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Autore: Nike90Wyatt    28/10/2022    1 recensioni
Milano, 2016. Marinette Dupain-Cheng vive la nuova realtà di studentessa dell’Accademia di Moda Bellerofonte per coronare il suo sogno di diventare un giorno una stilista di livello internazionale. Quella borsa studio ottenuta grazie al suo immenso talento è stata una vera benedizione del cielo. Ma la strada verso la gloria è frastagliata e irta di imprevisti e le certezze di Marinette, lontana dal sostegno dei suoi amici, iniziano a vacillare fino a crollare del tutto quando una minaccia tanto pericolosa quanto imprevedibile inizia a incombere su Milano. I poteri di Ladybug potrebbero non essere sufficienti per affrontarla; pertanto, Marinette dovrà ricorrere a tutto il suo coraggio e fare delle scelte che cambieranno per sempre la sua vita.
[Cover Credits: https://www.instagram.com/my_bagaboo_/]
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nonna Gina, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono distesa in un prato, una marea di girasoli mi circonda. Il cielo è una tavola azzurra, illuminata da un sole accecante.
Sollevo il busto.
Accanto a me è inginocchiato un ometto dai radi capelli grigi e una barba che gli arriva fino allo sterno. I suoi occhi sono piccoli, stretti, tipico degli orientali.
Sembra il maestro Fu, ma più giovane, più rampante, senza i suoi acciacchi.
Tra le mani stringe una coppa fumante, all’interno della cenere scoppietta e si tinge di arancione.
Apro la bocca, è secca e impastata. «D-dove mi trovo?»
L’ometto sorride, senza alzare lo sguardo dalla coppa. «Nella tua mente, Marinette.»
«C-Come?»
Stende un braccio. «Questa è una proiezione del potere del Miraculous. Protegge la tua psiche quando subisce dei traumi molto gravi.»
Una folata gelida mi pugnala la schiena e mi dà la pelle d’oca. Lo stomaco mi si attorciglia in preda ai crampi. Abbasso la testa e sgrano gli occhi.
Sono nuda!
Mi avvolgo le braccia intorno al corpo. «Che mi succede? Perché sono qui… senza vestiti?»
L’ometto soffia sulla coppa, il fumo si dirada. «Hai rischiato molto ad affrontare questa minaccia, Marinette. Ne sei uscita a pezzi.» Unisce indice e pollice e disegna un otto nell’aria. «Ora il tuo compito è ricucire uno ad uno questi pezzi e proseguire.»
«Non capisco quello che dice. Si riferisce ai Satiri? Io… io volevo solo aiutare le persone.»
«Il tuo cuore è puro, ma la tua mente è ancora grezza per poter comprendere i tuoi limiti ed estenderli.»
«Ho fallito…»
L’ometto intinge un dito nella coppa, lo solleva. Il polpastrello è avvolto in una specie di crema spumosa. «Trova il tuo io interiore, Marinette. Cambia il tuo modo di pensare e diventa la guerriera imbattibile, degna del Miraculous di cui sei portatrice.»
«Lei chi è? Perché somiglia al maestro Fu?»
«Sono la coscienza del tuo Miraculous. Ho questo aspetto perché è stato lui a guidarti verso il potere della Creazione e da lui hai ereditato la responsabilità di custodire i Miraculous.»
«Cosa… Cosa devo fare?»
«Trova il tuo io, Marinette. E va avanti.» Allunga il dito verso la mia fronte.
Una luce mi abbaglia e crollo distesa.
 
***
 
Un puzzo di medicinali e alcool mi artiglia le narici e mi strappa dall’oblio.
Apro gli occhi. Quello sinistro è ricoperto da un panno umido.
Dalla persiana chiusa a metà filtrano raggi argentati, tende dalle tonalità celesti danzano mosse dal vento.
Accanto alla finestra troneggia il poster di Jagged Stone, nella sua posa classica con una mano sulla chitarra e l’altra sollevata nel gesto delle corna.
Sono nella mia camera.
Deglutisco, la gola è arsa, mi brucia. Ho bisogno di bere.
La porta della camera si apre, nonna Gina entra e la richiude con il tacco del suo stivaletto.
Regge un vassoio con una brocca e un bicchiere in vetro. «Ben svegliata, Marinetta.»
«Nonna…» Muovo il collo, ho i muscoli intorpiditi. «Quanto ho dormito?»
«Un bel po’ mia cara. Quando sono tornata dalla stazione, ti ho trovata qui, nel letto, sofferente: avevi un brutto taglio sul labbro, il naso che colava sangue e ti è salita anche la febbre.» Posa il dorso della mano sulla fronte. «Per fortuna è scesa.»
Adagia il vassoio sul comodino e si siede a metà letto. «È un sollievo vedere che stai meglio. Ho avuto tanta paura.»
Mi ha trovata nel letto. Solo che io non ho idea di come ci sia arrivata. L’ultima scena che ricordo è quel gigante che mi mette al tappeto ed è sul punto di finirmi.
Nonna Gina mi toglie il panno dal viso. «Hai solo un piccolo livido, in pochi giorni andrà via.»
Indico con gli occhi la brocca, è piena di aranciata.
Nonna Gina ne riempie un bicchiere e me lo porge. «È tutta vitamina.»
Ne bevo un sorso: l’aranciata è ben zuccherata e mi rinfresca la gola. Vuoto il bicchiere. «Grazie, nonna.»
«Allora… mi vuoi spiegare che cosa hai combinato per ridurti in questo stato?»
Mi mordo l’interno della guancia. «Ho avuto un calo di zuccheri e… e sono andata a sbattere contro lo spigolo dell’isola in cucina, mentre… mentre ero seduta sullo sgabello. Sì.» Do un colpo di tosse, lo sterno mi manda una fitta di dolore. «Mi sono trascinata fino al letto e poi… buio.»
Nonna Gina inarca un sopracciglio, tre rughe d’espressione le incidono la fronte. «Avresti dovuto subito chiamarmi.»
«Non ci ho pensato. Scusami.»
«Non importa, piccola mia. D’altronde, anche la partenza dei tuoi non è stata una passeggiata.»
Sbatto le palpebre. «Perché?»
«Quei teppistelli che vanno in giro con quelle maschere hanno deciso di assaltare la stazione.»
«E mamma e papà come stanno?»
«Stanno bene. La stazione era solo un diversivo, il loro obiettivo era il sindaco, che purtroppo non se l’è cavata con la sua assurda diplomazia. Non questa volta.»
«Gli è successo qualcosa?»
Nonna Gina scuote la testa. «I vigili del fuoco l’hanno trovato nel suo ufficio, appeso per il collo al lampadario.»
Il cuore accelera. «Oh mio Dio.»
L’hanno ucciso. Non sono arrivata in tempo, sono stata sconfitta da quel gigante e il sindaco ne ha pagato le conseguenze.
Nonna Gina si china e mi schiocca un bacio sulla fronte. «Riposati ora. Ti chiamerò tra un po’ per la cena, hai bisogno di rimetterti in forze. L’unico fattore positivo di tutta questa brutta storia è che hanno sospeso tutte le attività per la giornata di domani, quindi potrai restare qui.»
Mi strizza l’occhio e lascia la stanza.
Mi alzo a metà letto. «Tikki,» sussurro.
Tikki attraversa il legno della mensola e plana sulle mie cosce. «Marinette, come stai?»
Malissimo. «Potrei star meglio, ma non mi lamento visto quello che è successo.» Mi massaggio una tempia. «Mi gira solo un po’ la testa, ma credo sia normale.»
«Stenditi di nuovo.»
Scosto il lenzuolo e tiro i piedi fuori dal letto. «Come ci sono arrivata qui dal municipio? Hai fatto qualcosa tu, vero?»
Tikki distoglie lo sguardo.
«Qualunque cosa tu abbia fatto, te ne sono grata. Non so cosa sarebbe successo se non…»
«Quando ho capito che il tuo interesse su quello che facevano i Satiri stava crescendo esponenzialmente, ho pensato che non avresti perso tempo a tornare subito in azione.» Le antennine si piegano in avanti. «E ho ritenuto saggio ricorrere ad una precauzione, nel caso ti fossi trovata in difficoltà. Così, ho chiesto a Kaalki di seguirti nel caso ti fossi trasformata e di intervenire solo in situazioni senza speranza. Lo so, avrei dovuto avvisarti e avremmo dovuto discuterne insieme, ma eri mentalmente stanca e—»
«Tikki.» Le accarezzo il nasino con la punta dell’indice. «Non sono arrabbiata con te. Non potrei mai esserlo.»
Quindi quella luce verde era il portale di Kaalki. Avendomi vista sconfitta da quel gigante, ha fatto in modo di portarmi via di lì in un batter d’occhio.
Tikki piega le labbra verso il basso. «Ho rischiato molto, agendo in questo modo. Noi kwami non dovremmo usare i poteri senza un portatore che li catalizzi.»
«Hai fatto la cosa giusta, invece. Sono io ad aver sbagliato.»
Artiglio l’orlo della maglietta e lo stritolo. Cosa mi ero messa in testa di fare? Ladybug può sconfiggere solo gli akumizzati di Papillon e solo quello. Una minaccia più letale va oltre le mie possibilità.
Mi alzo e vado all’armadio.
«Marinette, devi riposare.»
«Non ora, Tikki. Prima devo fare una cosa.»
Mi spoglio del pigiama, indosso leggings, t-shirt e ballerine. Apro l’ultimo cassetto, tiro a me la scatola in metallo e la apro con la piccola chiave che porto sempre nella pochette.
Passo il palmo sulla Miracle Box, premo un pois nero, si illumina. Infilo la mano dentro ed estraggo gli occhialini neri, il Miraculous del Cavallo.
Da una sfera luminosa verde si manifesta Kaalki. «Miss Marinette, sono lieto di vederla in salute.»
Agita la criniera. «Salve, Tikki. Il tuo piano ha funzionato a meraviglia.» Si porta uno zoccolo al petto e si esibisce in un inchino. «Ho creato il miglior portale della mia vita.»
Mi lego i capelli in due codini bassi. «Grazie per il tuo aiuto Kaalki.»
«È stato un piacere, Miss.»
Vado allo specchio. L’immagine riflessa è quella della Marinette di Parigi con qualche livido ed escoriazione in più, quella che brandì per la prima volta il Miraculous della Creazione, quella che fallì la prima battaglia contro Papillon ma si riprese alla grande, con l’aiuto essenziale di Tikki e di Chat Noir. Quella innamorata persa di Adrien Agreste, ossessionata da tutto ciò che fa, dice o pensa. Quella disposta ad architettare piani assurdi pur di ottenere le sue attenzioni, salvo poi ritrarsi all’ultimo quando è il momento decisivo.
Quella Marinette che sta proiettando le sue incertezze, i suoi dubbi anche su Ladybug. E l’eroina di Parigi non può permettersi di avere dubbi.
«Tikki, trasformami.»
«Marinette, cosa—»
Tikki viene assorbita negli orecchini. Il mio corpo si avvolge nel costume di Ladybug, una seconda pelle.
Adagio gli occhialini sul ponte del naso. Apro le braccia, a mani aperte. «Tikki, Kaalki, fusione.»
Anche Kaalki viene risucchiato dal Miraculous.
Traccio nell’aria un cerchio con indice e medio. Schiocco le dita e il portale rivela la destinazione.
Balzo all’interno e mi ritrovo su un terrazzino, con una sedia a sdraio e un tavolino in legno impolverato.
Il cielo tinto di rosso si specchia sulla superficie increspata della Senna. Un piccolo gruppetto di studenti sciama all’esterno dell’istituto François-Dupont, terminate le sessioni extrascolastiche del pomeriggio.
Inspiro l’aria di Parigi. Casa.
Dalla strada, giunge lo scampanellio della boulangerie di papà, un odore di dolciumi sale da sotto e mi fa venire l’acquolina in bocca.
Mi riscuoto. Non sono qui per questo.
Lancio lo yo-yo, il cavo si avvolge intorno ad uno dei gargoyle che sorvegliano le guglie di Notre-Dame. Salto sulla ringhiera, strattono lo yo-yo e volo su un terrazzino della cattedrale.
«Ritrasformami.»
Tikki e Kaalki ricompaiono davanti a me, i loro volti trasudano confusione.
Mi siedo a terra, la schiena poggiata contro la parete, all’ombra di un gargoyle. «Lasciatemi sola un attimo, per favore.»
«Marinette…» Tikki allunga una zampetta, ma Kaalki le va vicino e le fa un cenno con la testa. «D’accordo.»
Avvicino le ginocchia al viso e vi poggio contro la fronte. Le lacrime iniziano a scorrere, puntuali proprio come mi aspettavo.
Due persone sono morte a causa mia, perché non sono stata in grado di gestire la situazione. Lontano da Parigi, sono solo un fenomeno da baraccone che fa sfoggio delle sue acrobazie ma non riesce a tenere testa a un tipo palestrato.
«Sono inutile,» mormoro tra i singulti.
Stavolta non c’è Chat Noir a tendermi la mano, a darmi quel coraggio che mi occorre per superare le difficoltà.
«Marinette, non posso vederti così.»
«Forse dovresti trovare un’altra portatrice, Tikki. Una che non cerca di inseguire un sogno impossibile in un’altra città. E dovresti trovare anche una persona più adatta di me per il ruolo di guardiana.»
«Non c’è nessuno migliore di te, Marinette.»
La gola mi si stringe. «Domani chiamerò Sonia, e le dirò che rinuncio al progetto. Lei è in gamba, saprà cavarsela da sola.»
«Finisce tutto qui, allora? Vuoi bruciare in un secondo tutti i tuoi sacrifici?»
«Tikki… due persone sono morte, altre sono rimaste ferite. Sono—»
«Non è stata colpa tua. Sai perché non sei riuscita a gestire i Satiri come facevi con gli akumizzati? Perché non eri concentrata al massimo sulle tue azioni. proprio come quando il maestro Fu venne catturato da Papillon perché tu avevi in mente Adrien e Katami.»
Kaalki si schiarisce la voce. «Beh, come incoraggiamento non è il massimo.»
«Quello che intendo dire è che eri troppo presa dal tenere celata la presenza di Ladybug, oltre che dal pensiero suoi tuoi cari. E questo ti ha destabilizzato, ti ha condotta a compiere degli errori di valutazione.»
Tiro su col naso. «Errori che mi sono costati cari. Però, evviva! Sono riuscita a non svelare che sotto quel berretto c’era la maschera di Ladybug.»
«La colpa è mia, Marinette. Volevo che tu non impiegassi i poteri per combattere quella gente. Sono stata una sciocca: Ladybug non esiste solo per combattere Papillon. Ladybug è il simbolo della giustizia, dell’ordine e tu stessa hai contribuito a forgiare questa immagine. E sarà Ladybug a fermare i Satiri dell’Anarchia.»
Alzo la testa, i due kwami mi appaiono come due macchie rosse e bianche dietro il velo di lacrime. «Vuoi… vuoi che mi riveli a tutti? A Milano?»
«Se cambierai il tuo modo di pensare, non avrai bisogno di preoccupartene.»
Il mio modo di pensare. Le stesse parole che ha usato il Wang Fu giovane del mio sogno. Era questo che intendeva? Se cambierò il mio pensiero, riuscirò a vincere la battaglia?
Mi strofino gli occhi con due dita. «Sapete qualcosa riguardo la coscienza dei Miraculous
Tikki scambia un’occhiata fugace con Kaalki e sorride. «È la guida di ogni portatore che abbia una sinergia completa con il Miraculous. Non te ne ho mai parlato, perché aspettavo che fossi pronta. E, a quanto pare, lo sei.»
Un brivido mi scuote le membra. Il sole espande gli ultimi raggi purpurei, la temperatura sta calando e quassù a Notre-Dame inizia a far freddo.
«Meglio tornare a casa, altrimenti mi risalirà la febbre e stavolta la nonna si arrabbierà sul serio. Tikki, trasformami.»
 
***
 
«Dunque hai sognato una versione più giovane del maestro Fu?»
Annuisco. «Non posso esserne certa, ma direi che qualche anno fa doveva avere pressoché questo aspetto. Era un sogno molto realistico, Tikki. Percepivo ogni cosa intorno a me, e sentivo dentro una grande pace interiore a dispetto di quanto fosse successo prima.»
Tikki addenta il macaron. «È la conferma di quanto ti ho detto: devi tirar fuori la parte sopita di Marinette, quella che di rado riesce a venire fuori.»
«Se almeno sapessi come…»
«È semplice: ricordi quando hai visto per la prima volta Adrien? Ricordi quando Sabrina rubò il tuo diario e Chloé provò a leggerlo? Ricordi ogni singola volta che Lila ti ha rivolto la parola?»
«In pratica, tutte le volte che mi sono infuriata. Stai dicendo che devo diventare un’eroina rabbiosa e aggressiva?»
Tikki rotea gli occhi al cielo. «Non fraintendermi. Non è la rabbia la chiave, è il modo in cui hai affrontato le persone a petto in fuori che conta. Non hai esitato, non ti sei fatta mille domande prima di agire. L’hai fatto e basta. E, se devo dirla tutta, un pizzico di austerità in più non guasterebbe.»
Mi gratto la nuca. Sono più confusa di quanto non lo fossi prima. Cambiare in modo radicale il mio modo di essere è già di per sé un’impresa; farlo in un pomeriggio è impossibile.
«Sai, Tikki, di solito le persone impiegano anni per maturare ed evolversi.»
«Vero. Ma tu hai una validissima motivazione per farlo immediatamente. Anzi, più di una. A partire dai Satiri fino ad arrivare alla conquista di Alessio.»
La saliva mi va di traverso, tossisco. «C-che?»
Tikki trattiene una risatina. «Proprio quello che intendevo. Ammettilo che ti piace e che ha soppiantato Adrien nella tua testa, e pian piano nel tuo cuore.»
«L-lo conosco appena. Non so quali interessi abbia…»
«Gli piace il rock per cominciare.»
«…non so quale sia il suo piatto preferito…»
«È italiano, c’è l’imbarazzo della scelta.»
«…non so quali siano i suoi hobby…»
«Deve piacergli molto la palestra visto il suo fisico.»
«…non so—»
«Marinette!» urla Tikki.
Leon le fa eco abbaiando.
Tikki lo indica. «Credo sia d’accordo con me. Come puoi sperare di cambiare il tuo io se ti fai prendere ancora da questi dubbi?»
«Scusa.» Alzo le mani.
Mi sorprende questa severità da parte di Tikki. È sempre stata molto accondiscendente con me, anche quando i miei viaggi mentali non avevano né capo né coda.
È come se stesse subendo un processo evolutivo che sta cercando di trasmettere a me. A meno che l’anima di Alya non si sia impossessata di lei.
Sorrido al pensiero. Entrambe vogliono aiutarmi e non potrei essere più grata di ciò.
Sullo schermo del pc, compare un video dell’ultim’ora: è il questore che sta parlando in conferenza.
Mi avvicino e alzo il volume dalla tastiera.
«…non ci piegheremo di fronte a tanta violenza. Risponderemo al fuoco col fuoco.» È paonazzo in viso, la vena giugulare pulsante risalta sul collo. «E riserveremo lo stesso trattamento a quel folle ragazzino con il berretto che ha tentato di ostacolare il nostro intervento.» Punta il dito contro la telecamera. «Lo arresteremo e lo processeremo al pari dei Satiri. Grazie, ho finito.»
Chiudo il video.
«Ignoralo, Marinette.»
Pensa che io sia un ostacolo per le forze dell’ordine. Non l’ha dichiarato, ma sono certa che mi ritiene anche in parte responsabile di quanto è successo, altrimenti non avrebbe promesso in diretta di arrestarmi.
Ma gli farò cambiare idea. Non mi va a genio essere trattata come una criminale, quando ho rischiato la vita nel tentativo di salvare delle vite.
Non è giusto.
Stringo i pugni. «Facciamo un tentativo.»
Tikki annuisce convinta.
Chiudo gli occhi, inspiro a lungo e trattengo il fiato. Conto fino a tre. Cambiare, cambiare, cambiare.
Butto fuori tutta l’aria. «Tikki, trasformami.»
Riapro gli occhi. Il mio corpo è ricoperto dalla solita tuta integrale rossa a pois. Lo yo-yo è appeso alla cintola. Porto la mano dietro al collo e le dita sfiorano i fiocchi che legano i due codini. Non è cambiato nulla.
«Ritrasformami…»
Tikki ricompare di fronte a me.
Sbuffo. «Non è andata come pensavo.»
«È solo il primo tentativo. Dovremmo lavorarci su. E devi anche iniziare a pensare a quale immagine vorrai dare di te.»
«Che intendi dire?»
«Finora, trasformarti in Ladybug ti è venuto naturale. Lo fai senza pensarci e questo si riflette anche nell’aspetto che hai da trasformata. Ma se ti concentri, potrai manipolare il costume adattandolo alla tua personalità, al tuo io.»
Trova il tuo io interiore.
«D’accordo. Riproviamo.»
   
 
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