Anime & Manga > Le bizzarre avventure di Jojo
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Autore: _helianthus    13/10/2022    1 recensioni
[ CaeJose | Due vecchiacci (ambientato durante DIU) | 987 parole ]
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Accanto a lui, Caesar si è appisolato. C’è un fiore di glicine che gli è cascato sulle braccia incrociate sul petto, e nonostante tutto Joseph non può fare a meno di commuoversi. Sono proprio vecchio, pensa, e per sbaglio lo dice pure, anche se a mezza bocca.
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Questa storia partecipa al Writober di fanwriter.it, giorno 13, prompt: "glicine - dormiveglia - you are exactly where you need to be"
Genere: Fluff, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Caesar Anthonio Zeppeli, Joseph Joestar
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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anime salve in terra e in mare

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Non c’erano tanti modi per girarci intorno: erano vecchi. Ogni volta che Joseph faceva un’affermazione di questa natura, con il castigo nel tono, Caesar gli turbinava intorno, inviperito, entrando nella stanza per indagare riguardo quale fosse il problema (insormontabile data l’inflessibilità della schiena di Joseph, o il deterioramento della sua vista, o qualsiasi altro problema da vecchio lo affliggesse). Una volta risolto, gli tuonava addosso, abbastanza forte da farsi sentire anche dai vicini:

Cristo, fortuna che lo siamo!” Tra le implicazioni: abbiamo avuto così tante occasioni per lasciarci le penne, non essere ingrato.

Joseph non concordava esattamente col sentimento ma finiva sempre per sorridere, dimenticandosi immediatamente le circostanze che lo avevano spinto a denigrare la sua vecchiaia in primo luogo. Caesar, sotto qualche punto di vista, era stato più fortunato di lui: era rimasto arzillo, sveglio, persino quasi veloce sui suoi passi, ma dopotutto era sempre stato più agile di lui. Dove Joseph si sentiva di pietra, Caesar non era dissimile dalla gomma vecchia, dunque sempre rigido in principio, ma appena più malleabile, se non altro di natura.

Il suo unico, grande problema era l’insonnia, inattaccabile nonostante i medicinali. Joseph non era sicuro che avrebbe scambiato il mal di schiena, il dolore alle ginocchia, persino l’udito scarso, con quel genere di magagna: dormire faceva passare il tempo, le giornate interminabili di inverno quando pioveva e sulla Rai non davano altro che spazzatura noiosa.

La fortuna di Caesar era che la sua vista era rimasta buona, e quasi non aveva bisogno di occhiali, se non per leggere i piccolissimi bugiardini dei medicinali. Di conseguenza Caesar leggeva molto, di riflesso, spesso di notte, come a voler recuperare una vita di arretrati, e poi di tanto in tanto durante il giorno veniva preso da dei colpi di sonno che potevano risultare piuttosto fastidiosi. Solitamente, li risolveva con un buon caffè.

Joseph si mette comodo sulla poltrona, apprezzando il vento caldo che viene dal mare, profumato di salsedine. Gli ricorda il Tirreno, anche se l’oceano è di tutt’altra natura e di tutt’altra gentilezza: Morioh avrebbe tanto da imparare dalla bellezza della costa italiana, ma dopotutto Joseph non ha mai avuto troppo in simpatia il Giappone, né tantomeno i suoi abitanti, e quindi cerca di trattenere le critiche, perché sarebbero prevalentemente infruttuose.

Accanto a lui, Caesar si è appisolato. C’è un fiore di glicine che gli è cascato sulle braccia incrociate sul petto, e nonostante tutto Joseph non può fare a meno di commuoversi. Sono proprio vecchio, pensa, e per sbaglio lo dice pure, anche se a mezza bocca.

“Giuse’,” brontola l’altro, con tono di avvertimento. Joseph non ricorda neanche quand’è che ha iniziato a imbastardirgli così il nome: in Italia molti lo chiamavano Giosè, Giosuè, Giuse’ e ad un certo punto anche Caesar si è arreso. A Joseph non è mai dispiaciuto, sono dei suoni più piacevoli rispetto all’inglese storpiato della maggior parte degli italiani.

“Lo so, lo so.” Joseph ridacchia, placido. Caesar socchiude gli occhi e lo guarda, poi sbuffa profondamente, sciogliendo le sue braccia incrociate e cercando di tirarsi meglio a sedere. La poltrona di vimini (imbottita di cuscini, ovviamente) rumoreggia sotto il suo movimento, quasi abbastanza da coprire la voce di Joseph mentre continua a parlare, “puoi continuare a riposare, sai. Non penso che a Tonio dia fastidio.”

“Non mi pare il caso di dormirgli dietro il ristorante,” Caesar tossisce un po’, allunga il braccio per prendere il suo bicchiere d’acqua e urta piano il calice di vino al suo fianco. Per fortuna questo non cade, e Joseph sente una sensazione familiare in fondo allo stomaco mentre osserva il movimento, probabilmente la stessa sensazione che Caesar prova quando è Joseph a impigliarsi nei rovi del suo essere maldestro come sono maldestri gli anziani: tenerezza, pazienza, quel che è. La pelle di Caesar è ricoperta di varie macchie, chiare e scure, e c’è anche più di qualche ematoma – solo perché non lo dimostra, non significa che non abbia ottantuno anni, e la sua pelle è sensibile come carta velina. A volte basta che urti uno spigolo, perché si colori di viola, con tutti gli improperi che seguono.

“E poi, gli farà piacere parlare con qualcuno di casa.” Caesar poggia il bicchiere affianco al tovagliolo bianco, ripiegato con cura alla sua destra. Sicuramente ha ragione: Tonio si è dimostrato molto amichevole, quasi affezionato, verso l’anziano. Joseph ogni tanto pensa che le figure parentali per gli italiani siano degli strani archetipi fissati nella pietra, come se il Nonno fosse un unico nonno, per tutti, e la stessa cosa vale per le Nonne, e per le Mamme. Tonio parlava con Caesar come se parlasse con il suo, di nonno, condividendo ricordi che per qualche motivo combaciavano o si completavano nonostante fossero dei completi sconosciuti, uniti solo dalle coincidenze. Joseph annuisce, capisce il valore della situazione. Dopotutto, anche lui è vissuto a lungo via da casa.

“Non passeranno molti italiani, di qui,” corrobora Joseph mentre osserva il modo in cui Caesar si riappropria di una posizione comoda sulla sua poltrona.

“Esatto. Quindi non mi sembra né il posto, né il momento.”

Il fiore di glicine ormai è caduto a terra, scosso dal movimento di Caesar, insieme ai suoi tanti gemelli, e Joseph porta lo sguardo sull’enorme rampicante che fa ombra sui tavoli all’esterno, sul retro del ristorante. Si domanda come sia possibile che così pochi fiori finiscano nei piatti dei clienti e, nel tempo che impiega per apprezzare brevemente il profumo dolce e intenso del glicine, Caesar si riappisola.

Joseph ridacchia tra sé e sé, felice alla prospettiva di assicurarsi il miglior pezzo di tiramisù, quando Tonio riemergerà con la loro ultima portata (salvo gli amari, se Caesar è dell’umore, e il caffè). I suoi occhi chiari si fermano ancora brevemente sull’altro, prima di tornare sull’oceano in lontananza. Non ti preoccupare, pensa, affonda con un sospiro nei cuscini, ignora le proteste della sua schiena acciaccata, sminuite dal vino, sei esattamente dove dovresti essere.

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quanto è bello il fatto che caesar non sia morto in battle tendency? e neanche avdol o iggy o kakyoin o chiunque voglio dire wow fantastico letteralmente 0 lutti tristi in questo anime! fantastico... sì amo ignorare il canon

grazie per aver letto!! ciaooo

cate

   
 
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