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Autore: Cathy Earnshaw    12/10/2022    0 recensioni
Sequel della Cascata del Potere, è la storia che credevo non avrei mai scritto. Dieci anni dopo la fine dell'ultima, disastrosa, guerra, la vita e il commercio nella Terra dei Tuoni sono faticosamente ripartiti. Ma all'improvviso un cataclisma si abbatte sulle città e gli elementi sembrano andare fuori controllo. I popoli sono di nuovo costretti ad allearsi per ripristinare ordine e armonia. Per ripristinare il Cosmos.
Genere: Avventura, Fantasy, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Di guerre e cascate - La Terra dei Tuoni'
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Un rompicapo montato male
 
 
Nella sala del consiglio si discuteva ormai da un po’ e Liam aveva perso interesse per il problema. Se c’era una cosa che aveva imparato durante la guerra, era che la pianificazione accurata era spesso una perdita di tempo, soprattutto se non si conosceva il proprio avversario. E decisamente loro non lo conoscevano. “Facciamo ridere i polli” gongolò la vocina acida nella sua testa. Il problema era semplice: se davvero c’era una vestale, o qualcosa di simile, e si trovava al centro della terra, nessuno sapeva come arrivarci. Nessuno sapeva se il centro della terra fosse inteso in senso materiale o se fosse metaforico. Nessuno sapeva se servisse un incantesimo per trovarlo o se si trattasse di un luogo fisico. Stavano parlando di aria fritta da troppo tempo, ormai, e lui si era stancato. 
Incrociò lo sguardo di Rowena, che sembrava sconfortata almeno quanto lui era annoiato. Gli fece un po’ di compassione. Se la ricordava bene quando, dieci anni prima, totalmente ignara di essere l’erede al trono di Lumia, smaniava per trasferirsi dal Governatorato di Bosco Lossar alla capitale. Chissà che vita avvincente si aspettava di vivere, là… decise che ne aveva avuto abbastanza. Alzò la mano e tutti si interruppero, sorpresi.
«Oh, Liam, allora sei sveglio!» esclamò Chloé con una punta di sarcasmo.
Liam la ignorò con esperta disinvoltura.
«Trattandosi di cosucce riguardanti le beneamate divinità» esordì, suscitando la reazione risentita di più di un delegato «non varrebbe la pena di domandarsi se questo fantomatico “centro” non indichi piuttosto un luogo mistico? Me lo immagino come un tempio antico, o una cosa del genere…»
Rowena si mordicchiò un’unghia e si rivolse a Frunn, sempre seduto alla sua destra.
«Ti risulta possibile? Esiste un luogo così?»
Mentre l’elfo rifletteva assestandosi gli occhiali dalla montatura sottile, Liam non riuscì ad evitare di domandarsi ancora una volta – la centesima – a cosa gli servissero. Prima o poi gliel’avrebbe chiesto se davvero avesse problemi di vista o se si trattasse solo di una scelta stilistica.
«Più di uno, a dire il vero, e l’osservazione di Liam dell’Acqua è sensata» disse con aria assorta. «Ogni elemento ha un suo tempio di riferimento per il culto, solitamente il più antico del campionario, ma qui si parla di una vestale, non di qualcosa che ha a che fare con uno degli elementi. Il posto più logico sarebbe il canyon della Cascata ma abbiamo già appurato che non è rimasto nulla, là. Non so se esista un altro luogo che si possa collegare in egual misura a tutta la magia.»
Mentre gli occhiali scivolavano di nuovo sulla punta del naso, il suo sguardo si fece ancor più vacuo.
«Tranne forse…» esitò.
Tutti trattennero il respiro, Liam incluso, ma Frunn sembrava perso nel suo archivio interiore.
«Frunn?» lo incalzò Rowena.
L’elfo la rimise a fuoco e si rabbuiò.
«Il Tempio di Fato» disse.
«Ma lì ci viveva Selene, io ci sono stato e non c’era nessun’altra creatura strana oltre a lei» obiettò Liam.
«È vero, ma il tempio attuale è stato costruito sulle rovine di un vecchio edificio, un luogo mistico che nessuno di noi ha avuto modo di vedere integro perché è andato distrutto troppi secoli fa. Selene aveva delle doti particolari, vedeva quello che sarebbe accaduto. Non sarebbe possibile immaginare che una forza più antica e potente di lei l’abbia attirata là? Ad Anànvola?»
Liam si prese un momento per rifletterci. Sarebbe stato ben più che ironico, ma in fondo perché non provare? 
«Anànvola non dista più di un paio di giorni di cavallo da qui» disse. «Io un tentativo lo farei.»
Rowena annuì.
«Concordo, nel peggiore dei casi avremo buttato via qualche giorno.»
La sala fu percorsa da un brusio di approvazione, ma Frunn si schiarì la voce, riportando il silenzio. 
«Non amo fare il guastafeste, ma vi consiglio di non prenderla alla leggera. Se è vero quello che abbiamo ipotizzato, cioè che gli effetti del cataclisma siano stati tanto più intensi quanto maggiore l’energia magica del luogo, il rischio è che Anànvola sia in condizioni disastrose. Sarà necessaria prudenza» concluse.
Liam deglutì a vuoto e incrociò lo sguardo di Rowena. Annuirono all’unisono.
 
Rowena accese un’ulteriore candela perché le ombre iniziavano a darle noia. Seduto allo scrittoio, Frunn sfogliava un grosso tomo e sorseggiava una tisana dal profumo pungente.
«Te l’ha attaccata lui questa mania per le tisane?» 
«In verità no, mi sono sempre piaciute. Ma sicuramente la sua esperienza ha ampliato i miei orizzonti» rispose senza staccare gli occhi dalle parole fitte. «Non c’è niente su quel tempio nemmeno qui» concluse.
«Sicuramente nella biblioteca di Lumia qualcosa ci sarà» suggerì l’elfa.
Frunn sospirò e posò la tazza.
«È probabile, ma la ricerca sarebbe stata complicata anche con l’archivio in ordine e i libri al loro posto, ora che sono tutti per terra da sistemare sarebbe troppo anche per me. Senza contare che sono qui, e Horlon probabilmente non saprebbe dove mettere le mani.»
Il suo sguardo si perse e Rowena si sentì un po’ in colpa. Il suo amico non lasciava mai volentieri il Re, era stato suo segretario a lungo, ai tempi della guerra dei draghi, e quando il rapporto professionale si era trasformato in relazione privata aveva dato le dimissioni e si era dedicato alla biblioteca di Lumia e alla storiografia. Non era facile costringerlo a lasciare la città.
«Sei preoccupato per lui?»
Frunn annuì e le lanciò uno sguardo dolente.
«Il pensiero che sia là con Lukas, in un momento in cui quel mago è così instabile, mi manda fuori di testa» mormorò.
«Beh, lo sai, no? È proprio per allontanarti dal pericolo che ti ha mandato a fare la balia a me.»
«Lo so, accidenti! E questo mi fa arrabbiare ancora di più! Ma non me la sono sentita di dirgli di no, anche perché so di poterti essere davvero utile qui…»
Rowena sorrise. Suo padre era una testaccia dura, ma Frunn era quasi peggio.
«Grazie» disse chiudendo il libro e sfilandoglielo da sotto il naso. «Il tuo aiuto è prezioso. Significano davvero molto, per me, tutti gli sforzi che tu e Dodo state facendo per sostenermi.»
Frunn le sorrise di rimando, imbarazzato.
«Ma ti pare? Non è poi questo gran problema fare da segretario a te, quando facevo questo lavoro per tuo padre mi faceva diventare scemo!»
 
Le prime luci dell’alba iniziavano a oltrepassare il fitto bosco che avvolgeva il Reame Eterno e a schiarire il cielo di Lumia quando Horlon si strofinò il viso e bussò alla porta della cella di Lukas dell’Aria. Non chiudeva occhio da giorni, e per quanto non avesse effettivamente bisogno di dormire, iniziava comunque a sentirsi affaticato. La verità era che dormire gli piaceva, gli piaceva sognare e raccontare a Frunn le cose assurde che sognava, per farsi prendere un po’ in giro.
«Avanti.»
Girò la chiave ed entrò. Nella penombra gli occhi argentanti del ragazzo sembravano quelli di un gatto.
«Come stai?» 
Lukas si trascinò in piedi e si strofinò il viso.
«Stanco» biascicò.
«Non hai dormito?» 
«No, non molto. Ho percepito che stava arrivando una crisi, verso mezzanotte, e mi sono raccolto in meditazione, ma i flussi magici intorno a me sembravano impazziti e non sono riuscito a calmare la magia come avrei voluto.»
Horlon annuì gravemente.
«Mi dispiace per tutta questa situazione.»
Lukas si strinse nelle spalle.
«Non è colpa tua. Anzi, grazie di avermi concesso questa cella per isolarmi, non eri obbligato a mettere a rischio la salute dei tuoi sudditi.»
Horlon sospirò e si sedette ad un capo del tavolo.
«Io non credo che la metteremo a rischio. E comunque è bello sapere di poter essere utile a qualcuno. Non c’è molto che un elfo possa fare quando c’è di mezzo la magia…»
«Non sei uno di quei re capaci di starsene con le mani in mano, vero?»
Horlon gli sorrise.
«Neanche un po’.»
 
Come l’onnisciente Frunn aveva predetto, il viaggio verso Anànvola non si stava rivelando né semplice né piacevole. Le strade erano deserte e via via sempre più dissestate, e dall’aspetto che avevano sembravano inutilizzate da anni. La vegetazione si stava mangiando la pista, il vento era feroce e incostante, tanto che a tratti era difficile parlarsi. I cavalli erano nervosi e ad ogni variazione dei flussi magici si imbizzarrivano. Ophelia era nervosa quasi quanto loro, anche se cercava di non darlo a vedere, ma Liam ormai la conosceva abbastanza bene, e anche Alec la teneva d’occhio. Quest’ultimo era stranamente silenzioso, in compenso Elizabeth continuava a borbottare come una pentola di fagioli. Aver dormito poco e male non aveva migliorato il morale.
«Siete mai stati ad Anànvola?» domandò Liam quando ciò che restava della città comparve alla fine all’orizzonte. 
«Io no» risponde Elizabeth.
Ophelia ed Alec si scambiarono un’occhiata.
«Noi sì, una vita fa, mentre inseguivamo Lukas dell’Aria» rispose la maga.
Ophelia non parlava spesso di quel periodo con Liam, che aveva militato per buona parte del conflitto nella fazione opposta. Il mago supponeva che la cosa la mettesse a disagio, e comunque era probabile che la guerra non fosse un bel ricordo, vissuta da adolescente. E una parte di lui sperava anche che provasse un po’ di vergogna per aver collaborato alla cattura di un bambino, Lukas appunto, che già allora era il più potente mago in circolazione.
«Com’era?» domandò Elizabeth.
«La classica città del nord» rispose Liam. «Tetti a spiovere, case non intonacate, niente di particolare. La peculiarità del luogo era il turismo spirituale, la gente veniva qui da ogni parte della Terra dei Tuoni per chiedere udienza alla Veggente» esitò. «Anch’io l’ho fatto, una volta.»
Si sentì lo sguardo di tutti addosso, ma fu Alec del Fuoco a parlare.
«Lei, invece?»
«Era affascinante e inquietante al tempo stesso. Aveva l’aspetto di una ragazzina dai lunghi capelli d’argento e gli occhi azzurri. Sembrava tanto sola tra quelle pareti così spesse a dividerla dal mondo. Non avrei mai pensato che potesse finire per fare una cosa del genere…»
«Lei non ha combattuto a Cyanor, vero?» domandò di nuovo Elizabeth, che all’epoca dei fatti aveva sette anni e della guerra ricordava poco.
«Non ha combattuto» confermò Ophelia. «Chissà perché.»
«Da che ricordi, non ha mai preso parte ai giochi politici» intervenne Alec. «Lei se ne stava lì, confinata, in compagnia delle sue visioni.»
«A giudicare da quanto è stata pronta a manipolare la mia memoria perché ricordassi il suo oracolo solo al momento opportuno, verrebbe da domandarsi quanta gente abbia subito il lavaggio del cervello da parte sua. Io al posto suo l’avrei sperimentato anche su scala maggiore» disse Liam.
Alec si grattò la testa.
«Interessante teoria. Vorrebbe dire che potremmo essere stati tutti manipolati, in qualche misura? Ma, se così fosse, ora che è morta l’incantesimo non dovrebbe svanire?»
«Dipende dall’intensità dell’incantesimo, suppongo, e dal quantitativo di magia utilizzata. Un potere come il suo potrebbe richiedere più tempo per consumarsi. Pensa alle stanze segrete nel palazzo di Storr, a Cyanor.»
«Sì, in effetti ha senso.»
Liam quasi cadde da cavallo. Alec che gli dava ragione era quasi più sconvolgente di tutto il resto. Il loro rapporto non era mai stato semplice. Prima della guerra avevano già avuto qualche battibecco, e poi si erano trovati su due fronti opposti, e per di più in quel periodo Liam aveva avuto una breve relazione con sua moglie. Insomma, non era stato bello ritrovarsi poi a dover condividere un posto nell’Aureo Consiglio – pernacchia – dove peraltro era presente anche la citata moglie, Amina.
Amina il giorno prima non si era presentata e lui si era preoccupato che potesse aver subito gli effetti del Cataclisma, ma non aveva osato chiedere ad Alec se fosse tutto a posto. Per fortuna, poi, la domanda era stata espressa da Chloé, così aveva scoperto che aveva deciso di fermarsi a Madian per prestare soccorso alla gente che ancora non si era ristabilita. Sperava comunque di vederla al loro rientro.
Avevano nel frattempo raggiunto la cinta muraria, o ciò che ne restava. Sembrava essere nevicato di recente, completamente fuori stagione.
«Bene, fin qui ci siamo arrivati, alla faccia di Frunn» commentò.
Alec ghignò.
«Quell’elfo porta male, ve lo dico io.»
Le mura della città erano crollate in vari punti, ma fu solo varcandole che Liam si rese conto appieno della tragedia che quella gente stava vivendo. Gli edifici erano in buona parte danneggiati o distrutti, lungo le strade c’erano molte persone con carretti carichi di cose, che si preparavano ad abbandonare tutto il possibile.
«Se ne vanno?» mormorò Ophelia.
«Non hanno più una casa e l’autunno è vicino. Cos’altro potrebbero fare?» domandò Alec. «Senza gli stregoni e con tutti i problemi che gli elementi ci stanno creando, non riusciremmo mai ad aiutarli.»
La maga annuì a malincuore, e Liam capiva la sua costernazione. Lui viaggiava molto e da molto tempo, e amava farlo, ma proprio perché le sue radici erano ben salde in un posto, e quel posto era Pothien.
«Liam, dove si trova il Tempio?» domandò Elizabeth.
«Direi più “dove si trovava”» rispose.
Delle guglie del Tempio del Fato non era rimasta nemmeno l’ombra. 
«Per di qua» disse, imboccando la via principale.
Non era interamente crollato, in realtà. Solo le quattro guglie avevano ceduto alla scossa ed erano collassate sulla struttura sottostante che, nonostante il danno forse irrimediabile, era ancora in piedi.
«Se siete qui per vedere la Veggente non la troverete. È scomparsa.»
I maghi si volsero. Un sacerdote vestito di grigio chiaro stava in piedi alle loro spalle con una pila di libri tra le mani.
«No, padre, non cerchiamo lei. Vorremmo entrare nel Tempio, però» rispose Alec.
Il viso del sacerdote fu attraversato da uno spasmo.
«Non posso impedirvelo, siete maghi, dopotutto» disse chinando lo sguardo. «Dopo tanti anni qui so riconoscere la magia quando la vedo» aggiunse in risposta alle occhiate scettiche delle più giovani. «Però sappiate che il Tempio del Fato non è più il Tempio del Fato.»
«In che senso?» domandò Alec.
«Non sono capace di spiegarvelo a parole, dovrete vederlo con i vostri occhi. Fare attenzione, entrare là è come entrare in un mondo diverso…» lanciò uno sguardo spaventato all’edificio e si allontanò.
«Perfetto, un’altra rogna!» esclamò Alec.
«Si dice “opportunità”» mormorò Liam.
«Opportunità un paio di p-»
«Vacci piano, Alec» lo interruppe Ophelia. «Liam stava solo sdrammatizzando, e insultandolo le cose non andranno meglio.»
Liam sogghignò.
«Rimesso al tuo posto da una ragazzina» lo schernì con un gestaccio.
Alec fece per ribattere, ma intervenne nuovamente Ophelia.
«E stai buono anche tu, Liam. Prima di tutto, io ho la tua età quando avevi la mia età, e in secondo luogo se non vi sforzate di essere almeno sopportabili scriverò a Re Horlon e gli dirò che siete due capre!»
Alec si rabbuiò e anche Liam mise il broncio. Nessuno dei due aveva voglia di fare figuracce con il Re degli elfi, e lui avrebbe evitato volentieri anche la ramanzina di Rowena.
«Bene, quindi che si fa?» domandò Elizabeth.
«Io direi che si va dentro. Se il Tempio del Fato non è più il Tempio del Fato, forse adesso è quello che cerchiamo noi» rispose Liam.
Gli altri annuirono.
Lasciarono i cavalli alla stazione di posta e si avvicinarono con circospezione al portone di ingresso.
«Siete pronti?» mormorò Ophelia sbirciando attraverso la fessura.
Liam deglutì a vuoto e le fece segno di lasciarlo entrare per primo. Non si sarebbe perdonato se fosse successo qualcosa alle due ragazzine in quel frangente. Trattenne il respiro e varcò la soglia. 
Per un momento gli sembrò che nulla fosse fuori posto, poi vacillò. Il terreno sotto i suoi piedi vibrava, i flussi magici intorno a lui si attorcigliavano su sé stessi facendogli vedere le vertigini. Si piegò su sé stesso, cercando di posare i palmi sul pavimento, ma anche questo semplice gesto gli costò uno sforzo estremo. Sentì Alec imprecare a denti stretti dietro di lui, seguito a ruota da Elizabeth e da Ophelia, e mentre ancora cercava di ritrovare la stabilità la sua attenzione fu catturata dal rumore sordo di un tonfo.
Si volse di scatto. Ophelia giaceva immobile al suolo.
 
«Sire, posso disturbarvi? Sono arrivati due messaggi per voi.»
Horlon balzò in piedi e corse incontro ad Arkel, il suo segretario.
«Grazie mille, li aspettavo. Per favore, avvisa la Gilda dei Mercanti che tarderò qualche minuto.»
«Sì, Signore.»
Horlon attese che Arkel si ritirasse per rimuovere il sigillo del primo messaggio, quello di Frunn.
 
“Horlon,
i maghi sono ad Anànvola per cercare risposte al Tempio del Fato. A Natìm la situazione è sotto controllo, ma non possiamo essere di grande aiuto. Rowena sta aggiornando Oliandro a Bosco Lossar e intende insistere perché gli Unicorni contribuiscano con le loro conoscenze, non intende accettare il loro diniego, e io sono d’accordo con lei. 
Se tu dovessi aver bisogno di aiuto per Lukas dell’Aria non esitare a chiedere, i maghi che hanno risposto all’appello, lo sai, non sono molti, ma qui sono comunque inutili. Non appena avremo notizie da Liam dell’Acqua ti aggiorneremo. Fino ad allora, ti prego, fai attenzione!
Tuo,
Frunn.”
 
Horlon fece scorrere lo sguardo sulla grafia inclinata e precisa di Frunn e sospirò. Chissà quanto doveva essergli costato non insultarlo per iscritto per averlo spedito via con Rowena. 
Prese l’altra lettera e se la rigirò tra le mani. Nella ceralacca era intrappolata una piuma scura.
 
“Nel sud c’è troppo silenzio. Il Monte Alba non è oscurato da alcuna ombra. Mi spingo più avanti.”
 
L’elfo prense tre respiri profondi, cercando di normalizzare il battito cardiaco. Meowin, la punta di diamante dei suoi servizi segreti, l’ombra del Reame Eterno, la spia nota come “Falco” tra i nobili del Gran Consiglio di Lumia, si trovava nel territorio dei draghi. Stava battendo la Terra dei Tuoni in largo e in lungo per mappare la situazione, che si faceva più inquietante rapporto dopo rapporto. Era dura restarsene lì ad aspettare, con le persone che Horlon amava di più lontane miglia dalla sua protezione, ma non c’era nessuna alternativa.
 
Quando Ophelia riprese conoscenza, Liam ricominciò a respirare.
«Oh, Dei, Lia! Che spavento! Come ti senti?» domandò l’altra maga.
Ophelia si portò una mano alla testa e imprecò.
«Che divinità si bestemmia in questo Tempio?» sbottò.
Liam sorrise. Stava decisamente meglio.
«Cosa ti è successo?» intervenne Alec.
La maga si trasse a sedere e si guardò intorno, confusa.
«Non lo so, mi è mancata la terra sotto i piedi e sono caduta. Mi aiutate, per favore?»
Liam la rimise in piedi e si guardò finalmente intorno. Il senso di vertigine perdurava, ma iniziava a farci l’abitudine. Quello che vide, però, non gli piacque.
«D’accordo, questo decisamente non è il Tempio del Fato!» esclamò.
Aveva la percezione di trovarsi in mezzo a tanti specchi rotti che riflettevano cose diverse. In alcuni spicchi poteva riconoscere il tempio che aveva visitato dieci anni prima, ma in altri si vedevano cose che non potevano assolutamente trovarsi lì. Vedeva vecchi palazzi mischiati con alberi, con distese d’acqua e con montagne che vomitavano fiamme e fuoco. C’erano deserti, e piazze gremite di gente. Sentì la mano di Ophelia cercare la sua e la strinse.
«Niente paura» disse. «Sì, è strano; sì, è inquietante; sì, sto ancora sperando di svegliarmi maledicendo i peperoni e la digestione lenta. Ma siamo qui e dobbiamo andare.»
«Liam, lo sai che non mi piace contraddirti, ma questo tempio è un rompicapo montato male… tanti rompicapo montati male e mescolati tra loro» disse Elizabeth.
Seppur concordando mentalmente, il mago si volse verso Alec.
«Tu senti qualcosa di particolare? Qualche attrazione istintiva?»
Alec si concentrò.
«L’elfo ha parlato di un edificio antico, di un sacerdote al centro della terra. So che vomiteremo tutti, ma credo che dovremmo cercare di focalizzare questi luoghi uno ad uno per capire se ce n’è uno che potrebbe avere un collegamento con questa descrizione.»
Liam annuì.
«D’accordo, proviamo. Voi cosa vedete?»
«Piante» disse Elizabeth.
«Vulcani» aggiunse Alec.
«Persone» Ophelia.
«Oceani» scelse Liam.
Iniziarono a elencare scorci: case, monti, paesaggi innevati, il Tempio dell’Acqua di Eremo, Lumia, la Città dei Morti, la valle Satkita, il Tempio del Fuoco di Torat, il Canyon, il fiume Morgael, un drago…
«Fermi, ce l’ho!» esclamò Elizabeth.
La ragazza fece un passo verso un’immagine che Liam non riusciva a mettere a fuoco, con i grandi occhi azzurri sgranati su qualcosa che solo lei riusciva a definire.
«Liz, noi non vediamo quello che stai vedendo tu…» mormorò Ophelia.
«Non importa, prendete la mia mano.»
Gli altri si guardarono e afferrarono un dito ciascuno della sua mano sinistra.
«Bene, ora state pronti perché non so cosa succederà» disse, prima di tendere la mano libera verso il frammento del luogo che aveva scelto.
 
   
 
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