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Autore: Stella Dark Star    10/10/2022    1 recensioni
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita... [] Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. [] Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
Kan, ragazza madre che rischia di vedersi portare via le figlie gemelle, con queste parole comincia a raccontare la propria storia, partendo dalla ricerca per ricongiungersi col fratello gemello Ken, la sua metà e unica àncora nella vita. Una sorta di diario personale ricco di esperienze, di emozioni, di amicizie profonde come quella con Kazutora e con Angry e altre complicate tipo Baji e Ryusei, della sua prima storia d'amore con Mikey e delle difficoltà della crescita che l'hanno condotta pian piano sull'orlo del baratro, ma con la speranza che per lei possa in qualche modo esserci un lieto fine.
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Kazutora Hanemiya, Ken Ryuguji (Draken), Manjirou Sano, Nuovo personaggio, Shuji Hanma
Note: Lemon, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tokyo Revengers
-Words As Weapons-
 
Chapter 1
[Our First Week]
 
Kan era tesa come una corda di violino. Quel mattino si era alzata presto, senza quasi aver dormito, aveva fatto una doccia bollente e poi si era vestita a modo e spazzolata i capelli. Niente trucco, niente tacchi. Doveva assolutamente fare una buona impressione su quell’uomo che l’avrebbe ‘esaminata’. Suo fratello l’aveva accompagnata in moto e lasciata a una certa distanza dallo Studio. Si erano scambiati uno sguardo colmo di preoccupazione, senza dire una parola, anche se lui un paio di volte aveva dischiuso le labbra per poi serrarle. Si erano già detti tutto la sera prima, si erano abbracciati stretti per ore, si erano incoraggiati e consolati a vicenda…ora non c’era altro che potessero dire. Un cenno col capo, poi lui era ripartito e lei aveva bruciato la distanza che la separava dalla porta massiccia ed era entrata. Una veloce accoglienza, una sedia rivestita di velluto, il ticchettio di un orologio che scandiva il tempo. Era rimasta praticamente immobile con le mani strette in grembo, fino a quando la segretaria non le aveva rivolto la parola. “Prego, può entrare.”
Un cenno di ringraziamento, si rialzò e si accorse di avere le mani sudate e fredde. Pochi passi ed entrò nella stanza assolutamente ordinata e che odorava di carta stampata e un po’ di deodorante per ambienti alla rosa.
Alla scrivania era l’uomo che quel giorno doveva assolutamente portare dalla sua parte. Mezza età, un completo nuovo, occhiali griffati, capelli brizzolati. Le fece cenno con la mano di sedersi sulla sedia imbottita davanti a lui e lei obbedì a testa bassa come un cagnolino.
“Benvenuta, Signorina xxx.”
Quel cognome… Eppure era sicura di aver specificato come voleva essere chiamata. La stava già mettendo alla prova per vedere la sua reazione? Bene, non doveva scomporsi. Lo ringraziò a mezza voce.
“Come le avranno sicuramente detto, lei oggi è qui per convincermi di essere una persona responsabile. In caso contrario…” Assottigliò gli occhi: “Lo sa cosa sarò costretto a fare.”
Kan strinse le mani che involontariamente aveva di nuovo portato in grembo. “Io amo le mie bambine e farei qualunque cosa per loro.” La voce le uscì ferma e sicura, nonostante si sentisse tremare come una foglia.
“Non lo metto in dubbio, ma a volte l’amore non basta.” Scorse le righe di uno dei fogli del fascicolo. “Alla sua età dovrebbe essere una studentessa delle Superiori, non una madre. Ma non è questo il problema. Lei si trova qui perché l’altro giorno ha abbandonato la carrozzina in mezzo ad un marciapiede trafficato, per inseguire una moto.” Risollevò lo sguardo su di lei. “Si rende conto della gravità della situazione? Ha messo in pericolo le bambine. Qualcuno avrebbe potuto portarle via oppure la carrozzina poteva finire sulla strada...”
Il cuore le doleva in petto. Lo sapeva di aver agito in modo sconsiderato, non c’era bisogno che glielo dicesse. Prese un respiro profondo, non poteva permettersi di perdere il controllo. “Lo so bene, glielo assicuro, e prometto che non accadrà mai più. Quando ho sentito il rumore di quella moto…io… Ho creduto che si trattasse di lui… Che fosse tornato…”
“Sono al corrente. Il padre delle piccole ha fatto perdere le sue tracce. E lei spera che un giorno possa tornare?”
Kan si morse un labbro e contò fino a tre prima di rispondere con decisione: “Sì. Se sapesse di avere due figlie sarebbe già tornato, ne sono certa.”
Ci furono degli istanti di silenzio in cui i due si fissarono negli occhi. Fu l’uomo a riprendere la parola, accennando un mezzo sorriso interessato. “Mi racconti tutto dal principio. Compreso il motivo per cui non vuole farsi chiamare col cognome della sua famiglia adottiva.”
Dunque lo sapeva. Bastardo. A che gioco stava giocando? Lei rischiava di vedersi strappare le bambine che erano la sua nuova ragione di vita, che aveva portato in grembo per nove lunghi mesi e che alla nascita le avevano donato una nuova speranza di felicità. E adesso quell’uomo, che aveva il potere di sottrargliele, si divertiva a vederla in difficoltà. Bene. Era pronta ad accettare la sfida. Le parve quasi incredibile ciò che stava provando in quel momento, come se un’enorme determinazione e spirito combattivo le stessero scorrendo nelle vene, spazzando via la tensione e il timore. In una scazzottata avrebbe vinto di sicuro, invece quel giorno doveva fare uso delle sole parole per combattere.
“Mi chiamo Ryuguji Kan. Sono nata il 10 maggio 1990 a Shibuya, Tokyo. Mio fratello gemello Ken è nato sei minuti prima di me. Nostra madre era una prostituta. Ha dato me in adozione il giorno stesso della mia nascita e ha tenuto mio fratello con sé ma, incapace di ricoprire il ruolo di madre, lo ha abbandonato nel palazzo in cui lavorava ed è fuggita senza lasciare traccia. Ho scoperto di essere stata adottata quando ero in sesta elementare. Prima che me lo chieda, la risposta è no. Non ho avuto alcun trauma. I miei genitori adottivi mi hanno sempre trattata con una certa freddezza e i parenti mi mostravano apertamente ostilità. Non sono rimasta sorpresa quando la sorella della mia madre adottiva mi ha confessato tutto, con l’intento di ferirmi. Non me ne importava niente dell’adozione. L’unica cosa che desideravo era incontrare mio fratello, il mio unico legame di sangue.”
*
 
Dal momento in cui aveva appreso la verità, tutto era diventato più chiaro. Non si era mai sentita veramente amata o parte della famiglia, non si era mai legata a quelle persone che per tanti anni avevano interpretato malamente il ruolo di zii e zie e in fondo non aveva mai compreso l’anima dei due signori che credeva i suoi genitori e che invece erano degli estranei. Da piccola aveva ricevuto molti giocattoli, aveva festeggiato compleanni con torte colorate e deliziosi pasticcini, era stata perdonata innumerevoli volte quando aveva combinato delle marachelle a scuola a causa del suo carattere troppo vivace, però…quante volte era stata abbracciata in tutta la sua vita? Ci aveva riflettuto e le aveva contate sulle dita una ad una. Davvero troppo poche per dei genitori, ma almeno adesso sapeva il perché. La primissima domanda che aveva posto loro era stata “perché mi avete adottata se non mi amate?”. Non erano stati in grado di dare una vera risposta, solamente un farfugliare di frasi fatte che uscivano dalle loro bocche senza un filo logico. E poi suo ‘padre’ aveva commesso un piccolo errore, si era lasciato sfuggire un dettaglio che per lei fu di vitale importanza. C’era un fratello gemello. Divenne quello il suo punto focale, l’obiettivo da raggiungere, la ragione per andare avanti dopo essere precipitata in una verità che nessun bambino vorrebbe mai sapere. Non era stato facile ricevere informazioni, visto che loro avevano fatto in modo che non s’incontrassero per ‘tenerla lontana da quella peccaminosa realtà’, come l’avevano definita.
“Vi prego… Ditemi dove posso trovare mio fratello.”                
Una supplica quasi in lacrime, una cosa che in genere funzionava quando voleva ottenere qualcosa da loro. Però questo accadeva quando erano i suoi genitori, non era più sicura che avrebbe avuto lo stesso effetto adesso… Seduti attorno al tavolo di quella cucina che improvvisamente era diventata più grande e più fredda, come ogni altra stanza all’interno di quella casa, Kan decise di giocare delle carte pericolose. “Se mi avete voluto almeno un po’ di bene, permettetemi di incontrarlo.”
Seppur freddi e riservati, i due sentirono comunque il peso di quelle parole che lei aveva lanciato contro di loro come pietre affilate. Adottata o no, era la bambina che avevano accolto in fasce e che avevano cresciuto. E che riusciva ad averla sempre vinta. E così, un pomeriggio dei primi giorni di maggio di quell’anno 2002, appena era suonata la campanella della fine lezioni, Kan aveva abbandonato la cartella sotto al banco ed era corsa via come il vento per raggiungere la metro.
Elementari 4…. Era la scuola che frequentava suo fratello.
“Ehi voi! Posso chiedervi una cosa?” Si avvicinò a due bambini che dall’aspetto dovevano avere la sua età. “Conoscete Ryuguji Ken?”
Nell’udire quel nome, i due ebbero una strana reazione. Impallidirono e si scambiarono un’occhiata tra loro, come restii a rispondere.
“Allora?” Incalzò lei, battendo un piede a terra con impazienza.
“Ehm…” Quello un po’ meno pisciasotto si sporse su di lei e le parlò a bassa voce. “Cosa vuoi da Draken?”
Kan sgranò gli occhioni nocciola. “Dra…ken? Eh?”
“E’ un tipo pericoloso, quello. Non solo è un teppista fatto e finito, da quando si è unito a Mikey è temuto sia dagli studenti delle elementari che delle medie.”
Pensa un po’! Quindi suo fratello era un temuto teppista?
“Che figata!” Disse con aria sognante. “Dove posso trovarlo?”
Di nuovo i due si scambiarono un’occhiata, chiedendosi se quella ragazzina non avesse qualche rotella fuori posto. Stavolta fu l’altro a rispondere. “Ogni giorno va alle Elementari 7, la scuola di Mikey. Sicuro lo trovi là, se ti sbrighi.”
“Volo!” Fu sul punto di farlo, in effetti, se non fosse stato per un dettaglio che la costrinse a bloccarsi anche se aveva già le braccia e una gamba a mezz’aria! “Scusate…come lo riconosco?”
“………..è molto alto, ha una cresta bionda e un drago tatuato sulla tempia…..”
Bene, ora aveva tutto ciò che le serviva. Ringraziò i due e si diede nuovamente alla corsa. Per fortuna la scuola non era lontana e con la sua velocità nella corsa non ci mise molto a raggiungerla. A quell’ora quasi tutti gli studenti erano usciti da scuola, poi molti andavano dritti a casa, altri a giocare nei parchi e cose così…non doveva essere difficile individuare uno stangone col tatuaggio di un drago, no? Guarda di qua, guarda di là, gira e rigira… “Dove accidenti è? Forse se n’è già andato?” Svolazzava come una falena impazzita davanti alla scuola, senza trovarlo. Provò a fare un giro attorno, ma nulla. “Uffa! Dovrò chiedere a qualcuno dove abita questo Mikey, magari sono andati da lui…”
“Ehi Mikey, ma perché devi sempre decidere tu?”
Eh…?
Kan si voltò di riflesso nella direzione in cui aveva sentito pronunciare quel nome. Era una stradina che non aveva notato. Corse fino all’angolo e si mise a sbirciare. Erano tre ragazzi… Uno aveva capelli neri e gli occhi da gatto, uno era un bambino biondo con lo sguardo addormentato e l’altro…era così alto! Una cresta bionda… Bastò che voltasse un poco la testa per vedere l’inconfondibile tatuaggio. Il cuore di Kan fece una capriola nel petto. Di slancio andò verso di loro gridando. “Ryuguji Ken?”
Gli sguardi di tutti e tre si puntarono su di lei con curiosità. E il diretto interessato rispose con tono neutrale. “Sì, sono io.”
Wow… Ora che ce l’aveva davanti, era davvero figo! Oltre cresta e tatuaggio aveva anche l’orecchino al lobo! Non aveva mai incontrato un teppista di persona...ma che andava a pensare? Doveva presentarsi e dirgli tutto.
“Ehm..io… Io mi chiamo Kan…”
Lui la squadrò, non capendo bene la situazione. E a ben vedere! No, doveva fare le cose per bene e soprattutto in privato, non davanti a quei due cretini che la guardavano a bocca aperta come se fosse la prima volta che vedono una ragazza…. Sul serio, che avevano da guardare? “Senti…” Puntò il pollice all’indietro. “Possiamo parlare un momento?”
“Va bene…” Draken rispose automaticamente e seguì quella ragazzina fino a svoltare l’angolo della strada. Ora che erano soli, l’atmosfera era cambiata. Quando prima si era visto arrivare addosso quella gazzella era rimasto sorpreso, sulle prime aveva pensato si trattasse di una studentessa delle Medie visto quant’era alta ma…ora che la guardava bene, indossava una divisa delle Elementari. I suoi tratti avevano un che di infantile e l’improvvisa timidezza che stava mostrando le colorava le guance di un lieve rosa. Era bella, anche se i lunghi capelli biondi che teneva in una coda di cavallo erano un po’ arruffati come se avesse fatto una lunga corsa. O l’aveva fatta davvero? Era piombata come un vulcano e adesso si stava stropicciando le mani con impaccio e teneva lo sguardo basso.
“Sì insomma… Ti stavo cercando… Volevo assolutamente incontrarti…”
Un momento… Un dubbio gli piombò alla mente, facendogli sudare freddo. “Aspetta, ma tu…”
Lei risollevò lo sguardo sul suo. “Non sai quanto ho sognato questo momento!”
La sua voce era tenera e quelle guance rosate che facevano pendant con le labbra la rendevano deliziosa a guardarsi. Era davvero carina…. Se non fosse stato che lui non era assolutamente pronto a gestire uan situazione così! Era la prima volta che si sentiva a disagio con una ragazza! Cioè, lui che viveva letteralmente in un bordello ed era nato e cresciuto tra belle donne mezze nude e provocanti, come poteva essere paralizzato?
D’istinto mise le mani avanti, come a creare uno scudo tra loro. “Senti io….ti ringrazio…davvero…”
Kan sgranò gli occhi, chiedendogli con lo sguardo cosa stesse dicendo.
“Il fatto è che…non me la sento! Cioè…tu sei davvero carina e sono sicuro che troverai facilmente un fidanzato!”
L’avesse mai detto. L’espressione sul viso di Kan mutò immediatamente, le sottili sopracciglia si aggrottarono e dalle iridi parvero uscire dei lampi. Strinse i pugni ai fianchi e gridò diretta: “NON MONTARTI LA TESTA, SCEMO!!!”
Alle proprie spalle, a poca distanza, Draken sentì lo scoppio di risa dei suoi amici che avevano sentito tutto e che nel frattempo si erano avvicinati per godersi meglio la scena!
Kan continuò. “Non sono qui per farti la dichiarazione!”
Ok, adesso anche lui cominciava ad arrabbiarsi. “Tsk! E allora che vuoi?”
“Non è così facile…” E di nuovo si fece timida.
“Lasciamo perdere. Grazie a te i miei amici mi prenderanno in giro a vita.” Fece per svoltare l’angolo, ma si sentì artigliare il polso. Nel voltarsi, vide i suoi occhi pieni di lacrime.
“Sono tua sorella gemella. Siamo stati separati alla nascita.”
Le risate cessarono all’istante. Draken ebbe l’impressione di vedere in lei una versione di se stesso.
*
 
Tutto sommato Baji non se la cavava malaccio. Certo era tutto sudato e cominciava a sentire la stanchezza, però ormai era un bel po’ che si allenava a far balzare la palla da un piede all’altro e tenendo il conto dei palleggi che riusciva a fare. Comunque, fin che il numero superava quello delle volte in cui gli era caduta, poteva dirsi soddisfatto di se stesso, alla faccia di Kazutora che lo aveva preso in giro dandogli della schiappa! Il pensiero dell’amico lo fece sorridere. Non vedeva l’ora di rivederlo, anche se negli ultimi sette mesi era una cosa che facevano ogni giorno loro due soli. Già…prima o poi avrebbe dovuto presentarlo anche agli altri, ma ora come ora, voleva tenerlo per sé. La palla gli sfuggì dal piede e rotolò a terra in direzione di un albero. Corse a prenderla e tornò indietro deciso a porre fine a quell’allenamento. Il suo sguardo si fece un po’ infastidito quando si posò sulla figura bellamente distesa all’ingresso del dojo. Braccia intrecciate dietro il capo, gambe intrecciate alle caviglie, sguardo fisso nell’azzurro del cielo e un lecca-lecca che si muoveva distrattamente nella sua bocca con un buffo rumore bagnato. L’aveva preso mentre tornavano da scuola, ma non si sarebbe aspettato che ignorasse completamente lui per passare il tempo a succhiare quel coso!!!
“Ehi Mikey! Non hai detto una parola da quando siamo qui!” Si impegnò perché risuonasse come un aspro rimprovero.
“Mh…”
“A cosa stai pensando così intensamente? A quello che è successo prima?”
Per un istante il lecca-lecca si fermò, il bastoncino dritto verso l’alto. E poi si mosse di lato. “E’ stato strano… Era come vedere una versione kawaii di Ken-chin…”
“Già… Ci sono rimasto quando ho sentito che è sua sorella gemella! Cioè, una cosa così non capita tutti i giorni!” Ridacchiò. “Un Draken con le ciglia lunghe, la gonna e il lucidalabbra!”
“E’ proprio il mio tipo…” Rispose Mikey, con tono piatto e disinteressato, ma lo stesso Baji si ritrovò blu e con addosso un forte senso di nausea! “Dr-draken è il tuo…?”
Come niente fosse, Mikey riprese a spiegare. “E’ stata coraggiosa a cercare suo fratello tutta da sola. E ha anche risposto per le rime a Ken-chin. Ha un carattere forte.”
Momento di silenzio…ed ecco che Baji riprese un colorito normale, sentendosi sollevato. “Ah parlavi del carattere! Mi hai fatto prendere un colpo!” Posò la palla sul terreno e si sedette accanto a Mikey, sospirando. “Chissà se sono ancora insieme in questo momento…”
Mikey emise un forte risucchio con la bocca, facendo vibrare lo stecchino. “Ne avranno parecchie di cose da dirsi dopo quasi dodici anni di separazione…”
Ed infatti, mentre loro due ne parlavano, Draken e Kan si trovavano in un locale nei pressi delle Elementari 7…
“Etchu!” Draken emise un forte starnuto, cercando di coprire la bocca con la manica della maglia. Stordito, tirò su col naso e sbatté le palpebre. “Credo che qualcuno stia parlando di me…”
Davanti a lui, separati solo dal tavolino, Kan non riuscì a trattenere una risatina. “Ci credi davvero a questa cosa? Ma dai!” Avesse saputo…!
Draken la osservò come aveva fatto nelle ultime due ore da quando l’aveva incontrata. Sulle prime il suo cervello si era come bloccato, nell’apprendere quell’incredibile informazione. E come biasimarlo? Non aveva mai nemmeno immaginato di avere una sorella gemella e ritrovarsela davanti all’improvviso lo aveva fatto svalvolare! Si erano guardati in silenzio per un po’, prima che lei prendesse l’iniziativa e gli chiedesse di andare da qualche parte a parlare. Lui l’aveva seguita in silenzio, erano entrati in quel locale semplice e piccolo e avevano ordinato qualcosa da bere giusto per non essere cacciati. Lui un succo alla pera e lei un succo alla pesca. Kan aveva parlato per una buona mezzora per raccontargli ciò che sapeva e com’erano andate le cose e lui l’aveva fissata come ipnotizzato, cercando di elaborare le informazioni. Gli c’era voluto un po’ per ritrovare l’uso della parola, ma c’era riuscito grazie allo sguardo caldo di lei e a quegli occhi che erano identici ai suoi. Tra una cosa e l’altra i bicchieri erano rimasti pieni sul tavolo.
“Io….ti chiedo scusa… Di solito non sono così.” Si giustificò.
Kan inclinò leggermente la testa e gli sorrise. “Ma certo, non devi scusarti! Ti sono piombata addosso! Avrei dovuto dirtelo con più calma…”
“Però sono felice che tu mi abbia trovato!” Confermò lui, con gli occhi lucidi per l’emozione. In genere era un tipo serio e sicuro, ma questo non significava che fosse fatto di ferro!
Kan abbassò lo sguardo sul proprio bicchiere, lo afferrò e ne bevve velocemente il contenuto. Una scia di succo color arancio rosato le colorò il labbro superiore. “Sarei maleducata a lasciarlo, dopo che me l’hai offerto! Anche se sei stato costretto, visto che ho lasciato la mia cartella a scuola!”
Draken prese una salvietta dal contenitore apposito e allungò il braccio per pulirle la bocca, neanche fosse stata una bambina! Quando lei si accorse del motivo di quel gesto, arrossì leggermente e gli regalò un sorriso.
Niente, vederla sorridere era già diventata una dipendenza per lui. Come avrebbe fatto a lasciarla andare a casa adesso che sapeva della sua esistenza? Però non poteva tenerla lì fino a sera… Bevve il succo alla pera tutto d’un fiato e si alzò dalla sedia. “Andiamo alla metro?”
“Mh!” Anche lei si alzò e uscirono dal locale.
Non fecero che pochi passi quando Draken azzardò un timido… “Posso tenerti la mano?”
Invece di rispondere, Kan mise la mano nella sua e lasciò che lui gliela stringesse dolcemente. Un’emozione fantastica! Un gesto così innocente da non dar loro la minima preoccupazione delle persone che li guardavano per strada. Erano gemelli, non facevano niente di male!
“Allora…” Kan ruppe il silenzio quasi a malincuore. “Ci rivediamo domani per parlare della festa?”
“Sì! E’ il nostro primo compleanno insieme! Voglio che sia indimenticabile!” Rispose lui, evidentemente elettrizzato al pensiero! “Dirò a Mikey che non passo a prenderlo dopo le lezioni, così io e te possiamo vederci e parlare con calma! Voglio portarti in un posto dove fanno un parfait al cioccolato squisito!”
Kan esplose entusiasta: “Io amo il parfait al cioccolato!!!”
E con questo punto d’incontro, continuarono a chiacchierare fino ad arrivare alla metro. Passati i tornelli, però, il loro stato d’animo precipitò.
Draken biascicò un… “Tu devi andare di là, giusto?”
“Mh… Abito nella direzione opposta alla tua…”
“Quindi…dobbiamo salutarci?”
A vederli così, entrambi a capo chino e con le mani ancora unite, mettevano quasi tristezza. Se fossero stati in un anime, sarebbero stati avvolti da un’aura grigia…
Draken strinse più forte la mano di lei, i loro sguardi s’incontrarono. “D’ora in poi voglio che ci vediamo ogni giorno. Non m’importa di cosa dicono i tuoi genitori adottivi, noi dobbiamo stare insieme. Ti farò conoscere le persone che mi hanno cresciuto, la mia camera diventerà la tua e se sarò costretto ti rapirò e ti porterò a vivere con me.” Era così determinato da far tenerezza!
“Grazie, Ken… Davvero!” Non trovava le parole per dirgli quanto fosse toccata dal suo discorso, ma si ripromise di dimostrarglielo in tutti i modi, giorno dopo giorno, da brava sorella. Le loro mani rimasero unite ancora un po’ prima che loro trovassero il coraggio di salutarsi.
*
 
Il giorno dopo, quello dopo e quello dopo ancora, i gemelli continuarono ad incontrarsi e a passare il tempo a chiacchierare di ogni cosa gli passasse per la testa, senza freni, senza logica, ogni argomento che veniva fuori diventava un mondo da esplorare secondo il loro punto di vista, secondo le loro esperienze, secondo le loro vite fino a quel momento. Anche se erano gemelli, per certe cose avevano gusti diversi. Ad esempio, Draken era appassionato di moto fino al midollo, mentre lei non aveva nessuna intenzione di guidarne una!
“Però, quando ne avrò una mia  e potrò guidarla, tu salirai con me. Vero, sorellina?” Le chiese, tutto dolce come uno zuccherino, seduti uno accanto all’altra sui gradini di un parco a Shibuya. Niente spazi personali, si erano seduti lì vicinissimi, coi vestiti che si sfioravano, neanche avessero voluto colmare gli anni di separazione stando appiccicati adesso!
Kan rispose senza esitazione. “Assolutamente sì!”
Draken sorrise soddisfatto. “Bene! Il prossimo anno farò il patentino e andremo ovunque!” Per essere un ragazzino di sesta elementare aveva le idee chiare!
Kan fece un cenno col capo e poi sollevò il viso verso il cielo limpido di quella giornata di primavera che profumava di fiori più di ogni altra della sua vita.
“Ci pensi? Domani compiremo dodici anni!”
“Abbiamo organizzato tutto! Le ragazze sono state gentili a lasciarci una stanza libera per festeggiare! Stasera voglio gonfiare dei palloncini e appendere le decorazioni che abbiamo preso! Ah e non dimentichiamoci di andare a ritirare la torta che i tuoi genitori adottivi si sono offerti di pagare!” Il suo sorriso si trasformò in pura sorpresa quando all’improvviso qualcuno gli saltò alle spalle e lo avvinghiò tipo polpo!
“A che ora è la festa, Ken-chin?”
Non era possibile! Eppure era sicuro di non avergli detto dove sarebbero andati quel giorno! E allora come  accidenti faceva a saperlo? Li aveva pedinati? Dannato impiccione!
“Che cavolo fai??? Togliti!!!” Si ribellò, mentre Mikey si divertiva un mondo ad infastidirlo! Però da bravo lo lasciò e balzò un paio di gradini più giù, mettendosi davanti a Kan.
Lei sorrise gentile. “Sei quello dell’altro giorno?”
Mikey si sporse su di lei con aria fin troppo furba e le parlò praticamente a un centimetro dalla faccia. “Sano Manjiro! Piacere!”
Presa da un moto di tenerezza, Kan gli afferrò il viso con le mani e si mise a stropicciargli le guance. “Sei un bambino dolcissimo! Già ti adoro!”
A quel punto Draken si alzò di scatto e si fece sentire con rabbia. “Ehi tu, non approfittarti di mia sorella!”
Di conseguenza si beccò una ramanzina. Infatti, Kan gli lanciò un’occhiataccia e si strinse la testa di Mikey al petto per difenderlo. “Non trattarlo così! E’ solo un bambino! Scommetto che ha tanto bisogno di affetto!”
“Kan…tu non capisci… Non è affatto un bambino!” Insistette lui, digrignando i denti nel vedere quanto il suo amico se la godeva con la faccia schiacciata fra i piccoli seni di lei. “Ha la nostra età! Quell’idiota lì è Mikey!”
Il tempo si fermò. Ok…qualcosa non quadrava….
“Ken… Quando dici Mikey…intendi…quel Mikey di cui mi hai parlato nei giorni scorsi? Il terrore di Shibuya che fa a botte anche coi ragazzi delle Superiori? Quello così forte da non aver mai perso uno scontro?” Ormai era pallida come un lenzuolo.
“Proprio così…. E tu lo stai stringendo fra le tette!”
Il grido di Kan squarciò l’aria, tanto potente che dei volatili negli alberi più in là volarono via in massa con un gran fracasso di sbattere d’ali. Con gesto fulmineo lei lasciò la presa e retrocedette sui gradini come terrorizzata, puntando un dito tremolante su un Mikey visibilmente compiaciuto!
“Tu…tu…tu…”
“Eh eh! Ciao!”
Piccolo bastardo! L’aveva fregata!
“Ti immaginavo con un aspetto completamente diverso!”
Draken sospirò. “E’ successo anche a me quando l’ho incontrato l’anno scorso…”
Mikey si avvicinò a lei e le prese una mano.
“Ti prego non uccidermi! Chiedo perdono!” Starnazzò lei, chiudendo gli occhi. Quello che non si aspettava era di essere sollevata e rimessa in piedi nel modo più gentile possibile (data la situazione e la posizione in cui si trovava!). A guardarlo bene, quel ragazzino aveva qualcosa che attirava lo sguardo… Anche se era uno gnomo, era indubbiamente carino, i suoi capelli biondi erano luminosi e ordinati e quegli occhi scuri sembravano contenere i misteri del mondo. Il cuore le balzò in petto nel rendersi conto che le stava ancora tenendo la mano.
E Draken saltò fuori ancora una volta! “Non toccarla! E smettila di guardarla come se fosse una delle quarantotto illustrazioni di quel dannato libro che sfogli in continuazione! Razza di…” Dovette mordersi la lingua per non dire altro. Per lo meno si rincuorò nel vedere che sua sorella non aveva reagito a quell’affermazione. Quindi non era a conoscenza di quel tipo di letture… Meglio così. Però aveva la netta sensazione che Mikey gli avrebbe causato un bel po’ di problemi.
*
 
Come da programma, dopo la scuola i gemelli si erano incontrati per andare insieme a ritirare la torta in una piccola pasticceria di Shibuya, che Kan adorava particolarmente da quando era una bimbetta della Materna. Subito dopo, in barba alle regole, alla società e alla moralità, Draken l’aveva condotta nel luogo in cui viveva, dove era cresciuto e dove la donna che li aveva messi al mondo l’aveva abbandonato per rifarsi una vita. Il luogo che all’esterno appariva come un centro massaggi, in realtà era un bordello e le presunte massaggiatrici che ci lavoravano e che di certo non erano qualificate per tale ruolo, erano ragazze e donne che si vendevano giorno e notte per avere un tetto sulla testa e cibo nello stomaco. Eppure, per Draken, quelle persone erano la sua famiglia e le trovava le migliori al mondo. Entrati nel palazzo proprio nei pressi della famosa stazione di Shibuya, presero l’ascensore e salirono fino al quarto piano. Quando il campanellino suonò, le porte si aprirono, e…dalla postazione di accoglienza, un uomo all’incirca di mezza età che era intento a leggere il giornale fino a quel momento, sollevò gli occhi dai fogli e li posò su di lei. Draken gli andò incontro, accennando un sorriso, tenendo tra le mani la scatola con la torta. Kan lo seguì a capo chino.
L’uomo si alzò dalla sedia e si sporse in avanti per guardare meglio la nuova arrivata.
“Che bella signorina abbiamo qui!” Il suo tono cordiale convinse Kan a risollevare lo sguardo e incontrare i suoi occhi chiari e buoni. Anche se lavorava in un posto del genere, si vedeva che era una brava persona.
“S-salve…”
“Ah ah ah, mi sembra di rivedere il piccolo Ken! Anche lui aveva fatto così la prima volta che mi ha visto, quando sono stato assunto qui!”
“Tra qualche anno sarò più alto di te, come fai a chiamarmi piccolo???” Scherzò Draken, con complicità.
“Ah quella è la famosa torta di cu hai parlato?” Chiese l’uomo, indicando col dito. “Vuoi che la porto io di là? Così potete andare a posare le cartelle!”
Draken fece un cenno affermativo. “Grazie!” Gli porse la scatola con attenzione, quindi prese sua sorella per mano e la trascinò via quasi di corsa, tanto era ansioso di mostrarle la sua stanza. Attraversarono un corridoio illuminato da una luce soffusa e, quando giunsero in fondo, Draken aprì la porta in velocità e accese la luce. “Io dormo qui!”
Senza lasciare la sua mano, Kan fece qualche passo dentro il piccolo mondo che apparteneva a suo fratello. Era una camera decisamente maschile e un po’ infantile, con le pareti tappezzate di poster di moto, un letto con le coperte messe su in modo disordinato e un piccolo armadio dove erano i vestiti. Nell’aria c’era l’odore di suo fratello.
“Ti piace?” Le chiese lui, impaziente ed emozionato.
“Sì! Mi sento a mio agio come se fossi nella mia stanza!”
Da lì partì in automatico un tour per mostrarle ogni singola cosa, dal mobiletto dove conservava le riviste sulle moto, fino al cassetto dei calzini! Tra chiacchiere e risate, passò un’oretta e i loro stomaci iniziarono a farsi sentire reclamando la torta che li stava aspettando.  Di nuovo di corsa raggiunsero una porta socchiusa e da cui proveniva una luce più forte che nel resto del palazzo.
“Non vedo l’ora di mangiare la tortaaaaaa!!!” Gridò Draken, seguito da lei che gridò a sua volta: “Torta al cioccolatooooo!!!” Non appena spalancarono la porta, non solo trovarono di fatto la loro bella torta sul tavolo con tanto di candeline accese, ma anche uno striscione appeso alla parete con scritto ‘Happy Birthday Ken&Kan’. E cinque donne mezze nude in attesa su delle poltroncine.
“Finalmente siete arrivati!”
“Ancora un minuto e la torta ce la saremmo mangiata noi!”
I gemelli rimasero a bocca aperta per la sorpresa. Non si aspettavano di venire festeggiati dopo che lo stesso Draken aveva rifiutato categoricamente di invitare gli amici per poter fare una festa privata solamente con sua sorella. Ma anche così non era male, soprattutto perché le ragazze, incuriosite da Kan, la ricoprirono di attenzioni, le fecero numerosi complimenti per la sua bellezza e le consigliarono di fare un po’ di permanente per rendere i capelli ondulati. Be’, delle conversazioni normali, si può dire! Unica nota storta, Draken fu costretto a pazientare prima di poter gustare la tanto bramata torta, ma quando gli diedero il permesso di tagliarla si sentì finalmente soddisfatto! Meno per aver dovuto condividerla quasi tutta con loro, quando invece sperava di sbafarsela lui, ma pazienza! Una alla volta, richiamate dal lavoro, le donne lasciarono la stanza e concessero ai gemelli un po’ di privacy per parlare delle loro cose, giocare coi palloncini colorati e bere fiumi di bibite gassate che finirono inevitabilmente in una gara di rutti!
“Non mi sembrava di aver acquistato dei maialini!”
Al suono di quella voce, Draken si voltò verso la porta aperta e subito si premurò di fare un inchino rispettoso. Kan lo imitò.
“Oh su, non serve essere così formali!” La nuova arrivata era una donna di mezza età, ben vestita con un tailleur color porpora, una spilla d’oro sul risvolto della giacca, i capelli raccolti e un filo di rossetto sulle labbra. In mano aveva una scatola sottile e quadrata rivestita di velluto blu notte. Prese posto su una delle poltroncine, piegando le gambe elegantemente di lato, e poi fece cenno ai ragazzini di avvicinarsi.
Per prima si rivolse a Kan. “Io sono la signora Toku. Mio marito è il proprietario di questo posto, ma di fatto sono io a gestirlo.”
Draken confermò. “Viene a trovarmi spesso e se ho delle richieste lei mi accontenta sempre!”
“Nel limite del possibile, s’intende!” Sottolineò lei, accennando un sorriso, per poi tornare a rivolgersi a lei: “Tu sei Kan, giusto?”
“Sì, signora! Chiedo scusa per il disturbo!”
“Piccola cara….” Allungò una mano per sfiorale il viso col dorso della mano. “L’ultima vota che ti ho vista eri una figura grigia su un’ecografia…”
I gemelli si scambiarono un’occhiata interrogativa, ma fu Draken a parlare. “Tu sapevi della sua esistenza?”
Lei fece un cenno col capo. “Sì. Ero l’unica a saperlo. Vostra madre si confidò con me quando scoprì di essere incinta di due gemelli.”
“Ma allora perché non me lo hai mai detto?” La riprese Draken, stringendo i pugni.
La signora si prese alcuni istanti per elaborare il discorso e poi rispose mantenendo un tono pacato. “Fin dall’inizio, vostra madre era incerta se tenervi entrambi. Si rendeva conto che questo luogo non era adatto per crescere dei bambini, ma non aveva denaro per una casa e per qualche motivo rifiutò il mio aiuto. Credo che inconsapevolmente avesse già deciso cosa fare… Alle altre disse solo di essere incinta, senza entrare nei dettagli, e poi, il giorno del parto…” Fece una pausa, lo sguardo le tremava di tristezza. “Mi disse di aver chiamato i neonati Ken e Kan e…che aveva già preso accordi affinché la bimba venisse presa dagli assistenti sociali e data in adozione. Il bimbo invece volle tenerlo con sé, quasi come stesse parlando di un’ancora a cui aggrapparsi. Il resto lo sapete…”
“Potevi…comunque dirmelo…” Disse lui, a voce bassa, prima di tirare su col naso.
La signora non gli rispose, aprì di fronte a loro la scatola. All’interno erano due collanine sottili in oro. “Secondo il suo volere, avrei dovuto darvele per il compimento dei vostri diciotto anni. Un’età in cui avreste dovuto essere abbastanza grandi e maturi da capire. Prima di allora non avreste dovuto incontrarvi. E invece…”
Kan sollevò lentamente la mano per sfiorare una delle catenine. “Sono da parte della nostra mamma?”
“Esatto. Le scelse lei personalmente per i suoi bambini e io mi offrii di ricoprire le spese. Visto che il destino ha voluto farvi incontrare, credo sia giusto che le abbiate adesso.”
Li invitò con un cenno del capo e loro presero le catenine e le indossarono in silenzio. Un dono inaspettato da una persona che li aveva abbandonati ma che forse in fondo li aveva amati.
“Conservatele con cura. E’ l’unica cosa che vi ha lasciato.”
Il loro primo compleanno insieme era stato piuttosto dolce e frizzante, salvo poi svelare un retrogusto amaro…
*
 
Ora Ken e Kan avevano ufficialmente dodici anni! Il compleanno svoltosi il giorno precedente era stato decisamente indimenticabile dopo quanto successo, nel bene e nel male, ma visto l’aura di tristezza che li aveva circondati dopo aver ricevuto le catenine, avevano deciso di proseguire con i festeggiamenti la mattina dopo, approfittando della libertà del sabato. Era anche una bella giornata, l’aria era tiepida e loro avevano una gran voglia di passeggiare tra le vie di Ikebukuro e godersi i divertimenti otaku che il quartiere aveva da offrire. Kan aggrappata al suo braccio, sorridente, e Draken che camminava disinvolto tenendo le mani in tasca, si affacciarono alla via principale e…
“Da quale negozio cominciamo? Videogiochi o manga?” Chiese Kan, con gli occhi che già brillavano al pensiero.
“Mah…è lo stesso… Piuttosto…” Volse un po’ il capo all’indietro e fulminò con lo sguardo le figure che li seguivano come ombre. “Perché loro sono qui?”
Baji, evidentemente assonnato, rispose senza impegno. “Io ci sono stato trascinato…” Emise un ampio e sonoro sbadiglio. “Che palle, ieri ho anche fatto tardi in sala giochi.”
Al contrario di lui, Mikey sembrava più sveglio del solito e camminava con aria allegra e tenendo le braccia incrociate dietro la testa. E l’immancabile lecca-lecca in bocca. Incrociò lo sguardo di Draken, spostò il lecca-lecca di lato con la lingua. “Cosa? Ieri non mi hai invitato, quindi volevo festeggiare oggi insieme a voi!” Chiuse gli occhi ed esibì un sorriso a trentadue denti, col massimo della sfacciataggine, facendo urtare i nervi a Draken ancora di più!
Per fortuna intervenne Kan. “Non prendertela, Ken, per me va bene! Sono contenta di passare del tempo coi tuoi amici! E così posso conoscere meglio sia Mikey che Kei!”
“Te l’ho già detto prima, voglio essere chiamato per cognome.” Puntualizzò Baji, squadrandola, per niente felice del nomignolo e della confidenza che lei gli aveva dato fin dalle presentazioni. E il fatto che invece di rispondergli deviò il discorso, non aiutava certo a farla entrare nelle sue simpatie!
“Perché non proviamo quel nuovo gioco per la PS? A scuola ho sentito che i combattimenti sono fighissimi!”
Draken ridacchiò. “Però voglio essere il tuo primo avversario!”
“Se mi prometti di sopportare la sconfitta, ci sto!” E gli fece l’occhiolino.
Mikey s’intromise facendo capolino fra loro: “E dopo che avrà perso posso sfidarti io?”
“Ehi, perché siete così sicuri che sarò io a perdere???” Sbottò Draken, sentendosi punto nell’orgoglio, ma comunque ottenendo solo delle risate come risposta.
Baji era in disparte dal gruppo, per sua stessa volontà. Aveva capito che i due gemelli avevano già creato un legame e la loro complicità faceva da muro verso chi gli stava attorno. In realtà gli era già successo in passato, quando Mikey aveva incontrato Draken e lui si era ritrovato ad essere l’ultima ruota del carro, mentre loro se la spassavano per ogni minima cosa. Forse a dagli più fastidio era l’invadenza con cui Mikey ci provava con Kan? Glielo aveva confidato apertamente qualche giorno prima.  Aveva tentato di spiegargli che l’averle parlato un’unica volta ed essere stato a contatto coi suoi seni, non era abbastanza per parlare di una cosa seria come l’amore….ma figurarsi se quello gli aveva dato retta! E infatti eccolo lì a sbavare dietro la sua gonnellina a balze come un cagnolino… Patetico. Ancora non capiva perché Mikey aveva coinvolto anche lui in quell’uscita, se non aveva intenzione di filarselo di striscio. Nessuno dei tre lo stava facendo, comunque. Si limitò a seguirli in negozio, a seguire passivamente la partita tra i gemelli, la sconfitta di Draken e il successivo scontro tra Mikey e Kan. Almeno quello fu abbastanza interessante.
Mikey si entusiasmò non poco ad affrontare una valida avversaria quale lei si era rivelata. Sentiva il sangue scorrergli più caldo nelle vene quando lei schivava i suoi colpi e il cuore gli palpitava quando lei lo colpiva con astuzia. Era forte per essere una ragazza! Gli venne spontaneo chiedersi se anche nel combattimento corpo a corpo fosse così… Kan e Draken condividevano gli stessi geni, sarebbe stato fantastico se anche lei fosse appassionata di combattimento e avesse abilità! Era così preso da questi splendidi pensieri che dimenticò di schivare un potente calcio aereo che gli azzerò la vita. Game over!
Draken rimase a bocca aperta. “Hai sconfitto perfino Mikey!! Grande la mia sorellina!” Le diede il cinque e la sollevò in braccio mentre lei se la rideva contenta per la vittoria. Nel mentre, Mikey sputò lo stecchino in un cestino dei rifiuti, quindi si avvicinò a loro accennando un sorriso compiaciuto. “Sei l’unica al mondo da cui sono felice di essere sconfitto!”
Le guancie già arrossate per l’emozione di lei, divennero ancora più rosse a tale complimento e si ritrovò a nascondere il viso sulla spalla del fratello. Un punto per Mikey!
La seconda tappa di quel giorno fu una nota libreria multipiano che ospitava una vasta collezione di manga. E anche lì Mikey non tardò a trovare l’occasione per fare una mossa.
“Io vado un attimo in bagno!” Li informò Draken, correndo subito via. Ottimo.
Mentre Kan si era avvicinata ad uno scaffale di shojo romantici per vedere alcune copertine, Mikey le si avvicinò e parlò con in bocca il secondo lecca-lecca della mattina.
“Senti, a te piacciono le fragole?”
Lei rispose senza guardarlo, ma comunque sorridente con in mano un nuovo manga. “Sì! Mi piacciono tutte le cose dolci, credo!”
“Vuoi assaggiare?”
Finalmente lei gli rivolse lo sguardo e notò che lui indicava lo stecchino di quello che aveva in bocca. E fraintese. “Vuoi dire che ne hai un altro in tasca? Grazie, sei così gentile!”
Lui scosse il capo e si tolse il lecca-lecca dalla bocca, per poi porgerglielo. “Tieni.”
“Ehm…eh?” Momento di panico. Davvero voleva che assaggiasse QUELLO? Lo aveva in bocca lui fino a un attimo prima! Ma che accidenti…? E continuava a fissarla senza battere ciglio, con una sicurezza disarmante! E scema lei ad assecondarlo! Cioè…perché stava alzando la mano? Nel prendere lo stecchino le dita sfiorarono quelle di lui, dandole una leggera scossa. Ecco, aveva accettato, e adesso? Doveva…veramente farlo? Si sorprese di se stessa nell’aprire la bocca, il cuore che le batteva fortissimo man mano che la sfera colorata di rosa si avvicinava e poi….plop! Era fatta, era nella sua bocca!!! In pratica stava facendo uno scambio di saliva con Mikey!!! Era…era a tutti gli effetti un bacio indiretto! E lui adesso stava pure sorridendo!!!
Nessuna sorpresa che di lì a poco Draken tornò e la trovò con la faccia color ciliegia!
“Che succede?” Lo sguardo che continuava a muoversi dall’uno all’altra, senza che nessuno di loro rispondesse.
Baji guardava la scena da due metri di distanza, con aria truce. “Davvero patetico.” Pensò, per poi prendere in mano un manga a caso, giusto per avere la scusa di estraniarsi da quella ridicola situazione.
Di lì a poco se ne andò, dicendo di avere altro da fare.



Continua nel Capitolo 2: [Not Planned] 
  
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