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Autore: Cladzky    17/10/2022    1 recensioni
La Terra attraversa la nebulosa di Osiris e all'apparenza nulla di preoccupante sembra accadere. Eppure, più il nucleo della nebulosa si avvicina e più cambiamenti lo precedono. Prima una leggerissima diminuzione della gravità, poi un aumento di ossigeno nell'atmosfera e infine il sole stesso sembra mutare colore, fino a diventare verde. Un piccolo racconto di speculazione apocalittica che prova ad essere scientificamente accurato.
Genere: Generale, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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      Quel mattino il mondo finì e io non me ne accorsi. Un nuovo sole sarebbe sorto su di noi, questo ci era stato promesso, un sole che all’occhio umano non sarebbe più parso giallo all’alba, ma verde. Questo e poco altro ci potevano riferire, d’altronde non era facile misurare qualcosa che non avevamo ancora modo di toccare con le nostre sonde. Si era notato infatti un cambiamento nelle sue radiazioni, impercettibili all’uomo, palesi ai suoi strumenti, un cambiamento graduale, ma che s’impennava in una curva nella sua funzione esponenziale che avrebbe ricevuto il suo picco all’indomani, verso l’una del mattino per il nostro orario. In che modo avvenisse il fenomeno era difficile a dirsi, ma certo non da un cambiamento di temperatura della sua superficie. È vero che una stella fredda appare rossa, una calda blu e tutti gli intermedi stanno nel mezzo, ma tale è il cervello umano che non riesce a elaborare se non il colore risultato dalla somma della luce che essa emette, piuttosto che la luce dominante. L’unica occasione di vedere qualcosa di simile è quando, per brevi istanti, sull’orizzonte piatto del mare, in cieli tersi, al suo sorgere, si vede  il sole apparire come il proverbiale Raggio Verde, quando l’atmosfera, per rifrazione, ne disperde i colori come un prisma, risultando non nella somma bianca, ma in una battaglia nel quale, divisi, trionfa un verde sfolgorante, sua più forte radiazione elettromagnetica. Stavolta, invece, avremmo osservato non un fenomeno ottico fugace, ma l’imponente occhio di dio cambiare colore per chissà quanto tempo e sarebbe stato visibile a tutti i popoli della terra. Le diverse teorie portarono a un  responsabile. Se si puntavano gli spettroscopi di massa verso un determinato punto del vuoto, si rilevava la traccia di una nebulosa, piccola, ma estremamente densa, tanto densa da aver superato l’eliosfera e procedere verso il centro del sistema nei mesi precedenti, anzi, ci eravamo già dentro, almeno nella sua testa di ponte. Questo mostro, che avremmo imparato a chiamare Osiris, non sembrò corrodere la nostra atmosfera, che fu la prima preoccupazione, ma non l’ultima. Reagiva infatti con la corona solare, modificando i raggi che giungevano a noi.

      Le temperature cominciarono a scendere il che poteva sembrare scontato data l’ostruzione di quella nube fra noi e il sole, ma la seconda preoccupazione era che i cristalli all’interno di Osiris potessero fungere da lenti di ingrandimento, concentrando i raggi e incendiando la terra. La terza preoccupazione era il timore che le temperature potessero scendere al punto da iniziare un’era glaciale, peggio, oscurare tanto il sole da distruggere ogni forma di vita che si basa su di esso. Di nuovo venne la smentita. L’abbassamento era considerevole, ma solo al punto da riportare i valori ai periodi precedenti la rivoluzione industriale. Era come se il riscaldamento globale fosse stato resettato. Non solo. Prese a piovere: Quelle nubi di vapore acqueo, così a lungo stanziate nell’atmosfera, generando l’effetto serra, presero a condensarsi e precipitare a terra e venero le dolci piogge. Dalle contee desertificate, ai fiumi in secca, salì un moto di riconoscenza quasi religiosa. Osiris non era più visto dall'umanità come una minaccia, anzi, si sperava non si staccasse più dalla terra, magari per attrazione della nostra gravità. Parlando di gravità, diminuì appena, per effetto della densità di questa nebulosa e fu spaventoso all’inizio, ma presto ci abituammo a far salti di qualche centimetro più lunghi. Presto cominciammo a chiederci quanti altri regali ci avrebbe portato questa novità.

      Osiris sembrava composta, per la maggior parte, da ossigeno, motivazione per questa dispersione della luce, l’abbassamento delle temperature e irrobustimento dell’atmosfera. Non solo. Alla gente non sembrò mai mancare il fiato, perché era così: L’energia si trasferiva meglio, nei nostri muscoli, grazie ad un sangue arricchito di tanto ossigeno che scorreva fluido nelle vene. Gli oratori di tribunale si lanciavano in arringhe tutte d’un fiato, i cantanti in acuti tanto lunghi che sapevano sarebbero stati impossibili da replicare una volta passata la nebulosa e ovunque, gli atleti, polverizzavano i precedenti primati in maratone che duravano mezz’ora di meno, apnee che duravano due minuti in più e salti in lungo di un metro superiore alla media. Questo rinnovamento del corpo umano, unito alla riduzione della gravità, scatenò un fermento d’allegria per l’umanità che rivalutò il proprio corpo. Gli ascensori, le scale mobili, le automobili, vennero quasi abbandonate da una gente infantile che correva dappertutto. Nei grattacieli si correva ai propri uffici facendo i gradini quattro a quattro, si correva in bici per rivaleggiare con le auto, si correva anche per quelli che avevano sempre rimandato le loro corsette salutari. Quelle tecniche acrobatiche, che erano sempre state una qualità solo dei ginnasti e chi vuole intrattenere alle feste, divennero una moda fra i giovani che si sfidavano in salti mortali. 

      Questi effetti risaltavano anche negli altri animali. Agli ippodromi, i cavalli correvano così veloci che i fantini rimanevano indietro fra un balzo e l'altro; nelle corride, i tori si alzavano tanto da sbordare e finire in mezzo gli spettatori, generando il panico e gli osservatori di balene vedevano, sbigottiti, questi animali sollevarsi fuori dall'acqua come delfini e questi ultimi come proiettili. Gli uccelli, dato l'aumento della troposfera, raggiungevano sovente i diecimila metri e quegli uccelli migratori, dalle gru agli avvoltoi ai cigni, che già raggiungevano quelle altezze, andavano ancora più in alto. Chi ha mai avuto paura che un animale finisse triturato nel motore di un aereo di linea ora aveva ben donde ad averla, perché incidenti simili cominciarono ad avvenire frequentemente. Nella caccia le cose si complicarono. Riconoscere le tracce erratiche di animali impazziti dal cambiamento diveniva difficile. La nuova atmosfera, poi, sembrava trasportare meglio  odori e rumori, cosicché un capriolo fuggiva appena qualcuno faceva un gesto sospetto a centoventi metri da lui e la distanza era maggiore per daini e mufloni. E bisognava stare attenti a beccarli al primo colpo, che con quanto leggeri erano diventati i proiettili, farsi deviare dal vento non era raro. Anche gli animali domestici risentivano di un rinvigorimento che non permetteva più ai canarini di stare in gabbia e ai cani di non uscire più spesso, tirando come dannati. I gatti, che sono agili già di natura, scalavano i palazzi con la stessa facilità da cui ne scendevano incolumi. I merli, cardellini, pappagalli e altri canterini, non smettevano più di aprire bocca e ripetere ciò che sentivano. Forse, questi inquieti presagi, avrebbe dovuto metterci in guardia.

      Ma a questo già ci pensavano i ricercatori che definimmo allarmisti. "Diffidate da Osiris" dicevano "Per ogni azione c'è una reazione." E queste non si fecero attendere. Mangiavamo di più, questo era evidente, per compensare questo nostro metabolismo così rapido e così si delineava il terrore di una fame più alta delle nostre risorse. A distrarci arrivò la notizia che i motori erano divenuti più efficienti a causa di una migliore conversione del carburante in energia dovuta alla nuova atmosfera e le riserve di combustibile fossile sarebbero durate molto più a lungo. Come in risposta di ciò giunsero gli incendi boschivi, che, nel paradosso di un mondo meno caldo, proliferavano maggiormente grazie alla massiccia quantità di comburente nell'aria. Proprio quest'ultimo, l'ossigeno che ormai formava un terzo della nostra atmosfera totale, determinò un rinascimento di muffe, muschio, felci, funghi e licofite che presero a infestare ogni giardino e sottobosco, a volte anche in mezzo alle praterie, in un’atmosfera che riportava al carbonifero. Tutte le altre piante, principalmente nutrite di fotosintesi, non smisero di crescere ma, si era calcolato, non potevano più raggiungere le dimensioni di un tempo se la densità di anidride carbonica non fosse tornata quella di prima. Il terrore della fame futura, allora, sembrò concretizzarsi nei raccolti che si prospettavano risibili.

      Presero ad apparire sciami di locuste e cavallette che oscuravano il sole nelle campagne. Non si vide mai un uso tanto massiccio di pesticidi come in quella primavera pur di combattere una piaga in più per il nostro frumento, ma economicamente era improbabile che costi tanto alto per la sua cura potessero essere coperti dal ricavato del prossimo raccolto che si prospettava pessimo.

      In tutto questo, il disco del sole mutava di aspetto. Alle volte sembrava diventare più grande, come posto sotto una lente e ad altre si allontanava. Era tutta un’illusione dei cristalli di cui era formato Osiris, che formavano gruppi bombati o convessi. Di cosa fossero fatti non era chiaro, perché bruciavano nell’atmosfera, lasciando poche tracce per i laboratori. Questa comparsa di materiale  che viaggiava per lo spazio a una velocità di dieci chilometri al secondo non fu ben accolta dai proprietari di quei satelliti troppo sfortunati da esserne investiti. Le stazioni spaziali dovettero essere evacuate prima che il grosso della tempesta arrivasse. Quando queste furono abbattute fu lo stesso giorno che un anello, non dissimile da quelli saturniani, si formò intorno al pianeta, strappato alla nebulosa, in perpetua orbita parallela al meridiano di Greenwich.

      Questa escalazione arrivò alla sua conclusione. Il colore della nostra stella prese a cambiare in tinte più azzurrine più il nucleo di Osiris si frapponeva fra noi e lei e fu calcolato che, per il nostro fuso orario, avremmo osservato una perla già verde sorgere su di noi, mentre i giapponesi per primi l’avrebbero vista assumere il colore in tempo reale. Disinteressato com’ero alla vita non aspettai, insieme al resto del mondo, una notte in bianco per vedere il fenomeno. Odiavo, in un certo senso, qualunque forma di felicità altrui, specie se di massa. Non voglio spiegarvi il motivo, perché tutti conoscono quei sentimenti nell’animo. Presi a dormire mentre tutti si affollavano ai tetti, le colline e in riva al mare, ma un briciolo di curiosità mi tenne sveglio, perché, per quanto invidioso, anch’io volevo un po’ di quella emozione che sembrava possedere tutti. Accesi la radio su un canale qualunque, notando che erano le tre del mattino. A quest’ora il sole doveva star sorgendo sulla baia di Tokyo. Un corrispondente sul posto dava la cronaca degli sviluppi. Il sole era blu cobalto, coronato da un’emanazione che lo faceva apparire gigantesco. Sebbene fosse l’aurora, delle stelle sembravano sfolgorare nel cielo, anzi, scoppiavano nella loro intensità. Infine avvenne. Il sole si fece paludoso e, sfiorando le onde, superata la rifrazione, si accese di un verde improvviso che mise sgomento a chiunque, tacendo la radiocronaca. Con un respiro più affannato, come a descrivere l’occhio di dio, perché di quello si trattava, il corrispondente riprese, flebile, schiarendosi la gola, a descrivere la commozione generale per quel fuoco fatuo che danzava nel suo vibrante calore.

      “Ci giunge ora un dispaccio dal ministero” Cambiò subito argomento e voce “I residui meteorici di Osiris giunti in laboratorio sono stati analizzati. La caduta nell’atmosfera ne ha mutato la composizione ma, tramite un processo di ingegneria inversa, si è stabilito che si tratta di mercurio, che sembra comporre il nucleo della nebulosa. Gli effetti che avremo sul pianeta sono ancora fonte di discussione ma… dio mio. I raggi solari non solo hanno vaporizzato il materiale, ma lo hanno fatto attraversare dai loro elettroni. In questo modo si sta generando un’ondata di raggi ultravioletti, superiore a quanto può trattenerne la nostra atmosfera, che potrebbe… cristo, dove sta l’ombra? State lontani dalla luce del sole! Ehi, voi laggiù! Diavolo, non ci sentono. All’ombra, lasciate l’attrezzatura! Ascoltatori, fate attenzione per dio, non esponetevi al sole! Ripeto, rimanete all'ombra! Il sole uccide!”

      Chiusi gli occhi, mentre la terra continuava a girare su sé stessa, portando il sole anche da noi, sopra ogni pianta e animale. In fondo lo sapevo che facevo bene a pensar male.

   
 
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