- lecca-lecca
Shou gli si presenta sotto casa fluttuando, come potrebbe altrimenti non fare, ma a quel punto non sarebbe Shou – con un lecca-lecca tra le labbra. Sono le tre del mattino, dice Ritsu – con lo sguardo e semplicemente aprendo le finestre, non a parole; si strofina le braccia con le mani per il freddo, e gli occhi che si aprono stanchi. Shou non ha freddo; è vestito come vestirebbe qualsiasi ora del giorno, noncurante, mai vibrante.
“Hey là,” gli dice. E non rende conto delle ore piccole e delle regole generali di buone maniere.
“Abbassa la voce,” puntualizza, Ritsu, quindi. E Shou ride.
“Bel pigiama,” commenta; e si sfila il lecca-lecca dalla bocca, con un pop, e un rumore bagnato e bambinesco, “Usciamo?”
“Adesso?”
“Sì? E’ venerdì, non hai scuola domani. Che scusa hai?”
“Che ho sonno, e i miei non mi farebbero mai uscire a quest’ora…”
“Sai,” gesticola, con la caramella in mano, “I tuoi non lo devono mica sapere,” e a quel punto è ufficiale; perché è difficile dire di no all’eccitazione – genuina, nuova, giovane – di fare qualcosa di improbabile e tenerla al segreto. Dall’alto della sua verde, acerba sapienza, Ritsu la pensa un’eccezionale – e d’eccezione – buona idea, giusto perché è Shou. E non ha paura, del buio, di finire dove non dovrebbe – della disubbidienza e del gusto dolce del lecca-lecca, anche se le caramelle non gli piacciono – giusto perché è Shou. Quando si veste pone molta cura in quello che sceglie di mettere, e quando esce di casa, lascia la finestra socchiusa, e lo guarda, di sbieco soltanto, muovere la palla del lecca-lecca da una guancia all’altra mentre parla.