l’universo, se stesso, le sue sorelle, la sorella di Kevin e Kevin stesso. Aveva sperato di trovare in lui uno spirito più forte del suo, qualcuno che lo aiutasse a migliorarsi e gli desse il coraggio di non vergognarsi di ciò che era, salvo scoprire che Kevin era esattamente come lui, solo con qualche trauma in meno e qualche amico intrigante in più. Assestò un calcio al portaombrelli, che si abbatté contro la porta d’ingresso con un clangore che, Andrew ne era certo, gli sarebbe valso l’ennesima reprimenda da parte dei vicini, e si rannicchiò contro il muro in posizione fetale. Se aveva ben capito, i signori Cartridge potevano competere con i suoi nonni quanto ad apertura mentale, e Kevin, messo di fronte al bivio tra essere se stesso e accontentare la sua famiglia, avrebbe certamente scelto la seconda; al suo posto, avrebbe fatto lo stesso: la famiglia è per sempre, un’ancora per chi, come lui, andava alla deriva in questo mondo frenetico e precario.

Distratto dai propri pensieri, impiegò parecchio tempo ad accorgersi di una chiamata in arrivo. Il cuore gli schizzò in gola: era terrorizzato dalle chiamate notturne, non presagivano niente di buono. Purtroppo, le cattive notizie non svaniscono ignorandole, ragion per cui si impose un minimo di autocontrollo e rispose.

–Pronto?

–Andrew?

–Nonna!- esclamò, sconcertato sia dall’ora, sia dall’urgenza nella voce della donna. –Che succede? Non ti senti bene?

–Non c’è tempo per le sciocchezze, ragazzo! Sai tenere un segreto?

–Segreto? Che segreto?

–Uno che io non riesco più a mantenere- esalò lei. –Avere la coscienza sporca stanca. Ma tu sei un bravo nipote, che libererà la sua vecchia nonna da questo peso, sì?

Perplesso e un po’ spaventato, Andrew si chiese se non ci fossero le “goccine” di Aisling dietro quello strano comportamento. Suo nonno si era mostrato estremamente determinato nel volerle somministrare un calmante, in barba ai rischi, non lo avrebbe sorpreso scoprire che aveva ripreso con successo le ricerche della scorta di psicofarmaci di Aisling e li avesse propinati alla moglie. Un’azione sconsiderata, certo; ma, almeno così credeva, animata da buone intenzioni. Nessun uomo degno di tale nome sarebbe rimasto con le mani in mano mentre la persona amata scivolava nel distruttivo tunnel della depressione da lutto.

–Mi stai spaventando, nonna. Che succede? Dov’è il nonno?

–È andato a prendere la mia insulina. Dice che ho dimenticato l’iniezione serale. A me sembrava di averla presa, ma sai, tra la vecchiaia e le… prove della vita, diciamo così, comincio a perdere colpi.

–Non dire così, nonna- tentò di consolarla. –Vai ancora forte! Oggi eri la più figa delle signore presenti, nonostante molte avessero meno della metà dei tuoi anni.

–Grazie, tesoro; ma non è il momento per le frivolezze. Non mi rimane più molto tempo.

–Non dire così, nonna!

–Smettila di interrompermi e ascolta: Aisling non si è suicidata, lei…

Fece appena in tempo ad udire la voce di suo nonno in sottofondo che la comunicazione si interruppe di colpo. In preda all’ansia, prese a mordicchiarsi le unghie. Nonostante una voce interiore gli suggerisse di considerare veritiere le parole della nonna, si risolse a credere che stesse farneticando e basta, perché crederle avrebbe significato non poter più riversare rabbia e frustrazione su quella testa calda di sua sorella, rea di avergli procurato l’ennesimo trauma emotivo; oltretutto, se non si era tolta la vita, allora un assassino stava girando a piede libero, e il solo pensiero gli fece tremare le vene e i polsi.
 

***

 

–Non sei troppo grande per dormire nel lettone con la mamma, vero?

Frida, che dopo quella giornata allucinante anelava a restare sola con i propri pensieri, fu tentata di rispondere che i tempi in cui non desiderava altro che cadere tra le braccia di Morfeo avvolta dall’abbraccio della madre, cullata dalla sua voce rassicurante, erano finiti, ma qualcosa glielo impedì: la consapevolezza che in lei, sotto strati e strati di fredda razionalità, albergava ancora la bambina bisognosa delle coccole e delle strane ninne nanne di Faith (rivelatesi nient’altro che grandi classici della musica rock e metal). Fece segno di no con la testa e si abbarbicò koalescamente alla madre, chiedendole di cantare qualcosa per farla addormentare.

Faith sorrise e cominciò a cullarla sulle note di “Nothing else matters”. Sapeva che prima o poi sarebbe venuto il momento di parlare dell’insubordinazione di Frida e delle sue conseguenze, ma non era quello il momento adatto. Per una volta, lasciava l’onere di rimproverare e cercare di mettere in riga loro figlia interamente a Franz. Era stufa del ruolo di genitore “cattivo”.

“D’altronde”, si disse, “Quante decisioni ha preso lui nonostante il mio parere contrario?”

Ciononostante, ritenne che delle scuse fossero doverose.

–Mi dispiace tanto per stasera.

–È normale che i dissapori tra genitori coinvolgano i rispettivi figli. Cosa ti aspettavi, che restassi a guardare mentre quel Arschloch ti riversava addosso anni di livore sopito?

–Grazie, cucciola, lo apprezzo molto- chiocciò Faith. –Tuttavia, non posso fare a meno di sentirmi in colpa: tu e William avete un bel rapporto; mi odierei se si dovesse guastare per una storia morta e sepolta.

Keine Sorge, Mutti1: io e William abbiamo i nostri problemi, a prescindere dai vostri casini. Ad ogni modo, la storia sarà morta sì, ma sepolta…- ribatté la figlia. –Se io e Liam non fossimo intervenuti, probabilmente vi sareste scannati a vicenda.

Faith sorrise nell’oscurità, e colse l’occasione per sganciare la bomba F (per Franz).

–Dici? Beh, allora spero che tuo padre conceda una deroga alla tua sicura punizione, così potrai badare che lui e Cyril non si scannino, dato che l’ha invitato a cena!

Frida scattò a sedere, serrò i pugni e scoprì i denti, come un predatore pronto a balzare.

–Credevo fosse uno scherzo! Der Arschloch… in meinem Haus? Niemals!2

–Idea di tuo padre. Se hai qualcosa in contrario, parlane con lui. Io mi limiterò a godermi lo spettacolo.

–Speri che Papi lo faccia a pezzi?

–Dio, no!- scherzò Faith. –Non in casa nostra, almeno: le macchie di sangue sono praticamente impossibili da lavare via!

Frida ridacchiò a sua volta e Faith, finalmente serena, si addormentò: i problemi potevano darle scampo per qualche ora.

Frida, invece, scivolata in un sonno senza sogni, agitato e tormentato dal lavorio dei suoi neuroni, si destò nel cuore della notte e, una volta appurato che la madre stesse dormendo profondamente, si trascinò nella sua camera da letto, ripensando agli avvenimenti di poche ore prima.

“–Perché ti sei messo in mezzo?

Divertito dal torrente di - ci avrebbe scommesso - oscenità in tedesco che seguì, William mollò la presa e, al posto della replica che aveva in mente, ridacchiò Baci i tuoi genitori - e, soprattutto, me - con quella bocca?

Cosa stai insinuando? Per quanto ne sai, ho recitato una poesia su unicorni e prati verdi.

Non bisogna conoscere una lingua per riconoscere un’imprecazione- asserì. Le parolacce sono universali.

Lottando contro l’istinto di dargli un pugno, Frida alzò le mani e fece per aprire la porta della toilette.

Perplesso, William le chiese dove stesse andando, ricevendo in risposta un sarcastico Dove, in teoria, non potresti seguirmi- indicò la figura femminile stilizzata. Anche se hai dimostrato in numerose occasioni una certa noncuranza per quisquilie quali decenza e privacy. Perché quella faccia? Ho detto meiner Mutter che sarei andata in bagno a lavarmi le mani e lo farò: non le ho mai mentito- seguito dallo sdegnoso Non guardarmi così, è vero! Posso aver omesso delle informazioni, ma non le ho mai raccontato frottole.

Ti ascolti quando parli, Weil? Omettere equivale a mentire- obiettò l’australiano. Omettendo qualcosa stai nascondendo la verità che, per quanto cruda, è sempre preferibile.

Frida non poté fare a meno di pensare È proprio un kantiano del cazzo!” e replicò freddamente Perché non cominci tu?- prima di svignarsela nella toilette del ristorante.

Quando riemerse, con disposizione meno bellicosa, cercò di portare la conversazione su questioni più pressanti.

Se hai finito con le filippiche moraliste, potremmo affrontare l’elefante nella stanza… oppure, se non te la senti, organizzarci per ciò che verrà.

In che senso?

Il cerchio si stringe. Ho già dei sospetti sull’identità dell’assassino, e non appena Ernst avrà decriptato la USB di Aisling, saprò anche il movente. Purtroppo, unsere Väter ci metteranno di sicuro in punizione; ergo, dobbiamo escogitare un modo per proseguire le indagini senza metterci ulteriormente nei guai. Certo, se preferisci spiegare i processi mentali che hanno portato al nostro scambio inconsulto di fluidi salivari...

No, grazie. Parliamo di omicidi!

Frida curvò le labbra in un sorrisetto sardonico.

Qualunque cosa, pur di glissare sul nostro bacio, eh? Mein Cousin hat Recht: Du hast nicht den Mumm.3

Esasperato, William reclinò il capo, chiuse gli occhi e sospirò. Perché la Weil doveva essere così maledettamente coriacea?

Proprio non vuoi mollare l’osso! Cosa vuoi che ti dica? Ero amareggiato, avevo bisogno di conforto, e ho agito d’istinto. In quel momento, infilarti la lingua in bocca mi è sembrata la cosa giusta da fare; col senno di poi…

Se avevi bisogno di conforto avresti potuto abbracciarmi e basta- lo rimbeccò Frida. –Non si bacia una ragazza, se non ti piace.

Di nuovo, William sospirò era giunto il momento che si era sforzato di rimandare più possibile: la resa dei conti.

Ascoltami bene, perché non lo ripeterò: mi piaci? Sì. Ti trovo sexy? Assolutamente sì. Vorrei scoparti? Cazzo, sì!- sbuffò una risatina di fronte alla sua espressione corrucciata e proseguì –Sono innamorato di te? Beh… difficile provare qualcosa in cui non si crede. Senza offesa: non intendo compromettere la mia integrità per te. Seguirò la mia filosofia fino alla morte.

Allora abbiamo un problema.

William stralunò gli occhi e sbuffò Ah, già, dimenticavo: l’accesso alle tue “parti private” è riservato al tuo ragazzo.

Genau!4- annuì lei, arrossendo. Anch’io seguirò la mia filosofia fino alla morte. Ho deciso di fare… certe cose solamente col mio ragazzo, e non basterà un po’ di ormonella a farmi vacillare!

Contro ogni previsione, William avanzò fino a metterla con le spalle al muro, bloccando ogni possibile via di fuga col suo corpo. Frida avrebbe potuto liberarsi facilmente, persino metterlo ko, ma teneva troppo a lui per anche soltanto pensare di colpirlo; e lui, realizzò quando i loro sguardi si incrociarono, ne era ben consapevole. La stava sfidando a fargli male, solo per il gusto di costringerla ad ammettere la propria debolezza; ma Frida sarebbe morta, piuttosto che ammettere, prima di tutto a se stessa, di avere dei punti deboli. Il suo modus operandi prevedeva, semmai, di scovare e sfruttare a proprio vantaggio quelli altrui.

Messa da parte ogni remora morale, tentò quindi di fare leva sul tallone d’Achille dell’australiano: con lentezza quasi esasperante, ma priva di esitazione, annullò la distanza tra loro, coinvolgendo il suo socio (se ancora si poteva chiamare tale) in un bacio che, a differenza del precedente, era scevro di dolcezza. Per fortuna, pensò, non portava il rossetto. Nel momento esatto in cui capì che ne voleva di più, si scostò da lui quel tanto che bastava a sussurrare Sarebbe così tremendo per te? Stare insieme?

William, che aveva compreso il suo gioco, la scostò con veemenza, scosse il capo ed esclamò Tu sei tremenda, Weil! Mi stai dando l’aut aut che per avere ciò che voglio devo piegarmi alla tua volontà, facendo qualcosa contrario al mio essere? Dalle mie parti, si chiama ricatto.

Frida, dopo l’ennesima dimostrazione che non meritava di scoprire il suo lato tenero, replicò freddamente Dalle mie, invece, si chiama scambio mutuamente vantaggioso; ma non preoccuparti, non ripeterò la mia proposta.

Scheißkerl!- ringhiò, sbattendo i pugni contro il punchingball che usava per allenarsi.

Aveva tanto agognato di rimanere sola con i propri pensieri, eppure, in quel momento, si rese conto che rischiava di venire schiacciata dal loro peso. Allora si sentì fremere, pervasa da una smania irrefrenabile di fare; qualunque cosa, pur di placare il suo animo in tempesta. Dopo averci riflettuto, decise di calmarsi nell’unico modo efficace che conosceva: sfinendosi con lo sforzo fisico. Certo, se la madre l’avesse scoperto avrebbe aggravato la sua posizione, ma Faith ronfava della grossa, e sarebbe finita comunque in punizione; se proprio doveva salire al patibolo, tanto valeva fosse per un montone, piuttosto che per una gallina.

Indossò una tuta, allacciò le scarpe da corsa e, per buona misura, nascose in un calzino il coltello a serramanico tramandatole da Hans, prima di precipitarsi a rotta di collo per le strade deserte della capitale.

E corse. Corse. Corse. Sempre più veloce, fino a vedere la luce dei lampioni diluirsi in una singola linea giallastra che la seguiva, fino a non sentire più la musica che le pompava nelle orecchie; fino a non sentire altro che i muscoli implorare pietà e la testa che vorticava, fino ad avvertire un familiare senso di nausea, che la riportò indietro alle prime volte in cui si era allenata sotto la severa guida del maggiore tra i suoi cugini.

“–Hans! Hans, hilf mir!

Was passiert, Cousichen? Warum bleibst du stehen?

Ich muss gleich kotzen.

Se sperava di trovare comprensione, cascò male: Hans le rispose gelidamente –Weil du schwach bist.

Sebbene affranta dalla replica del cugino e dalla sua scarsa resistenza fisica, trovò la forza di controbattere, prima di vomitare pure l’anima Ich bin nicht schwach, nur müde.

Du bist müde, weil du schwach bist!

Ich kann nicht mehr, Hans! Können wir nicht für heute aufhören?

Nein! Du musst durchhalten und trainieren: um stark zu werden- la esortò Hans, per poi aggiungere, alla vista degli occhioni lucidi di Frida Fang nicht an zu weinen.

Warum weinen große Mädchen nicht?

Weil du nach dem Erbrechen keine weitere Flüssigkeit verlieren sollst.5

Si voltò e riprese a correre. Incitata da Wilhelm ed Ernst, Frida fece un respiro profondo e si fiondò alle sue calcagna. Non importava quanti liquidi avrebbe perso, quanti crampi avrebbe dovuto sopportare: sarebbe diventata forte, più di Hans; glielo doveva.”

Quando recuperò la cognizione dello spazio e del tempo, si accorse con grande stupore di aver raggiunto Chiswick House: aveva percorso più di quattro miglia senza mai fermarsi. All’improvviso, le calò addosso la consapevolezza dei pericoli nei quali sarebbe potuta incorrere, tutta sola in giro di notte, ma si rese anche conto di quanto poco le importasse; anzi, Zelda aveva ripreso a fremere, elettrizzata all’idea di menare le mani. Sfortunatamente per Zelda, non incontrò neppure un cane sulla via del ritorno.

Era appena rincasata quando l’orologio, collegato allo smartphone, cominciò a vibrare insistentemente, e il nome di Aidan James Cartridge comparve a caratteri cubitali sul quadrante. Frida per un pelo non incespicò nei propri piedi, mentre si precipitava in camera a recuperare il portatile: cosa voleva da lei nel cuore della notte?

Alla curiosità si sostituì un misto di imbarazzo e tempesta ormonale nel trovarselo davanti a torso nudo, reso ancora più attraente (se possibile) dall’aria scarmigliata di chi era reduce da un incontro di lotta libera.

–Ciao, piccola Frida! Disturbo?

Sforzandosi di mantenere un contegno dignitoso di fronte alla sua cotta storica, gli sorrise radiosa e trillò –Aidan! Was für eine Uberraschung6! Hai idea di che ore sono?

–Qui a Boston, le dieci di sera. Da te, beh… un orario decisamente poco consono; ma tanto sei una creatura della notte, giusto?

Sebbene tentata di rispondergli che non si era ancora tramutata in un gufo - quella, sì, una creatura della notte - prevalse la curiosità di scoprire perché l’avesse contattata.

Na ja! Allora, come posso aiutarti?

Dal suo mezzo sorriso tirato intuì che qualcosa lo turbava, ma conosceva Aidan da quando era nata, pressarlo avrebbe sortito l’unico effetto di farlo chiudere a riccio. I suoi scioperi del silenzio erano leggendari; poteva passare anche più di una settimana, prima che riprendesse a parlare.

–Ricordi l’ultima volta che ci siamo sentiti, quando chiedesti consiglio per i tuoi piccoli problemi di cuore? È giunta l’ora di ricambiare- sospirò, puntellandosi sui gomiti per poggiare il mento sulle mani in un atteggiamento da brutta copia del pensatore di Rodin.

All’occhio attento di Frida, naturalmente, non sfuggì l’oggetto malamente poggiato sullo schienale del divano che l’altro, protendendosi in avanti, aveva inavvertitamente rivelato alla vista. Reprimendo a stento le risate, celiò, beffarda –Aidan… è un reggiseno, quello?

 

***

 

Menti abbastanza a lungo, e finirai col credere alle tue bugie. William, annoiato sin dal suono della campanella, sperò ardentemente che il suddetto principio valesse anche per immaginarsi in un universo alternativo nel quale la scuola non esisteva. Tirò un sospiro di sollievo nel constatare che, per una volta, la Weil non lo aveva battuto sul tempo; poteva godere di un po’ di tranquillità, prima di tornare ad essere scandagliato dalla lente impietosa del suo sguardo tagliente.

Odiava quella situazione di stallo, e se stesso per esservisi infilato senza pensare alle conseguenze. Purtroppo, non pareva esserci via d’uscita: uno dei due sarebbe dovuto andare incontro all’altro, ammettendo la propria dose di torto, ma nessuno dei due era disposto a farlo.

Lo rallegrò scorgere una faccia amica in mezzo al caos calmo che precedeva la prima ora del lunedì, e quasi urlò il nome di Kevin per attirare la sua attenzione. Questi ricambiò con un sorriso gentile, ma mesto, mentre prendeva posto accanto a lui. Ignaro del suo dramma personale, William credette che Kevin fosse risentito nei suoi confronti, per cui si affrettò ad aggiungere –Lo so, è troppo che non parliamo, io e te. Sono stato una merda in quest’ultimo periodo. Mi dispiace.

L’altro scosse il capo e lo rassicurò.

–Tranquillo. È vero, sono secoli che non riusciamo ad avere un attimo di pace per fare due chiacchiere, ma non è colpa di nessuno. Non è per quello che sono triste, comunque.

–Per cosa, allora?

–Kimmy e Nate ce l’hanno con me. Fingono che non esista- sospirò afflitto Kevin indicando i due, che erano entrati in aula in grande stile, soffermandosi davanti a loro giusto il tempo di scoccargli un’occhiata sprezzante. –Non posso biasimarli: si sentono traditi. A parti invertite, forse mi comporterei nello stesso modo, però… fa male- si accorse della curiosità nello sguardo dell’australiano, e sbuffò –Tanto lo scoprirai comunque. Certi segreti non restano tali a lungo, e meglio venirlo a sapere da me che scoprirlo nel modo peggiore, come loro. Mi spiace di averlo tenuto nascosto, ma non è facile confessare…

–Che sei gay?

Colto del tutto alla sprovvista, uno sconcertato e paonazzo Kevin lo zittì coprendogli la bocca con la mano, mentre si guardava attorno con circospezione, terrorizzato all’idea che qualcuno dei loro compagni impiccioni potesse aver sentito.

–Sei impazzito? Abbassa la voce!

Tutt’altro che imbarazzato, William scostò con malagrazia la mano dell’altro e sbuffò in risposta –Rilassati! Nessuno ha sentito niente. È lunedì mattina, sono tutti o mezzi addormentati, o troppo presi dai cazzi propri per fare caso a noi. Nessun segreto è più al sicuro di quello rivelato in mezzo alla folla.

–Se lo dici tu- replicò Kevin con poca convinzione. –Come lo hai scoperto?

–Frida.

–Te lo ha detto lei? Come ha osato? Aveva promesso di non rivelarlo ad anima viva, incluso il suo gatto!- osservò divertito lo sconcerto di William, e colse l’occasione per punzecchiarlo. –Perché quella faccia? Tra tutte le stranezze di Frida, questa mi pare la meno eclatante. Tu non parli col tuo cane?

–Dylan è più di mio padre che mio. Comunque no, non parlo con gli animali, sarebbe una perdita di tempo e fiato- rispose William. –Quando l’ha scoperto la Weil?

–Più o meno un anno fa. Stando a quanto dice lei, gli sguardi che lanciavo a Connor Drew quando credevo che nessuno guardasse erano “inequivocabili”. Lì per lì mi sono sentito malissimo: un conto è uscire allo scoperto di propria spontanea volontà, un altro venire beccati e messi di fronte alla verità nuda e cruda, specie se a farlo è qualcuno del tutto privo di tatto, come Frida. Ho dovuto ricredermi: è stata inaspettatamente empatica; mi ha lasciato sfogare senza giudicarmi e ha giurato di mantenere il più assoluto riserbo finché non fossi stato pronto a fare coming out. Non posso credere che ti abbia spifferato tutto! Maledetta! Appena la becco, io…

–Frena gli istinti omicidi- lo interruppe l’altro. –La Weil è tante cose, ma non una spia.

–Ne sei assolutamente sicuro?- ridacchiò Kevin. –L’anno scorso girava voce che fosse stata reclutata dai servizi segreti.

–Se venisse fuori che è vero, non mi sorprenderei- asserì William, ripensando alle doti investigative (e alla morale “a maglie larghe”) della ragazza. –Comunque, puoi dormire sonni tranquilli: la Weil non ha cantato, è un paradigma di lealtà. Mi sono espresso male: l’ho capito... grazie alle sue tette.

Kevin strabuzzò gli occhi.

–Le sue cosa, scusa?

–Tette, amico mio. Le sue tette- ripeté William con l’aria di chi si sta trattenendo a stento dallo scoppiare a ridere fragorosamente. –Sono oggettivamente uno spettacolo- “Peccato le tenga sempre coperte, mannaggia al cazzo!” –Persino il fedelissimo Nate ci butta l’occhio, ogni tanto! Tu mai. Zero. Così mi sono insospettito, ho iniziato a osservarti con maggiore attenzione, e ho fatto due più due.

Kevin non ebbe tempo di ribattere che la lupa in fabula fece il suo ingresso trionfale. William non poté fare a meno di notare quanto fosse bella e altera; camminava a testa alta con andatura marziale, i capelli raccolti in un’acconciatura più elaborata del consueto: la metà inferiore della chioma era sciolta, mentre quella superiore era suddivisa in tre trecce, unite tra loro a formarne una quarta, che ricadeva tra le scapole come la nera lama di una spada. Scoccò a William un’occhiata sdegnosa e si accomodò al proprio banco con la grazia di una étoile, per poi mettersi a scribacchiare furiosamente su un bloc notes. Chiunque avrebbe pensato stesse prendendo appunti, da brava studentessa modello, ma lui ormai la conosceva abbastanza bene da sapere che la sua mente era altrove.

–Parli del diavolo…

–Ahia! Quando Frida porta i capelli in quel modo, vuol dire che è sul piede di guerra. Ma non può averti sentito parlare delle sue tette ed essere corsa in bagno ad aggiustarsi- osservò Kevin, guardandola di sottecchi mentre fingeva di prestare attenzione al professore. –Perciò sputa il rospo: cos’hai combinato?

–Che ne sai che è colpa mia?- tentò di difendersi l’australiano, prima di capitolare. –Uffa! E va bene: le ho detto la verità. Non l’ha presa con filosofia.

–Quale verità?- domandò l’altro, temendo già la risposta.

–Che è una sporca ricattatrice- ammise William senza peli sulla lingua, sbuffò una risatina, di fronte allo sconcerto dell’amico, e gnaulò, in una crudele quanto impeccabile imitazione di Frida –Che c’è? È vero! Ha cercato di indurmi in tentazione usando il suo corpo!

–Porca vacca!- esclamò Kevin a volume più alto del voluto, attirando l’attenzione dell’intera classe e dell’insegnante, soprannominato (a sua insaputa), per ovvi motivi, “Gollum”. Questi, tuttavia, anziché rimproverarlo, mostrò apprezzamento per quella che riteneva un’entusiastica esternazione di amore per la scienza.

–Non avrei saputo esprimermi meglio. L’energia sprigionata dalla fusione nucleare è strabiliante!

–É strabiliante lo spessore delle fette di prosciutto che hai sugli occhi, Gollum- bisbigliò William, suscitando l’ilarità di Kevin, che riuscì a camuffare le risate da colpetti di tosse.

–É strabiliante che Frida non ti abbia ridotto in poltiglia- sussurrò, stavolta premurandosi di tenere la voce ad un volume accettabile. –Avevi desideri suicidi, per caso?

–Ho preferito essere sincero- replicò William senza scomporsi. –Tra l’altro, il suo comportamento trasuda disperazione: è figa da far schifo, eppure non vedo la fila per uscire con lei.

–Probabilmente perché molti hanno paura.

–Paura?

–Scusa, mi sono espresso male- si corresse Kevin. –Intendevo che molti provano nei suoi confronti una sorta di… timore reverenziale.

A William sovvenne il ricordo di quando la vide per la prima volta, in piedi sul tetto della scuola, con la treccia che fluttuava al vento; una creatura aliena, ultraterrena… una divinità. Scacciò quel pensiero, e ribatté –Non farmi ridere! È un banale essere umano, come me e te!

–Non l’hai mai vista in modalità berserk, vero? Ti assicuro che dà i brividi. Al primo anno ha messo al tappeto, da sola, quattro ragazzi dell’ultimo che stavano bullizzando Kimmy e Nate.

Sicuro al cento per cento che l’amico volesse prendersi gioco di lui, William soffiò –Quattro conto uno, e ha avuto la meglio lei? Mi prendi per il culo!

–Battuta pericolosa da rivolgere a un omosessuale- scherzò Kevin, cui non difettava l’autoironia. –Se non mi credi, chiedi a chi vuoi, c’erano fior fior di testimoni. Ha rivoltato quei coglioncelli come calzini, uno spettacolo impagabile! A onor del vero, erano dei bulletti di bassa lega, si credevano chissà chi solo perché facevano parte della squadra di calcio: l’hanno attaccata uno alla volta! Frida, invece, è una macchina da guerra, addestrata dalla sensei Naoko e quel suo cugino sexy che non sorride mai. Da quel giorno, la popolarità di Frida è schizzata alle stelle… al contrario delle sue possibilità con l’altro sesso. Tu usciresti con una sorta di Sherlock Holmes femmina, che in più mena manco fosse la figlia segreta di Lucy Lawless e Chuck Norris?

William pensò che, a conti fatti, lui e la Weil uscivano già insieme, sebbene non con intenti romantici; non da parte sua, almeno. La loro, più che una relazione, era un braccio di ferro tossico in cui ciascuno restava arroccato saldamente sulla propria posizione: lui era determinato a seguire la propria filosofia e non invischiarsi in una sadomasochistica lotta per la supremazia, altrimenti nota come “storia d’amore”; lei era altrettanto determinata a convincerlo - o meglio, costringerlo - ad invischiarsi per il suo stesso bene, pena vedersi negato l’accesso alle sue “parti private". Era stata cristallina: niente impegno serio, niente giro nella camera dei segreti, manco a piangere in serpentese.

“Ma io col cazzo che cederò! Non senza lottare!”

Decise, tuttavia, di non condividere i suoi piccoli problemi di cuore (e altre parti del corpo) con Kevin, e sviare invece il discorso.

–Il “cugino sexy che non sorride mai” sarebbe Hans?- sibilò storcendo il naso. –Vai dall’oculista, ne hai bisogno! Dov’è sexy quel nano antipatico?

–Questione di gusti- ribatté saggiamente Kevin.

–Ah, sì? Approfondiremo la questione dopo scuola. Non mi sfuggirai, Cartridge!

–Spiacente di deluderti: ho già un impegno per questo pomeriggio. Mi vedo con Alex.

–Il tuo nuovo boyfriend nerboruto, tatuato e superdotato?

–Tu vedi troppi porno. Alex è una ragazza; e non una ragazza qualsiasi, ma nientepopodimeno che… rullo di tamburi… Sledge!- sussurrò Kevin, contenendo a fatica l’entusiasmo, salvo rendersi conto che l’amico lo stava fissando con l’espressione vacua del tacchino a Natale. Stralunò gli occhi: com’era possibile che settimane di tampinamento non avessero dato risultati? –Ma come non sai chi è Sledge? È l’unica e sola, l’incommensurabile chitarrista dei W.O.F.!

–La band per cui siete in fissa tu e Nate? In effetti, sono piuttosto bravi- concesse William.

–“Piuttosto bravi”? Sono dei fottuti mostri! È stato un miracolo incrociarla al Tipsy Crow sabato. Anche se entrambi frequentiamo il conservatorio, non ci siamo mai parlati, non ne avevo il coraggio. Grazie a una sigaretta e una discreta botta di culo siamo diventati amici, e oggi mi farà conoscere gli altri- mormorò Kevin, eccitato come al primissimo giorno di scuola (peccato che Frida avesse rovinato tutto accapigliandosi con due bambini più grandi, rei di aver offeso lei e Nate). –Incontrerò i W.O.F.! Riesci a crederci?

–Occhio a non fartela nelle mutande!- ridacchiò l’australiano, prima di registrare appieno le parole dell’altro e perdersi in un mare di congetture. “Aspetta: la sorella di Nita si chiama Alex, e sabato era al Tipsy Crow su mia richiesta. Che Alex la sorella di Nita e Alex alias Sledge siano la stessa persona? Oppure si tratta di semplice coincidenza? Vale la pena tentare.” –Ehi, Kev! Se te la senti, avrei un lavoro per te… un lavoro da spia.

Kevin diede segno di essere allettato all’idea, e rispose –Avevi la mia curiosità, ora hai la mia attenzione. Ho soltanto una domanda: io cosa ci guadagno?

–Lo vedrai.

 

***

 

–Ho rinunciato alla mia dose quotidiana di caffeina per aiutarti a entrare nelle mutande di Fri… cosa ci fa lui qui?

William, che aveva previsto quella reazione, si frappose tra Kevin e un iroso Nathaniel. I piani semplici si rivelano spesso i migliori: era stato sufficiente supplicare Nate di dargli in privato qualche dritta per riconquistare la Weil per riuscire a metterlo faccia a faccia con l’amico che si ostinava ad ignorare.

–Ho chiesto di vederti. Non ho mai specificato che saremmo stati soli. Avanti, su, fate pace, che l’aria fosca e tormentata non vi dona!

–Te lo scordi! Andate a cagare!

Fece per allontanarsi, ma Kevin lo trattenne per un lembo della giacca, pregandolo di restare.

–Mi dispiace, Natie. So di averti ferito. Avrei dovuto dirti qualcosa di così importante, non lasciare che lo scoprissi in quel modo. Tu, però, devi comprendermi.

Da furioso qual era, Nathaniel si imbestialì: ancora una volta, Kevin aveva provato di essere il degno gemello di Kimberly. “Egocentrici del cazzo, tutti e due!”

–No!- ruggì, spingendolo via con violenza. –Non meriti comprensione, pezzo di merda!

–Adesso stai esagerando, Nate!- lo rimproverò William, sinceramente in pena per l’amico, che forse aveva sbagliato, ma non meritava un simile trattamento.

–Stanne fuori, colonico, o ne uscirai con qualche pezzo in meno!

Nonostante le migliori intenzioni, a quelle parole anche William perse la pazienza; arpionò Nathaniel per il bavero della giacca e ringhiò –Osi minacciarmi, razza di…

La situazione era sull’orlo del precipizio, ma un intervento esterno fermò il degenero: i due litiganti ebbero appena il tempo di scorgere una figura femminile correre giù per le scale, prima di essere scaraventati in direzioni opposte.

Entschuldigung7- ansò la dea ex machina, immobile con le braccia tese in una posa plastica da Power Ranger. –Tutto questo testosterone nell’aria deve avermi dato alla testa.

 

***

 

–Aero. Il tuo preferito, se ricordo bene.

Frida, appoggiata alla balaustra delle scale esterne della scuola, sollevò la testa dal giornale che stava scrollando sul cellulare e si girò verso Kimberly, impalata dietro di lei col braccio teso nell’atto di porgerle un dolcetto. Allungò una mano e lo afferrò, rigirandolo tra le dita prima di scartarlo e staccare un morso.

–Ricordi bene. Adoro la tua gentilezza interessata, ha un sapore celestiale. Cosa ritieni di doverti far perdonare, stavolta?

Incapace di reggere quello sguardo glaciale, Kimberly spostò il suo sulle scarpe, e rispose –Sono stata un’amica di merda, e una sorella ancor più di merda.

Con il solito tatto, Frida asserì –Vero. Per quanto mi riguarda, un Aero è un prezzo equo per il mio perdono, ma non so se Kev sarà dello stesso parere.

–Perché?

–Secondo Liam, psicologo in erba, la tua freddezza nei miei confronti era dettata dalla gelosia: temevi che Nate potesse preferirmi a te. Per questo l’hai lasciato: non sopportavi l’idea di essere scaricata. Una stupidaggine tutto sommato veniale. Con Kev è diverso: per arrivare a non parlarvi dev’essere successo qualcosa di grave.

–Puoi dirlo forte! Dopo la partenza di Kaori avevamo promesso che tra noi non ci sarebbero stati segreti, eppure ne ha mantenuto uno enorme!

–La sua omosessualità?

Kimberly, basita, emise qualche verso gutturale, prima di riuscire ad articolare una frase.

–Lo sapevi?

–Avresti potuto accorgertene anche tu: le occhiate di fuoco che scoccava a Connor Drew l’anno scorso erano palesi.

–Lo sapevi e non me l’hai detto?

–Non ne avevo il diritto. La decisione spettava a Kevin, che non mi ha mai autorizzata a divulgare la cosa.

–È mio fratello!- latrò Kimberly.

–È mio amico- replicò impassibile l’altra. –Mi mozzerei la lingua, piuttosto che tradire la sua fiducia. Al posto tuo, comunque, invece di piagnucolare, mi chiederei perché Kev non si sia confidato, e la ragione è semplice: paura. Di deluderti, di perderti. La tua famiglia non ha dei precedenti molto rassicuranti con chi deraglia dai binari. Pensa a Kaori!

La menzione dell’amata quanto odiata sorella portò Kimberly sull’orlo delle lacrime: Frida aveva affondato il coltello in una ferita che, nel profondo, non aveva mai smesso di sanguinare.

–Vaffanculo! Mi odi e basta, o ci sono altre ragioni per essere così stronza?

–Ce ne sono diverse- replicò l’altra con la consueta flemma. –Ma odiarti non è inclusa. Vuoi che le elenchi tutte?

–Perché no? Comincia dalla più divertente!

–Sono in punizione. Di nuovo.

–Passare da una punizione all’altra ti pare divertente? È terribile! Cos’hai combinato?

–Niente di che!- si lagnò Frida. –Sono i miei ad essere diventati di botto due bacchettoni! Ho indagato alle loro spalle, nonostante mi fosse stato espressamente vietato, nel corso delle indagini sono stata fermata dalla polizia al volante dell’auto meines Vaters - che natürlich avevo preso a sua insaputa - e sono uscita di casa in piena notte per una corsetta; non mi paiono crimini da pena capitale!

Allibita, Kimberly esalò –La larghezza delle maglie della tua morale non cessa mai di stupirmi.

–Aisling Carter è stata uccisa. Lasciare questo crimine impunito sarebbe un’offesa alla sua memoria- asserì Frida. –Non mi fermerò finché giustizia non sarà fatta. Meine Mutter und Tante devono solo provarci!

–Attenta: labile è il confine tra determinazione e ossessione. Sicura di non ostinarti soltanto per negare di esserti sbagliata, per una volta?- domandò l’amica.

Nein. Più vado avanti, più è evidente che sono gli altri ad essersi sbagliati.

–Scovare chi le ha tolto la vita non la riporterà indietro- ribatté Kimberly. –Il tuo unico risultato sarà di affliggere ulteriormente una famiglia in lutto. Ricorda cosa uscì dal vaso di Pandora: niente di buono.

–E tu ricorda cosa si trovava sul fondo del vaso: la speranza. Non credi che la consapevolezza di avere l’assassino dietro le sbarre aiuterà chi piange Aisling ad elaborare la perdita?

–Mi è stato detto che persino la speranza si può annoverare tra i mali del mondo, perché illude chi vi confida in un falso senso di sicurezza, per poi farlo precipitare nella disperazione.

–Tetra prospettiva. Chi è il corvo del malaugurio che ha partorito questo aforisma de-motivazionale?

–Il tuo “amico” William.

–È proprio un kantiano del cazzo!- soffiò Frida.

–Cosa?

–Niente, niente. Ah, vuoi che ti racconti qualcosa veramente divertente? Aidan si è rifatto vivo con me due notti fa.

–Per dichiararti amore eterno? Questo, sì, sarebbe esilarante!

Nein. Weil er ein Wichser ist.8

–Ehm… tradotto in termini comprensibili?

–Tuo cugino è un- Frida si guardò intorno e ridusse il volume della voce a poco più di un sibilo, prima di finire la frase. –Coglione. Si è cacciato in un bel casino: sperando in una giocata vincente con la sua bella ha usato la carta della pietà, raccontando in giro che è orfano di madre.

–Per lui è così- osservò Kimberly. –Puoi biasimarlo? Una “madre” del genere è meglio perderla che trovarla!

–Ehi, sono la prima a non considerare la menzogna un atto esecrabile sempre e comunque; alcune bugie sono più che necessarie, vitali! Però, se scegli di mentire, sii un attimo furbo: inventa una panzana realistica! La bugia perfetta è una mezza verità, lo sanno tutti. Difatti una ragazza, che oltretutto gli sta antipatica, ha scoperto il teatrino.

–Ahia! Suicidio sociale coi fiocchi! Immagino che il cuginetto si sia rinchiuso in casa!

–E qui ti sbagli- la corresse Frida. –I due sono addivenuti ad un accordo… piacevole per entrambi: diventare - Mein Gott, che espressione orripilante - trombamici. O scopamici. O quel che è. Il tuo caro cugino si è tolto lo sfizio e ora chiede consiglio a me su come scaricarla perché non ha le- abbassò ulteriormente il tono di voce –Palle per farlo da solo, der Schwachkopf9! “Aiutami, Frida, è come una droga per me”, cito testualmente. Dev’essere davvero disperato, per rivolgersi a me per una questione di cuore!

Kimberly non credette a una sola parola: suo cugino, da quando era cessata la cattiva influenza di Kaori, era diventato una persona fin troppo seria, quasi a voler compensare i passati eccessi.

–Se è uno scherzo, F, non è divertente. Stiamo parlando dello stesso AJ? Alto, biondo, occhialuto, con la testa tra i bosoni?

–Pensa anche ad altro, te lo posso assicurare- replicò Frida, ancora sotto shock per quella conversazione notturna ai confini della realtà. –Ah, ci tengo a mettere in chiaro che la mia reazione non è dettata da gelosia. È vero, ho sbavato dietro ad Aidan per anni, ma giuro che mi è passata. E comunque, se vogliamo mettere i puntini sulle “i”, io, a differenza sua, ho atteso pazientemente che si accorgesse di me! Che poi, dico io: non vuoi fare la vita del casto monachello in attesa che la dolcissima, bellissima, levissima Jodie ti noti? Ok. Non condivido, ma ok. Però, Cristo santo, proprio sua sorella devi scoparti?

L’utilizzo, da parte dell’amica, di un linguaggio triviale che normalmente aborriva avrebbe dovuto accendere una lampadina nella testa di Kimberly; sfortunatamente, così non fu: si limitò a scuotere il capo, per poi esclamare –È uno scherzo, dai! Non c’è altra spiegazione.

–Io l’ho vista, Kimmy! Con questi occhi! Ci ho anche parlato!

“–Aidan… è un reggiseno, quello?

Una eventuale risposta di Aidan, tra i balbettii inintelligibili, venne bloccata sul nascere dalla voce squillante di una terza persona, avvolta da un telo doccia, la quale afferrò il reggiseno trillando –Ecco dov’era finito!- poi, senza pudore alcuno, lasciò cadere l’asciugamano per indossarlo, suscitando la curiosità e l’invidia di Frida, che nemmeno tra un milione di anni sarebbe stata tanto a suo agio nell’esporre le proprie grazie.

Le due, squadrandosi con circospezione, domandarono all’unisono –Lei chi è?

Aidan, con l’aria di chi avrebbe preferito trovarsi in qualunque altro luogo nell’universo, avvampò mentre faceva le inevitabili presentazioni.

Mariposa, lei è Frida. Frida, Mariposa.

Negli occhi di entrambe balenò un lampo di comprensione.

La bombarola!- esclamò Frida.

La piccola Frida!- esclamò Mariposa. –Aspetta un momento: bombarola?

Aidan mi ha parlato di te… e di tua sorella- chiocciò la Weil con fare sornione, godendo nel constatare di essere riuscita a metterla a disagio. –So che ti piacciono le esplosioni.

Naturale: sono un chimico!- fu la laconica risposta di Mariposa, che si affrettò ad aggiungere –Tu, invece, sei una sorpresa: da come parla di te AJ, mi aspettavo letteralmente una piccoletta, senza...- passò la mano sulla regione pettorale in un gesto inequivocabile.

Protuberanze toraciche?- concluse per lei Frida, quindi sospirò e tradusse in parole una verità che per lungo tempo aveva tenuto relegata nel subconscio. –Aidan mi considera una sorella minore, prova per me del puro affetto fraterno, ci sta che mi abbia dipinta come una ragazzina.

Mariposa, sulla difensiva, incrociò le braccia sotto il seno e sbuffò, senza peli sulla lingua –Beh, io e il qui presente Aidan andiamo a letto insieme quando ci aggrada. Qualcosa in contrario, sorellina non consanguinea?

Intuendo di trovarsi di fronte una giovane donna intelligente (quasi) quanto lei, per cui le insinuazioni non l’avrebbero portata lontano, Frida decise di giocare a carte scoperte.

Assolutamente no- asserì Frida. –Se a te sta bene andare a letto con uno scarto di tua sorella…

Ehi!- protestò il diretto interessato, azzittito istantaneamente dalle altre due.

Chiudi il becco, tu!”

–Magari era una collega dell’università- obiettò Kimberly, decisissima a negare che AJ potesse avere una vita amorosa e sessuale. –Al MIT non lavorano soltanto uomini.

–C’era il suo reggiseno sul divano. Molto grazioso, tra l’altro; devo cercarlo su Amazon.

–Bene, bene, bene. Alla fine, AJ si è dimostrato il degno figlio di zio Brian!

–Brian non si lascerebbe sfuggire una così. Davvero, la cosa che mi fa più rabbia è che questa chica latina è un pezzo da novanta, come direbbe mia nonna Irving: brillante, ha buon gusto in fatto di intimo - non come me - e, ciliegina sulla torta, a occhio e croce ha la mia, uhm, metratura di davanzale. Il tuo caro cugino, però, si è incaponito nel voler troncare con lei. Solo, povera stella, non ci riesce perché, a quanto pare, la bombarola è una bomba a letto… e lui dopo il sesso lavora di più e meglio. Io non ho parole!

“–Per tua informazione, comunque, non sarebbe la prima volta. Testo sempre i pretendenti di Jo, in un modo o nell’altro: la sua incrollabile fiducia nel prossimo le ha già procurato abbastanza batoste- disse Mariposa. –Finora lui è il mio preferito, l’unico a cui affiderei di buon grado mi hermanita. Peccato che Jo sembri avere i paraocchi!- rise dell’espressione attonita di Aidan e aggiunse –Perché quella faccia?

È la cosa più carina che tu abbia mai detto di me.

Non è vero! Ti faccio un sacco di complimenti, soprattutto con mio padre!

Li fai al mio lavoro, non a me.

Il tuo lavoro non è forse un’estensione di te?

Quella sottospecie di bisticcio da vecchia coppia di sposi diede a Frida un appiglio per defilarsi.

Beh, è stato un piacere. Tolgo il disturbo.

Sì, brava, così io e l’inglese possiamo rimetterci all’opera. La strada per diventare i nuovi Curie è lunga!

Nuovi Curie? Presumo nel senso che vincerete due Nobel tu e uno lui, non che vi sposerete e avrete una figlia anche lei vincitrice di Nobel- ironizzò la Weil.

Mariposa piegò la testa di lato e sorrise.

Sai che ti dico? Mi piaci, piccola Frida. Spero di avere presto il piacere di conoscerti di persona.

È reciproco, bombarola”.

–Nemmeno io: cosa c’entra il sesso con la produttività?

–Non saprei, però comprendo le ragioni della sua oserei dire dipendenza: il sesso è un’ottima attività aerobica, riduce la pressione arteriosa, ha un forte potere analgesico e immunostimolante e favorisce il rilascio di ossitocina, dopamina ed endorfine- spiegò Frida in tono pratico da meteorologo televisivo. –Come una droga.

Kimberly per poco non le rise in faccia: i contorti meccanismi mentali con i quali la Weil tentava di razionalizzare tutto, di per sé risibili, risultavano ridicoli in quel contesto.

–Non capisco se li shippi o li schifi.

–Li shippo, natürlich! So riconoscere una coppia bene assortita quando ne vedo una. Sono o non sono la prole di Faith Asso di cuori?- Kimberly aprì bocca per farle notare che possedere un animo romantico e metà del patrimonio genetico di Faith non la rendeva automaticamente l’Asso di cuori 2.0, ma venne interrotta subito. –In realtà… sono delusa. È lui ad essersi involuto in un piagnucolone col cervello nei pantaloni, o sono io ad essermi illusa fosse diverso?

–Cambierebbe qualcosa per te?

–Credere alla prima ipotesi mi farebbe sentire meno idiota.

L’altra rise, e pronunciò luna delle frasi più sincere che avesse mai proferito.

–Terra chiama Frida: siamo tutti idioti in amore! Essere obiettivi nei confronti di chi ci piace non rientra nelle doti dell’essere umano, lo dimostrano ampiamente le mie paranoie su te e Natie. Eri stracotta di AJ, ovvio che per te fosse il principe azzurro! Sei stata fortunata a disintossicarti da questa infatuazione infantile, anche grazie a Will, prima di scoprire che il mio caro cugino è più simile al principe azzurro di Shrek 2 che a quello dei classici Disney!- fece un respiro profondo, prima di aggiungere –A proposito di Will: dagli una possibilità. Noialtri vi shippiamo tantissimo!

Frida, sul punto di replicare che era disposta a concedergli un’occasione, era lui a non volerla, si bloccò nell’udire la voce di Nathaniel Jefferson-Keynes.

–Non meriti comprensione, pezzo di merda!

Le ragazze si scambiarono un’occhiata attonita, prima di sporgersi dal ballatoio e assistere all’alterco tra Nathaniel, Kevin e William. Senza proferire parola, Frida si fiondò giù per le scale e con un balzo calò tra i due che stavano venendo alle mani, scaraventandoli a distanza di sicurezza.

Entschuldigung- boccheggiò. –Tutto questo testosterone nell’aria deve avermi dato alla testa- quindi si rivolse a Nate e aggiunse –Provo a indovinare: l’oggetto del contendere è l’orientamento sessuale del nostro Kev?

–Grandioso!- sputò questi. –L’unico coglione a non sapere ero io!

Dietro di lui, Kimberly si schiarì la gola e rispose –I coglioni vanno in coppia, amore. Sei in buona compagnia.

Leggermente ammansito, Nathaniel raggiunse la sua ragazza e la attirò a sé.

–Scusa, Kimmy. Dimenticavo che tuo fratello non ha mentito soltanto a me.

Incurante di contraddirsi, William intervenne in favore del primo amico che aveva trovato su suolo inglese.

–Sentite, capisco la vostra delusione, ma Kevin non vi ha mai mentito, solo… omesso delle informazioni. Non avete un briciolo di cuore? Lasciate almeno che si spieghi!

Piccata, Frida abbandonò momentaneamente il ruolo di giudice super partes.

–Omettere equivale a mentire- obiettò, ritorcendogli contro le sue stesse parole. –Omettendo qualcosa stai nascondendo la verità, che, per quanto cruda, è sempre preferibile- Nate eruppe in una risata trionfante, bruscamente interrotta da Frida, che con un elegante movimento della mano gli fece segno di tacere. –Ciononostante, in uno Stato di diritto, quale è il nostro, le controversie si risolvono civilmente. Sono d’accordo con Liam su un punto: Kev ha il diritto di esporre le proprie ragioni.

–La ragione è molto semplice: non sapevo come avreste reagito. Specialmente tu, Kimmy; avevo paura che l’avresti presa male e spifferato tutto a mamma e papà. Non voglio fare la fine di Kaori!

William rifletté che, effettivamente, la fantomatica sorella maggiore dei gemelli era una presenza, appunto, fantasmatica: eccetto Kevin, i Cartridge non parlavano mai di lei, e in casa non c’era una singola fotografia che la ritraesse, o altre testimonianze tangibili della sua esistenza. Si era spesso domandato il perché la famiglia l’avesse condannata a quella damnatio memoriae, ma non osava chiedere; dopotutto, si trattava sicuramente di una questione delicata, che non lo riguardava.

Lo sbuffò derisorio di Kimberly lo riportò bruscamente alla realtà.

–Davvero una finaccia, la sua: vive a Tokyo e frequenta la migliore scuola di manga del Giappone!

–È in esilio! Lo sai tu come lo so io!- ribatté suo fratello. –Ti pare normale che in cinque anni non sia mai tornata a casa, né fatta viva in qualche modo? Mai un biglietto per Natale, Pasqua, i nostri compleanni… niente!

–Beh, la sentono mamma e papà, ogni tanto- pigolò Kimberly con decrescente sicurezza. –Sta bene, è presissima dai corsi e dai lavori nel suo appartamento a Shibuya.

–Akihabara- la corresse Kevin.

–Come lo sa… l’hai cercata! Tu l’hai cercata! Mamma e papà ci avevano pregato di non farlo!

–E ti pare normale?- ruggì Kevin. –Io non sono come te, non ce la faccio a fingere che non sia mai esistita. Non m’importa cosa ha combinato, m’importa ancora meno cosa dicono mamma e papà; è mia sorella e la voglio nella mia vita!

–È anche mia sorella. Manca anche a me. Possibile non capisca? Non sono arrabbiata per ciò che hai fatto o...- si bloccò alla vista di un quartetto di ragazze, notoriamente pettegole. –Ci siamo intesi. Mi fa rabbia che, nonostante avessi promesso di non avere segreti con me…

–Mi dispiace, Kimmy. Davvero. Avevo paura di deluderti, e quindi perderti.

Ripensando alle tristemente vere parole di Frida (“La tua famiglia non ha dei precedenti molto rassicuranti con chi deraglia dai binari”), Kimberly decise di sotterrare l’ascia di guerra. Corse ad abbracciare il fratello, sentendosi un verme; le aveva chiesto scusa, quando a scusarsi avrebbe dovuto essere lei: l’aveva trattato male proprio quando aveva più bisogno di affetto.

–Anche a me, Kev. Mi dispiace di averti dato l’impressione che non ti avrei accettato. Sarò al tuo fianco, sempre.

–Auguri!- sbottò Nathaniel alle loro spalle, fulminandoli con lo sguardo. Appena ebbe gli occhi di tutti puntati addosso, aggiunse, con –Sì, sono ancora qui, e no, non intendo partecipare al quadretto familiare.

–Ti ho chiesto scusa, Nate! Cos’altro devo fare, fustigarmi? Incassare un pugno nell’occhio? Avanti, colpisci!

L’altro, in risposta, eruppe in una risata priva di allegria, seguita da un sospiro.

–Sei un pallone gonfiato, Cartridge! Proprio non ci arrivi? Mi hanno cresciuto due padri! Tra tutti, sono l’unico che, al cento per cento, non ti avrebbe mai discriminato. Perciò non rifilarmi la scusa patetica del “Avevo paura che di venire rifiutato, gne, gne, gne, gne!”: con me non attacca... e non me la merito.

Girò sui tacchi e si allontanò, sordo ai richiami degli amici.

–Merda!- soffiò William. –Mi dispiace, Kev! Non è andata come speravamo.

–Ho riguadagnato una sorella, è già qualcosa. Tranquillo, conosco il mio pollo- gli assicurò Kevin. –Raffreddati i bollenti spiriti, tornerà in sé.

Il fastidioso trillo della campanella li ricondusse tutti in classe. Da gentiluomo, William si fece di lato per lasciar passare Frida e, spinto da un insano desiderio di metterla a disagio, le si avvicinò per sussurrare al suo orecchio –Sei turbata per la ricreazione ad alto tasso di dramma, oppure hai fatto pensieri sconci su di me?

–Nessuna delle due- replicò lei senza tradire alcuna emozione, mostrandogli la pagina dei necrologi. –Mi turba che quel lombrico di Andrew Carter non abbia ritenuto necessario informarci che gli è morta la nonna!

 

Note dell’autrice

Forse avrei dovuto intitolare il capitolo: “L’ormonella”. XD

Scherzi a parte, spero sia trasparito il lato più… diciamo umano di Frida: è forte e sicura di sé, ma ha sudato per diventare così (vorrei approfondire il suo rapporto con Hans in un extra); e, per quanto si sforzi di apparirlo, non è perfetta, lo dimostra il maldestro tentativo di sedurre William. Anche lui, però, non scherza. Bella coppia di testoni, quei due! Ma li amiamo anche per questo, vero? Vero?

AJ, invece, come ha detto Kim si è rivelato degno figlio di Brian! A questo parte spontanea la domanda: spin-off su di lui sì o no? Let me know!

Noi lo sapevamo già, Andrew invece non riesce ad accettarlo: Aisling è stata uccisa. Resta da vedere chi è il colpevole. Che la nonnina stesse per confessare? ;-)

Infine, ripassino di diritto romano: la damnatio memoriae era una pena consistente nella cancellazione di qualsiasi traccia riguardante una determinata persona, come se non fosse mai esistita; si trattava di una pena particolarmente aspra, riservata soprattutto ai traditori e agli hostes, i nemici del Senato romano.

Ps: Frida una di noi! Anche lei shippatrice compulsiva!

Pps: Aero è una tavoletta di cioccolato soffiato; delizioso, garantisco!

 

1Non preoccuparti

2Cosa? Il coglione… in casa mia? Mai!

3Mio cugino ha ragione: non hai le palle.

4Esatto!

5 Hans! Hans, aiutami!

Che succede, cuginetta? Perché ti sei fermata?

Mi viene da vomitare.

Perché sei debole.

Non sono debole, soltanto stanca.

Sei stanca perché sei debole.

Non ce la faccio più! Non possiamo smettere, per oggi?

No! Devi resistere e allenarti, per diventare forte! E non metterti a piangere.

Perché le bimbe grandi non piangono?

Perché non ti conviene perdere altri liquidi dopo aver vomitato.

6Che sorpresa!

7Scusate

8No. Perché è un coglione!

9Imbecille

 

   
 
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