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Autore: Davide Albertazzi    19/10/2022    0 recensioni
Jakson è al collasso! Mentre una siccità devastante ne prosiuga il fiume e blocca la diga, due pattuglie spariscono nel nulla durante una spedizione in città. Saranno Ellie e Joel, aggegatisi alla squadra di soccorso, a dover fare luce sul mistero, ma nell'America devastata dall'apocalisse, il confine tra predatore e preda è labile come una nuvola di spore.
Genere: Avventura, Azione, Horror | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ellie, Joel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ellie fece un sospiro e si passò una mano sulla fronte asciugandosi il sudore che le grondava dai capelli umidi.
L’impietoso sole di mezzogiorno le martellava nel cranio mentre il bollore irradiato dall’asfalto sotto ai suoi piedi rendeva l’aria asfissiante.
Con un gesto nervoso si sistemò la tracolla dell’AK47 che le correva attorno alla spalla.
Le era dispiaciuto dover abbandonare il suo fidato fucile a leva, ma Anne tirava molto meglio di lei,quindi, si era accaparrata tutti i pochi proiettili di grosso calibro rimasti, lasciando agli altri solamente i tanti 7.62 offerti dagli zaini dei banditi assieme ad i relativi fucili di fabbricazione sovietica.
“Siamo arrivati!” disse Frank raddrizzando la tesa del cappellino da baseball militare che aveva sottratto ad uno dei cadaveri “Questo è il posto!”
Emettendo un leggero colpo di tosse dovuto ai postumi della nuvola di cemento Ellie alzò lo sguardo.
Davanti a loro, al centro di uno squallido spiazzo di cemento, protetto da una vecchia rete arrugginita strappata in più punti, un grosso capannone industriale costruito in lamiera scura si innalzava con una sorta di nostalgica imponenza.
Su tutti i lati una serie di impalcature collegate da un sistema di scale, probabilmente trafugate da qualche cantiere, lo circondavano creando una sorta di camminamento, facendolo assomigliare alla versione postmoderna di un fortino medioevale.
Strisciando in uno degli squarci irregolari nella recinzione i quattro compagni entrarono nel cortile.
Sparsi qua e là, incastrati tra le maglie della rete metallica, abbandonati sul terreno ed alcuni persino incastrati tra i tubi delle impalcature, una miriade di scheletri palesemente vecchi di anni sbiancava sotto il sole cocente.
Le secche masse fungine che spuntavano dai crani frantumati non lasciavano dubbi.
“Infetti!” esclamò Joel passandosi una mano sulla barba “Veramente tanti infetti! Devono aver subito un assedio davvero pesante!”
“Già…” rispose Anne poi seguita dagli altri avanzò verso il capannone “E penso anche di aver capito che è successo…” indicò due scheletri, una donna ed una ragazzina di non più di tredici anni con i capelli biondo slavato, che giacevano aggrappate alla saracinesca che tappava l’ingresso dell’edificio “Questi non sono infetti!” si voltò e con un gesto indicò un terzo scheletro alcuni metri più indietro “E nemmeno quello! Secondo me dei profughi braccati da un’orda hanno cercato rifugio da queste parti… gli amici di Barry devono aver tenuto a bada i cliker ed aperto la saracinesca per farli entrare…”
“Ma poi hanno chiuso fuori gli ultimi del gruppo per evitare che l’orda entrasse nel capannone…” si intromise Frank “Potresti avere ragione!”
“E allora perché sono spariti?” domandò Ellie alzando un sopracciglio “Mi sembra che l’attacco lo abbiano respinto…”
“Beh penso che lo scopriremo subito…” disse Anne afferrando la base della saracinesca ed iniziando a tirare per sollevarla aiutata dal marito.
La vecchia serranda cigolò ma non si mosse.
“Merda, è chiusa dall’interno…” esclamò Frank mollando la presa e voltandosi “Ehi Joel tutto bene?” domandò poi posando gli occhi sull’amico “Sei con noi?”
Immobile con lo sguardo perso nel vuoto l’uomo fissava lo scheletro della ragazzina.
“Joel...” sussurrò Ellie appoggiandogli teneramente una mano sulla spalla “Riprenditi… quella non è Sarah…”
“Sì, certo…” rispose lui scuotendosi di dosso il torpore “Ma ha gli stessi capelli e me l’ha ricordata… Povera bambina… morire così, divorata dagli infetti ad un passo dalla salvezza…”
Ellie gli stinse un braccio introno alle spalle, poi alzò lo sguardo “Potremmo passare dal di là, magari c’è un ingresso!”  disse indicando con la mano libera le impalcature traballanti che rasentavano gli alti finestroni del capannone.
I compagni annuirono e dopo aver stretto le fibbie degli zaini si diedro alla scalata raggiungendo in pochi secondi gli scricchiolanti soppalchi di legno.
Con cautela si avvicinarono alle finestre e guardarono dentro.
L’interno dell’edificio era immerso nella penombra, mentre una nebbia granulosa fluttuava nell’aria.
“Merda, spore!” esclamò Joel “Ecco perché questo posto è abbandonato! Indossate le maschere”
Meccanicamente i quattro estrassero le maschere antigas dagli zaini, ne controllarono i filtri poi se le calarono sul volto.
Mentre stringeva le cinghie dietro la testa Ellie fece un sospiro.
Detestava la maschera, detestava i filtri e detestava quel teatrino inutile, ma doveva pur sempre mantenere l’apparenza davanti a Frank ed Anne.
Con cautela Joel estrasse la pistola, poi tenendola per la canna la usò per frantumare il vetro.
Strani schiocchi risuonarono all’interno.
Con un sospiro la squadra scivolò attraverso l’apertura dentro al capannone mettendo i piedi l’uno dopo l’altro su un fragile soppalco d’acciaio.
Se fuori era caldo, l’aria all’interno del vecchio edificio in lamiera sembra uscita direttamente da una fornace, appestata da un odore pungente e nauseabondo che riusciva in qualche modo a superare ogni filtro mentre le spore svolazzavano qua e là impigliandosi nei vestiti.
Oltre la ringhiera del soppalco la coltre di spore era talmente densa da celare totalmente alla vista il pavimento del capannone.
Click click click
I compagni si voltarono di scatto.
Camminando scomposto sul pavimento metallico un cliker attirato dal rumore del vetro avanzava verso di loro lanciando piccole scariche di ultrasuoni ad intervalli regolari.
Ellie fulminea estrasse il coltello ma Frank la fermò.
Silenzioso come un gatto l’omaccione afferrò un grosso cavo elettrico abbandonato lì accanto, aggirò l’infetto e con un gesto unico gli passò il filo attorno al collo iniziando a stringere.
Senza emettere il minimo suono il cliker iniziò a contorcersi soffocando in silenzio.
Lo aveva quasi ucciso quando d’improvviso il corpo in anossia ebbe un pesante sussulto e con una gamba colpì uno dei consunti sostegni del soppalco.
Con uno scricchiolio sinistro l’intera struttura venne giù di schianto alzando una nuvola di spore e ruggine.
Agitando le braccia nel tentativo di trovare un appiglio nel vuoto i quattro precipitarono.
L’impatto con il suolo tolse il fiato ad Ellie mentre scariche di dolore le si irradiavano lungo tutta la schiena.
Stordita si raddrizzò la maschera e dopo aver costatato di non avere niente di rotto si mise a sedere incespicando e si guardò attorno.
La gioia nel vedere i tre compagi alzarsi illesi si tramutò in orrore nel momento in cui si rese conto di ciò che li circondava.
In una parola Cordyceps, Cordyceps ovunque.
Orride escrescenze fungine ricoprivano ogni cosa, dal soffitto alle travi del soppalco, dai pochi mobili ad ampi tratti del pavimento mentre una densa nebbia di spore riempiva l’aria neanche fossero caduti nel ventre infernale dell’infezione.
Uno scricchiolio raggiunse il suo orecchio.
Di scatto si voltò, appena in tempo per vedere una figura umanoide, con il cranio spaccato da una escrescenza fungina e la pelle ricoperta da orrida mucillagine secca staccarsi dalla massa di Cordyceps più vicina ed avventarsi su di lei con le fauci spalancate.
“STALKER!!!!!!” fece appena in tempo ad urlare attraverso il vetro della maschera, poi la creatura le precipitò addosso sbattendola con violenza a terra.
Senza riuscire ad afferrare il fucile premuto sotto la sua schiena Ellie sollevò le braccia, tentando di allontanare le fauci grondanti di bava dell’infetto dal suo viso mentre il fiato fetido della creatura le appannava il vetro della maschera.
Uno sparo risuonò secco nell’aria ed il cranio dello stalker le esplose in faccia.
Tremando la ragazza si passò una mano sulla maschera ripulendola dai pezzi di cervello appena in tempo per vedere Joel, che aveva perso il fucile nella caduta, abbassare il revolver dalla canna fumante.
Un attimo dopo l’intero capannone esplose nel caos.
Una serie di agghiaccianti latrati strozzati risuonò tra le lamiere dell’edificio mentre le masse fungine purulente che incrostavano ogni anglo iniziavano a creparsi.
Staccandosi dalle pareti, strisciando da sotto i mobili, alcuni persino precipitando dal soffitto gli Stalker apparvero da ogni lato, emergendo come spettri dalla nebbia di spore.
Con le mani che le tremavano Ellie riuscì a sfilare dalla spalla il fucile e fece fuoco in modo convulso, abbattendo con due raffiche ravvicinate un paio di infetti che rapidi come scimmie scendevano dal soppalco collassato.
Con uno strappo simile a quello di un cerotto uno Stalker si staccò dal pavimento e balzò con le fauci spalancate verso Anne.
La donna fulminea imbracciò il fucile e fece fuoco ma nella fretta mancò il veloce bersaglio che in un attimo le fu addosso.
Con un balzo indietro evitò di misura l’assalto della creatura, poi fece scattare l’otturatore, espulse il bossolo e mirò di nuovo, solo per vedere Frank che con le sue mani grosse come prosciutti afferrava lo Stalker e gli spezzava il collo con uno strattone deciso.
Ellie si alzò in piedi incespicando e, appoggiatasi ad un tavolo coperto di mucillagine per lenire le fitte di dolore che le attraversavano gamba destra, riprese a sparare alle ombre ringhianti che si muovevano nella nebbia.
Due infetti emersero dalla coltre di spore lanciandosi contro Joel.
L’uomo sollevò il revolver ed abbatté il prima con un proiettile nel cranio, poi evitando le unghie del secondo balzò all’indietro andando a sbattere con la schiena contro il muro di cartongesso di quello che doveva essere stato l’ufficio del complesso.
Lo stalker con un sibilo scattò verso di lui scoprendo i denti ma Joel più rapido lo colpì al volto con il calcio della pistola e gli piazzò una pallottola nello stomaco.
Fece un sospiro mentre la creatura davanti a lui si contorceva sul pavimento in un lago di sangue micotico.
D’improvviso con un sussulto il muro alle sue spalle si sbriciolò e due braccia grosse e putride lo afferrarono trascinandolo all’interno.
In un istante Joel si ritrovò in un piccolo e fetido ufficio ancora più infestato dal Cordyceps del resto dell’edificio mentre una forza spaventosa lo scagliava contro la parete opposta.
L’impatto gli fece uscire l’aria dai polmoni mentre la pistola rimbalzava lontano.
Inspirando convulsamente attraverso i filtri l’uomo si rialzò e sollevò lo sguardo.
Davanti a lui un infetto grosso, dalle dimensioni ciclopiche, con il corpo ricoperto da mucillagine secca tra le cui pieghe spuntavano sacche di spore purulente ed il cranio squarciato da immense escrescenze fungine sibilava verso di lui.
“Bloater…” sibilò tra i denti.
Con un gemito di dolore fece per scattare verso la pistola, ma la creatura incredibilmente veloce per la stazza, gli fu addosso in un attimo ed emettendo un gorgoglio gutturale lo afferrò e lo sbattè contro il pianale della scrivania alla sua destra.
Lottando disperatamente Joel premette un braccio contro il collo della creatura, tentando di tenere le fauci il più possibile lontane dalla sua gola mentre con la mano libera setacciava convulsamente la scrivania.
Le sue dita si strinsero attorno a qualcosa.
Duro, squadrato metallico.
Senza pesarci due volte l’uomo afferrò l’oggetto e lo usò per colpire il cranio del Bloater con tutta la forza che aveva.
Il rumore di metallo piegato e componenti elettrici sbriciolati si unirono ad uno scricchiolio sordo.
Con un muggito di dolore il Bloater arretrò portandosi le mani alla testa, dalla quale una delle escrescenze era saltata via assieme al relativo frammento di scatola cranica, scoprendo un palmo del cervello infetto.
Fulmineo Joel si lanciò sul pavimento, afferrò la pistola, mirò alla breccia e fece fuoco compulsivamente.
Il cervello del Bloater scoppiò e la creatura crollò a terra inerte.
Quando Frank sfondò la porta dell’ufficio con una spallata ed irruppe all’interno seguito a ruota da Ellie con il fucile in pungo, Joel stava ancora premendo ripetutamente il grilletto del revolver con il cane che producendo uno scatto metallico colpiva il tamburo ormai vuoto.
“Porca puttana!” esclamò Frank come vide il cadavere dell’infetto “Joel! Hai davvero ucciso un dannato Bloater con una pistola?”
“Cristo poteva ammazzarti…” esclamò Ellie abbassando il fucile e correndo verso di lui “Tutto bene? Non ti ha morso vero?” domandò preoccupata chinandosi accanto a lui e controllandogli le braccia.
Joel scosse la testa, poi emettendo un sottile gemito per il dolore alla schiena si alzò in piedi aiutato dalla ragazza.
“Gli Stalker sono tutti morti…” disse Anne entrando nell’ufficio con il fucile in spalla “…il che è fantastico ed è fantastico anche che nessuno di noi sia stato morso...” abbassò lo sguardo verso il cadavere del Bloater” quindi ora non ci resta che trovare la radio e… oh merda no!” esclamò non appena i suoi occhi si posarono sul pavimento.
“Che c’è amore?” domandò Frank alzando un sopracciglio “è solo un Bloater che…”
“Non quello cretino!” esclamò la donna indicando la scatola di metallo con cui Joel aveva colpito l’infetto, ormai ridotta ad un ammasso di lamiera contorta e circuiti elettrici “La radio! Cazzo Joel HAI DISTRUTTO LA RADIO!”
“Oh, merda!” esclamò Ellie mollando il fucile che le ricadde appeso alla tracolla e portandosi le mani ai capelli “Ora come cazzo facciamo ad avvertire quelli di Jackson? Non ce ne sono altre in città?”
“Probabile…” disse Frank” Ma se non sappiamo dove cercare ci serve a poco!”
“Merda… Merda” mormorò Joel voltandosi e tirando un pungo contro al muro di cartongesso accanto al buco creato dal Bloater.
Un pezzo si staccò e volò attraverso la stanza, rimbalzando su un telone lì accanto mezzo coperto dal Cordyceps e producendo un sordo tonfo metallico.
“Aspettate un momento…” mormorò Joel passandosi una mano sul vetro della maschera ed osservando le forme che trasparivano sotto al telo “Forse… c’è ancora un modo di salvare tutti!”
Svelto uscì dall’ufficio passando in mezzo a Frank ed Anne che lo fissavano con sguardo interrogativo e raggiunse il telone di plastica.
Rapido lo afferrò e, con uno sforzo che gli fece dolere la schiena ed ansimare attraverso i filtri della maschera, lo tirò via strappando con un rumore secco le escrescenze fungine che ne rintaccavano la base.
Davanti a loro, vecchio, mezzo arrugginito, ma ancora funzionale un pick-up fece la sua comparsa.
“SI... lo sapevo!” mormorò Joel “Con questo possiamo raggiungere Jackson in tempo!” esclamò voltandosi verso i compagni.
“Sempre se funziona ancora…” disse Frank avvicinandosi, poi si abbassò e aprì la portiera con uno strattone “Addirittura le chiavi appoggiate sul cruscotto… hai il fiuto di un segugio Joel” si piegò all’interno e con un gesto secco tolse il freno a mano e spostò la marcia in folle “Forza portiamolo fuori!”
Veloci i compagni si misero all’opera.
Mentre Anne, Frank e Joel si posizionavano dietro al veicolo pronti a spingere, Ellie si diresse verso la grossa saracinesca che poco più avanti chiudeva l’ingresso del capannone, fece saltare il lucchetto che la bloccava con un colpo di AK47 poi mollò il fucile ed afferrò la catena che pendeva lì accanto iniziando a trarla con decisione.
Con uno stridore metallico e l’inquietante scricchiolio di Cordyceps sbriciolato la vecchia serranda iniziò ad alzarsi lentamente spezzando in due gli scheletri rinsecchiti che vi erano incastrati all’esterno ed inondando il buio e mefitico capannone con l’intensa luce del giorno.
Mentre la ragazza, con i piedi ben puntati a terra, teneva bloccata la catena, gli altri tre spinsero lentamente il vecchio pickup verso il cortile di cemento inondato dal sole.
Come vide che erano passati Ellie mollò la presa e corse in avanti uscendo anche lei dal capannone mentre con uno schianto la saracinesca si richiudeva alle sue spalle, sigillando quell’inferno di Cordyceps.
Finalmente poté abbandonare la farsa e sfilarsi la maschera.
Dopo tutto il tempo passato a sparare in quella putrida fornace di un magazzino l’aria esterna le sembrava quasi fresca e la brezza bollente che le sfiorava il viso sudato un soffio piacevole.
Chiuse gli occhi, assaporando il momento per un istante.
“Ellie, Anne!”
La voce di Frank la riportò alla realtà.
L’uomo aveva sollevato il cofano del veicolo e ne stava esaminando l’interno.
“Il serbatoio è secco, quindi vuoi due andate a recuperare un po’ di carburante! Mi pare di aver visto una cisterna di benzina sul lato del magazzino quando siamo arrivati… speriamo sia ancora piena!” si raddrizzò il cappellino da baseball “Intanto io e Joel vediamo di far funzionare questo vecchio catorcio!”
Anne annuì poi fece gesto ad Ellie di seguirla.
Le due donne procedettero per alcuni metri lungo il largo cortile di cemento, poi svoltarono a sinistra verso la cisterna di benzina, lasciandosi sfuggire un sospiro di sollievo nel momento in cui l’ombra proiettata dal capannone le avvolse teneramente.
Anne si avvicinò alla cisterna e vi picchiettò contro con le nocche.
Fece una smorfia di delusione e provò a colpire più in basso.
Sorrise, suonava di pieno.
“Forza Ellie” disse afferrando una delle varie taniche di plastica consunta abbandonate lì accanto “Aiutami a cercarne una intera così la riempiamo e torniamo dagli altri!” e lanciò via quella che aveva tra le dita, afflitta da una grossa crepa polverosa sul fondo.
Ellie annuì, poi si mise all’opera, dirigendosi verso una catasta di taniche e fusti a sinistra della cisterna.
Si era appena chinata per esaminare la prima quando qualcosa attirò la sua attenzione.
Lì accanto ad appena un metro di altezza da una grata sfondata sottili nuvolette di spore fuoriuscivano ad intervalli regolari disperdendosi nell’aria.
Incuriosita si avvicinò e guardò dentro.
Nella penombra il teschio di un infetto morto da tempo, mezzo inglobato dalla grande massa fungina che era cresciuta nutrendosi del suo corpo, ricambiò lo sguardo.
La ragazza alzò le sopracciglia stupita e fece un passo indietro.
“Lascia perdere Ellie!” esclamò Anne intenta a riempire una tanica nera dal sottile rubinetto della cisterna “Ho già trovato io una tanica integra… torniamo dagli altri”
La ragazza lanciò un ultimo sguardo all’infetto passandosi dubbiosa una mano tra i capelli umidi, poi si voltò e con calma si incamminò dietro Anne.
“Grazie dell’aiuto a proposito!” esclamò la donna, già inginocchiata accanto al veicolo, quando Ellie la raggiunse “Il muro era molto più interessante delle mie noiose taniche?” svitò il tappo del serbatoio ed iniziò a versarvi dentro la benzina.
Lì accanto Frank ancora rovistava dentro al cofano, mentre Joel, sdraiato sulla schiena, si era infilato sotto al pickup per controllare che non vi fossero perdite.
“C’era una grata sfondata…” disse la ragazza appoggiandosi con la spalla da una portiera aperta “Tipo quelle dei condotti di areazione… e dentro c’era lo scheletro di uno Stalker immerso nel Cordyceps e circondato da una nuvola di spore…”
“Spore?” esclamò Anne sgranando gli occhi ed alzando lo sguardo verso di lei “Tu non le hai respirate vero?”
“Ti sembra che stia tossendo?” domandò la ragazza alzando un sopracciglio “Mi è solo sembrato strano…”
“Qua sotto tutto a posto!” esclamò Joel emergendo da sotto il pickup rosso in volto ed alzandosi in piedi “E da quel che dice Ellie penso di aver capito che è successo nel capannone…” si sistemò la camicia che gli grattava sulle bende avvolte attorno al petto. “Quando gli amici di Barry hanno salvato i profughi e respinto gli infetti…probabilmente uno Stalker agonizzante si deve essere rifugiato nel condotto di areazione! Quando è morto ha liberato le spore di Cordyceps che aveva in corpo e…”
“…e siccome il capannone ha i vetri fissi nel momento in cui gli amici di Barry hanno acceso l’impianto di ventilazione per arieggiare il complesso pieno di gente hanno fatto tutti una bella doccia di spore…” Concluse Anne alzandosi in piedi e lanciando via la tanica vuota “…poveri bastardi…”
“Cristo….”mormorò Ellie voltandosi con lo sguardo triste verso gli scheletri spaccati della donna e la ragazzina “Quindi in pratica loro sono stati quelli fortunati del gruppo…”
“Se avete finito di fare deprimenti congetture…” disse Frank chiudendo con un tonfo il cofano del Pickup “…qui è tutto funzionante… a parte la batteria ovviamente che è più vuota della testa di un runner, ma con una spintarella possiamo rimediare” si voltò verso Joel “Te la senti di guidare vecchio?” domandò “Io sono un buon meccanico, ma come pilota non amo il cambio manuale…”
Joel annuì “Temo che sarà un viaggetto avventuroso…” disse grattandosi la barba “…la strada per Jackson è troppo dissestata per percorrerla con un veicolo, quindi la nostra unica opzione è passare dal letto del fiume secco!”
“Cristo Joel!” esclamò Ellie “In mezzo all’orda?”
“Nah” rispose l’uomo sedendosi al posto del guidatore ed infilando le chiavi nel cruscotto “Basterà costeggiarla…”
“Ah allora…” mormorò la ragazza afferrando il telaio del veicolo accanto alla portiera mentre Anne e Frank si sistemavano dietro.
All’unisono tutti e tre cominciarono a spingere il vecchio pickup fino a che, alcuni metri più avanti quando Joel girò la chiave, il motore non si accese con un borbottio gracchiante.
Subito, con il veicolo che iniziava ad accelerare, Ellie si infilò sul sedile accanto a Joel e richiuse la portiera mentre dietro di loro Frank e Anne si issavano sul pianale.
Con un colpo deciso, il pickup, ormai lanciato ad una velocità accettabile colpì il vecchio cancello di rete che chiudeva l’ingresso del cortile spezzandone il lucchetto e spalancandolo di colpo, per poi immettersi rombando nella larga strada asfaltata della zona industriale.
   
 
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