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Autore: Subutai Khan    22/10/2022    0 recensioni
Quella notte al tempio Hazakura è stata a dir poco movimentata. Intrighi si sono intrecciati, vite sono state spezzate, cuori sono stati infranti. Ma nonostante tutto qualcosa di buono ne è venuto fuori alla fine.
Bene. Proviamo a vedere cosa sarebbe successo se un certo procuratore non fosse stato accarezzato dalla Dea Bendata.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Iris, Morgan Fey, Pearl Fey, Phoenix Wright
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Pearl Fey, Maestra di Kurain'
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7 febbraio 2019.

Pearl, dove diavolo sei finita?

Perché non sei a dormire in camera tua, come ogni brava bimba della tua età dovrebbe fare? Morgan non ti ha insegnato che è pericoloso andarsene a spasso dopo una certa ora? Beh, se mi aspetto che quella donna possa aver cresciuto sua figlia con dei sani principi morali sto fresco.

Brrr. Non nevica ma fa freddo qui fuori. Mi appoggio con la mano al muro di cinta che delimita l’ingresso del tempio Hazakura, cercando di riprendere fiato dopo l’ennesima corsa a vuoto. Non è ancora tardissimo, dato che sorella Iris ha suonato la campana che indicava le ore dieci da non più di un quarto d’ora, ma è chiaramente già buio e io sono preoccupato.

E dire che ho accettato di venire in ‘sto postaccio dimenticato dai kami perché la foto di quella ragazza, Iris… dannazione se è uguale a Dahlia Hawthorne. Eppure ora non m’interessa nulla di tutto ciò, l’unica cosa che mi preme è ritrovarti sana e salva.

La mia mente corre truffaldina al fiume Eagle.

No. No. No.

Non sei caduta là sotto, vero?

No, non ci sei caduta. Lo so.

Lo… so.

Basta Wright, basta. Non devi neanche azzardarti a pensare a eventualità così tremende.

Vedo Iris venire nella mia direzione, anche lei visibilmente affaticata dalla ricerca: “Allora sorella, l’ha trovata?”

“No, purtroppo no. Ho passato al setaccio ogni singola stanza del tempio sperando di aver fortuna, ma non è andata così. Qui non c’è.”

“E allora dove…”

“Lei ha idea se potrebbe aver fatto qualcosa di imprevisto? Non so, per esempio se possa essere andata alla sala di addestramento per sincerarsi delle condizioni della mistica Maya. A cena mi era sembrata a dir poco titubante mentre ne parlava con sorella Bikini, magari si è spaventata.”

Sai cosa? Non è un’ipotesi poi così campata per aria, in effetti l’apprensione per la cugina era abbastanza evidente sul suo volto. Potrebbe aver ragione.

“Guardi, non le so dire se ci è andata ma devo ammettere che è un’opzione valida. Le va di accompagnarmi?”

“Sicuro. Anzi, per far prima potremmo andare con la motoslitta se se la sente.”

“Nessun problema.”

Montiamo e in pochi secondi rombiamo verso il ponte Dusky, l’unica via che unisce il tempio principale da quello più piccolo dove si trova la suddetta sala d’addestramento.

Stiamo giusto scendendo dal mezzo, proprio di fronte al ponte, quando…

“AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH!”

Cazzo cazzo cazzo. Era la voce di Pearl.

Io e Iris ci guardiamo per un istante negli occhi, entrambi scioccati da quanto abbiamo appena sentito. Poi ci precipitiamo come saette verso la fonte dell’urlo, che presumibilmente è il tempietto in cui Maya avrebbe dovuto trascorrere la notte.

Giungiamo più in fretta che possiamo.

E quando lo facciamo…

Lo…

Spettacolo…

 

Peggiore…

Possibile…

Io non credo a quanto sto vedendo. Non ci posso credere. Non ci voglio credere.

Non è vero. Semplicemente non è vero.

Impossibile.

Non posso star vedendo…

Pearl con in mano un coltello insanguinato…

Che osserva con gli occhi sbarrati…

Il corpo…

Senza vita…

Di Maya, steso per terra.

Nonononononononononononononononononononononono.

Mi avvento su di lei, con Iris che fa lo stesso. Ma quando faccio per abbracciarla, lei si scansa e va ad appiattirsi contro il muro laterale: “Mi stia lontano, signor Nick! Sono pericolosa!”

“Pericolosa? Cosa vai cianciando, Pearl?”

“Maya… Maya… sono… sono stata io…”

La mia mandibola non solo tocca terra, presto imitata da quella di Iris, ma comincia a scavare per vedere quanto è lontano il nucleo terrestre: “Non sei… stata tu…”

La sua risposta è un’inizio di pianto a dirotto, probabilmente trattenuto solo per forza di volontà.

Mentre cerco di riavvitarmi la bocca, mi avvicino quatto quatto a lei per tentare di calmarla e di farmi spiegare per bene cos’è successo. Perché no, nonostante le apparenze io sono sicuro oltre ogni ragionevole dubbio che Pearl Fey non ha e non può aver pugnalato Maya Fey. Viveva in adorazione di sua cugina, non le avrebbe mai e poi mai fatto del male di sua spontanea volontà. Ci dev’essere qualcosa sotto.

Il mio stomaco mi fa sgarbatamente notare che questo non è il momento per le elucubrazioni da avvocato, è il momento della disperazione più cupa da uomo che ha appena visto il cadavere di una persona a cui voleva un bene dell’anima. Non sapendo come, riesco a dargli un calcio in bocca per farlo stare zitto.

Ci voglio vedere chiaro prima di darmi all’isteria più totale.

Lei striscia veloce, non volendo farsi prendere. Ma con un balzo ho la meglio e finalmente la abbranco per le spalle: “Pearl, ora devi ascoltarmi bene. Dimmi cosa sai di quanto è successo qui. Tutto quello che sai. Tutto.”

“Io… io ho solo… fatto quanto mi ha detto… la mia mamma…”

Un rivolo di sudore freddo mi entra in bocca.

C’è di mezzo quella strega di Morgan Fey, allora. Vedete che avevo ragione? Era assolutamente inconcepibile che fosse tutta farina del suo sacco.

“Cosa ti ha detto la tua mamma, Pearl? Cosa dovevi fare?”

“E-Evocare… uno spirito… e lasciarle campo libero…”

E non so come, appena lascia capire che lo spirito a cui si riferisce era quello di una donna, lo realizzo: sta parlando di Dahlia. Non lo so come posso essere giunto a una simile conclusione, non sono neanche sicuro che la sua condanna a morte sia già stata eseguita, ma ne sono totalmente convinto.

Ci penserò al momento opportuno, in aula. Dio, sarà il processo peggiore della mia vita per più di un motivo.

“Sai chi era la persona che dovevi evocare?” Ripeto, io lo so. Ma un’ulteriore conferma non guasta.

“No… c’era una foto allegata… alla lettera…”

“Fammele vedere, per favore. Sia la lettera, sia la foto.”

“Le… le ho lasciate in camera… mia…” Poi la poveretta si lascia travolgere dall’onda emotiva, scoppiando a piangere.

Dicono che il fiume Eagle abbia delle rapide micidiali, ma quel ruscelletto può solo essere invidioso in questo momento.

Mi rivolgo a Iris, chiedendole di tornare al tempio e di telefonare alla polizia. Naturalmente non mi piace affatto come idea, ma non possiamo proprio far finta di nulla. Lei, seppur palesemente scioccata, fa un cenno affermativo con la testa e si avvia.

“Ah. Già che c’è può anche recuperare lettera e foto dalla sua camera, per favore?”

“Certo.”

Tento un paio di volte di calmare Pearl, ma non c’è verso. Questa bambina sta soffrendo in maniera atroce, non si può dubitarne neanche per un attimo. Quale persona sana di mente potrebbe anche solo sospettare un suo coinvolgimento volontario, vedendo simili risultati? E poi, se dice che c’è lo zampino di sua madre, io credo di star cominciando a intuire lo scenario, quantomeno nelle sue linee principali.

Ma questo è tutto materiale per dopo. Ora la mia priorità è di farla smettere.

Non ci riesco.

Ci provo, ci riprovo e ci riprovo ancora. È inconsolabile.

Feh. Te ne puoi forse stupire, Wright?

Almeno riesco a convincerla a uscire all’aria aperta. Restare lì avrebbe solo gettato ulteriore sale sulla sua ferita, che al contrario di quanto suggeriscono biologia e buon senso si allarga sempre di più col passare dei minuti. Non che poi a me facesse piacere rischiare ogni due per tre di buttare l’occhio su… Maya. La luce dei lampioni è quella che è, ma sempre meglio che il buio abbastanza pesto dell’interno.

Il mio stomaco reclama ancora il suo spazio. Mi riesce di nuovo di metterlo a tacere, sebbene con più fatica di prima.

Attendiamo l’arrivo della polizia, in una situazione immutata.

Lucidamente mi rendo conto che ci vorrà un po’, il monte Eagle è un posto isolato e non comodissimo da raggiungere. Ma inconsciamente mi lamento molto per la loro lentezza.

Poi, finalmente, eccoli.

Ci sono fra gli altri Gumshoe, Edgeworth… e Godot. Perché c’è qua più di un procuratore?

Il mio amico d’infanzia reagisce per primo alla scena di una Pearl che rischia di affogare nelle sue stesse lacrime. Si avvicina a noi, sul suo volto chiara l'apprensione: “Wright, che succede qui?”

“Edgeworth… vai dentro e scoprilo da te.”

“Il tuo tono…”

“Capirai quando vedrai.”

Fa quanto gli ho suggerito, seguito dagli altri due. Un minuto dopo escono, Edgeworth e Gumshoe vitrei e Godot… non capisco il perché, ma è incazzato come una biscia. Sembra quasi che il suo visore fumi da tanto è il calore che il suo viso sta emanando.

“Trite!” si rivolge a me, che ancora sono impegnato a coccolare Pearl (la quale, per inciso, non ha mai smesso).

“Che… che c’è?”

“Fottuto debosciato che non sei altro, hai permesso che Maya Fey morisse! Sei veramente la feccia che pensavo tu fossi!”

Eh? Scusa, come ti permetti?

Non mi degna di un ulteriore sguardo mentre se ne va, tracimando ira nella sua scia.

Porca vacca.

Sì stomaco, ti ho sentito. Piantala di rompere le scatole. Ho tutto il tempo del mondo per dar fuori di matto, ma solo dopo che avrò definitivamente capito come sono andate le cose stanotte.

 

*

 

14 maggio 2030.

Bene Pearl, il giorno tanto temuto è alle porte.

Domani verrai ufficialmente investita del ruolo di Maestra di Kurain.

Peccato che tu non voglia esserlo. Chissenefrega. Non hai voce in capitolo, così come non l’hai mai avuta finora nella tua vita.

Ma adesso voglio poter finalmente fare una cosa perché IO ho deciso di farla.

È per questo motivo che ora ti stai dirigendo al centro di detenzione.

Vuoi incontrare Morgan. Incontrare Morgan, vomitarle addosso tutto il veleno che ti ha corroso fino ad adesso e sperare che quella stronza venga stroncata da un infarto di fronte ai tuoi soddisfatti occhi.

Sii seria. Sai che non succederà. Un infarto richiede un cuore che si ferma e quella donna ne è sprovvista.

Come sono arrivata a questa disgraziata situazione? Perché non sono a marcire in galera assieme a lei?

Semplice: per il sistema giuridico Maya Fey è stata uccisa da Dahlia Hawthorne. Il che, strettamente parlando, è giusto. Io non ero cosciente di quanto è realmente successo in quel tugurio di tempio, al mio posto c’era… mia sorella maggiore. È stato un immenso piacere scoprire che mia cugina, che amavo con tutta me stessa, è tecnicamente morta per mano mia e fattualmente per mano di una sorella che neanche sospettavo di avere.

Qualcuno potrebbe credere che sia stata fortunata. Il fatto che lo spirito prenda completamente possesso del corpo della medium, e che sia quasi impossibile espellerlo, mi ha esonerata da qualunque reale responsabilità. Beh, a questo idiota direi che non ha capito nulla se arrivasse a pensare una troiata del genere.

Da quel giorno mi sono rifiutata di evocare chicchessia. Per me l’arte della famiglia Fey è estinta, sparita, mai esistita. È una delle tante cose che mi ricorda dell’orrendo delitto di cui mi sono macchiata.

E poi c’è Nick, quel gran bastardo.

Anzi no, non è del tutto esatto: c’è Nick, il gran bastardo e c’è Misty, la gran zoccola. Assieme, come un tag team di wrestling.

Io gliel’avevo detto, a chiare lettere. Non doveva difendermi in tribunale. Volevo essere condannata. Volevo scontare la pena che meritavo e merito tuttora. Ma lui no, figurati. Figurati se sarebbe stato ad ascoltare una tenera bimba di nove anni che reclamava il proprio operato. Così se n’è sbattuto, mi ha prevaricata ed è riuscito a farsi assegnare l’incarico. Poi, nel ruolo di consulente che prima era solitamente coperto da Maya, si è palesata mia zia Misty, sbucata fuori dalle nebbie eterne che l’avevano inghiottita nei precedenti diciassette anni. Pare che sia stato il procuratore Godot a contattarla, informandola del fato di sua figlia, e che poi lei abbia deciso di presentarsi alla porta dell’ufficio legale Wright & Co. per potersi rendere utile in qualche modo. Che modo? Evocando Dahlia nel bel mezzo del processo e facendole ammettere che era stata di fatto la sua mano a commettere l’omicidio. Oh, e rinunciando di fronte a tutti al ruolo di Maestra e quindi scaricando la patata bollente nel mio grembo.

La confessione della mia dolce sorellina, che se potessi impiccherei diecimila volte consecutive, non è stata poi così fondamentale. C’erano già degli elementi che mi scagionavano. Parlo in particolare di due cose: la lettera di Morgan e le impronte.

Nella prima c’era scritto a chiare lettere che avrei dovuto evocarla quella notte, cosa che da brava bambina ubbidiente e rispettosa dell’autorità materna ho fatto, e poi lavarmene le mani che tanto ci avrebbe pensato lei. Per quanto riguarda le seconde… beh, non è un’esagerazione quando si dice che uno spirito evocato nel mondo materiale prende letteralmente possesso del corpo dell’evocatore. Tanto che sul coltello, oltre alle mie, c’erano le sue impronte digitali.

A quel punto il giudice, memore anche del caso dell’anno precedente che aveva coinvolto Maya, si è trovato costretto a decretare che il colpevole non fosse altri che Dahlia Hawthorne. Per me niente, lo zero assoluto. Neanche un concorso di colpa, una complicità, nulla. Di fronte alla Cieca Dama io risulto linda come un lenzuolo appena lavato.

La mia coscienza non è esattamente d’accordo con quest’ultima affermazione.

Pearl Fey. Vent’anni. In procinto di diventare Maestra, un ruolo per cui i vari rami della famiglia Fey si sono fatti la guerra per decenni, se non addirittura per secoli. Mi odio a morte.

Non è giusto. Non è giusto che io sia qui, viva e libera, a godere dei frutti del delittuoso lavoro di mia madre. Dovrei essere a farle compagnia, scarabocchiando le pareti della mia cella mentre conto i giorni che mi separano dall’esecuzione.

Odio me stessa.

Odio il mio immenso talento naturale nella tecnica di evocazione degli spiriti.

Odio mia madre.

Odio mia sorella.

Odio mia zia.

Odio Phoenix Wright.

L’unica persona che non odio è mia cugina, di tutti coloro che ho elencato la sola a non avere nessun tipo di macchia nell’anima. È morta immacolata.

Toh. Non mi ero neanche accorta di essere arrivata a destinazione.

Sbrigo le pratiche burocratiche e attendo che portino Morgan nella sala dei colloqui.

Finalmente siamo faccia a faccia.

“Pearl.”

“Morgan.”

“Perché hai richiesto questo colloquio? Dovresti essere a prepararti per la cerimonia di domani.”

“Non me ne fotte nulla della cerimonia di domani. Se potessi lascerei volentieri a te l’incombenza.”

“Pffft. Sei gentile figlia mia, ma come vedi mi è leggermente impossibile. E lo era anche quando non ero obbligata dietro queste sbarre.”

“Povera anima, mi si spezza il cuore. Sei senza un briciolo di potere spirituale e ti sei fatta fare le scarpe da tua sorella, ma nonostante questo sei rimasta la stessa persona ambiziosa e manipolatrice che sei sempre stata.”

“Mi lusinghi, troppo buona. Però non hai ancora risposto alla mia domanda.”

“Devo per forza avere un motivo per venire a visitare mia madre in prigione?”

“Beh, visti i precedenti undici anni in cui non ti sei fatta vedere neanche dipinta… sì, mi verrebbe da dire che non sei qui tanto per occupare il tuo tempo.”

Come? Come potevo, un’eternità fa, guardare questa persona negli occhi e vederci una madre amorevole? Quel che vedo ora è solo egoismo, menefreghismo e grettezza. Ero veramente una bambina stupida.

“Ci tieni a sapere il vero motivo per cui sono qui, Morgan?”

“Sarebbe gradito.”

“E sia. Sono qui per rinfacciarti tutto quello che hai fatto, partendo ovviamente dal piano che ha portato alla morte di Maya. Avrebbe dovuto esserci lei al mio posto, domani. Lei meritava di essere la Maestra, non io. Io non sono altro che una sporca assassina.”

“Falso. Sai bene che è stata Dahlia. Tu sei innocente.”

“NON OSARE MAI PIÙ DEFINIRMI INNOCENTE. Non lo sono. Sono colpevole tanto quanto voi due.” E nel dire questo tiro un violento pugno contro il vetro, sperando che in qualche modo possa impattare con la sua guancia. Cristo Pearl, cresci una buona volta.

Una guardia mi si avvicina e mi fa presente, in tono cortese ma marziale, che sarebbe meglio se non dessi di nuovo in escandescenze in questo modo. Saggio suggerimento.

Fra l’altro non mi sono neanche rotta le nocche. Che delusione.

“Pearl, perché tutto questo astio verso te stessa? Non hai nulla da rimproverarti per quanto successo a quell’impicciona. Io ti ho dato delle istruzioni e tu ti sei limitata a eseguirle, ligia al dovere che il tuo potenziale ti dava.”

Lo sento. Sento chiaramente gli occhi che mi si iniettano di sangue.

Questa donna sta o cercando di provocarmi fino a farmi scoppiare come una bomba, oppure sta cercando un metodo non ortodosso per farsi ammazzare dalla sua stessa figlia. Perché lo giuro, se non fossimo divise da qualcosa di invalicabile ora la starei strangolando con estremo godimento.

Tento di recuperare l’autocontrollo, riuscendoci abbastanza da non alzarmi e scagliare la sedia su cui sono seduta verso di lei: “Sei lo schifo dello schifo, Morgan, perché non riesci neanche a capire quanto quello che mi hai fatto commettere abbia devastato la mia vita, oltre naturalmente a porre fine a quella di Maya. Da undici anni a questa parte tua figlia Pearl per come la conoscevi non esiste più ed è stata sostituita da un grumo d’odio ambulante. Non mi sono suicidata solo perché sono troppo codarda e ho paura di sentire cosa mia cugina potrebbe rinfacciarmi nell’aldilà. Nessuno può aiutarmi, nessuno può salvarmi. Non che voglia essere salvata. Ma d’altronde anche i miei cosiddetti amici si sono rivelati un branco di sacchi di merda, chi per un motivo e chi per un altro. Non c’è una sola persona vivente verso cui non provi rancore, includendo in questo gruppo mia sorella maggiore.”

E qui succede una cosa che proprio non avevo preventivato: sorride. Un sorriso… soddisfatto.

Respira. Respira. Respira.

“Vedo che i metodi Fey non cambiano mai. Devi aver subito nella sua interezza quello che io ho subito in parte, cioè il totale isolamento e l’impossibilità di avere contatti con il mondo esterno. Ricordo bene come questo modo di fare, secondo le teste d’uovo, fosse propedeutico all’addestramento per coprire adeguatamente il ruolo di Maestra. Mi appare evidente che non hai potuto giovarti del supporto né di quel cretino di Wright, né tantomeno dell’altra tua sorella.”

“Altra sorella? Che cazzo stai dicendo, Morgan?”

“Strano. Se sei a conoscenza del fatto che Dahlia era tua sorella, dovresti sapere anche di Iris.”

“Iris? Del tempio Hazakura? È… mia sorella?”

“Per tutti i kami, ho di nuovo davanti agli occhi la bambina tonta che non sapeva leggere bene i kanji. Hai visto la foto di Dahlia, no? Non ti è scattato un campanello a ripensare alla faccia di Iris e a quanto fossero dannatamente identiche? Erano gemelle.”

Porca puttana. Non me lo aspettavo neanche per sbaglio uno sviluppo del genere.

Non che ora mi sia utile saperlo, in realtà.

Però… però…

Ci penserò.

Ma devo ammettere che questa novità mi ha scombussolata, abbastanza da decidere di troncare l’incontro anche se c’era dell’altro tempo a disposizione.

Giusto prima di andarmene…

“Mi farò mandare le foto più belle della cerimonia e le appenderò nella mia cella. Mi ricorderanno, nei mesi e negli anni a venire, che i miei sforzi sono stati premiati nel miglior modo possibile. Sarà un gran conforto per le mie stanche ossa.”

Ti prego, occhiata che le sto lanciando. Uccidila. Uccidila. Uccidila.

Mentre esco non posso fare a meno di chiedermi se questa mia azione indipendente abbia avuto un senso. Voglio dire, ho fatto come ho voluto e sono andata ad affrontare mia madre… per cosa, realmente? Per sfogarmi? Per sguazzare nella vana, stupida speranza di farle del male?

Maledizione. Mi sento così impotente, così in balia degli eventi.

Sono talmente concentrata su me stessa che non mi accorgo di andare addosso a un’altra persona.

“Mi scusi, ero distratta e…”

“P-P-Pearl?”

Questa voce.

Alzo la testa.

È Wright.

Cazzo.

“C-Come stai? Ho sentito… che domani…”

“Non parlarmi di domani. Anzi, ancora meglio. Non parlarmi e basta.”

“Ma Pearl, io devo…”

“Cosa devi fare?” esclamo mentre lo afferro con la destra per il bavero della giacca “Vuoi chiedermi scusa? Troppo tardi, figlio di una lurida buona donna. Avresti dovuto darmi retta undici anni fa, quando mi sono prostrata ai tuoi piedi implorandoti di non difendermi.”

“Come… come avrei potuto lasciarti sola? Eri a pezzi per la m-morte di Maya e rischiavi di finire in prigione… per un crimine che non hai commesso!”

“Di nuovo con ‘sta stronzata! Vi volete mettere in testa o no che, anche se non è stato di mio pugno, io e Dahlia siamo sullo stesso piano?”

“No Pearl, ti sbagli. Le uniche colpevoli sono tua madre e tua sorella. Tu sei stata il loro involontario, inconsapevole strumento e nulla più.”

“Hai detto poco! Se non fossi il fenomeno che sono a evocare gli spiriti, quelle due avrebbero mangiato merda per il resto dell’eternità e domani avremmo avuto una Maestra degna di questo titolo!”

“Avevi nove anni, porca vacca! Non sapevi neanche cosa vuol dire fai bruciare la Maestra nelle fiamme dell’Ade!”

“Questo non mi rende meno responsabile, Wright.”

“Non ti renderà meno responsabile, ma ti rende innocente.”

Oh, finalmente un bersaglio che posso colpire.

SOCK.

“IO. NON. SONO. INNOCENTE.”

Non gli do il tempo di rispondere e giro i tacchi, lasciandolo lì col culo sul marciapiede.

Grazie. Mi serviva proprio un’ulteriore cisterna di fiele dopo Morgan.

 

*

 

16 maggio 2030.

Ieri è stato uno stillicidio, esattamente come avevo immaginato.

Non c’è stato attimo in cui non abbia desiderato che qualcuno dei presenti si alzasse in piedi, estraesse un coltello e me lo piantasse in gola.

Meglio di qualcosa che disprezzo con ogni fibra del mio essere.

Sono a tutti gli effetti la Maestra della Tecnica di Evocazione di Kurain. Una Maestra che si rifiuta categoricamente di adempiere alle sue mansioni perché schifata nel profondo da ciò che l’evocazione degli spiriti rappresenta per lei.

Bello. Siete veramente una manica di imbecilli, lo sapete?

Ma non è che io sia tanto meglio. E lo dico perché… eh, lo dico perché in questo momento mi trovo di fronte all’ingresso del tempio Hazakura.

La conversazione con mia madre dell’altro ieri mi ha messo un tarlo in testa. Il quale tarlo ha avuto la creanza di aspettare ventiquattr’ore prima di cominciare a sgranocchiarmi le sinapsi con la sua fastidiosa presenza.

Ho due sorelle, non una sola. Gemelle, come se non bastasse.

Ma considerato quale scarto di galera fosse quella di cui sapevo l’esistenza, non nutro grandissime speranze verso quella che sto per scoprire.

Busso al portone.

Dopo un paio di minuti di attesa, ad aprirmi viene una sorta di barilotto umano. ‘Sta vecchia sarà alta non più di un metro e trenta e ha una circonferenza che mi fa chiedere cosa mangiano qui.

“Salve, bella signorina.” esordisce allegra “Cosa posso fare per te?”

“Salve. Mi chiamo Pearl Fey e…”

“Pearl Fey? La Maestra? Prego mistica Pearl, si accomodi. Un suo desiderio è un ordine per me.”

Cavolo. Beh, pare che quell’odioso ruolo abbia anche qualche lato positivo.

Mi fa entrare e mi conduce alla pagoda centrale.

Ci sediamo e reitera la richiesta con cui ha attaccato bottone. Al che mi lascio stranamente prendere dalla timidezza e faccio una fatica boia a spiegare il motivo che mi ha condotta alla sua porta.

“Si calmi, Maestra. Non c’è alcun bisogno di agitarsi. I membri del tempio Hazakura sono sempre a disposizione della famiglia Fey e non c’è niente che uno di loro non possa chiedere. Questo chiaramente vale ancora di più per lei.”

“No, ma guardi che in realtà non è nulla di che. Volevo solo, se possibile… ecco…”

“Qualunque cosa.”

Inspiro, cercando di recuperare un contegno. Quando finalmente ci riesco, dopo un po’, le parole possono infine uscire dalla mia bocca: “Vorrei vedere sorella Iris.”

“Sorella Iris? Ma certo, nessun problema. Se mi concede un secondo vado a chiamarla.”

Non dico niente mentre la vedo scattare verso l’esterno.

In men che non si dica torna, accompagnata dalla suddetta Iris.

E cazzo, per una volta Morgan aveva ragione. È ovviamente più vecchia della foto di Dahlia, sono comunque trascorsi un bel po’ d’anni nel frattempo, ma la somiglianza è innegabile.

No, più di somiglianza. Sono sicura che, se ci fosse Dahlia al suo fianco e fosse vestita alla stessa maniera, sarebbe assolutamente impossibile distinguerle l’una dall’altra.

“Mi voleva vedere, Maestra?” chiede, tenendo gli occhi puntati verso il pavimento.

“In effetti sì, volevo. Sorella…” mi rivolgo verso la monaca più anziana.

“Bikini.”

“Sorella Bikini, le spiacerebbe lasciarci da sole?”

Non fa un fiato mentre abbandona la sala.

Le faccio cenno di sedersi accanto a me. Ubbidisce.

“Lei non sa perché sono qui, vero?”

“No Maestra, se devo essere sincera non lo so proprio. Soprattutto perché abbia chiesto espressamente di me.”

“Presumo che non sia a conoscenza di quanto sto per dirle. Aveva una sorella gemella, esatto?”

“Sì. La povera Dahlia.”

Sentire l’aggettivo povera associato a quella baldracca mi fa gonfiare una vena in testa. Cerco con tutte le mie forze di non darlo a vedere.

“E se le dicessi che di sorelle ne ha due invece di una?”

“Che… che cosa?”

“È così, Iris. E quest’altra sorella… sono io.”

Sgrana gli occhi, presa completamente in contropiede da questa rivelazione. Ne approfitto e riprendo a parlare: “Quindi puoi darmi del tu.”

“Non… non mi permetterei mai! Lei è la Maestra e io solo un’umile monaca!”

Mi lascio sfuggire un ghigno: “Una mia parola e potresti sederti al mio fianco come mio braccio destro, se tu lo volessi. E poi, visto che appunto sono la Maestra, ti ordino di darmi del tu.”

“Se ne è… sei sicura…”

“Lo sono, lo sono.” Seconda volta nell’arco di quindici minuti che il mio nuovo titolo mi dà degli indubbi vantaggi. Non abituartici, Pearl.

“Come… come ne sei venuta a conoscenza? Io non ne avevo la minima idea.”

“Ti dirò, la cosa non mi meraviglia. Non dev’essere facile tenersi aggiornata quando vivi abbarbicata su un monte sperduto come questo. Comunque, se ti può consolare, io stessa ho appreso la notizia appena due giorni fa.”

“Da chi, se posso chiedere?”

“Nostra madre. Morgan Fey.”

“Ma non è…”

“Sì, è in prigione. Dodici anni fa ha cercato di far condannare mia… nostra cugina per omicidio per levarla di mezzo e permettermi di diventare quel che ora sono.”

"Ommioddio!" esclama, portandosi entrambe le mani alla bocca “Stai parlando… della mistica Maya!”

Un mesto cenno affermativo con la testa.

È un attimo. Mi ritrovo avvinghiata in un abbraccio da orso grizzly: “Io… io… mi dispiace così tanto per ciò che è successo… nessuno si meriterebbe di vivere quella tragedia, specialmente non una bambina piccola come lo eri tu… non oso… neanche immaginare… cosa devi aver provato…”

Mai… mai prima d’ora… avevo ricevuto un abbraccio così caldo, così… confortevole…

I miei occhi si inumidiscono. Pensavo che non avrei mai più pianto in vita mia dopo quella fatidica notte, ma a quanto pare mi sbagliavo.

Restiamo così, fisse. Lascio fluire libere le lacrime.

Mi sto sciogliendo, lo so. Lo sento.

Poi il contatto si interrompe. Non appena succede, desidero con tutta me stessa che si ripeta identico.

“Vuoi… vuoi parlarne?” mi chiede. Anche lei sta piangendo, visibilmente coinvolta a livello emotivo.

“Va… va bene…”

 
   
 
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