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Autore: annapuff    07/10/2022    1 recensioni
Yoongi e Isabel si sono incontrati all'aeroporto così proprio come il fato aveva deciso.
Entrambi ormai divisi da tre anni, provano ad andare avanti con le proprie vite e i propri problemi.
Continuano a essere separati, lei alle Hawaii dalla madre, e lui in tour con gli altri membri.
Ci troviamo nel 2017 che prospetta tante tragedie, tanti personaggi sia vecchi che nuovi e anche scandali!
Genere: Sentimentale, Suspence, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Kim Taehyung/ V, Min Yoongi/ Suga, Nuovo personaggio
Note: AU, Missing Moments, Soulmate!AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Maybe it's fate'
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CAPITOLO 1:  BROKEN GLASSES

07 MARZO 2017
Isabel si muoveva titubante tra i corridoi bianchi, le luci erano soffuse e i pavimenti avevano una moquette azzurra, sulle pareti foto di praterie e di colline di fiori, aveva scorto anche qualche lago con delle ninfee.
Win-hoo non era entra con lei all'istituto, Isabel voleva evitare al povero ragazzo di dover incontrare quella pazza della madre. 
"Siamo quasi arrivati" disse il ragazzo in tenuta azzurra e bianca. Aveva detto di chiamarsi Michael, era un bel ragazzo e si occupava personalmente di sua madre oltre agli altri specialisti. 
"Perfetto" rispose Isabel, anche solo per aprire bocca, in quel luogo era tutto così tranquillo, silenzioso e candido. 
Tutto così ovattato.
Sembrava di stare in una sorta di paradiso quieto. 
Si sentiva terribilmente a disagio nel trovarsi lì.
"Devo avvertirla, troverà sua madre cambiata rispetto all'ultima volta." Disse il ragazzo incerto, fermandosi davanti alla stanza in cui sarebbero dovuti entrare.
"Oddio… non ricordo l'ultima volta in cui ho visto mia madre…” disse sovrappensiero, il ragazzo la guardò stranito per via di quell’esclamazione.
“Oh! Si, deve essere più o meno quattro anni fa. Era tornata ubriaca alle quattro del mattino con quel cretino con cui poi se né venuta qui." Disse Isabel pensierosa, riflettendo su quando potesse essere realmente l'ultima volta in cui l’aveva vista. 
"Oh si è quella!” esclamò di nuovo, si era ricordata tutta la scena improvvisamente.  “Hanno rotto un vaso entrando in casa e altre cose gli ho trovati a scopare sul tavolo." Disse Isabel con una risata sarcastica sul finale, era stata quella l’ultima volta in cui si erano incontrate.
"Oh.. molto esuberante" disse lui incerto.
"Molto fastidiosa. Quelle poche volte che la vedevo era così. O c'era lui con cui amoreggiava in qualche angolo della casa o veniva in camera mia senza neanche bussare e mi mostrava i suoi nuovi acquisti, poi diceva di aver preso anche qualcosa per me, un qualche vestito o trucco. Dopo di che avvertiva che non ci sarebbe stata per dei giorni." Raccontò Isabel con un’alzata di spalle, come se i ricordi non le facessero alcun effetto.
"Come se mi cambiasse qualcosa che partisse, non c'era mai." Disse contrita lei guardando la porta, non vedeva la madre da quattro anni e neanche la sentiva, lei non chiamava mai e Isabel faceva altrettanto. Era stata realmente quella l'ultima volta in cui si erano incontrate, in una giornata di novembre, poi non l'aveva vista più. Non si era neanche accorta dell'assenza della donna, fino a quando prima di Natale non era arrivato a sorpresa il segretario Park, per dirle che doveva andare a Seul perché la madre non sarebbe tornata da lei. Isabel aveva riso a quella direttiva, ma alla fine aveva dovuto fare i bagagli e andarsene. Era stata una stupida, sarebbe dovuta scappare anche lei a casa di qualche amico, poi sarebbe divenuta maggiorenne ad aprile e sarebbe stata tranquilla al sicuro, lontana da tutto quello che era successo a Seul.  Era stata un’ingenua pensava che a Seul avrebbe trovato il giusto posto per lei, l’America non l’aveva mai sentita sua fino infondo, ma sarebbe stata meglio quella alla prigione in cui era finita.
“Mi dispiace, deve essere gravoso per lei venire qui e doversi occupare di sua madre, ma le fa tanto onore, avere ancora amore nei confronti di lei e il perdono.”
“Cosa? Io non ho nessun genere di amore nei suoi confronti, e non l’ho perdonata di nulla. Lei era riuscita a scappare poteva farsi una vita, e invece si è trovata amanti anche peggiori di mio padre, specie l’ultimo che l’ha ridotta così.” Disse lei con biasimo, sua madre si era liberata dalla prigione in cui era finita per sua volontà, ci era riuscita, per finire in un’altra prigione quella della dipendenza da sostanze e alcool.
“Le persone che hanno una dipendenza non scelgono di averla, ci cadono perché per molti la sostanza è l’unica via di uscita al dolore.”
“Lei non capisce, non può capirmi non mi conosce, e non conosce la mia storia. Apra questa porta, così che io possa far vedere a mia madre che sono qui, così come ha chiesto” disse lei contrita, sviando sul discorso, non le andava di discutere con un infermiere appena conosciuto che non sapeva nulla di nulla.
“Non credo di poterlo fare, lei è arrabbiata con sua madre, e io devo proteggere la mia paziente” disse severamente, incrociando le braccia al petto e sistemandosi davanti la porta.
“Non farò niente, non dirò niente. Mi faccio vedere e poi vado via.” Disse lei con uno sbuffò, sapeva che sarebbe stato difficile, ma non pensava che avrebbe dovuto affrontare anche professionisti iper protettivi. 
“No mi dispiace, non posso proprio, penso che bisognerebbe cambiare strategia d’intervento” disse lui piccato.
“Cosa vuol dire?” disse Isabel guardandolo con orrore.
“Penso sia giusto fare prima dei colloqui, ho bisogno di sapere se la sua presenza sia idonea al percorso che sua madre sta intraprendendo”
“Cosa? Io dovrei fare dei colloqui?” chiese lei con uno sbuffo, non credendo alle parole del ragazzo, “Lei pensa che io non possa essere idonea, sinceramente malgrado tutti i miei problemi sono la più sana in famiglia”
“Questo io non lo posso sapere, mi dispiace, ma non le farò incontrare sua madre, se questo sarà d’intralciò alla terapia”
“Lei non capisce, io non sono qui perché voglio, o per prendermi cura di lei, io sono qui perché è stata appunto mia madre a volermi, in tutta onesta non mi importa neanche cosa voglia da me, sinceramente mi ha causato solo problematiche e mi ha sempre voluto evitare, non sono mai stata sua figlia, non mi ha mai voluto” disse Isabel con tono fermo nella voce.
“Non la farò entrare”
“Oh che diamine, se fosse per me non entrerei, ma io devo. Se non la incontro e non mettiamo fine a questa storia, ci saranno delle conseguenze per me. Sinceramente la mia vita fa già abbastanza schifo, non ho voglia di altri casini.” Disse con irritazione.
“Sono irremovibile, l’unica possibilità che ha per vedere sua madre e fare dei colloqui con uno psichiatra all’interno della struttura ,che mi certifichi che lei non causerà problematiche. Ha troppa rabbia e rancore nei confronti della mia paziente, e la signora non ha bisogno di ciò, bensì di un clima tranquillo e amorevole per poter stare meglio” disse lui rimanendo fermo sulla sua posizione, mentre Isabel lo sguardava sconvolta e faceva no con la testa.
“Non voglio fare dei colloqui con il vostro psichiatra” disse lei inorridita.  
“Allora l’accompagno fuori, potrà tornare solo e quando sarà disposta a collaborare” disse piccato il ragazzo, lei lo sguardò sconvolta, annuì con il capo.
“Perfetto, le può almeno dire che sono venuta fin qui, così almeno lo saprà, e le dica anche che siete voi a non farmi entrare” disse Isabel con rabbia sbattendo un piede a terra.
“No, mi dispiace, non credo le farebbe bene, sapere che lei non vuole collaborare con la terapia ed esserle di aiuto”
“Oh God! Vado via… ho capito” disse Isabel a denti stretti per poi voltare le spalle al ragazzo e percorrere il corridoio con grandi falcate e uscire fuori da quel posto orrido.
 
13 MARZO 2017
Isabel camminava per i giardini dell’istituto accompagnata da un uomo americano con cui stava ridendo sorridendo ampliamente e con cui si sentiva a proprio agio.
Era riuscita ad arginare la problematica dei colloqui con lo psichiatra del centro, chiamando il proprio di Psichiatra e raccontandoli tutta la questione.
Oliver Miller dopo aver affrontato vari colloqui con lei, al telefono e dopo aver parlato con il presidente dell’istituto, era giunto alla decisione di andare all’Hawaii per sostenere Isabel in quella spiacevole situazione che stava affrontando e avrebbe dovuto affrontare. 
Il signor Miller, era consapevole del fatto che durante la terapia che avevano affrontato in quegli anni, che era stata a volte un po’ altalenante, l’argomento madre era stato per molte volte evitato. Isabel aveva sempre fatto fatica a parlarne, diceva che non ricordava poi molto della sua infanzia. Per tutta la prima permanenza a Seul che era durata dalla sua nascita all’ottavo anno di vita, aveva descritto la madre come assente, infatti da bambina aveva passato molto più tempo con le varie tutrici che con lei. Quando si erano trasferiti all’improvviso in America, Isabel aveva descritto come la madre fosse sempre stata depressa e chiusa in una camera, aveva raccontato di alcuni momenti in cui aveva assistito alla violenza verbale e fisica del padre nei confronti della donna, ma non era riuscita a collegare esattamente l’arco temporale, aveva anche di sfuggita menzionato un tentato suicidio della donna in una vasca da bagno. I ricordi della ragazza erano stati sempre offuscati, come se il suo cervello lì avesse volontariamente rimossi per proteggerla.
Erano stati questi ricordi celati a convincere il dottor Miller a raggiungere la ragazza e a proporle di fare una terapia più continuativa, ogni qualvolta che avrebbe incontrato la madre. Temeva difatti, che Isabel avesse parecchi ricordi traumatici assopiti e che sarebbero potuti emergere, creandole un di scompenso psicologico. Allertato da questo fattore di rischio, non avrebbe mai voluto lasciarla sola, ad affrontare dei possibili traumi repressi. Per il dottore, Isabel era un caso delicato a cui si era affezionato, il legame che si era creato tra di loro era solido, ed era consapevole che sarebbe stato difficile per un altro terapista riuscire a entrare in contatto con lei, molto restia agli estrani e capace di costruire muri altissimi per tenere la gente a distanza.
Arrivarono all’interno della struttura e il dottore si recò in una stanza da solo per poter parlare di nuovo con il presidente, Isabel si ritrovò ad dover aspettare insieme all’infermiere che aveva incontrato la prima volta nell’istituto, che continuava a guardarla in modo guardingo. 
“Sei hai un qualche problema, puoi anche dirlo” disse lei sbuffando con le braccia incrociate al petto, tamburellando con un piede.  
“No alcuno, sono solo preoccupato per la situazione” disse il ragazzo indeciso.
“Non accadrà nulla, non può diventare più pazza di quanto lo è già” sospirò Isabel
“Sua madre non è pazza, ha solo avuto una vita difficile” difese la sua paziente il ragazzo e anche in maniera fin troppo agguerrita.
“Non è l’unica.” Disse Isabel tra i denti, leggermente innervosita dal modo che aveva il giovane di difendere sua madre a spada tratta.
Il silenzio tornò a farsi largo fra entrambi, che incominciarono ad ignorarsi visibilmente, lei innervosita e lui ormai fin troppo guardingo nei confronti della ragazza.
Dopo un altro paio di minuti il dottor Miller fece il suo ritorno insieme al responsabile della struttura.
“Bene, direi che possiamo incominciare la visita” disse il responsabile.
“Io continuo a non esserne sicuro” disse la sua Michael, mentre Isabel vicino a lui sbuffava visibilmente.
“Comprendo i tuoi timori, ma io e il dottor Miller abbiamo parlato molto riguardo la situazione e pensiamo entrambi che non ci siano problemi a far incontrare la signora con Isabel” disse tranquillamente il responsabile, Michael si ritrovò così a dover annuire leggermente contrario a quella decisione e fece strada sia al dottor Miller che a Isabel verso la parte della struttura dove stava la donna.
Isabel si ritrovò così a percorre di nuovo quei corridoi angelici, fino alla porta della stanza di sua madre.
Si fermarono tutti e tre davanti alla porta, Michael guardò per un attimo la ragazza ancora indeciso su farla entrare e con uno sbuffò alla fine decise di aprire la porta della camera.
Il dottor Miller poggiò con delicatezza una mano sulla spalla di Isabel per infonderle forza e coraggio, lei fece dei primi passi incerti, prese forza e si diresse verso l’interno della camera.
“Signora Claudia c’è qui sua figlia per lei” disse Michael chiamando la donna che era seduta a un tavolino vicino alla finestra e si stava contemplando in uno specchio mentre si aggiustava delle ciocche di capelli andandole a posizionare dietre l’orecchio.
Con lentezza disarmante la donna si voltò verso Isabel e rimase immobile a osservarla.
“Sei cresciuta” disse con tono piatto.
“Si sono passati quattro anni” rispose Isabel con uno sbuffo.
“Così tanti?” chiese la donna, incominciando a giocare con una ciocca di capelli biondo argento.
“Ti trovo piuttosto bene” esclamò Isabel incrociando le braccia al petto, leggermente infastidita nel trovarla in ottima forma, da come aveva parlato Michael doveva essere più che moribonda, non sembrava per nulla essere in remissiva da una dipendenza.
“Questa clinica mi sta aiutando” sorrise la donna, alzandosi finalmente in piedi e continuando ad osservare la figlia incuriosita, fece due passi decisi verso Michael e gli poggiò una mano sul braccio “Qui sono tutti molto gentile e dolci” fece gli occhi languii al ragazzo che sorrise leggermente imbarazzato.
“Waoo, spendo i miei soldi per farti avere proprio il servizio completo, trucco parrucco e chissà che altro” disse Isabel con tono irritato nella voce, per poi fulminare Michael con lo sguardo, il ragazzo abbassò lo sguardo a disagio per via dell’accusa della ragazza.
“Isabel direi che non è il caso di arrivare a conclusioni troppo affrettate” la rimproverò il dottore, dopo aver visto uno sguardo sofferente in Michael.
“Oh! Lei chi è?” cinguettò Claudia amabilmente, lasciando improvvisamente il braccio di Michael e mostrando attenzione all’uomo dietro di Isabel.
“Il mio terapista, sai com’è tu e il tuo ex marito mi avete un po’ incasinato la testa” disse lei sprezzante.
“Dovresti chiamarlo padre, sbaglio o appena sei andata a Seul ti ha dato di tutto e di più”
“Sbagli…. Non so cosa vi siete detti nell’ultimo incontro che avete avuto, onestamente poco mi importa. Sia di te che di lui” disse lei con tono oltraggiato.
“Sei arrabbiata…” disse con voce sottile la donna.
“Beh sai com’è sono qui contro la mia volontà e in più ti pago questo magnifico posto, non sembra che tu ne abbia bisogno a quanto sto notando.” Isabel si sentiva sempre più pronta allo scoppio, non riusciva minimamente a provare a essere educata, solo la presenza della donna la faceva irritare al massimo.
“Dovrebbe pagarla lui la clinica” disse incerta Claudia, abbassando leggermente lo sguardo sulle proprie mani a disagio.
“Lui non vuole avere niente a che fare, mi ha mandato qui per tenerti buona. Cosa vuoi?” chiese Isabel in maniera diretta, c’erano stati fin troppo preamboli ed era stanca di stare lì, vedere sua madre che sembrava stare in perfetta forma la faceva innervosire. Si era convinta che l’avrebbe trovata uno stralcio dato tutti i preamboli fatti per incontrarla, invece sembrava fosse uscita da una Beauty farm.
“Come sei scontrosa, lo sei sempre stata, irruenta e scontrosa, veramente poco accomodante” disse la donna tornando a guardarla riluttante.
“Tu e lui dite le stesse identiche cose, solo che lui aggiunge molti più insulti coloriti. Mi domando come mai abbiate divorziato, eravate perfetti per stare insieme” provocò Isabel con voce sprezzante, sentiva la rabbia salire sempre di più, era stata costretta ad andare lì e lei la stava anche criticando.
“Non mi accumulare a lui, io non sono per niente come lui” disse con rabbia la donna cambiando il suo tono civettuolo e indurendolo. Guardò Isabel con gli occhi sgranati e incominciò a torturarsi le mani in preda a un nervoso.
“Dici? Di assente lo sei stata, sempre presa dai tuoi affari, sempre presa a pensare a come fare per divertiti, sempre ubriaca, assente!” scandì le frasi con rabbia mentre la continuava a guardarecon biasimo e rancore, la odiava, per essere stata sempre messa da parte, una madre avrebbe dovuto amare la propria figlia, proteggerla, lei non aveva mai fatto nulla del genere.
“Non mi ubriacavo per divertirmi avevo una dipendenza” disse tentennante la donna.
“Si, come vuoi, non sono qui per questo, sai le riunioni di famiglia non fanno per me. Sono venuta perché mi volevi. Cosa vuoi?” chiese Isabel tornando di nuovo al nocciolo della questione.
“Volevo darti una cosa, poiché sei così sgarbata: non te la darò… forse con il tempo appena diventerai leggermente carina nei miei confronti” disse la donna.
“Dovrei essere carina con colei che mi ha spedito come pacco postale da mio padre senza pensare alle conseguenze? Certo speraci!” disse lei con rabbia, girando i tacchi e uscendo da quella stanza, il dottore che non era intervenuto per nulla, lasciando a Isabel il suo spazio, guardò un attimo Michael e raggiunse la ragazza che stava andando via a passi di marcia.
Michael si voltò a guardare Claudia che si afflosciò sulla sedia e incominciò a ridere singhiozzando in maniera isterica, sopraffatta dal dolore. L’infermiere prese un gran respiro e incominciò a consolare la sua paziente. Consapevole che la donna avesse reagito così solo per difesa, sapendo poi tutta la sua storia.  Le diede qualche pacca di incoraggiamento, mentre guardava la porta con sguardo scettico, in fin dei conti la ragazza non aveva tutti i torti, peccato che non sapesse tutto quello che fosse successo alla madre per farla comportarsi in quella maniera provocatoria.
 
“Isabel…. hai deciso di farmi perdere i chili di troppo che ho?” disse il dottore ironico mentre provava a tenere il passo della ragazza, Isabel alla frase si bloccò di colpo e si voltò a guardarlo.
“Scusami” disse lei chinando il capo, alzò lo sguardo su di lui aveva gli occhi lucidi.
“Sono così incazzata, da come la proteggevano… pensavo di trovarla non so tipo assente, dolorante, triste, non lo so… invece era lì tutta truccata, ben vestita, aveva anche i gioielli in bella vista, l’hai notata la collana di diamanti al collo?” Disse Isabel con voce strozzata e leggermente isterica. 
“Andiamo a casa, e ne parliamo meglio lì” provò ad esortarla il dottore.
“Non c’è molto di cui parlare, ci devo ritornare, per avere le informazioni che voglio, per far si che dice a mio padre che non ci saranno problemi. Devo tornare, e sinceramente di fare la falsa e la carina anche con lei non mi va per niente, provo troppo rabbia per come sono stata trattata e stata abbandonata. Non è vero che non mi fa male! Mi fa male! È ingiusto! È tutto così dannatamente ingiusto!” disse tutto in maniera veloce, cercando di non tentennare troppo con la voce che non voleva poi molto venire fuori, ma che invece le uscì straziante.
Sentiva le mani tremanti, e aveva un enorme groppo in gola, avrebbe tanto voluto vomitare.
Si passò una mano sulla bocca, cercando di buttar giù un rigurgito.
“Devi vomitare?” chiese gentilmente il dottore affiancandola, Isabel fece no con la testa.
“Voglio solo che questa storia finisca, mi aiuti a finirla” lo pregò guardandolo supplice..
“Cercheremo un modo per farla finire, te lo prometto, ora andiamo via hai bisogno di aria fresca” sorrise affabile, lei annuì con la testa e si fece guidare fuori da quel finto paradiso in cui era finita.
 
15 MARZO 2017
Isabel si avviò a passo svelto verso il cortile del giardino, aveva puntato al gazebo, dove sapeva ci fosse lei.
Salì i tre gradini e si andò a sedersi senza troppe cerimonie su una sedia in acciaio battuto. Incrociò le braccia al petto e sbuffò sonoramente, senza sapere bene come incominciare il discorso.
La madre si era fermata dal fare il solitario, aveva alzato gli occhi e guardato la figlia indecisa, dopo di che aveva disfatto il proprio solitario e aveva incominciato a immischiare le carte.
“Ti ricordi la scopa?” chiese la donna con voce vellutata, incominciando a distribuire le carte.
“Vagamente” rispose mentre prendeva le carte e le studiava, cercando di ricordare i meccanismi di quel gioco, giocato ogni tanto quando aveva sei e sette anni.
“Ci giocavamo, io e te.” disse sempre con voce soffice, continuando ad osservare la figlia.
“Beh dubito che io ci giocassi con il tuo ex marito, è un gioco Italiano” sbuffò Isabel, prendendo un sette e un tre con un dieci da terra.
“Mi hanno fatto notare…. Michael mi ha fatto notare e anche alcuni terapisti che forse sono stata troppo controproducente quando sei venuta l’altro giorno” provò a dire la donna a disagio.
“Mi darai quello per cui sono venuta qui?” chiese Isabel alzando lo sguardo su di lei sperando di mettere fine al tutto.
“No, non subito.” Disse la donna leggermente indecisa.
“Che cosa vuoi in cambio? Altri soldi? Una casa?  Dei vestiti?” chiese Isabel sperando in una richiesta di qualcosa e in uno scambio.
“Che tu sia più gentile” provò a dire la donna facendosi forza.
“No. Neanche se volessi ci riuscirei, no.” Disse Isabel piccata.
“Allora, penso che ci dovremmo vedere altre volte fino a che non cambierai atteggiamento” disse la donna prendendo da terra e facendo scopa.
“Rimarrò in eterno qui immagino?” disse Isabel sprezzante.
“Se è quello che vuoi”
“No, non lo voglio! Non voglio stare qui, non voglio dover vedere te!” disse con rabbia lasciando andare le proprie carte e facendo un casino con quelle sul tavolo immischiandole tutte.  
“Preferisci Seul? Ti ho visto sulle riviste, sui social, sembri essere perfetta per quel mondo” disse Claudia con voce leggermente spezzata, lasciando andare le carte la partita ormai era andata, Isabel aveva immischiato tutto, nessuna delle due avrebbe vinto, ma d'altronde entrambe perdevano sempre.
“Lo devo essere, e no per mia volontà. Non preferisco Seul. Quel posto è una prigione” disse Isabel tra i denti scuotendo leggermente il capo, la madre sbiancò a quell’affermazione e provò ad avvicinarsi con una mano alla figlia per poterla accarezzare, ma Isabel assottigliò gli occhi e levò la mano dal tavolo per non lasciarsi toccare. Claudia abbassò il capo colpevole e la ragazza voltò il suo sguardo di lato, le faceva male tutto quello, era la prima volta di cui avesse memoria che la madre provava a fare un gesto materno nei suoi confronti.
“Non sei libera?” chiese Claudia dopo il silenzio durato, un bel po’ di minuti.
“Tu lo eri?” chiese Isabel senza guardarla, aveva il cuore in gola e non riusciva del tutto a parlare.
“No, mai stata, lui mi ha tenuta prigioniera, io non ero libera. Sono stata una stupida” disse tentennando, stringendo con le mani il proprio vestito e guardando la figlia sperando in uno sguardo da parte sua.
Isabel scrollòle spalle e continuò a guardare altrove.
“Avrei preferito non incontrarlo mai” si fece sfuggire Claudia soffocando malamente un singhiozzo.
Isabel si alzò in piedi all’udire quel singhiozzo, rimase ferma dando le spalle alla madre,  ferma a contemplare il giardino.
“Vorrei anche io che non lo avessi mai incontrato, così non sarei mai nata” disse con tono secco, si passò una mano sul viso asciugandosi le lacrime che alla fine avevano incominciato a inumidirle le guance.
“Isabel…” sussurrò la madre alzandosi.
“Vado via, ci vediamo domani” disse secca e con uno scatto e tenendo le distanze da quella donna si allontanò di nuovo da lei. 
Claudia si accasciò sulla sedia si prese la testa tra le mani e ricominciò a piangere in maniera isterica.
Isabel incominciò a correre per il parco, cercando di ignorare i singhiozzi della madre che arrivavano al suo udito. 
 
20 MARZO 2017
Isabel dopo l’ultimo incontro aveva dovuto sviscerare il tutto con il dottore, e avevano entrambi convenuto che era meglio che lei ci andasse leggera con le visite alla madre, per non rischiare in qualche esplosione emotiva.
Dopo un paio di giorni passati a sentirsi come se fosse una bomba ad orologeria, pronta a esplodere e a portare con sé diversi morti e feriti. Aveva optato insieme al dottore e Win-hoo di andare a Chicago per poter incominciare a parlare con il responsabile del museo per la mostra che voleva come ricordo di Do-yoon.
Avevano deciso ciò, poiché lei dopo quell’incontro con la madre era sempre instabile, sempre più nervosa, l’insonnia era tornata e i pensieri non volevano darle pace.  Il dottore aveva anche deciso di prescriverle qualche farmaco rilassante, niente di troppo pesante, ma neanche quello faceva l’effetto desiderato. 
Isabel nonostante il provare a impegnarsi per la mostra e il viaggio, si sentiva perennemente in uno stato di ansia e in un continuo conflitto con se stessa, specie per via della terapia, il dottore, infatti, provava a farla ragionare su cosa avesse potuto portare la madre a comportarsi  come aveva fatto nel corso della vita. Questa ricerca di risposte stava scatenando pian piano alcuni ricordi che lei cercava in tutti i modi di combattere cancellandoli. 
Era in continue crisi di nervi fatte di pianti incontrollati, perché per quanto provasse a cancellare il tutti i ricordi quelli tornavano combattivi a farsi largo nel profondo della notte, sotto forma dei peggiori incubi.
Urla, parole di odio, sangue, vetri rotti, lividi. Erano i protagonisti dei suoi incubi insieme alle due figure, quelle di suo padre e di sua madre. 
Si era rifugiata nell’odio verso sua madre per tutti quegli anni, perché era l’unico modo per sopravvivere al fatto che non fosse stata: abbasta forte per poterla aiutare, i ricordi, di come da piccola ci aveva provato a fermare suo padre diventavano sempre più vividi nella sua mente.
 
INIZIO MARZO 2000
"Pensavi realmente di potermi fottere?" Urlò l’uomo con rabbia in contemporanea un  vaso si andava a scagliare sul pavimento andando in mille pezzi.
"Tu mi tradisci da una vita è colpa tua!" urlò la donna rimanendo immobile davanti alla furia del marito, ma tremante per via di tutta la rabbia che lui stava mostrando.
"Tu! È colpa tua! Che non capisci come funziona la vita. Tu hai confabulato contro di me! Cosa credevi di fare? Sei solo una lurida puttana!” urlò lui lanciando in aria un tavolino di bambù che si andò a scontrare contro il muro.
"Io non ho fatto nulla! Sono chiusa in questa casa senza fare nulla!" provò a giustificarsi la donna in lacrime e con gli occhi sgranati per via del terrore.
"Chiusa?? Esci fai shopping sperperi tutti i miei soldi e ti scopi kim Jung-ko. Ti farò vedere io come sarai chiusa qui dentro in eterno!” e dicendo così si andò a frantumare un altro un portafoto di cristallo per terra, lasciando altri pezzi di vetri sul pavimento.
Isabel era accovacciata sulle scale stringeva la ringhiera di mogano con le sue esili mani, osservava tutto in silenzio, senza riuscire a muovere un muscolo e senza farsi notare dai genitori.
"Smettila di rompere oggetti!" Strillò la donna, l'uomo si voltò a guardarla con furia e in uno scatto repentino le fu addosso spingendola contro una vetrinetta antica di cristallo. Fu talmente forte l'urto: che le due ante delle vetrinetta si ruppero, i vetri incominciarono a cadere a terra come piccole gocce di una cascata.
Isabel riuscì a osservare tutto dal punto in cui si trovava, era alle loro spalle.  La bambina trattenne un urlo a fatica, lasciando andare la ringhiera e tappandosi la bocca con le mani tremanti. Vide il padre strattonare la madre su quella vetrinetta rotta, fece un salto, alzandosi in piedi sul gradino e incominciò a correre giù.
Correva veloce con le lacrime agli occhi, i capelli neri che fluttuavano in aria sembravano il mantello di un supereroe in volo.
Arrivò in un attimo e si appiglio al braccio del padre per cercare di fermare il prossimo schiaffo diretto alla donna.
"Aboji fermati  ti prego!!" Urlò la ragazzina in modo straziante e impaurito, "Lasciala le fai male!" Urlò sempre più impaurita, mentre l'uomo con la mano libera stava stringendo il collo della donna che stava diventando bluastra in volto.
Con un brusco gesto del braccio si libero della ragazzina facendola cadere a terra, Isabel cadde su i vari vetri con un grande tonfo, i capelli le finirono in faccia. Provò a rialzarsi a fatica poggiando le mani a terra ma era tutto pieno di vetri rotti e quindi rimase immobile.
Vide il padre liberare la madre da quella stratta, la donna cadde a terra in ginocchio sui vetri rotti boccheggiando in cerca di aria.  
La donna poggiò le mani a terra, finendo sui vetri e tagliandosi tutta, il sangue si unì al vetro, mentre lei tossiva per riprendere fiato, anche le gambe perdevano sangue per via dei tagli afflitti dai vetri rotti.
Isabel guardò il sangue imbrattare i vetri e il pavimento con terrore, l’odore ferroso di ferro le arrivò dritto alla narici causandole il voltastomaco.
"Tua madre si è  comportata molto male." Disse Kim Joon-bin con tono severo guardando la figlia.
Isabel continuava a rimanere immobile a terra seduta, con i capelli in disordine e il vestito sgualcito, continuava ad osservare il sangue immischiarsi ai vetri rotti, il tutto brillava per via della luce proveniente dalla finestra.
Non singhiozzava, aveva pianto solo un attimo, le lacrime si erano improvvisamente fermate, non osava guardare suo padre, rimanendo completamente ferma aspettando un cenno proveniente dall’uomo che le dava il consenso di aiutare la madre.
"Occupati tu di lei e ricorda non mi si deve mai disubbidire."  La ragazzina annuì all'ordine con la testa china,  aspetto che il padre uscisse dalla stanza dopodiché non curante dei vari vetri si precipito dalla madre che era ancora inginocchiata a terra con vari spasmi che singhiozzava, troppo scossa per quel atto di violenza.  
 
Angolo dell’autrice:
Vi avevo detto che sarei tornata di sabato ed eccomi qui con questo capitolo!
Cazzo sto aprendo di merda questo 3 volume.
Una parte di me sperava di non dover trattare tutto questo periodo della vita di Isabel, perché a essere sincera mi ammazza. Sapevo in linea generale la storia dei genitori, e la personalità di Claudia e cosa porta Claudia a essere una madre assente.
Mettere per iscritto Claudia è molto arduo.
Speravo di concludere in un capitolo tutte le visite alla clinica, ma mi è difficilissimo farlo.
Sinceramente non so quanto possa piacere tutta questa parte, che di certo oscura molto Yoongi. La questione è che: se io non la scrivo o passo avanti sintetizzando un alle Hawaii è successo che… non sono convinta che renderebbe a pieno i fatti delicati che andrò a trattare. Hanno bisogno di spazio, spero di non annoiarvi con tutto ciò!
Il Flashback è fatto un po’ apposta per farvi capire meglio la situazione che vivevano entrambe.
Ho voluto ribadire che a Isabel manchino alcuni ricordi o che essi siano confusionari nella sua mente, involontariamente gli ha celati per protezione, ma il sensore paura e allerta rimane (questo spiega il perché lei abbia paura del padre e anche tanta, e che questa paura riaffiori nel momento in cui lui le tira il primo schiaffo, che è il pomeriggio dell’ultimo incontro con Yoongi).
C’è anche il ritorno del dottor Miller per aiutare la storia e fare da tramite e spiegare come Isabel funzioni.
Scusate il mio commento lunghissimo ma ci tenevo a sottolineare alcune cose, ho sempre paura di non riuscirmi a spiegare bene nei capitoli baci!
 
 
 
 
 
 
   
 
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