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Autore: BabaYagaIsBack    20/10/2022    1 recensioni
In un' Europa dalle atmosfere steampunk e in cui la Chiesa ha tutt'altre connotazioni, un ordine di esorcisti si dedica alla creazione di vânător, cacciatori del sovrannaturale. E' da loro che Katarina impara i rudimenti per affrontare tutti i mostri che popolano la notte più scura, prefiggendosi come obbiettivo ultimo quello di uccidere Dracul, il Re di tutti i Vampiri.
Districandosi tra personaggi bizzarri e situazioni estreme, Miss Bahun cerca di mettere fine alla linea di sangue creata dai fratelli Corvinus, ergendosi al di sopra di tutti gli altri suoi compagni. Eppure qualcosa non torna, una nuova minaccia sembra voler sovvertire tutto ciò che lei conosce e, improvvisamente, gli amici diventano nemici. Di chi fidarsi,quindi, quando il genere umano è in pericolo?
Genere: Avventura, Dark, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
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XIV
parte I

Fuori dal finestrino della carrozza a vapore le linee colorate che Julius le aveva mostrato si susseguivano come proiettili sparati di seguito, eppure Katarina non riusciva a dar loro il giusto peso. Una parte di lei sapeva che avrebbe dovuto prestare attenzione a tutti quei dettagli, alle piccolezze, ai luoghi, alle informazioni seppur sciocche che i suoi accompagnatori si stavano scambiando, ma non ci riusciva. Non in quel momento. Non dopo quello che era accaduto prima.

Ce a vrut sa spuna? (cosa intendeva?) si chiese ancora, per l'ennesima volta - e per l'ennesima volta strinse le dita della mano sinistra sulla gonna in flanella. Fece tanta pressione da avvertire i tendini irrigidirsi, i muscoli contrarsi su lungo il polso, l'avambraccio e, infine, il braccio. Immaginò la Voglia della Vergine muoversi come se uno spasmo l'avesse scossa, poi digrignò i denti.
Per quale ragione Madre Goldchild aveva usato quel singolare gioco di parole? Possibile che le fosse giunta voce-

«Qualcosa vi turba?»
Miss Bahun spostò solo lo sguardo, il viso non sembrò in alcun modo volersi staccare dal palmo su cui era poggiato.
«Cosa ve lo fa supporre?» Suzu scrollò appena le spalle, distogliendo gli occhi dalla donna. La bocca gli si tese leggermente, creando due grinze ai lati: «Siete qui da due giorni e non vi siete fatta scappare nemmeno un'occasione per lanciare frecciatine saccenti nei nostri confronti, eppure stamane siete stranamente silenziosa.»
«Beh, a quanto pare non avete familiarità con i ragionamenti, Mister Whiteman, altrimenti sapreste che i pensieri sono silenziosi e occupano spazio.»
Lui rise. Le labbra si separarono appena mostrando i denti e poi volse il viso altrove. Con una mano afferrò la tesa della bombetta e la tirò verso il basso, come a voler nascondere la propria ilarità - e, nel farlo, la manica si ritirò tanto da mostrare le bendature che dal palmo salivano chissà fino a che punto. Come se le era procurate, per Katarina restava ancora un curioso interrogativo.
«Mi chiedevo solo se non fosse meglio rimandare la visita all'obitorio vista la vostra concentrazione, magari avreste preferito riposare.»
La donna tornò a fissare fuori dal finestrino: «Il vostro senso del dovere non mi delude mai, sapete? Ad ogni modo non sprecate preoccupazioni inutili per me, Whiteman, riposerò quando tornerò a Roma.»

Julius mosse il proprio bastone, facendogli fare una sorta di movimento circolare: «Potrebbero volerci settimane, Miss, e il riposo è fondamentale per gente come noi.»
«Prego?» Una sensazione fastidiosa colse Katarina, facendole scomporre la posa. A quel punto Lord Terry fece un gesto teatrale, una sorta di fronzolo con la mano guantata di bianco - un colore riprovevole per gente come loro.
«C'è bisogno di riposo per combattere i Figli della Notte, concentrazione e prestanza che la stanchezza potrebbe compromettere.»
Le venne da ridere. O da vomitare. Nemmeno lei aveva ben chiaro come fosse più opportuno reagire a un simile commento. Certo, il riposo avrebbe fatto bene, tanto alcol in corpo avrebbe fatto meglio però; sarebbe stato capace d'anestetizzare il dolore e annebbiare la paura, l'ansia, i pensieri peggiori - ma c'era una cosa che avrebbe giovato più di tutte le altre, ed era la stessa che la differenziava da quei due, a suo avviso: il disgusto, che spesso prendeva la forma di rabbia, vendetta o di insaziabile desiderio di violenza. Tutto ciò avrebbe potuto sanare la mancanza di sonno per giorni, ma probabilmente vânător come loro non potevano saperlo. Chissà se nella loro carriera dopo i voti avevano mai messo piede fuori da quella sorta di caotica città; se avevano mai provato il sapore crudo della violenza, della stanchezza o solo del proprio sangue. Chissà se nelle loro braccia era rimasto esanime il corpo di qualcun altro o se, semplicemente, avevano svolto un ruolo diverso da quello di meri perlustratori, guardiani dell'ordine cittadino.

«E ve ne siete presi molto, ultimamente, per quel che mi pare di capire.»
La smorfia di Julius assunse una sfumatura stanca, nostalgica. I suoi occhi si posarono sul manico argento del bastone da passeggio che si portava appresso da due giorni. Le dita vi si strinsero sopra, lambendo minacciose quella che sembrava essere la testa di un cervo. Era la prima volta che Katarina si soffermava su quel dettaglio, fino a quel momento non si era accorta della maestria con cui quell'oggetto era stato lavorato da... corrugò le sopracciglia, notando d'un tratto una minuzia: un gancio. Piccolo e raffinato, un prolungamento innocente del pelo della bestia che andava a mutare completamente il senso di quell'arnese. L'impugnatura all'improvviso divenne ai suoi occhi un'elsa e lo spesso cilindro di noce un feretro - e senza alcuna attinenza col discorso le sfuggì: «È davvero un'arma incantevole.»
L'uomo sussultò. Le dita strinsero con più forza, gelose, ed in totale contrasto con quel gesto poi, sul suo volto, si sforzò d'appollaiarsi un sorriso che Miss Bahun non seppe interpretare. Era forse fastidio?
«Invero» tagliò corto allontanando lo sguardo e confermando così le supposizioni di Katarina che, come un gatto che scorge la coda del topo, si fiondò sulla questione con rinnovato interesse.
«È di puro argento? La lama non sembra essere molto... spessa. Ha la dimensione di un fioretto se non erro» Miss Bahun sapeva di star pizzicando una corda tesa, lo poteva vedere in ogni piccola contrazione sul viso del collega, dal modo in cui le sue spalle si andavano irrigidendo e le nocche spuntavano sotto il cotone dei guanti, eppure non si fermò. Era curiosa, non poteva negarlo. «Chi l'ha realizzata deve avere eseguito un lavoro di fino. L'avete commissionata voi, vero? Sembra relativ-» ed esattamente come ci si sarebbe aspettato, Lord Terry finalmente perse la pazienza. Picchiando il bastone sul fondo della carrozza mise a tacere la donna. Persino Suzu al suo fianco parve venir colto alla sprovvista, finendo col compiere un sussulto quasi impercettibile.
Nello sguardo di Julius, intanto, Miss Bahun colse la stessa luce rabbiosa che l'aveva stupita a casa dell'Exilati, facendole nuovamente chiedere quanto quell'uomo giocasse a far lo stupido e quanto, in realtà, lo fosse. Per un momento le sembrò di aver di fronte una persona completamente diversa da quella con cui aveva parlato sino a qualche minuto prima, eppure c'era qualcosa, nell'espressione del Lord, che la convinse trattarsi del medesimo vânător.
«Non siete mai stata tanto eloquente su questioni che non fossero il Caso o i Maligni da quando avete messo piede in questa città, mia cara, non capisco perché dobbiate esserlo adesso.» L'uomo si bagnò le labbra, le morse appena come a stemperare il proprio fastidio. Allontanò gli occhi da lei giusto qualche istante e poi si concesse un sbuffo dalle narici, quasi arrendendosi davanti a una constatazione fatta tra sé e sé: «Risponderò alle vostre domande perché sono pur sempre un gentiluomo, ma graziatemi con quel che resta della vostra educazione e rispettate la mia riservatezza.»
Ma Katarina non capì. Quella riluttanza, il fastidio nel parlarle di una stupida arma era per lei incomprensibile. Ad uno sguardo più attento quel bastone non sembrava in alcun modo essere un cimelio di famiglia; l'impugnatura era troppo lustra, immacolata, così come la gamba quasi completamente priva di segni d'usura. Doveva essere stato usato poco, se non mai, in situazioni pericolose, fossero queste state scontri o semplici inseguimenti. Per quel che poteva supporre, non doveva avere più di un paio d'anni - perché arrabbiarsi, quindi?

«Non vi facevo un uomo geloso, Julius,» si affrettò a dire poggiando il gomito sul bordo del finestrino e poi il viso sulle dita alla fine del braccio: «sono solo particolarmente appassionata d'armi. La mia è una curiosità giustificata.»
«E per ciò non vi colpevolizzo. Dubito vi sia un solo vânător che non sia interessato a queste cose» il suo sguardo restò altrove, così come l'espressione non si addolcì minimamente. Il suo turbamento permeava, era ovvio, ma dire su che piano si trovasse era difficile.
Lord Terry sospirò, soppesò con attenzione pensieri e parole. Dopo qualche secondo di silenzio che a Katarina fece storcere il naso e soffocare uno sbuffo, parve decidersi a parlare.
«È un'arma recente, avete ragione» la voce che riempì l'abitacolo però non fu quella del nobiluomo, bensì quella di Suzu sedutogli accanto. Nemmeno lui la stava guardando, quantomeno non all'inizio del discorso. Osservava fuori dal finestrino tenendo traccia di qualcosa, forse le strade, i volti o i pensieri che stava mettendo in fila nella mente: «È stata realizzata poco più di un anno fa da un orafo ormai in pensione, un caro amico della famiglia Terry.»
«Un orafo?» Miss Bahun scandì bene quel titolo, lo fece con estrema cura, confusa, subito prima di stringere tra le labbra una risata: «Per quanto poco possa conoscere la vostra lingua sono certa che si dica fabbro, o armaiolo, non orafo.»
Le dita di Julius allentarono la presa sull'elsa, carezzarono lente la testa del cervo privo di corna. Con la coda dell'occhio Katarina lo vide scivolare dal muso allungato dell'animale su lungo la fronte, il capo e le orecchie, fermandosi una volta raggiunta l'estremità più vicina a sé.
«No, intende proprio ciò che ha detto» sibilò: «Ho chiesto a un orafo in pensione di crearmi un'arma speciale, unica» forse mordendosi la lingua, l'uomo si volse nella stessa direzione dell'amico: «il poveretto si è rintanato un mese nell'officina di un fabbro e ha collaborato con lui, poi ha speso altri quindici giorni nella falegnameria di un fratello più giovane che sta a Whitechapel. Dopo due mesi mi ha portato questo gioiello. Un fioretto dalla lama più spessa, simile a uno stiletto ma resistente quanto una spada vera e propria, tutto argento. Non gli sarò mai grato a sufficienza» dichiarò infine, portando finalmente l'attenzione sull'interlocutrice che, seppur insoddisfatta dalla risposta, non pretese altro. C'era qualcosa, nella vacuità dell'espressione di Julius, che aveva il sapore della forzatura - e d'un tratto le fu impossibile insistere. Comprese da sé che la parte succosa riguardante l'origine di quell'arma era qualcosa di cui nessuno dei colleghi voleva parlare, una sorta di segreto tacitamente accordato.
«Spero che il pover'uomo si sia fatto pagare bene, viste le pretese» bofonchiò dopo qualche momento di riflessione prima di riportare lo sguardo fuori dell'abitacolo, esattamente come Suzu. Non aveva alcun senso insistere, non quel giorno quantomeno - e se la sua speranza di levarsi quei due di torno nel giro di poco si fosse rivelata reale, probabilmente mai. Potevano tranquillamente tenersi i loro segreti, lei ne aveva già abbastanza con cui fare i conti.

D'improvviso, riportando realmente l'attenzione sulla città oltre il vetro sottile della carrozza, Katarina si accorse di come il paesaggio fosse cambiato, di come le strade si fossero fatte caotiche e affollate e i palazzi avessero preso ad ammassarsi gli uni sugli altri. A terra binari affusolati dividevano lo sterrato come cicatrici lungo la pelle di Londinium e sopra, quasi paralleli, cavi spessi si collegavano qua e là ad altri, creando una sorta di ragnatela che divideva i passanti dal cielo, quasi a imprigionarli. Per un istante quella visione la portò indietro di qualche anno, quando Padre Costantino l'aveva convinta a seguire un caso nella Repubblica Parigina; era stata la prima volta in cui i suoi occhi avevano incontrato il complicato reticolo creato dalle linee tranviarie e, se non fosse stata abbastanza lucida, persino l'ultima. Un brivido fastidioso le fece scuotere le spalle e ritrarre dal finestrino, mimando un'espressione inorridita.
Aveva rischiato di morire in un modo così sciocco che ancora, ripensandoci, le sembrava impossibile crederci. Nell'inseguire un sospettato aveva mosso passi veloci oltre il marciapiede: il sole tramontante negli occhi, intervallato solo da quei cavi che si era chiesta a cosa servissero, e il caos cittadino a riempirle le orecchie. Era stato un attimo, poi il trillo fastidioso di una campanella l'aveva costretta a spostare lo sguardo, voltare il capo e... toc! Lo scatto all'indietro le era costato un ruzzolone a terra, un dolore al coccige e gli insulti del conducente. Aveva vent'anni e sufficiente esperienza per non perdonarsi un errore così sciocco, una svista che le era costata il proprio bersaglio - dispersosi in fretta e furia tra la gente e i cavalli per evitare di trasformarsi davanti a tutti.

Un "la naiba!" (Mannaggia!) le sfuggì afono di bocca prima che i denti potessero affondare nella lingua.
Grazie al cielo nessuno dell'Ordine l'aveva vista.

«Miss Bahun?» la voce di Suzu interruppe i suoi pensieri, facendole nuovamente voltare il capo.
Con la falange dell'indice l'uomo picchiettò sul vetro accanto al proprio viso, sorridendo con una certa soddisfazione: «Se presta attenzione al fondo di questa strada potrà scorgere Scotland Yard, la sede centrale della polizia locale. È lì che si trovano i cadaveri delle vittime.»
Katarina ruotò il busto, sfiorò col naso prominente il vetro freddo e tentò di scorgere la struttura indicatale dal collega. Non le fu difficile notarla: Scotland Yard si distingueva in modo netto dal resto degli edifici, sia per aspetto che per dimensioni. I mattoni rossi, intervallati da bianchi che andavano a disegnare linee dritte lungo tutta la facciata, non avevano nulla da spartire con le costruzioni che vi stavano attorno. La centrale di polizia se ne stava isolata dentro a cancelli relativamente alti, in ferro battuto e dall'aspetto fragile; non c'erano piante ad abbellirne l'entrata e fuori uomini in divisa davano l'unico tocco di colore.

«Per quale motivo?» chiese in tono piatto, all'apparenza disinteressato. Stava studiando quel luogo: punti d'entrata e d'uscita, dimensioni, zone cieche. Nella testa stava già mappando l'esterno perché, in fin dei conti, tutto poteva succedere - magari il colpevole sarebbe andato a far visita alle sue vittime, oppure loro stesse si sarebbero risvegliate e avrebbero cercato di fuggire.

Mister Whiteman si schiarì la gola, forse tentando di raccattare le parole giuste per non far sembrare la Divisione di Londinium ancora più incompetente: «I corpi sono stati segnalati alle autorità civili. Loro hanno poi provveduto a informarci.»
«E non li avete portati alla Sede di competenza?» la nota accusatoria uscì spontanea, Katarina non provò nemmeno a nasconderla. Il protocollo era chiaro e persino lei, che delle regole se ne fregava per la maggior parte del tempo, lo sapeva - così come parve saperlo Suzu, che esitò.
«No.»
La donna staccò il naso dal vetro, posò gli occhi prima sulla propria gonna in tweed, che lisciò un paio di volte con le dita, poi su di lui: «Così facendo rendete difficoltose le indagini. Inoltre mettete a repentaglio l'incolumità degli umani, ve ne rendete conto?»
«Non abbiamo capienza sufficiente per ospitare questi corpi, e nemmeno personale per analizzarli.»
Trattenne una risata.
«Stiamo parlando di tre cadaveri, Whiteman, non di un plotone.»
Lo vide mordersi il labbro: «Lo so bene, credetemi, ma abbiamo già tutti gli oculi pieni e i frati al lavoro.»
«Quanti?»
«Pardon?»
«Quanti oculi avete?»
Il vânător sobbalzò, impreparato - e Katarina suppose di aver toccato l'ennesimo tasto dolente.
La carrozza iniziò a rallentare. I cavalli nitrirono poco più in là.

«Quindi?»
Suzu guardò Julius, ma l'uomo non spostò l'attenzione dal proprio bastone, nonostante rispose al posto dell'amico.
«Sette, Miss.»
«E sono tutti occupati?» Il sorriso le si tese maggiormente, creando strane arricciature accanto alle narici.
L'uomo a quel punto sospirò, le sue dita si mossero veloci sull'elsa del bastone e schivo aggiunse: «Alcuni ospitano anche più di una salma, Miss.»

Il veicolo si fermò facendoli oscillare sui sedili e con le sopracciglia aggrottate e le labbra schiuse, quasi senza accorgersi, Katarina chiese: «Come?»
 

 
   
 
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