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Autore: mortifero    12/10/2022    1 recensioni
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«Morty vorrebbe capire suo nonno, abbastanza da non farsi mille domande ogni volta. O capirlo del tutto, così almeno non avrà mai più brutte sorprese, non si farà più del male, perché avrà già prevenuto la pugnalata alle spalle.»
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Morty Smith, Rick Sanchez
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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Parte III


Prima che suo nonno entrasse nella sua vita, Morty si è sempre dipinto come una brava persona. Ha ritratto così anche la sua famiglia. Forse un po' fredda, un po' soffocante per certi aspetti, ma buona. È sempre stato il suo unico modello e punto di riferimento, tanto da trovare strane quelle famiglie dai mille sorrisi nelle pubblicità, accompagnate da un altrettanto bizzarro senso di attorcigliamento allo stomaco che ha sempre cercato di ignorare: invidia.

Come poter curare questa sensazione? Come tacere dell'aggressività sempre più nascente che lo turba? Perché gli altri sì e io no? L'ammissione rabbiosa di chi è stato negato, di privazione, di sconfitta. Come può occultare tutto ciò? Con la cecità.

Ha vissuto (cercato di vivere) in un mondo dove ogni spigolo può essere smussato, dove ogni difetto è capace di mutare in pregio, ogni falsità è verità. Il vero è mascherato, cosicché possa diventare buono. E tutto può essere assemblato in un'unica armonia artificiosa.

Tutto è cambiato con l'arrivo di Rick.

È lì che i concetti di male e bene hanno cominciato a prendere delle pieghe diverse, a diventare così variabili, relativi. Il perseguimento di un obiettivo che Morty considerava buono lasciava nella sua scia una miriade di pessime azioni. Nietzsche a colazione, pillole di Feuerbach a pranzo, un po 'di Sartre a cena. Pezzo dopo pezzo, la realtà è cominciata a cambiare. E il mondo di Morty non è più stato lo stesso, in un universo dove niente conta davvero, tranne se riguarda Rick, e il tutto ricomincia a diventare importante.

Rick è stato luce. Ha aperto i suoi occhi e gli ha finalmente permesso di piangere, odiare se stesso e la vita che lo circonda.

Non è mai stato cinico come il nonno, cercando sempre di trovare il positivo in tutto, l'importanza in tutto, ma a volte è difficile anche per lui. Ha fin troppe domande nella testa. Soffocanti perché? lo inchiodano nel cuore della notte. Scenari immaginari lo distaccano dalla realtà ogni giorno, e ci vuole sempre uno stimolo sempre maggiore per farlo ritornare con i piedi per terra. Il tonfo di un telefono nascosto che cade, il brusio dei suoi compagni di università che si alzano per cambiare aula. Morty si ritrova ad osservare il mondo reale e a trovarlo insoddisfacente contro il potere del ricordo e dell’immaginazione. Rick entra all’improvviso e lo salva, lo porta con sé nello spazio, gli farà rischiare la vita così non avrà troppo tempo per pensare a come tutto sta andando. Non succede niente, nessuno lo nota. Morty sa che se fosse rimasto a casa, qualcuno avrebbe sempre posato il suo sguardo su di lui. E le domande, le ipotesi, ricominciano.

Non sarebbe la prima volta in cui Morty non sa che pesci pigliare. Molla la lenza, e il bottino lo lascerà sempre in dubbio. Buono? Cattivo? C'è differenza?

Perché la sua famiglia è così buona e cattiva allo stesso tempo? Rick? Perché anche lui è così? E Morty può definire ancora se stesso come buono?

È umano. La sua famiglia è composta da esseri umani. Rick, nonostante lo neghi, è umano anche lui.

Un sillogismo di base non sembra chiudere tutte le domande, ma è rassicurante come qualche parola gentile dopo una figuraccia. Morty sa che non è tutto apposto, ma per il momento può andare bene così.

Nessuno ha mai detto che essere umani è facile.

E questo lo riporta a considerare le proprie azioni. Tiene sempre a mente la dinamicità del pensiero umano, dell'incognita delle emozioni.

Perché quel “grazie”? Una risposta peggiore era impossibile che esistesse. Morty l’ha saputo nel momento esatto che quelle sillabe sono uscite dalla sua bocca e il suono si è propagato nell’aria. Lo sa anche adesso con Rick davanti a sé, furente e umiliato, perché il moro non ne combina mai una giusta. Sbaglia sempre. Non esiste situazione in cui non è in errore. 

Ha voluto davvero difendere Rick da sé stesso? O proteggersi dal disgusto che suo nonno avrebbe provato nei suoi confronti? Perché non si è rilassato quando Rick gli ha confessato gli stessi sentimenti che pure lui prova? Paura poteva corrispondere a una piccola percentuale di tutte le ragioni. Se Rick avesse saputo che anche Morty lo amava, lo avrebbe lasciato partire così facilmente per il college? E Rick cos'altro sarebbe stato capace di fargli, con quell'informazione in suo possesso?

Suo nonno non metteva mai in mezzo i sentimenti, a meno che non potessero diventare strumenti in suo possesso verso un determinato fine. Morty lo conosce fin troppo bene. Ha congelato per anni la figura di Rick come divina o bastarda. L'ha resa immutabile nella sua mente, incapace di cambiare per propria volontà, e quando suo nonno è diventato umano e sensibile, il moro si è sentito tradito da ciò, da Rick, dal suo stesso pensiero che ha fatto i conti con la realtà.

Rick così aperto, vulnerabile, è sembrato una bugia. Una pessima presa in giro. Perché se è arrivato a pronunciare quelle parole, significa che ha sempre potuto dirle, ma ha taciuto finché non fosse arrivato il momento più propizio, dove il vantaggio sarebbe stato maggiore. Morty non riesce a negare che dopo quel "ti amo" il suo istinto sia stato quello di mollare tutto e cambiare vita: in qualche pianeta lontano, solo loro due, tra mille avventure e, chissà, se deve essere smielato e sognatore, si immagina appuntamenti galanti in quei resort di lusso che solo Rick può permettersi, parole sussurrate solo per lui mentre i cieli diventano blu, poi, magenta, poi viola, in una sinfonia di colori suggestiva e dolce.

Abbandonare il proprio futuro, la propria vita, solo per Rick. Ecco che cosa suo nonno avrebbe voluto - cosa avrebbero voluto entrambi, ma Morty non ha ceduto. Perché ha riconosciuto il gioco, gli schemi che hanno portato Rick a dire quelle parole, i possibili risultati. Perché è arrabbiato con suo nonno e capisce che se non riesce a staccarsi da lui, allora deve farlo, il prima possibile. L’attaccamento ansioso dipendente deve pur trovare una fine, giustifica se stesso. Allora perché si sente un mostro? Ha solo saziato un suo bisogno.

O no? Morty non lo sa più. Con Rick intorno, non sa più nulla.

Il bisogno istintivo di cancellare quella dinamica scomposta e impari che ha sempre relegato il moro al ruolo di secondo al comando - ma quando è mai stato al comando?

Perché?

La risposta non tarda ad arrivare. Avidità. Incubo che sembra diventare realtà. Morty sta diventando proprio come suo nonno.

Morty si è ritrovato ad essere improvvisamente affamato di potere, come se non ne avesse mai assaggiato un pezzetto in vita sua, e in quel momento davanti gli si era presentato un banchetto. Morty si è ritrovato a volere tante cose da Rick. Primis, la libertà che gli ha ceduto in cambio della sua presenza nella sua vita. Poi il suo amore, poter strappargli il potere dalle mani, distruggergli il cuore e calpestarlo, come mille volte quello del moro è stato fatto a brandelli. Poteva davvero essere incolpato? L’amore lo aveva fatto impazzire, lo aveva trascinato negli angoli più bui della propria psiche, schiacciato come fosse gommapiuma tra le sue mani, e Morty è stato così coinvolto da non riuscire a pensare ad altro che fosse Rick. E ha voluto uscirne, respirare aria vera, solo per un po’.

Un infimo gioco di cuori e potere.

Morty è stato cattivo. O meglio, egoista e avido. Ama Rick, ma ama di più se stesso, nonostante nella propria persona non riesca a vedere altro che difetti. Questo non significa che il suo amore per Rick sia direttamente proporzionale alla circonferenza di una briciola. Niente affatto.

Magari.

Autodifesa, la chiamerebbero alcuni. Istinto di sopravvivenza, potrebbero avverarsi altri. Qualunque cosa sia, a suo nonno non è piaciuta. Forse è per questo che Rick gli ha fatto il trattamento del silenzio per tutti questi mesi, e Morty capisce che non è del tutto immeritato. Il piccolo stronzetto del nonno, ecco chi è. Nessuno pare essere immune alla cattiveria.

È colpa di Rick, se è così. È colpa di Morty, se è diventato importante nella vita di suo nonno.

Morty si chiede se sia stato l'unico a ritrovarsi ad osservare, quasi con attenzione ossessiva, lo schermo del telefono, chiedendosi se chiamare, o non chiamare affatto. Chiedendosi se l'altro avrebbe mai fatto il primo passo. Che anche Rick si sia ritrovato ad aspettare il suono di qualche notifica, cinque lettere sopra la scritta "ti sta chiamando"?

Perché ha smesso di bere? Perché adesso si è presentato alla sua porta per delle coordinate? Quali coordinate? A che gli servono? Non poteva farlo da solo, e risparmiare a Morty questo supplizio? Perché ora Morty è costretto ad affrontare questo fantasma dei suoi vecchi Natali? L'ennesimo ricordo che nella sua vita quel vuoto può essere colmato solo da una persona? A ricordargli che gli era mancato?

Rick, Rick, Rick. Quanto ama quelle quattro lettere! Quanto è bello farle uscire dalla propria bocca! Che sia con rabbia, tristezza, o entusiasmo, non importa. Basta dirlo. E quante notti in solitaria passate a gemere quel nome e piangere! Morty ora ha voglia di strapparsi il cuore dal petto, intossicato dalle emozioni che prova. Si odia così tanto.

Cosa sono cinque minuti di potere in confronto a cinque mesi d'inferno? Morty si sente uno schifo.

Ma c'è qualcosa, nelle parole di Rick, che lo riscuote dai suoi pensieri, facendolo andare a sbattere contro un nuovo aspetto della realtà. «Ero ubriaco, scemo!».

Lo sguardo di Morty si spalanca, ingrandisce i suoi bei occhi da cervo, e proprio come tale sembra che stia guardando i fari di un auto pronto a investirlo. Catturato dallo scontro improvviso, sente il suo petto fargli male a ogni respiro.

Che Rick, per tutto quel tempo, stesse solo delirando ubriaco, ingigantendo le cose, come ha sempre fatto?

Una lacrima scende solitaria sulla sua guancia. Qualcosa in lui si è appena rotto.

Morty dovrebbe imparare a capire quando Rick mente, quando bluffa, ma sa anche che tende troppo a illudersi, ad idealizzare le persone, e ogni tanto deve ritornare alla realtà, anche se in cuor suo appare assurda. I suoi occhi si fanno molli. «Quindi non era stato niente per te?». Singhiozza, e l’odio per se stesso aumenta ancor di più. L’unica cosa per cui è grato è l’assenza di luce, così non può essere visto piangere, ma Rick lo sa sempre quando sta male, come se avesse un radar impiantato nel suo cervello, e forse c’è l’ha davvero. Forse è solo empatia, ma ne dubita. Morty è grato di non poter far contatto visivo con Rick, perché quei suoi occhi chiari pieni di disappunto lo farebbero morire sul posto.

Rick non risponde, e Morty può sentire ogni parte del proprio viso crollare a pezzi, distruggersi per rivelare nel suo sottosuolo un'enorme distesa d'acqua. «Tutti i mesi a credere che potessimo… sperare… a te non frega un cazzo di me, vero?», l'ultima domanda è un sussurro, una debole rassegnazione che non ha smesso del tutto di essere affamata di speranza. Non ha fatto altro che fantasticare l’impossibile, vero?

Rick non si degna di proferir parola, si volta e basta, con l'intenzione di andarsene. Morty si sente consumare da quella che presagisce come una conferma, la realizzazione che magari la verità è sempre stata davanti ai suoi occhi, "Ai Rick non importa nulla dei Morty", e che lui, il solito cretino, avesse sperato che il suo, che non è proprio suo ma è come se lo fosse, (è suo, se lo ripete sempre) sarebbe stato capace di essere diverso.

«Rick, per favore!», implora, non riuscendo ad alzarsi a terra. Un ginocchio gli fa veramente male, non è sicuro di rimanere in equilibrio. «Nonno Rick!», urla e si dispera. L'emozione non può essere vista attraverso lo sguardo, ma è potente nella sua voce. C'è un bisogno viscerale che non può essere ignorato, un grido d'aiuto per ritrovare se stesso, che non può e non riesce a esistere da solo. Morty si sente come quando aveva quattordici anni — si sente ancora succube, ma sembra che nella sua vita i fili siano stati intessuti e intrecciati in maniera che, non importa quale avvenimento accada, ha bisogno di Rick, sempre e comunque.

Una leggenda in Giappone parla di un filo rosso, un filo del destino, e gli indiani parlano di Anahata, il chakra del cuore, della tranquillità. Morty sa di essere destinato a inciampare nel suo stesso filo del destino, la cui prima estremità parte dal proprio quarto chakra, e finisce con Rick, che ha irrimediabilmente controllo sul centro del perdono del ragazzo; è il suo prana, la sua essenza, incarnata e alienata.

Non potrà mai dirgli veramente addio.

Rick odia la disperazione, la disprezza con tutto se stesso; ha impossessato per anni il suo corpo e l'ha reso debole oltre ogni limite.

Ma ama Morty, e per lui ogni tanto chiude un occhio.

Non si volta verso suo nipote, ma si ferma. E le lacrime del moro pian piano diluiscono, perché tanto gli basta come consolazione.

«Se pensi di poter prendermi per il culo - ».

«Morirei piuttosto». La risposta di Morty è secca, sincera, sanguigna.

«Cazzo, capisci perché non può funzionare?». Il vecchio spalanca le braccia, esasperato, e stringe le dita, come a voler soffocare l'aria. Come se volesse strozzare Morty, ma non può. C'è stato un periodo in cui ha voluto farlo, un periodo in cui l'ha odiato — lui, il nipote di quel Rick, il suo peggior nemico. Ha odiato tutta la famiglia di quel Rick, e l'avrebbe uccisa, solo per ricevere un segno, il minimo cedimento di quell'aurea indifferente, ma niente. L'altro Rick non prova emozioni, e lui ne sente fin troppe.

Soprattutto per Morty.

Sta provando a fare l’azione giusta, ma Morty, il classico stupido, vuole rendergli le cose difficili. Si sta trattenendo, lo fa davvero, ed è nervoso perché sente brulicare dentro di sé la voglia di possedere Morty in ogni maniera immaginabile, nell'opzione più contorta e sadica, ma non può. Ha deciso di essere una persona migliore. Gli fa schifo e riderebbe di sé, perché ironia della sorte è proprio Morty il motivo per cui fa tutto ciò. Sì, Morty, insieme a un certo ritrovato spirito di autoconservazione.

Non può permettere al moro di abbattere un altro muro, di entrare in qualcosa di così intimo, privato, sensibile. Morty avrebbe trovato di meglio alla fine, perché c'è sempre di meglio; lo farà soffrire, proprio come ha fatto Birdperson, proprio come ha fatto la morte di Diane.

Ma l'egoismo lo sta divorando, manca poco che Rick ceda. Suo nipote come al solito si rivela un aiutante pessimo.

Morty stritola un singhiozzo, reprimendosi, vergognandosi. Prova ad azzardare una risposta alla domanda di Rick. «Perché vuoi starmi lontano?».

Finalmente Rick si gira verso di lui, e lo sguardo sul suo viso fa subito pensare a Morty che quella sarà la volta buona in cui lo ucciderà. «Io non voglio starti lontano! Questo è il problema!», grida, a pieni polmoni, e l'aria che trasporta le sue parole rende la situazione statica, la fa calare in un silenzio usato per comprendere a pieno la sua dichiarazione d'intenti. È nel minuscolo dettaglio che si nota l'essenza, l'articolazione di una frase che rende ben chiaro il significato.

«Rick..», Morty respira piano, l'aria che entra ed esce dal suo petto, ma capisce che deve fare attenzione, perché basta un millisecondo e il vecchio ritornerà ad essere irraggiungibile come prima. «È per questo che non bevi? Perché non riesci a starmi lontano?».

«Diventi intelligente nei momenti peggiori», Rick è stanco, tanto quanto Morty se non di più, e si siede accanto a lui. Quel moccioso gli dà fastidio, perché nessun altro è come lui — con nessun altro c'è quell'intesa, quell'intossicante bisogno. Nessun altro lo capisce al volo come fa lui. «Non mi hai sentito entrare la prima volta in cui hai dormito da solo in questa casa?».

«Pensavo fossero entrati i ladri…».

«Tu pensi ci siano dei ladri in casa e rimani beatamente nel tuo letto?».

«È colpa mia se sono così deficienti da entrare in una casa dove non ci sono soldi?».

Scoppiano entrambi a ridere. Sono gioiosi, i suoni delle loro voci volano leggiadri nell'aria intorno a loro. Si crea una nuova luce, e Rick si inginocchia verso suo nipote. Sono alla stessa altezza, è uno scontro tra pari. Morty è finalmente felice da chissà quanto tempo — da cinque mesi — e ha bisogno di rendere vero quel momento, di renderlo concreto. Non vuole essere l'unico a rinascere sotto quel nuovo sole, non vuole che la propria pelle sia anestetizzata al nuovo calore — il suo spirito così alienato al concetto di affetto fisico.

Con le braccia e il busto si sporge verso suo nonno, che indietreggia a velocità fulminea. Morty si ritrova deluso dal rifiuto, ma può capirlo. Ci prova, almeno. Non sa che un altro bacio manderebbe in cortocircuito il cervello di Rick.

«Voglio solo abbracciarti», fa, e suo nonno si rilassa. All'inizio Rick è gelido come il ghiaccio, come i suoi occhi, ma lascia che Morty appoggi le sue braccia sulla sua schiena, chini la testa sulla sua spalla, affondi nel suo corpo. È un calore ritrovato e per tanto tempo agognato. «A me piaceva quando dopo le avventure mi curavi quando mi facevo male… era - era come un abbraccio», mormora Morty. La loro relazione forse sarebbe stata molto più facile se si fossero abbracciati più spesso.

«Dici un sacco di stronzate», Rick indugia e annusa i capelli di suo nipote. Un po’ di sudore miste al profumo al pino e al sandalo comprato in qualche negozio fast fashion.*Lo stesso che Morty ha sempre emanato dopo ogni avventura. Bizzarramente, è confortante. «Era strano non sentirle in giro per casa».

Morty sorride, si gusta quel mi manchi implicito. «E ti toccherà curarmi dopo, perché mi hai fatto veramente male», sussurra, ancora accoccolato all’uomo.

Suo nonno trasale, un suono addolorato e così innaturale esce dalle profondità della sua gola. «Non posso prometterti che non accadrà di nuovo in futuro. Io—è per questo che non può funzionare». E mille altre ragioni. Rick è così sincero da far male. Non ha mai detto la verità, non fino in fondo, e la sua nudità non carnale ferisce Morty distruggendo ancora le sue macerie di certezze. Non è abituato a questo tipo di Rick, sobrio e sincero. Fa paura quanto sia vulnerabile, quanto sia umano anche lui.

Casa loro in Michigan non è stata altro che un tempio per la divinità che Rick ha amato fingere di essere, ma senza più fedeli, che senso hanno i culti? Gli dei muoiono insieme alla fede. E Morty ha smesso di averne da un bel pezzo.

«Mi va bene lo stesso», gli fa, il cuore sulle labbra, sincero e buono. «Quando accadrà, io risponderò». Perdonerà.

«Morty…», è un suono asciutto e pregno di preoccupazione. Rick lo sta avvertendo, che è pericoloso, e che sta pian piano perdendo la pazienza.

«Rick, ti prego…», sussurra il moro, e a tradimento gli stampa un bacio sul collo. «Puoi scoparmi e abbandonarmi come fai con le prostitute. Mi hai trattato anche di peggio, e va bene se…», Morty arriva a volere così tanto Rick da dimenticare se stesso. Ha sentito di pazienti così, durante i tirocini indiretti. Talmente innamorate (dipendenti) da non riuscire a mettere al primo posto i propri bisogni e la propria sicurezza. Capisce la realtà ma al contempo ne si sente distaccato, l’eccezione alla regola. Con Rick non succederà nulla di quello che ha studiato. Bugia e verità.

«No, Morty». Rick è determinato su quel punto, e suo nipote non è come una sgualdrina trovata dietro un vicolo, o qualche bordello interplanetario. È molto di più, ha molto di più da dare, da essere. È questo che fa imbestialire Rick: per Morty è necessario essere, e nient'altro serve per riaccendere il suo vecchio cuore consumato dalla ruggine e dalla risoluzione pratica dell'esistenza. «Non potrei mai». In realtà potrebbe, ma non vuole. Rick si ritrova a non sapere quale delle due cose è peggiore da ammettere. Lasciare suo nipote a tarda notte in un disastro di lenzuola sporche, non esiste cosa più facile. Ma se può ricevere l’amore incondizionato di Morty, perché privarsene?

La maggior parte dei suoi migliori ricordi sono con Morty e, per quanto ci abbia provato, niente li sostituisce, né sconfigge quella loro sacra importanza. Può parlarsi fino allo sfinimento di nomi e tessiture tutte uguali, perché esistono miliardi di Morty, ma nessuno è lui — il suo Morty, vaffanculo a Weird Rick. «Ti distruggerò», dice serio, e non ha bisogno di guardare Morty negli occhi per sapere che brillano, per sentire la sua devozione affettata.

«Mi distruggerai», Morty accetta piano, stringendosi di più all'uomo. «Ci distruggeremo. Ti amo, Rick». Una parte dell'accordo che Rick fatica ad accettare. Perché Rick ha giurato a sé stesso di morire d'amore solo una volta in vita sua, ma il cuore è sempre facile da prendere in giro e spolpare.

A proposito… «Grazie», fa Rick, e quasi gode nel sussulto di Morty. «Brutto quando sei tu a riceverlo, eh?», gongola. «Perché?».

Morty toglie la faccia dalla spalla di suo nonno, e prova a guardarlo negli occhi. Erano a quel punto della conversazione. Doveva pur arrivare, ma Morty sperava che Rick decidesse di fare come al solito e nascondere lo sporco sotto il tappeto. Come al solito, Rick è grande fonte di disappunto. «Perché tu fai sempre così». Il moro perde quel suo dolce tono innamorato e diventa più serio.

Il tono di Rick si riempie di sfida: «Che cosa faccio?».

«Non credo esista persona più felice di me nel sapere che mi ami — un piccolo tremolio nella voce, i nervi impazziscono sulla sua pelle e lo rendono un disastro fremente — o mi amavi», la bocca di Morty diventa improvvisamente secca, e ha bisogno di deglutire per proseguire. Dio solo sa dove ha trovato il coraggio per farlo, per fronteggiare Rick. «Ma me l'hai detto quando stavo per partire, per allontanarmi da te.» Rick è impassibile. Lo sta guardando negli occhi, ma sembra distante, perso in qualche pensiero, e deluso - da Morty? Da se stesso?

Morty deglutisce di nuovo, il suo stomaco si chiude, pensa che vomiterà da lì a breve, e cosa gli sta gocciolando dalla fronte? Sudore? «Perché?», chiede, ma nel suo cuore palpitante e impazzito sa già la risposta. Chiede perché vuole una conferma, che Rick sia lo stronzo manipolatore che conosce. La rassicurazione che suo nonno non è veramente cambiato, non l'ha mai tradito. «Conosco già la risposta, ma…».

«Sì», Rick ammette tutto. «Volevo che tu non te ne andassi». Volevo che tu restassi con me. Rick dice sempre le cose a metà. Ma non ho mentito. E niente è cambiato».

«Lo sapevo». Morty è felice, si sente dal suo tono che è sollevato. Forse è da rinchiudere, pensa, ma riconosce in lui una parte che non avrebbe mai amato un Rick sobrio, un Rick sano, sobrio, che sa quando sta ferendo una persona e così decide di smetterla. Riconosce anche che non disprezzerebbe del tutto suo nonno se fosse più capace di esprimere i suoi sentimenti senza paura, senza troppi secondi fini. E forse è proprio il miscuglio di pregi e difetti di Rick a renderlo la droga perfetta, di cui Morty non rinuncerebbe mai, nemmeno per un giorno.

«Baciami almeno per un'ultima volta», Morty pigola, un sussurro nel suo orecchio che è sempre stato un pensiero frequente, indecente.

Rick è a pezzi. «Non posso trattenermi più di così». Sta combattendo contro tutto se stesso, perché farà ancora del male a Morty e non può permetterselo. Tiene il suo viso tra le mani, però. Le guance sono ancora morbide, immagina che pure le labbra siano così vellutate e dolci. Schiude le proprie, e non riesce a fermarsi. Vuole Morty. Se lo prenderà. Niente e nessuno potrà fermarlo.

Non che Morty abbia intenzione di porgli qualche limite. «Non farlo», sussurra, sentendo l’odore di Rick sempre più vicino. Grasso di automobile, menta, dopobarba al pino.

Finalmente le loro labbra si toccano.



E la luce si riaccende.





Finito il blackout, Rick si decide a prendere in braccio Morty e lo riporta nella sua stanza. Ora deve prendersi cura del suo ginocchio. Quel maldestro di suo nipote è riuscito a sbucciarselo ed è mancato poco che si sia preso una storta da qualche parte.

Morty guarda Rick, gioioso e pieno di gratitudine, come se non fosse stato lui a spingerlo via e a farlo cadere. Il moro pensa sia tutto un riflesso delle sue azioni sconsiderate.

«Ho il kit del pronto soccorso nel cassetto più basso dell'armadio», dice Morty appena suo nonno lo fa sdraiare sul letto.

Rick trattiene uno sbuffo divertito, trovandolo bizzarro. Suo nipote è tutto bizzarro. Si avvicina alla gamba ferita e ne valuta la lesione. Non è niente di profondo. Tira fuori dal suo camice quello che agli occhi Morty appare una crema corpo, ma dalle scritte che non comprende, e inarca le sopracciglia arruffate.

Rick pare leggerlo nel pensiero quando spiega: «L'ho presa nel pianeta Galactis nella stessa dimensione dei ragni giganti e del film di Ball Fondlers. S-sono dei grandi, hanno tutte le fortune del cazzo. Ti basta un po' di questa ragazzaccia e, tiki taki, passa ogni dolore, fidati di me!».

La crema è come un sostanzioso gel e, dopo che Rick ha ripulito un po' del sangue che era uscito, ne viene spalmata in leggera quantità. È fredda al contatto e Morty sussulta, ma è grato che non bruci come l'alcool etilico. Ha un effetto anche rilassante, come I farmaci alla cannabis sativa.

«S-sto da Dio, come un riccio appena nato! Grazie, Rick!». Il moro sospira sollevato, sentendo la sua gamba come nuova.

Rick si siede sul letto con Morty, e lo guarda, come se dovesse trovare le parole giuste. Forse è “mi dispiace” ciò che sta cercando? Ma Morty non lo vuole sentire, perché non è colpa di Rick — perché dovrebbe fare i conti con la realtà dei fatti e ricordare a sé stesso che sì, è proprio colpa di Rick.

Porta invece una mano a stringere quella dell'uomo. È molto più grande della propria, molto più dura (Morty ricorda bene quanto un ceffone o un pugno facciano male) e fredda. Forse è un impianto cyborg, sicuramente lo è, e Morty si chiede quanto di umano sia rimasto in suo nonno. È vero quel cuore che batte? È sincero quel cervello che invia impulsi al suo sistema parasimpatico appena vede suo nipote?

Troppi dubbi, troppe domande, troppi spazi vuoti da colmare.

«Non mi hai chiamato». Morty ha ancora qualche sassolino nella scarpa. È risentito, ma stringe ancora la mano di suo nonno. «Per cinque mesi, non ti sei fatto sentire». Lo avevi promesso. Rick e Morty per sempre insieme.

«Potrei dirti lo stesso». Rick risponde, piccato. Neanche lui lascia andare la mano di suo nipote.

«Avevo paura». Morty pigola, e abbassa lo sguardo. Forse non è risentito solo verso suo nonno. Avrebbe dovuto avere più coraggio, perché un cuore spezzato non uccide, e quello di essere il più vulnerabile sentimentalmente è il suo ruolo.

Rick tace per un po' prima di rispondere: «Anche io». Toglie la sua mano da quella di Morty, indugiando in una piccola carezza sul dorso con il pollice. Appena fa per alzarsi, suo nipote lo strattona per il camice. Richiama la sua attenzione e appena Rick si volta a guardarlo, nota nel suo sguardo una richiesta di restare, e a fare anche qualcosa di più.

Ha bisogno di recuperare ciò che sarebbe dovuto succedere in quei cinque mesi. Entrambi ne hanno bisogno.

Rick non è dolce e nemmeno amorevole, ma Morty non gli ha mai chiesto di esserlo. Non in quel momento. Rick si rifarà pagare più tardi, quando Morty protesterà per qualche bacio sulla fronte o sulla guancia, per qualche abbraccio in più. E suo nonno sbufferà, perché lui sbuffa sempre davanti ai sentimenti, scocciato e strafottente dell'ingordigia di Morty. Come se non fosse bastato il sesso, come se non si fossero sentite le parole. Come se non fosse abbastanza accarezzare quei cespugliosi ricci scuri appena quelle giovani palpebre calano; amare Morty nel suo insieme, nella segretezza di un cuore subdolo e sofferente.

«Sei una piccola canaglia, lo sai?», Rick fa mentre con le labbra traccia una scia che va dalla bocca di Morty al collo per poi ritornare al viso. Il moro ha le unghie conficcate come artigli sulla schiena nuda di Rick, suda in ogni parte del suo corpo, il pene eretto e bagnato. La sua felpa e il maglione di Rick sono stati lanciati da qualche parte sul pavimento, mentre i pantaloni di entrambi sono abbassati fino alle loro caviglie. Morty stringe le dita dei piedi mentre le spinte di Rick dentro di lui si fanno più frequenti. Inviano una sensazione elettrica lungo la sua spina dorsale e Morty non crede esista qualcosa di più paradisiaco.

Il riccioluto sorride. «Ma sono la tua piccola canaglia, no?». Geme un suono umido appena Rick con una mano gli stimola il capezzolo e con la lingua gli solletica il lobo.

L’uomo respira caldo vicino al suo orecchio. Morty pensa che potrà venire da un momento all’altro - è tutto troppo per lui. «Abbiamo imparato a fare gli sfacciati qui, eh?». Rick gli afferra i capelli e si lascia andare a un sussurro ancora più sfacciato. «Mio. Sei solo mio».

Il moro ridacchia, in estasi. «Ho imparato dal migliore». E Rick risponde iniziando a baciargli la parte del corpo che gli fa più solletico.

Morty non sa se si pentirà del sesso. Forse ripenserà a sua madre, la donna che gli ha dato la vita, la figlia dell'uomo che ora lo tiene tra le braccia, e vomiterà, facendosi schifo da solo. Chissà come potrebbe reagire. Cena di Natale, tutti insieme, Space Beth e conquista annuale di Summer inclusi.

Sua madre uscirà fuori di testa, perché Rick e Morty hanno davvero superato il limite questa volta. Oppure, peggio ancora, si scrollerà le spalle come fosse cosa da poco. Magari ripenserà agli strani rumori che ha sentito e dirà «Ah, e io che pensavo fossero tornati i procioni in amore in soffitta».

Quando finiscono, Rick è il primo a pulirsi, rivestirsi e ad uscire dalla stanza. Morty non trova il tempo per esserne ferito perché finalmente riesce a respirare. Emette un suono affannoso e continuo. Gli sembra di essere stato in apnea per tutto il tempo, imprigionato in chissà quale sogno ad occhi aperti. In cuor suo non riesce a credere che tutto sia accaduto per davvero. Rick che lo ama ancora e che lo fa suo, solo nel modo in cui è capace di fare. Paonazzo in viso e sconvolto, Morty cerca di asciugare quel che può del suo sudore. Andrà a reclamare i bacini sulla guancia che non ha ancora ricevuto, ma non è il tempo. È stanco e vuole riposare.

Morty si rende conto di essersi appisolato solo quando un rumore metallico lo sveglia di punto in bianco. Rick ha appoggiato sul comodino una borraccia piena d'acqua. «Bevi», gli fa, «Hai sudato più tu che i pazzoidi in giacca e cravatta che si fanno New York sui mezzi tutti i cazzo di giorni». Gli lancia addosso anche un asciugamano, per ripulire tutto quel pasticcio appiccicoso nelle sue aree genitali.

Morty gli sorride grato, arrossendo alla peculiare dolcezza di suo nonno. Sa che non deve abituarcisi troppo, ma ama sentirsi così speciale almeno per qualcuno che non riesce a fare a meno di crogiolarsi in quelle cure. Come se Rick gli avesse fatto mille carezze e dato altrettanti baci.

Dopo essersi ripulito, prende un sorso d’acqua e chiede a suo nonno: «Ho sonno. Vuoi dormire con me?».

Rick sembra ponderare l’idea ed esordisce con: «È troppo presto». Da quando in qua lui ha mai dormito?

Suo nipote non è pronto a dirgli addio, o arrivederci, quindi cerca un punto d’incontro. «Che ne dici di restare finché non mi addormento?». Gesticola sul letto per fargli segno che c’è posto anche per lui.

Rick scuote il capo, ma la sua espressione facciale sembra tutto tranne che contrariata. «Cominci ad essere già più appiccicoso di quella turylliana che mi scopai qualche anno fa mentre aveva le mestruazioni», osserva, e gongola all’espressione accigliata che assume Morty. Adorerà rendere geloso suo nipote, ma come dire addio a quel faccino? «Fammi spazio!». Rick spintona via Morty senza troppe cerimonie mentre si sdraia sul letto. Suo nipote si accoccola vicino a lui, e appoggia la testa sul suo petto.

Morty si fa spazio oltre Rick e va a spegnere il lume a forma di elefante sul suo comodino. Il buio cala di nuovo su di loro. Il moro crede però che ci debba essere meno tensione di prima, quando l’oscurità era coatta, ma dentro di sé brulica un formicolio. Si sta agitando e non sa nemmeno perché: forse non riesce ancora a credere che tutto ciò non sia un sogno, che qualcuno lo ami, lo ami davvero. Forse perché parecchie domande non hanno ancora risposta.

Si sposta per riaccendere il lume. «Quali erano le coordinate che stavi cercando?».

Rick sospira e schiocca la lingua prima di rispondere, come se farlo gli costasse troppo. «Dimensione 35-C», dice, e Morty aggrotta le sopracciglia perché non capisce tutta questa riluttanza nel rispondere. Notando la confusione del nipote, Rick continua: «Ci siamo stati».

«N-non me lo ricordo».

«Il pianeta dei Mega-semi».

Morty sembra aver avuto un’epifania. «Oh», fa, e si sente uno stupido. «Perché proprio quello? Ti serviva qualcosa?».

Questa risposta sembra costare ancor di più a Rick, che a fatica dice: «No». Non aggiunge altro, ma l’imminente realizzazione gli riscalda il cuore e addolcisce il pensiero, quando assapora il vago senso di nostalgia. Non può dire che pure lui ne è stato privo.

«Mi sei mancato», ammette Morty, di nuovo, e ad accoglierlo è solo il respiro di suo nonno, misto al battito cardiaco. Nessuna parola ad attenderlo. Aspetta un po’, finché con tono teso non dice: «Rick?».

Suo nonno si ritrova a borbottare: «Non volevi dormire?».

«Rick!».

«Vaffanculo!», Rick si altera come se fosse lui quello che vuole dormire e che viene disturbato, «Mi sei mancato anche tu, non te lo ripeterò una seconda volta. Ora dormi.»

Il lume viene spento. Poi riacceso. «È così che andrà, da ora in poi? Ti devo sempre strappare le parole di bocca?».

«Per l'amor del cielo, Morty!», Rick si sta esaurendo. «Si prende quel che passa il convento, piccolo».

Morty non è soddisfatto. «Puoi migliorare».

«Non è una tua responsabilità, crocerossina».

Il dubbio passa nella mente del moro: «Ho fatto la scelta sbagliata?».

«Quella di starmi lontano? Sbagliatissima, Morty».

«Sul serio!», Morty scoppia a ridere, ma il buio ha un suo difetto: gli sembra di star parlando con un essere incorporeo, per questo si allunga verso il suo viso alla ricerca di un bacio, nel tentativo di sentirlo davvero, pelle contro pelle. «Cinque mesi…», sussurra poi, e non riesce a completare il pensiero, perché sopraffatto da tutto ciò che ne consegue. Non riesce a credere sia passato così tanto tempo.

«Cinque mesi», ripete Rick, e non c'è bisogno di altro per comprendersi.

Come hanno fatto a star lontani per così tanto tempo? Cos'è stata quell'eresia?

Morty spegne il lume. «Verrai a trovarmi domani?», lascia che la domanda cada nel buio della notte, perché è ancora terrorizzato che la risposta possa essere un “no” secco, o peggio qualche bugia, quindi meno suo nonno lo sente, meglio è.

Ovviamente niente va come i piani. Rick annuisce, il mento appoggiato sulla sua testa. «Casa è diventata un incubo. Tua madre, la sua versione Battlerstar Galactica e quel citrullo di tuo padre continuano a…»

Morty si agita, disgustato. «Ho capito! Ho capito! Non ho bisogno di sapere dettagli che non mi faranno dormire mai più!». Si stropiccia gli occhi come a voler allontanare quell'immagine dalla sua mente.

Un sorriso spontaneo solca le labbra di Rick mentre fa «Pensa com’è viverci».

«S-sai cosa? Potremmo fare sesso mentre loro pranzano, o-o qualcosa del genere. Sarebbe una bella vendetta», Morty è illuminato dalla sua idea, gustandosi quanto sarebbe esilarante quello scherzo, ma si ritrova a fare i conti con le implicazioni delle sue parole, e diventa particolarmente insicuro. «Se-se ovviamente tu vuoi … magari noi-».

Rick interrompe suo nipote con un bacio sulle labbra. «Succederà ancora. E sarà esclusiva».

Morty non riesce a crederci. «V-vuoi dire c-che…».

«Ah-ah, sì. Ora dormi». Questo è il massimo che Morty riceverà per quella sera, e gli va bene così. Gli andrà sempre bene così, finché potrà avere Rick al suo fianco. Si accoccola all'uomo e gli stampa un bacio sul mento, prima di rannicchiarsi sul suo petto.

Niente nella sua vita gli sembrerà mai così disastrosa e perfetta allo stesso tempo.




NdA



*Il profumo di Morty esiste. L’ho beccato all’OVS ma non ricordo il nome. Lol.


Buongiorno\Buonasera a tutte le mie care primule!! Come state? Spero bene!

Lo so, ci ho messo tanto ad aggiornare, ma la vita da universitaria fuori sede è davvero molto impegnativa + vari svaghi a parte, perché dai, ci vogliono anche quelli u.u. Settimane faticose, ma davvero stupende.

Alla fine anche questa mini-long è arrivata alla sua conclusione. Ben diciotto pagine di capitolo finale, spero ne valgano la pena, davvero. Che ne dite?

I nostri sci-fi husbands hanno avuto il loro happy ending, ma sarà davvero così? Chissà. Per adesso sto seguendo la sesta stagione e, a parte che tutti questi incest jokes stanno capitando con tutti i personaggi della serie tranne QUEI DUE, sto amando questa versione di Rick più soft. Adoro e odio al tempo stesso la sua tossicità, ma finché mi tratta bene Morty, allora ok u.u

Piccola nota per chi seguiva LTSI: mi sa che non arriverà presto una sua conclusione. Ma non voglio lasciarvi a secco, perciò sto già lavorando a una nuova ff su quei due. Spoiler: Hogwarts. Non dirò nient’altro.

Ovviamente per questa mini-long ho creato pure qui una playlist (che fai? Te ne privi? No che non te ne privi) ed eccola qui!

Statemi bene. A presto!




   
 
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