ShikaIno #10:
“Di Amori E
Distanze”
Sbam. Crash. Tum.
Il
brusio fastidioso si spense di colpo, interrotto da quei bruschi rumori.
Ora
sapeva che tutti gli occhi erano su di lei. Ma sapeva fin troppo bene che pure
quei sussurri sommessi di poco prima la riguardavano, direttamente o
indirettamente. Ed era furiosa.
La
tenda divisoria si sollevò, lasciando sbucare la testa rosa di Sakura, che
guardò i presenti stupita da tale silenzio: si rese conto che tutti fissavano
la bionda che sostava di fronte al tavolo degli attrezzi, a terra una boccetta
di acqua ossigenata fracassata al suolo e delle forbici, le mani della ragazza
aperte sul tavolo, come se lo volesse tener fermo.
Poi
i suoi occhi smeraldini sostarono sull’espressione di Ino: il volto era
contratto in una smorfia ricolma di rabbia, ira che riusciva malapena a
trattenere; si mordeva il labbro inferiore con i denti sforzandosi di tener
chiusa la bocca, di non lasciar trapelare insulti da nessuna parte.
-“Ma
guardatela…”- sussurrò una voce stridula dal fondo della tenda, e a quel mormorio
fin troppo chiaro le mani di Ino si strinsero, graffiando con le unghie il
compensato di legno del tavolo.
-“Cos’è
successo, Ino?”- domandò Sakura, piegandosi a terra a raccogliere i cocci di
vetro.
-“A-…”-
cercò di rispondere la bionda, ma le parole le morirono in gola, soffocate da
un singhiozzo di rabbia e angoscia che le saliva dal cuore.
Si
fermò, guardando verso l’alto come a voler rimandare indietro le lacrime,
incrociando le braccia e facendosi forza, perché scoppiare a piangere davanti a
quelle pettegole era l’ultima cosa che voleva fare, su quella terra, in quel
momento.
Quando
uscì dalla tenda del pronto soccorso, Ino si diresse più veloce che poteva
lontano dall’accampamento di emergenza sorto a Konoha in attesa della
ricostruzione.
Un
urlo soffocato misto di rabbia e disperazione sfuggì dalle sue labbra, mentre
si accasciava a terra, iniziando a prendere a pugni il suolo, mentre le lacrime
finalmente si liberavano lungo le sue guance, in un pianto disperato.
Dietro
di lei, Sakura la fissava a qualche passo di distanza, il volto piegato in
un’espressione depressa. Era da tanto che non la sentiva piangere così, ma ciò
che le faceva più male… è che quella situazione l’aveva vissuta anche lei,
tanto tempo prima, e quei sentimenti le bruciavano nel petto come se fossero
causati da una ferita recente.
-“Cosa
succede?”-
Una
voce femminile, roca e sensuale, dalla cadenza tranquilla, accarezzò l’orecchio
di Sakura, causando l’irritazione di Ino, che però non riuscì ad arrestare la
sua crisi isterica – anche se davanti a lei le costava molto, troppo, mostrarsi così debole.
-“Io
non…”- cercò di rispondere la Haruno, lanciando
un’occhiata dispiaciuta a Ino, ancora inginocchiata al suolo.
-“Ti
prego Ino, non mi pare il caso di fare certe scenate, non in questo momento.”-
la riprese Temari, una nota seccata nella voce.
-“Senti,
sei venuta da Suna per aiutarci a ricostruire Konoha
o per fare le ramanzine a me?!”- sbottò la Yamanaka, facendo leva sulle braccia
e alzandosi, lanciando uno sguardo ricolmo di astio verso Temari e accorgendosi
che al suo fianco stava un silenziosa e mortificata Shiho.
Cos’era
quella, la rimpatriata delle [troppe] donne di Shikamaru?!
Ino
si asciugò il volto madido di lacrime e di mascara colato, per poi avvicinarsi
con espressione fiera a Temari e Shiho.
Mostrarsi
debole le faceva male, ma non si vergognava delle sue lacrime – non se erano
per Shikamaru.
-“E’
da sciocchi comportarsi così, lo sai? Già è sciocco piangere per un uomo in
generale, poi piangere per lui in questa situazione… è proprio…”-
-“Proprio
cosa, sentiamo.”- replicò Ino, sfidando i suoi occhi di smeraldo con i propri
di cristallo.
-“Non
ti sto dicendo di non soffrire per Shikamaru, ma devi capire che non ce n’è il
bisogno. È stata una sua scelta quella di andarsene.”- spiegò Temari, con un
sospiro, rabbonendo la sua espressione.
-“Tu
non puoi capire.”- scosse la testa Ino, come se non volesse stare a sentire
quelle parole.
-“No,
sei tu che ti sei intestardita e cerchi di giustificarlo in tutti i modi. Anche
Shikamaru può sbagliare, Ino. E qui ha sbagliato. La strada che ha cercato di
percorrere è la più sbagliata di tutte.”-
Le
faceva male, troppo male sapere che prima di andarsene Shikamaru aveva parlato
con Temari, si era confidato con lei, l’aveva salutata.
E
lei invece si era svegliata una mattina, in mezzo a una Konoha devastata che
stava ricominciando a rinascere, con la vita distrutta che stava ricominciando
a riprendersi, col cuore spezzato che stavo ricominciano a rimarginarsi… e
tutto si era distrutto di nuovo.
Una
parola.
Fuggito.
Un’altra
parola.
Nukenin.
Assurdo.
Una risata divertita sulle labbra.
Con i ribelli, contro Danzo-sama.
Amara
realtà. Una risata isterica sulle labbra.
E
poi, lo sguardo pallido e sconfortato di Choji.
Era ciò che voleva davvero.
E
poi, lo sguardo fermo e contrario di Temari.
Ho cercato di fermarlo, ma non mi ha
dato retta.
Dolore.
Il suo cuore che si spezzava ancora, in petto. E le lacrime che iniziavano a
scorrere, insieme alla rabbia per l’incomprensione e poi al dolore per
l’abbandono.
-“C’è
un motivo per cui se n’è andato. Il regime di Danzo ci sta soffocando!”- urlò
Ino, voltando le spalle alla bionda jonin per
allontanarsi un po’ da lei – prima di fare mosse avventate.
-“E’
stato eletto Hokage, quindi si suppone agisca per il
vostro bene. In caso così non fosse, ci sono autorità pronte a deferirlo. Non
ha senso la fuga di Shikamaru, capisci? È un segno di immaturità. È stato
impulsivo, non ha pensato…”-
-“Temari!
È di Shikamaru che stiamo parlando! Sei davvero convinta delle tue parole?! O
sono soltanto scuse che stai accampando in aria perché non riesci ad ammettere
che questa volta nemmeno tu riesci a capire il comportamento di Shikamaru?!”-
sbottò Ino, e questa volta il suo sguardo non era più di sfida, né di ira, ma
di puro dolore, una sofferenza profonda visibile attraverso i suoi lucidi occhi
celesti.
Temari
abbassò lo sguardo, un velo di dubbio ad appannare i suoi occhi e, senza
rispondere a quella domanda alquanto scomoda, si allontanò lentamente con fare
incerto.
Nel
vedere quella reazione insolita, Ino soffocò un altro urlo, riprendendo a
battere i pugni contro il suolo, preda di un raptus d’ira. Nemmeno Temari era
in grado di farla sfogare come avrebbe voluto.
Intanto
con un lieve inchino, Shiho si congedò da Sakura,
correndo verso il villaggio – apparentemente ben sicura della sua destinazione.
-“Choji-san!”-
Il
ragazzone si voltò perplesso verso quella voce soave, ma animata da un filo di
ansia.
-“Shiho? Qualche problema?”-
-“Sì…
io… io ho assistito alla partenza di Shikamaru-san…”-
-“Sì,
ce n’eravamo accorti…”- sorrise bonariamente l’Akimichi,
battendo una mano sulla spalla della crittologa.
-“Ho
sentito le raccomandazioni che Shikamaru-san ti aveva
fatto a riguardo di Ino-san… e beh… oggi ho assistito
al suo ennesimo crollo, che per poco non sfociava in una litigata con Temari-san…”- spiegò sommessamente Shiho,
sistemandosi con cura gli occhiali.
Il
volto di Choji si piegò in un’espressione profondamente dispiaciuta, seguita da
un sospiro.
-“Lo
sapevo che non l’avrebbe mai accettato…”-
-“Che
cosa devo fare con te, Ino?!”- sospirò esasperata la
signora Yamanaka, incrociando la braccia al petto con aria seccata.
-“Cosa
vuoi, mamma? Non posso nemmeno essere libera di piangere in camera mia
adesso?!”- sbottò Ino, spingendo la madre fuori dalla camera con veemenza.
-“Ino!
Siamo tutti addolorati per la fuga di Shikamaru, ma continuare a piangerlo non
servirà a nulla, anzi… non è il caso di piangere i traditori ora che Konoha ha
bisogno di essere ricostruita. Si è comportato slealmente…”-
-“Ma
Danzo-sama ci sta…”-
-“Ino!
Non osare contraddire l’operato di Danzo-sama così
deliberatamente e senza ragione!”- la riprese la madre risentita, mentre un
potente tuono, annunciatore di un imminente temporale, troncava lì quel
discorso. –“Ora vedi di dormirci sopra, e domani ti voglio sorridente e piena
di energie; alla tenda ospedaliera hanno un gran bisogno di aiuto, e il tuo
broncio non aiuterà i malati a sentirsi meglio.”-
-“Tu
non capisci!”- ringhiò Ino, reprimendo l’ennesimo singhiozzo in petto; sfogò la
sua rabbia soffocata contro la porta, chiudendola con un forte spintone che
fece tremare tutti i vetri della casa.
Poi
vi fu solo il letto ad attenderla, quelle lenzuola che da giorni accoglievano
le sue lacrime, che copiose e amare si
ostinavano ad aumentare di giorno in giorno.
Sarebbero
mai finite le lacrime per Shikamaru?
Sarebbe
mai stato colmato il vuoto causato dalla sua perdita?
Passerà, ti ci abituerai, lo fanno
tutti, è inevitabile.
E
Sakura? Come aveva fatto Sakura a superare la fuga di Sasuke? Ma l’aveva
davvero superata poi?
E
quanti giudizi, quante sentenze sputate a zero sull’Haruno
e sull’Uchiha con tanta facilità; e quanto era
difficile ora ritrovarsi nella stessa
situazione dell’amica e vedersi tutti quei giudizi e quelle sentenze rivoltate
contro.
I
singhiozzi aumentarono, il dolore che le pulsava in petto quadruplicò se
possibile la sua acutezza, mentre i volti dipinti di astio degli abitanti di
Konoha si riflettevano nella sua mente; quegli occhi che fino al giorno prima
erano stati amorevoli con lei e Shikamaru, ora palesavano un odio profondo, una
diffidenza crudele verso di lei, lei,
come se fosse una copia vagante del compagno. Se Ino era l’unica a rivelare la
sua sofferenza per quel tradimento tanto risentito dal popolo, doveva dunque
essere la portatrice della stessa pena di Shikamaru?
Doveva
dunque rinunciare al suo cuore per continuare ad essere amata dai suoi
concittadini, dai suoi amici, dalla sua famiglia?
Debole
e affranta, si lasciò scivolare giù dal letto, ritrovandosi in ginocchio, accasciata
contro la specchiera.
Non
ricordava da quanto tempo fosse in quello stato di assopimento, una specie di
dormiveglia dovuta alla stanchezza e alla disperazione; ma un potente tuono ruppe
il cielo e la quiete notturna con la sua rabbia, destando la ragazza dal suo
sonno.
Ino
si guardò attorno lievemente spaesata, poi rabbrividì; la notte stava iniziando
a rinfrescare l’ambiente.
Sollevò
lo sguardo, crucciandosi quando realizzò di aver lasciato la finestra aperta,
notando che alcune piccole chiazze d’acqua piovana si erano formate sul
pavimento.
Ino
inspirò a fondo l’aria fresca e profumata di terra bagnata che proveniva
dall’esterno, poi chiuse la finestra, scrutando il suo volto triste e pallido
riflesso nel vetro.
Lasciò
scivolare con lentezza un dito su di esso, tracciando un segno del suo
passaggio sulla condensa, quando improvvisamente una piccola fiammella si accese, illuminando un punto poco al di sopra della
sua mano.
Ino
corrugò la fronte sostando sulla macchia scarlatta, confusa, come se volesse
capire se quel fuocherello giungesse dall’esterno o se appartenesse a qualcosa
alle sue spalle.
Il
fuoco svanì, con un rumore secco e metallico.
Clack.
Qualcosa
alle sue spalle.
Nell’aria
un odore amaro – sgradevole, familiare, nostalgico.
I
nervi le si paralizzarono, lo stomaco venne chiuso in una morsa dolorosa,
mentre tutto ciò che sentiva le si contorceva come un groviglio di concetti
incoerenti in gola, soffocandola nel suo spasmo caotico.
Troppe,
troppe emozioni tutte insieme. Troppe cose da dire, e ancora di più da pensare.
-“Non
dire nulla. Non voltarti.”- sibilò una voce roca e bassa – quella voce roca e bassa. –“E non piangere nemmeno, grazie.”-
-“M…
ma… ma come ti permetti di…”- un fuoco avvampò nel corpo della ragazza,
sbloccandole il respiro che prese a farsi rapido e affannoso, bruciandole gli
occhi che iniziarono a lacrimare.
L’irritazione
che solo lui era in grado di provocarle
col suo tono annoiato, con una parola seccata, con una lamentela burbera.
Quell’odore
acre di sigarette che non sentiva da tempo – del resto lui aveva smesso
completamente di fumare, prima della sua fuga – le annebbiava il cervello.
La
freddezza era lontana dalla sua mente quando l’ira le impose di voltarsi di
scatto, violando tutte le richieste fatte da quell’ospite inaspettato.
E
fu una pessima idea.
La
figura di Shikamaru si confondeva con le tenebre della camera, illuminata solo
da una vago bagliore grigiastro proveniente dalla finestra; un tiro alla
sigaretta, e un brillio rossastro contornò le labbra serrate del ragazzo. Nemmeno
mezzo secondo dopo un fulmine cadde, con tutta la sua rabbia e il suo fragore,
e la sua luce intensa mostrò interamente
la sagoma del compagno alla bionda: cos’aveva di diverso? Forse era più alto? O
più muscoloso? Aveva come l’impressione che quella figura abbigliata di nero,
tutta ingobbita su se stessa, avvolta da un mantello fradicio, appoggiata
contro il suo comodino fumandosi una sigaretta con nonchalance, avesse qualcosa
di diverso, di più grande, di più imponente. O forse era semplicemente
un’illusione della sua mente: abituata com’era a vedere Shikamaru tutti i
giorni, solo ora, dopo un distacco prolungato, il suo cervello registrava il
fatto che effettivamente il suo compagno era cresciuto, era maturato… era un
uomo.
-“Sei…
cambiato…”- singhiozzò Ino, e si ritenne parecchio patetica e superficiale
perché non era riuscita a tirar fuori nulla di più profondo dopo mesi di
lontananza.
-“Ti
sei voltata, hai parlato, hai pianto nonostante ti abbia detto di non farlo, e
riempi i miei pensieri dalla mattina alla sera, come se la lontananza non
esistesse… tu invece
non sei cambiata, per niente. Sei sempre la solita seccatura, Ino
Yamanaka.”-
Quelle
parole furono come una coltellata al petto, così profonda e acuta che il dolore
si trasformò in un singhiozzo straziato.
-“Perché
sei tornato…? Te ne andrai, non è vero? Te ne andrai ancora! E allora cosa sei
tornato a fare?! Stavo cominciando a dimenticarti, stavo ricominciando a vivere
e… e… e sei tornato! Perché devi sempre rovinare tutto?!”- sbraitò Ino,
dandogli le spalle di scatto, preda di una crisi di rabbia mista a pianto.
Non
si accorse nemmeno del movimento rapido e silenzioso che portò Shikamaru dietro
di sé; le cinse con un braccio la vita mentre l’altra mano andava a tapparle la
bocca delicatamente.
-“So
che senti l’imperante bisogno di urlarmi contro il tuo odio… ma penso che tua
madre sentirebbe l’imperante bisogno di tirarmi dietro un kunai
se mi trovasse qui ora… quindi meglio rilassarsi un attimo, che ne dici?”- sussurrò
il ragazzo all’orecchio della bionda, con voce seria e così dannatamente
sensuale.
-“Ino,
la pianti di urlare?!”- fu il puntuale rimprovero della madre che giunse dal
piano terra qualche attimo dopo.
-“Sì,
scusa mamma…”- urlò di rimando Ino, voltandosi verso Shikamaru mentre questo la
liberava dal suo abbraccio.
Gli
occhi della Yamanaka parevano essere di pregiato cobalto, immersi in quella
semioscurità interrotta solo dal bagliore malinconico del temporale. E in quel
mare oscuro si persero gli occhi di Shikamaru, un mare che avevano sognato per
lungo tempo, ogni notte passata lontano da Konoha – e probabilmente anche in
qualche nottata a casa sua, tempo prima, quando ancora tutto pareva essere
“normale”, quando Ino era la sua scocciante compagna e non un riflesso lontano
ricolmo di nostalgia e amarezza.
-“Dimmi
che mi odi. Ti prego. Dimmi che mi odi, che non mi hai mai sopportata, che la
tua vita è migliore da quando non ci sono più io, che venire a letto con me è
stato il più grande sbaglio della tua vita! Dimmi che ogni momento della
giornata che passo a pensarti è un momento sprecato, dimmi che non sei tornato
per vedermi. Ti prego, ti prego… dimmelo. Dimmelo e lasciami vivere.”- supplicò
Ino fra singhiozzi disperati, affondando le unghie nelle braccia, cercando di
farsi male per riprendersi.
Un
lampo fugace rivelò delle lacrime riflettersi negli occhi di Shikamaru, che
smarrito si passò una mano sul viso, stravolto. Quella situazione era…
devastante. Non si sarebbe mai aspettato una reazione del genere. Né da parte
di Ino, solitamente così orgogliosa, né da parte sua, partito con tutti i più
solidi propositi di troncare definitivamente lì quel rapporto…
Ma
non si poteva andare avanti così, lo sapeva. Era scappato, era un nukenin, e finché Danzou sarebbe
stato al potere – ma sarebbe mai crollato quel regime? O lui sarebbe morto
invano nell’intento di farlo cadere? – non poteva illudere Ino con false
speranze, sogni irrealizzabili, che se infranti l’avrebbero senz’altro fatta
soffrire più dell’amara verità.
O
la morte o il lontano e perenne esilio da Konoha fra di loro, e quei ricordi di
una vita passata insieme impressi in ogni respiro, e quei fugaci attimi di
passione bruciati una sola volta e troppo, troppo in fretta – che si sarebbero
dannati per poter rivivere ancora, una volta, una volta sola.
Improvvisamente
un fischio ruppe il silenzio pesante, spezzando lo scrosciare della pioggia e
attirando l’attenzione dei due ragazzi: era chiaramente un segnale, e Ino capì
al volo dall’espressione di Shikamaru che era il suo segnale. Il loro tempo era finito.
Con
che coraggio poteva guardarlo negli occhi ora? Non gli aveva detto nulla, nulla
di ciò che avrebbe voluto rivelargli realmente. Avrebbe voluto baciarlo. O
almeno abbracciarlo, sì, almeno un abbraccio stretto, di quelli soffocanti, che
ti lasciano sentire solo il calore e il battito cardiaco dell’altro. E il suo
profumo. E il suo respiro.
Ino
stava per alzare la testa, per dirgli qualcosa, qualsiasi cosa, ma vide la
sagoma di Shikamaru anticiparla e abbassarsi su lei, la guancia lievemente ispida
di lui strusciare sulla sua vellutata mentre avvicinava le labbra al suo
orecchio per sussurrarle qualcosa; il suo tono svogliato pronunciò poche ma
rapide parole, animato da una strana vitalità: non sapeva dire se fosse gioia o
tristezza.
Un
tuono spezzò le tenebre di quella tempestosa Konoha, mentre le lacrime di Ino
si andavano ad aggiungere alle gocce della pioggia…
…lacrime di gioia o di tristezza?
š›
A me stessa,
perché dopo 2 anni sono ancora qui a
scrivere ShikaIno e ne vado fiera.
A nonna Rinoa,
perché se la merita tutta, perché c’è
stata, c’è e so che ci sarà sempre.
Perché lei in questo momento può
capire questa fanfic e il mio stato d’animo
Meglio di chiunque altro.
A Paccy e Rory,
che hanno sopportato questa mia
depressione dall’inizio alla fine,
e che stanno ancora sopportando e
probabilmente sopporteranno.
Grazie. Senza di voi sarei persa.
A Sil e zia Eleanor,
perché solo loro riescono a partorire
3000 ShikaIno tutte diverse e fantastiche,
e sempre loro che mi stanno accanto
nelle mie crisi “creative”
e mi danno la forza e la voglia di
continuare.
E a El, Vale, Akami, Kiki, Blacks, Milly, Sol,
Ellie, Reyka, Devil, Hikaru,
E a tutte le altre mosche bianche e non che leggono e
commentano,
e a cui sono riuscita a regalare
qualche sospiro e qualche sogno.
Senza di voi non sarei qui.
Grazie
a tutti.
*Angolo di Luly*
Dunque. Inizio dicendo che oggi sono
2 anni che scrivo su EFP e che, dopo mesi di inattività a causa di poca
fantasia, esami, depressioni e varie, oggi era d’obbligo scrivere qualcosa
sulla mia adorata coppia che mi ha fatto iniziare tutto questo. Tutto questo cosa? Scrivere fanfiction ovviamente!
Senza questa passione non avrei conosciuto il 70% delle persone che oggi
occupano la mia vita quotidianamente, e sono alcune delle persone più splendide
e fantastiche che io possa aver conosciuto. Oltretutto, questa è la mia 40°
ShikaIno, non un numero importante, ma un gran bel numero. Ovviamente non
batterò mai zia Ele, questo è poco ma sicuro *muore*
Però ho sofferto per scrivere questa fanfic, perché parla di me più di qualunque altra cosa che
io abbia mai scritto. Non sarà un capolavoro, ma mi è stata molto utile.
Il finale sconclusionato, ambiguo,
lasciato aperto, in sospeso?
Beh… essendo una vicenda pseudo-biografica diciamo che il finale non l’ho ancora
vissuto, e un po’ perché non riuscivo davvero a figurarmelo, un po’ per
scaramanzia diciamo, ho preferito lasciarlo così, in sospeso, nelle mani delle
vostre fantasie. A me piace così.
Dunque, tornando a scusarmi per la
lunga attesa, prometto di rimettermi a lavoro su tutte le ff
lasciate in sospeso e di riprendere a postare il più presto possibile,
sicuramente meno velocemente del solito causa università. Spero mi perdonerete.
<3
Grazie a tutti coloro che hanno
recensito e che recensiranno, e a tutti quelli che mi hanno fatto gli auguri.
Vi amo!
Ja nee,
Luly