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Autore: Carla Marrone    28/10/2022    1 recensioni
Pensieri, nell'osservare il comportamento dei miei gatti. Agli animali bravi a comunicare con gli umani si usa dire "gli manca la parola". Io trovo che ce l'abbiano. E la sanno usare molto meglio di noi.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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GATTI E CITAZIONI… PIU’, O MENO, DOTTE

 

Possiedo un vecchio magnete. Sopra c’è disegnato un simpatico gattino rosso. Lo acquistai, da bambina, quando adottai un cucciolo di Europeo, di quel colore. 

L’oggetto reca la scritta “i gatti ti lasciano le impronte delle loro zampe, sul cuore”. 

Da piccola, trovai questa frase talmente giusta. Ma, è facile amare, quando si è puri. 

 

Non andò allo stesso modo, tre anni fa. 

Mia madre voleva prendere due gemellini di Devon Rex. Io non volevo. Più esattamente, avevo paura della grossa responsabilità che ciò comportava. Da adulti, la si sente maggiormente. 

E se avessero distrutto tutti i soprammobili? 

Che fare, poi, in caso si fossero gravemente ammalti? Come sopportare il dolore?

 

Prima di sopportare il dolore, non mi ero posta nell’ottica di vivere la gioia. 

 

Distruggere i soprammobili, fu la prima cosa che fecero. Divorarono le tende. Strapparono i maglioni. Poi, Byron, il maschietto bianco candido, si ammalò gravemente al fegato. 

Fu allora, che provai dei sentimenti veri. Degni di essere definiti tali. 

L’abbiamo curato ed abbiamo provato gioia. Degna di essere definita tale. Ogni tanto, ha ancora qualche crisi. Ma, ha, anche, tutto il nostro amore. 

Li definisco “i Vandali”. Soprannome conquistato dalla femminuccia grigia, Belle, osservando il suo comportamento. Bella di nome e di fatto, ma, vivace! Adora giocare a farsi lanciare piccoli oggetti. Corre a prenderli e li riporta a noi, per un nuovo tuffo. Un po’ come i cani da riporto. Adorabile, sì, ma lo fa, preferibilmente, di notte… per tutta la notte.

 

Spesso, io e la mamma scherziamo, chiedendoci come facciano a capirsi, quando parlano, tra di loro. Lui, Byron, è decisamente americano. Dice sempre “wow”. Belle è francese. Dice “oui”. Direi che gli abbiamo appioppato i nomi giusti. 

 

Ma, la felicità più grande è giocare con loro. Woody Allen, una volta, disse “non capisco se sono io a giocare col mio gatto, o, se è lui che lo fa con me”. Non credo ci sia bisogno di commento. Certo, anche attribuire una nazionalità ai nostri amici pelosi non è, poi, salutare. 

Ma, per citarne un’altra, “mi dicono che sono pazzo, a parlare col mio gatto, ma, non è colpa mia, se lui mi risponde”. Chiunque l’abbia detto, è un genio, non un folle. 

 

Andai a vedere un film anime, giapponese, con mia madre, diverso tempo fa: “il giardino delle parole”. Prima che iniziasse, andò in onda un corto, con protagonista una bambina ed il suo cucciolo felino. Lei lo inseguiva e lui fuggiva. 

Poi, la piccola crebbe ed il suo amico, quando si rese conto di non essere più pedinato, smise di scappare. 

Crebbe, a sua volta. 

Si sdraiò, pigramente, dentro una cesta, dove, alcuni anni dopo, con sommo dolore della sua famiglia, morì.

 

Purtroppo, loro durano meno di noi. C’è chi dice che è giusto così. 

Ma, cosa siamo noi, senza di loro?

 

D’altronde, anche la nota poetessa Zymborwska diceva: “morire. Questo ad un gatto non si fa. Perché cosa può fare il gatto dentro un appartamento vuoto?”. Ed ancora, più avanti: “che si azzardi a tornare. Gli si andrà incontro, come se proprio non se ne avesse voglia, su zampe molto offese…”. Come noi, loro si sentono persi, quando anche solo un membro della famiglia manca all’appello. 

 

Siamo state via, per una settimana, per un lieto evento: il matrimonio di mio cugino. I nostri parenti abitano ad ottocento chilometri di distanza. Non li abbiamo portati con noi, per non infliggergli un trauma inutile. Li abbiamo lasciati nella loro casa, che, un tempo, era la nostra, affidati alle cure di una carissima amica. 

 

Quando siamo tornate, la piccola ci ha vomitato sui piedi, per l’emozione. Spero fosse, almeno, un’emozione positiva. Se non altro, non ci sono venuti incontro, svogliatamente, su “zampe molto offese”! 

Anzi, erano affamati, ma, non di cibo. 

 

E così, ci è tornata in mente la cosa provata, quando Byron è guarito, quando Belle mi si è accoccolata in grembo, per la prima volta, quando abbiamo mangiato insieme, subito dopo l’adozione, ( loro, rigorosamente, sul tavolo ), quando li vediamo dormire, raggomitolati, l’uno sull’altra, in una scatola per le scarpe, sprezzanti dei lettini costosi per animali: la gioia! 

 

Perché, come dice il mio logoro ed eterno magnete: “i gatti ti lasciano le impronte delle loro zampe sul cuore”.

   
 
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