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Autore: Milly_Sunshine    29/10/2022    0 recensioni
Selena Bernard è un'imprenditrice di successo, Oliver Fischer è un affascinante giornalista sportivo che scrive di corse automobilistiche. Le strade dei due si incrociano per via di un libro che Oliver sta scrivendo: la biografia di Patrick Herrmann, pilota morto in un incidente al Gran Premio di Montecarlo avvenuto quindici anni prima e ai tempi fidanzato di Selena. L'incidente ha molti punti oscuri e Oliver decide, con l'aiuto di Selena, di ricostruire l'accaduto. I due si ritrovano così all'interno di torbidi misteri che coinvolgono tra gli altri la subdola team manager Veronica Young e il pilota Edward Roberts, ex pupillo di Herrmann e caro amico di Selena. Un mix di romance e azione, con sfumature (leggermente paranormal) thriller. Racconto già pubblicato a puntate sul mio blog nel 2021 // ambientato nello stesso universo di "Miss Vegas", che può esserne visto come sequel, ma anche come lavoro a sé stante.
Genere: Romantico, Sportivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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Patrick conosceva Veronica a sufficienza da non essersi mai fatto illusioni: la team manager, prima o poi, sarebbe riuscita a trovarlo da solo e a porgli domande a proposito della ragazza con cui l'aveva visto. Ciò che non si aspettava era che potesse accadere così in fretta e soprattutto che Veronica si scomodasse di presentarsi a casa sua.
Non c'era da stupirsi che il portiere l'avesse lasciata passare senza nemmeno avvertirlo: quell'uomo subiva facilmente il fascino femminile e non c'era dubbio che a Veronica il fascino non mancasse. Patrick se la ritrovò così sul pianerottolo, che bussava alla sua porta, e l'idea di lasciarla fuori era ben più pericolosa di quella di farla entrare.
Non fu comunque particolarmente accomodante nei suoi confronti.
«Che cosa ci fai qui?» le domandò, con freddezza, richiudendo la porta alle loro spalle. «Non mi pare di averti invitata.»
«Se avessi dovuto attendere un tuo invito» ribatté Veronica, «Non sarei mai riuscita a vedere il tuo appartamento.»
«Perché sentivi questa necessità?»
«Semplice curiosità.»
«Non essere ridicola» sbottò Patrick. «Tu non fai niente per curiosità. Tutte le tue azioni seguono un piano ben preciso.»
«Mi sopravvaluti.»
«Forse, ma è meglio andarci cauti, quando si ha a che fare con te.»
«Lo ribadisco, tu mi sopravvaluti.»
«Sempre meglio che sottovalutarti. Quello potrebbe essere pericoloso.»
Veronica ridacchiò, sprezzante.
«Hai una pessima opinione di me.»
Patrick le strizzò un occhio.
«Hai mai fatto qualcosa per farmi avere un'opinione migliore?»
«No... e non lo farò nemmeno adesso. Credo di dovermi lamentare dell'accoglienza che mi hai riservato, sempre se accoglienza si può chiamare. Perché non mi inviti a sedermi nel tuo soggiorno e non mi offri da bere?»
«Se proprio ti vuoi sedere, ti puoi accomodare lì al tavolo della cucina.» Patrick le indicò la stanza. «L'idea che tu possa andartene in giro a tuo piacimento per casa mia non mi convince molto.»
Veronica sbuffò.
«Vada per la cucina. Cos'hai da offrirmi?»
«Niente. Non bevo alcolici, quindi non ne tengo in casa.»
«Non bevi neanche cose tipo tè freddo?» obiettò Veronica. «Non ho detto che voglio necessariamente dell'alcool.» Mentre pronunciava quelle parole, andò ad accomodarsi. «Se non hai quello, va bene anche un'aranciata o qualcosa del genere.»
Patrick aprì il frigo e prese fuori la prima lattina che gli capitò tra le mani.
«Va bene questa?»
«Sì.»
Gliela sbatté sul tavolo.
«Allora bevi e dimmi che cosa sei venuta a fare.»
Veronica scosse la testa.
«Sei proprio un cafone. Neanche un bicchiere mi dai?»
Patrick alzò gli occhi al cielo.
«Vada per il bicchiere, a condizione che dopo mi dici cosa vuoi, senza giri di parole e senza farmi perdere altro tempo.»
Veronica attese che Patrick le porgesse il tanto agognato bicchiere, prima di parlare di nuovo.
«Vai di fretta? Devi incontrarti con quella biondina che sembra appena uscita dalle scuole superiori?»
Patrick si sedesse di fronte a lei.
«Lo sapevo. Sapevo che la mia amica ti era rimasta impressa. Solo, non pensavo avessi bisogno di presentarti a casa mia per intrometterti nella mia vita privata.»
«Sei esagerato» obiettò Veronica, aprendo la lattina e versandosi da bere. «L'hai portata in un ristorante, in un luogo pubblico, quindi significa che non era un appuntamento segreto. Non hai bisogno di nasconderti.»
«Infatti non ho bisogno di nascondermi» precisò Patrick. «Solo, quello che faccio nella mia vita personale non ti riguarda.»
«Ma infatti non mi riguarderebbe, se quella ragazzina non mi avesse colpita per un motivo particolare.»
«Quella "ragazzina" ha vent'anni. Non è una bambina. Potrebbe uscire con me perfino se fossimo negli Stati Uniti, nonostante là non sarebbe ritenuta ancora matura abbastanza per comprarsi una bottiglia di vino o una lattina di birra.»
«È pur sempre giovane per te. Non hai trent'anni?»
«No, veramente ne ho solo ventotto.»
«Sempre giovane rimane.»
«Non troppo giovane da non potere esprimere il proprio consenso. E poi siamo solo stati a pranzo insieme, è inutile che tu ti faccia così tante fantasie.»
«Vai tranquillo, non mi faccio fantasie su te che ti porti a letto quella sfigatella da quattro soldi. Non mi importerebbe niente di lei, se non mi fosse venuto il dubbio che sia la figlia di Alexandra Bernard.»
Patrick si aspettava una simile considerazione, pertanto cercò di non mostrare alcuna emozione.
«La figlia della signora Alexandra? Come ti viene in mente?»
«Ha una figlia di quell'età e l'ho vista di sfuggita, una volta o due.»
«Magari somiglia alla mia amica. Non lo so, io non l'ho mai vista.»
«Mi sembra improbabile. È ospite dalla madre, che abita qui di fronte a te.»
«Non vado a casa della signora Alexandra.»
«Anche su questo ho i miei dubbi.»
«E comunque non vedo come faccia, proprio tu, a sapere dove sia la figlia della signora Alexandra in questo periodo.»
«Ho fatto gli occhi dolci al portinaio e mi ha detto molto di più di quanto gli avessi chiesto.»
Patrick scosse la testa.
«Quell'uomo non cambierà mai.»
«Meglio così. Almeno ho saputo subito quello che volevo sapere, senza fargli perdere il suo tempo prezioso. Sono certo che ha molte cose di cui occuparsi, oltre che spettegolare sul vicinato.»
«Spettegolare sul vicinato, in realtà, non rientra nei compiti per cui viene pagato.»
«Sono certa, in ogni caso, che se gli mostrassi una foto di te e della tua amica insieme, potrebbe riconoscerla senza ombra di dubbio come Selena Bernard.»
«Sai anche il suo nome?»
«Io so tutto, Patrick. Penso di essere al corrente di tutte le donne che ti sei fatto e di quelle che avresti voluto farti.»
«Addirittura?»
«Ho mille occhi e mille orecchie. So tutto ciò che mi conviene sapere.»
«Se tuo padre non fosse riuscito a vendere la squadra a Scott Young, o se Young non avesse deciso di tenerti a lavorare con lui, saresti stata una perfetta portiera.»
«E tu sei un perfetto stronzo.» Veronica portò il bicchiere alla bocca e bevve una sorsata della bibita. «Uno stronzo con un certo senso dell'ironia, però. Inizio a capire come mai così tante donne siano entrate nel tuo letto.»
«Spesso ero io a entrare nel loro, tranne quando era matematicamente impossibile.»
«Dove scopavate tu e la moglie di Keith Harrison?»
«Questi non sono affari tuoi.»
«Allora, forse, dovrei chiederti dove scopavi con la moglie del team principal, nel tuo vecchio team.»
Patrick la guardò negli occhi.
«Veronica, adesso mi sto davvero rompendo le palle. Se non vuoi che ti prenda per i capelli e ti butti fuori da casa mia, smettila di parlare di questi argomenti.»
Veronica non si scompose e, con un sorriso, gli chiese: «Davvero trovi questi argomenti troppo scottanti?»
«Sono argomenti di cui non mi va di parlare e soprattutto non mi va di parlarne con te.»
«A Selena Bernard hai parlato di queste cose? O aspetti che le venga a sapere dalla madre?»
«Veronica, per cortesia, quello di cui parlo con...»
Veronica lo interruppe: «Quindi non neghi che si tratti di Selena Bernard. Bene, mi fa piacere, almeno un obiettivo l'ho raggiunto.»
«La sua identità non ti riguarda.»
«Comunque, se anche non lo dovesse venire a sapere da Alexandra Bernard, in un modo o nell'altro lo scoprirebbe. L'hanno scritto perfino i giornali che sei stato cacciato non solo perché eri uno stronzo, ma anche perché andavi a letto con la moglie del team principal.» Veronica si alzò in piedi e si avvicinò a lui. «Ad ogni modo, è meglio che sia andata così. Se non fosse successo, forse non avresti perso il volante e non saresti mai passato alla Dynasty.»
«L'hai detto tu stessa, sono sempre stato uno stronzo. Magari, per un motivo o per un altro, mi avrebbero mandato via comunque.»
«In effetti davo per scontato che tu riuscissi a giocare bene le tue carte. Non ci sei mai riuscito. Sei sempre riuscito a farti detestare da chiunque. Perfino la moglie di Harrison pensa che tu sia stato l'errore più grande della sua vita.»
«Non mi dire che adesso Emma Dupont viene a confidarsi con te.»
«No, non si confida con me. Anzi, di solito mi evita, quando mi vede, nei limiti del possibile.»
«Non penso sia la sola persona a farlo.»
«No, ma non importa. Preferisco avere intorno le persone che valgono davvero qualcosa. Non me ne frega niente di non essere simpatica a certi inetti.»
«Quindi, se Emma non si è confidata con te, da cosa deduci che mi consideri un errore?»
«Gli indizi portano tutti in quella direzione. Se non sbaglio, fino a poco tempo fa sembrava disposta a lasciare suo marito per te. Ora, invece, tra lei e Keith va tutto a gonfie vele. Da quando si sono rimessi insieme, sembrano la coppia più affiatata del mondo, perfino più di te e della piccola Bernard.»
«La "piccola Bernard", che non si chiama Bernard, non è la mia fidanzata.»
«Va bene» si arrese Veronica, «Facciamo che ti credo. Selena Bernard non è la tua fidanzata. Come puoi capire, credo solo a una parte di quello che mi hai raccontato, e solo perché non sei un tipo da fidanzate fisse.»
«Le persone cambiano» replicò Patrick. «Un giorno potrei incontrare anch'io una donna capace di farmi dimenticare la mia... mhm... carriera di playboy, se così la vogliamo chiamare.»
«Ne deduco che quella donna non sarà Alexandra Bernard.»
Patrick sussultò.
«Cosa intendi dire?»
«Quella donna ha un debole per te.»
«Non scherzare. La signora Alexandra...» Si sforzò di ridere. «Che idea assurda, come ti vengono in mente certi pensieri?»
«Sono un'acuta osservatrice della realtà» rispose Veronica, «E la realtà dice che quella donna ti spoglia con gli occhi. Chissà come la prenderebbe, se sapesse che esci con sua figlia. Forse è proprio questa la ragione per cui neghi così sfacciatametne che si tratti di lei.»
«Non sai quello che dici.»
«Invece lo so benissimo e ti consiglio di non tirare troppo la corda. Conosco Alexandra Bernard abbastanza bene da pensare che la tua vita sarebbe stata molto più semplice, se Emma avesse scelto te, invece di Keith.»
 
******
 
Oliver lasciò che Emma gli strappasse di mano il foglio con gli appunti. La Dupont, seduta accanto a lui, lesse con attenzione le sue note, prima di obiettare: «Non vorrai davvero rivolgerti ad Edward Roberts in questi termini.»
«Non proprio in questi termini» la rassicurò Oliver, «Però credo che non sia opportuno nascondersi sempre. Certe cose vanno dette: Roberts ha quasi trentanove anni, non ha mai vinto un titolo e molto probabilmente non vincerà nulla di importante in tutto il resto della sua carriera. Mi sembra doveroso chiedergli se sta pensando di ritirarsi dalle competizioni. È esattamente ciò che viene chiesto costantemente a qualsiasi pilota abbia superato i... diciamo trentacinque anni. Quell'età Roberts l'ha avuta molto tempo fa. Non si spiega proprio perché la Dynasty abbia ingaggiato un "vecchio".»
Emma gli tirò una gomitata, quindi Oliver dedusse di avere parlato troppo forte, secondo gli standard della sua collega. Naturalmente esagerava come al solito: la sala stampa era piena di voci di giornalisti in attesa e nessuno prestava attenzione a lui.
Di lì a poco avrebbe avuto inizio la conferenza stampa dei piloti che precedeva il fine settimana del Gran Premio di Valencia, il primo dei quattro appuntamenti europei che avrebbero condotto la Diamond Formula verso la fine della stagione, prevista per la fine di maggio a Montecarlo.
Come al solito erano stati scelti i piloti considerati più rappresentativi: due spagnoli, per soddisfare la stampa locale, e due piloti di alta fascia per venire incontro alle esigenze di quella internazionale. Come spesso accadeva, tra i piloti di alta fascia erano stati selezionati Edward Roberts e Christine Strauss, entrambi veterani, entrambi sotto contratto con squadre di un certo spessore.
Furono i primi a entrare e a sedersi, seguiti dai due piloti "di casa". Oliver iniziò a sentirsi a proprio agio: prima o poi Roberts si sarebbe pentito di avere accettato l'ingaggio della Dynasty, ne era certo.
 
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Patrick si guardò intorno. Non c'era nessuno nei paraggi, ma quella fortuna non sarebbe durata molto a lungo.
«Devo dirti una cosa importante» dichiarò, guardando Edward negli occhi. «So che adesso non mi capirai, e forse nemmeno in futuro, ma ho bisogno che tu mi faccia una promessa.»
L'altro aggrottò la fronte.
«Tutto bene, Pat?»
«Sì, più o meno.»
«Mi sembri un po' strano. In che senso dovrei farti una promessa? Non sono nemmeno riuscito a promettere a Sharon di sposarla prima della fine dell'anno.»
Da quelle parole apparve chiaro che Edward non avesse la più pallida idea di quanto fosse contorta la situazione. Era convinto che fosse un giorno come tanti... e probabilmente lo era davvero. Scott Young aveva senz'altro qualcosa in mente, ma Patrick non aveva idea né di come né di quando avrebbe agito.
«Lascia perdere Sharon» tagliò corto. «Avete tutta la vita davanti per sposarti. Sei giovane, non dovresti avere tutta questa fretta.»
Edward sorrise.
«Non come te, quindi?»
Patrick alzò gli occhi al cielo.
«Per cortesia, Edward, non è il momento di parlare di fidanzamenti e di matrimoni. Voglio solo che tu mi prometta che, se dovesse accadermi qualcosa, ti terrai alla larga dalla Dynasty. Non devi fidarti né di Young né di Veronica.»
«Perché mi dici questo? Non ci sono molte possibilità che io abbia a che fare con la Dynasty...»
«Sì, so cosa stai per dirmi: che hai già un volante e che non cambierai mai team per tutto il resto della tua carriera. Sono tanti i piloti che l'hanno detto e tutti quanti hanno cambiato idea.»
«Io non cambierò idea. Non penso né ad altre squadre né ad altre categorie. Un giorno la Diamond Formula diventerà il campionato più importante al mondo... e penso che non dovremmo nemmeno aspettare più di tanto. Ormai è chiaro in che direzione vanno le cose.»
«Sì, ma questo non ha niente a che vedere con il tuo futuro.»
«Sì, invece» insisté Edward. «Non sono qui per fare numero, sono qui per vincere. Stare dove sono ora mi garantisce la possibilità di diventare, un giorno, campione del mondo.»
Patrick annuì.
«Sì, lo so, hanno in mente un progetto a lungo termine, di cui tu fai parte, lo dicono anche loro. Ma se le cose andassero male? Lo sai, vero, che in pochi saranno disposti a chiudere un occhio se perderai il tuo status? Devi assolutamente essere il pilota di punta del team, per non rischiare conseguenze negative, tu più di chiunque altro.»
«Non pensi sia ora di mettere da parte un certo tipo di pregiudizi?»
Patrick sospirò.
«Certo che sì, il problema è che, finché tutti non li mettono da parte, toccherà a tutti affrontarne le conseguenze.»
«Ma non è giusto trattare Claudia come un fenomeno da baraccone!»
«Lo so, Edward, ma non è a me che devi spiegarlo. Una volta che i team principal, gli addetti ai lavori e la stampa l'avranno capito, forse faremo qualche progresso. Fino ad allora, però, Claudia sarà additata come un fenomeno da baraccone, appunto, e tu sarai considerato un fallito se ti farai battere da una donna. Non sono io che faccio le regole e non sei nemmeno tu. Basta solo pensare a quello che si dice di Veronica.»
«Da quando tutto questo interesse per Veronica?» obiettò Edward. «Pensavo ti fosse antipatica.»
«Infatti è insopportabile» convenne Patrick, «Ma riceve critiche infondate. Dicono che ha svenduto la squadra perché non era capace di gestirla, ma a fare i debiti è stato suo padre, non certo lei. Quando il padre le ha lasciato la patata bollente tra le mani si è arrangiata come poteva. Si è fidanzata con Scott Young per interesse. Anche lui, però, si è fidanzato con lei per interesse. Young ha potuto rilevare il team senza troppe difficoltà e Veronica ha potuto rimanere in carica come team principal. Solo, Scott Young viene considerato un affarista, lei viene derisa o criticata indistintamente sia dagli uomini sia dalle altre donne.»
«Ma tutto questo cosa c'entra con il fatto che non mi devo fidare della Dynasty?»
«Niente. Non so nemmeno dirti perché siamo arrivati a parlarne. So solo che tu non mi hai ancora promesso di stare alla larga da loro.»
«Va bene, come vuoi.»
«Perfetto. Mi fido di te. Ora, però, vai. Veronica sta sempre a controllare quello che faccio, potrebbe saltare fuori da un momento all'altro.»
Edward si allontanò senza obiettare. Patrick lo guardò andare via, sapendo di non essere stato preso davvero sul serio. Per fortuna, almeno, non aveva messo il suo collega e amico in allarme. Nel peggiore dei casi si sarebbe dimenticato di quella conversazione, oppure avrebbe pensato non avesse alcuna importanza.
 
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La conferenza stampa proseguì come previsto. Dopo le domande da copione venne data la parola ai giornalisti presenti nella sala. A parte qualche esponente della stampa locale, la maggior parte dei reporter ignorarono i due spagnoli. Christine Strauss, invece, fu presa d'assalto come avveniva fin dal giorno in cui la sorella Claudia aveva appeso il casco al chiodo per dedicarsi a un ruolo manageriale.
Le domandarono, a più riprese, se puntasse al titolo mondiale, come aveva fatto molti anni prima la sua illustre sorella maggiore, e come si sentisse nell'essere finalmente sulle tracce di Claudia, dopo tanti anni di delusioni.
Oliver ascoltò la Strauss mentre rispondeva, preso da un vivo interesse. Ad ogni parola cresceva sempre più la sua ammirazione per quella donna: sapeva mettere a tacere perfino chi la accusava di avere avuto troppi risultati deludenti per essere considerata una top driver. Che fosse la verità o meno, riuscì a giustificare, e non certo per la prima volta, certe sue prestazioni del passato.
Inoltre chiarì un concetto fin troppo spesso sottovalutato: «Sempre più spesso mi capita che mi venga chiesto com'è essere la sorella di Claudia Strauss. Quello che nessuno mi chiede quasi mai, invece, è come sia essere Christine Strauss. Io, quando mi guardo allo specchio, non vedo la sorella di Claudia, vedo semplicemente Christine.»
Emma attirò l'attenzione di Oliver con un cenno.
«A me non pare» borbottò.
«Cosa?» domandò Oliver. Vide un paio di giornalisti girarsi verso di lui, quindi abbassò la voce. «Di cosa parli?»
«Di Christine. Vive nell'ombra di Claudia, non fa altro che sfruttarne la popolarità... corre anche per il team diretto dalla sorella...»
«Questo non significa» obiettò Oliver, «Che non sia una persona indipendente, con una propria identità.»
«Tutte chiacchiere. Non ha mai dimostrato nulla.»
«Ce l'hai con lei perché è l'avversaria di Roberts?»
«No, sei tu che ce l'hai con Roberts per ragioni che conosci solo tu, quindi tendi a sopravvalutare la sua rivale.»
«Ti sbagli.»
«Dimostramelo.»
«Non posso dimostrarti di non avercela con Roberts. Quello che penso di lui come pilota non cambierà tanto facilmente.»
Qualcuno, alle loro spalle, diede un calcio alla sedia di Oliver.
«Volete tacere?» sibilò tra i denti una voce maschile.
Oliver si girò. A parlare era stato un giornalista sulla cinquantina.
«Scusi il disturbo» replicò, senza perdersi d'animo. Qualunque cosa accadesse quel giorno, non si sarebbe scomposto. Era quasi arrivato il suo momento, finalmente.
Attese con pazienza l'istante per il quale si era preparato a lungo. Quando poté finalmente prendere la parola, fu piuttosto diretto, nonostante la contrarietà di Emma.
«Una domanda per Edward Roberts. Dopo tanti anni, ormai a fine carriera, sei ancora all'inseguimento di un titolo mondiale che potrebbe non arrivare mai. Quest'anno, nonostante tu sia al volante di un team di primo piano come la Dynasty, non stai avendo la strada spianata come tanti avevano ipotizzato. Quali sono le tue sensazioni nel realizzare sempre più che i tuoi giorni in Diamond Formula sono quasi finiti e che la tua carriera potrebbe rimanere incompiuta?»
Emma abbassò gli occhi, un po' come se non volesse correre il rischio di incrociare lo sguardo del pilota.
Edward Roberts, da parte sua, si limitò a replicare: «La mia carriera non può essere considerata incompiuta. Ho ottenuto anch'io i miei successi e penso di potermi ritenere soddisfatto dei miei anni nella Diamond Formula, che tra parentesi non sono ancora finiti. Non sempre noi piloti valutiamo i nostri risultati nello stesso modo in cui li valutate voi che vi limitate a scrivere o a fare servizi televisivi sul campionato. Da parte mia, penso di non avere niente da rimpiangere.»
Le sue parole, dirette e taglienti, lasciavano intuire che la domanda ricevuta lo avesse scosso più di quanto ci tenesse a dimostrare.
«Grazie» rispose Oliver. «Buona fortuna per il resto della stagione.»
Si guadagnò un'altra gomitata da parte di Emma, che evidentemente continuava a non condividere il suo modo di agire, ma la ignorò. Non voleva far indignare nuovamente il tizio seduto dietro di lui: far indignare Edward Roberts era stato di gran lunga più divertente.
 
******
 
«Ehi, Pat!»
Patrick sussultò. Non si aspettava che ci fosse qualcuno alle sue spalle. Si girò poi verso Edward, del quale aveva riconosciuto la voce.
«Non ti avevo sentito arrivare.»
«Me ne sono accorto.» Edward ridacchiò. «Scusa, non volevo spaventarti, spero che per colpa mia non ti vengano i capelli bianchi in anticipo.»
«Non preoccuparti, i miei capelli non corrono rischi» lo rassicurò Patrick. «E poi lo sai anche tu cosa si dice.»
«Cosa?»
«Che gli uomini brizzolati hanno fascino. Se mi dovesse spuntare qualche capello bianco, non oso immaginare quante donne cadrebbero ai miei piedi.»
«Non mi pare che tu ne abbia bisogno.»
Patrick annuì.
«Direi proprio di no. Ormai la mia... mhm... carriera di playboy è finita.»
«Ne sei proprio sicuro? Tante volte hai detto che avevi trovato la donna giusta, non è che anche con questa Selena andrà a finire come con le altre?»
«Mi auguro vivamente di no, dato che con lei mi sembra tutto diverso. Voglio passare il resto della mia vita con lei. Devo sistemare un paio di cose, poi...»
Patrick si interruppe. Era meglio non parlare a Edward in quel momento, c'era il rischio che si lasciasse inavvertitamente scappare qualcosa. Non era opportuno che la signora Alexandra venisse a sapere che intendeva chiedere a sua figlia di sposarlo. Una simile eventualità era da scongiurare, anche se, era inevitabile, prima o poi avrebbe dovuto esserne informata.
Edward non insisté nel parlare delle sue vicissitudini sentimentali. Anzi, tornò al loro discorso del giorno precedente.
«Cosa dicevi ieri sulla Dynasty? Ci ho ripensato e non ci ho capito nulla.»
Nemmeno quello era un argomento che Patrick intendesse trattare quel giorno.
«Niente di importante» mentì. «Solo, spero di non vederti mai gareggiare con i loro colori.»
«Proprio tu dici questo?» obiettò Edward. «Eppure tu...»
Patrick lo interruppe: «Sì, lo so, quello che ti ho detto ieri ti sarà sembrato strano. Lascia perdere, non potrei spiegarti meglio.»
«Quindi eviti direttamente di provare a spiegarmelo?»
«Sì, te l'ho detto, non ha tutta questa importanza. Semplicemente Scott Young e Veronica sono diversi da come sembrano, se li conosci molto da vicino.»
Edward azzardò: «Young è meno stronzo di quanto sembra?»
«Non era proprio quello che intendevo, ma non importa» ribadì Patrick. «Ti consiglio di stare lontano da lui e dalla sua donna, tutto qui.»
 
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Era ormai trascorso un giorno dalla conferenza stampa, ma Emma Dupont era implacabile. Ogni volta in cui rimanevano soli continuava a sollevare obiezioni sulle parole che Oliver aveva rivolto a Edward Roberts.
Per l'ennesima volta, Oliver cercò di evitare di sorbirsi un'ulteriore predica.
«Ne abbiamo già parlato» ricordò a Emma quando la collega attaccò con la solita solfa. «Nemmeno la gente sui social si è scandalizzata così tanto... e dire che di solito si indignano per qualsiasi cosa sollevando polveroni inutili.»
«Invece ce ne sono parecchi che si sono indignati, si vede che non hai controllato abbastanza bene» replicò Emma. «C'è chi ha detto che non avresti dovuto permetterti di dare del vecchio a Roberts e che dovresti essere bandito a vita dal paddock.»
«Immagino che si tratti di qualche tredicenne che invece pensa di potere dire peste e corna dei propri professori senza per questo essere "bandito" dalla scuola» ribatté Oliver. «Quei ragazzini mi hanno stufato, perché non possono limitarsi a fare videogiochi come facevamo noi alla loro età? E poi non ho mai dato del vecchio a Edward Roberts, gli solo fatto notare che è più vicino alla fine della sua carriera, piuttosto che all'esordio.»
«Non sono tutti tredicenni» puntualizzò Emma. «Ce ne sono anche di...»
«Di quattordici anni?» azzardò Oliver. «Va beh, stavo solo facendo una media, sono sicuro che qualcuno ne ha solo dodici, se non di meno. Purtroppo i social non fanno una buona scrematura: ci vorrebbe la versione per adulti e quella per bambini. Non abbiamo tutto questo tempo da perdere con...» Oliver si fermò, dopo avere posato accidentalmente gli occhi su una donna poco lontana. «Oh, caspita! Che cosa ci fa qua?»
Emma si girò a guardare nella sua stessa direzione.
«Chi?»
«Aspettami un attimo» la pregò Oliver.
Senza attendere risposta, si allontanò dalla collega, dirigendosi verso la persona che ai suoi occhi appariva come un'intrusa, che non si era accorta di lui.
Arrivò a pochi passi da lei, ancora inosservato.
«Buongiorno.»
Selena Bernard si girò verso di lui.
«Buongiorno.»
Dalla sua voce non trapelava alcuna sorpresa, un po' come se si aspettasse di vederlo lì a Valencia.
«Siamo vicini di casa, noi due, o sbaglio?» le domandò Oliver. Era convintissimo di non avere preso un abbaglio, a condizioni che la Bernard non avesse delle sosia, ma era meglio non rivelarsi troppo sicuro di sé.
«Esatto» confermò Selena. «Sono proprio io. Immagino che tu voglia chiedermi cosa ci faccio qui.»
Oliver rise.
«Non saprei, sono in dubbio se chiederti questo oppure se chiederti se ti va di vederci stasera per fare quattro chiacchiere.»
Era una battuta, ma Selena lo prese sul serio.
«Perché no? Possiamo andare a mangiarci una paella insieme. Che ne dici?»
Oliver non si scompose prese la palla al balzo.
«Va benissimo. Così, magari, mi racconterai cosa ci fai qui.»
Quando Oliver tornò a raggiungere Emma, quest'ultima iniziò a tempestarlo di domande, segno evidente che la discrezione non era il suo pregio principale.
«Che cosa stavi facendo?»
«Parlavo con una persona che conosco. O meglio, parlavo con una persona che non conosco.»
«La conosci o non la conosci?»
«Una via di mezzo: è stata la seconda volta in cui ho parlato con lei.»
«Eppure sembrava una cosa abbastanza urgente.»
«Volevo solo salutarla.»
«E ci hai messo tutto quel tempo, per salutarla?»
Oliver alzò gli occhi al cielo.
«Mi ha invitato a cena. Sei contenta, adesso che lo sai?»
«Fammi capire, le sconosciute ti invitano a cena?» ribatté Emma. «No, Oliver, tu non me la racconti giusta.»
«Credo sia Selena a non raccontarmela giusta. Ammetto che non mi aspettavo un simile invito...»
«Avrai fatto colpo su di lei. Dopotutto anche gli impiccioni hanno il loro fascino.»
«No, aspetta, questo non lo accetto» replicò Oliver. «È da quando sono tornato che non fai altro che tartassarmi di domande sui miei fatti privati, non puoi accusare me di essere un impiccione.»
Emma ridacchiò.
«E va bene, faccio un passo indietro, almeno per stavolta.»
«Sul fatto che sono impiccione o sulle domande?»
«Non puoi avere tutto nella vita. Che cosa ne sai di quella donna? È single?»
«Penso di sì.»
«Ti sei già informato, a quanto pare.»
Oliver scosse la testa.
«No, Selena abita vicino a me. Non mi sono informato io, i suoi fatti privati mi sono stati esposti con una cura maniacale dal portiere del palazzo.»
«A proposito, quando mi fai vedere casa tua?»
«Dal momento che siamo in uno stato straniero, mi è difficile fartela vedere in questo momento.»
«Torniamo alla tua amica, allora: dove andrete stasera?»
«Mi ha detto che ci pensa lei a trovare un posto.»
«E come hai intenzione di comportarti?»
«In nessun modo particolare. Non sono qui per rimorchiare, ma per lavorare.»
«Eppure hai accettato l'invito a cena di quella donna.»
«Va bene, sarò chiaro: l'invito a cena mi sorprende e non poco. Se avessi rifiutato, non avrei mai scoperto che cosa vuole Selena da me. Accettando, invece, ho qualche possibilità di scoprirlo.»
«Mi piaci in formato detective.»
«Non ho alcun formato detective. Piuttosto, dobbiamo andare a registrare il servizio sulla qualifica di oggi.»
«Qualifica di oggi in cui Edward Roberts potrebbe essere il favorito per la pole position della sprint race, visti i tempi fatti nella prima sessione di prove libere.»
«Mhm... sì, può darsi.»
«Questo pensiero non ti dà fastidio nemmeno un po'?»
«No, te l'ho già detto, lo scopo della mia vita non è gufare Edward Roberts. Semplicemente non penso sia più all'altezza del Roberts che abbiamo visto nelle scorse stagioni e che, alla sua età, potrebbe iniziare seriamente a prendere in considerazione l'idea di ritirarsi.»
«Il fatto che tu glielo suggerisca implicitamente non lo aiuterà a schiarirsi le idee.»
«Lo so.»
«Allora dovresti smetterla di cercare di fare notizia in questo modo.»
Oliver sbuffò: «Dai, Emma, piantala. Ti preferivo quando mi parlavi di Selena.»
Emma si arrese: «Hai ragione, la smetto. Però lo faccio solo perché si sta facendo tardi e abbiamo da fare... e alla fine della giornata mi dirai che avevo ragione.»
«Su cosa?»
«Su Roberts.»
«Va bene, adesso, però, basta con questo Roberts. Incrocia le dita per lui e andiamo a fare qualcosa di utile.»
«Okay. A proposito di quella Selena, invece...»
«Oh, no, basta!»
«Solo una domanda. Sai per caso come fa di cognome? Perché penso di avere capito di chi si tratta.»
 
******
 
«Patrick, chi era quella ragazza?»
La domanda di Selena era talmente diretta da non potere essere sviata.
«Una mia ex.»
«Perché ti stava insultando?»
«Te l'ho detto, è una mia ex e...»
«Va bene, è una tua ex» replicò Selena, «Ma questo non giustifica, di per sé, tutti quegli insulti. Cosa le hai fatto?»
«Niente che Emma non volesse, ai tempi» puntualizzò Patrick. «Non è certo colpa mia se, a un certo punto, si era messa in testa di lasciare suo marito perché sosteneva di essersi innamorata di me.»
«Sapevi che era sposata?»
«Sì.»
«E lei sapeva che non ricambiavi il suo amore?»
Patrick strabuzzò gli occhi.
«Tu cosa ne sai?»
«Me l'hai detto tu, più di una volta: credi di non avere mai amato davvero nessuna delle tue ex.»
«Lo so, te l'ho detto, ma quando stavo con Emma era diverso, credevo davvero di tenerci a lei.»
«Com'è finita tra di voi?»
«Non ero affidabile abbastanza per i suoi standard. O quantomeno ero meno affidabile di suo marito, quindi ha deciso di tornare insieme a lui.»
«Mi dispiace.»
«No, figurati. Emma e Keith sono una bella coppia, dopotutto. E poi io non voglio stare con Emma, voglio stare con te.»
Selena gli regalò un sorriso.
Con lei era tutto così facile: aveva frequentato tante partner nel corso degli anni, la maggior parte delle quali terrorizzate dal confronto con quelle che l'avevano preceduta, mentre con la figlia della signora Alexandra non c'erano problemi.
Mentre Selena sorrideva, Patrick la guardò negli occhi sperando che ciò che aveva durasse per tutto il resto della sua vita.
 
******
 
La sessione di qualifiche del venerdì pomeriggio terminò, con il suo inequivocabile verdetto: Christine Strauss aveva fatto registrare il miglior tempo e il giorno seguente sarebbe partita davanti a tutti nella sprint race. Su un circuito che non favoriva i sorpassi, le probabilità di tagliare il traguardo davanti a tutti erano piuttosto elevate e ciò era proprio il risultato al quale la Strauss auspicava. La vittoria nella sprint race faceva gola sia perché assegnava cinque preziosi punti, sia perché garantiva la pole position nella gara più importante del fine settimana.
Edward Roberts, al contrario, aveva deluso le aspettative che Emma Dupont riponeva nei suoi confronti. All'inizio della sessione si era messo in mostra in positivo, girando su tempi degni di nota, seppure non riuscendo a stare al passo della Strauss. Non era durata, tuttavia, a lungo abbastanza da permettergli una buona posizione sulla griglia di partenza: era finito fuori pista, schiantandosi contro una delle barriere del circuito cittadino di Valencia. Non solo aveva terminato la propria sessione con un incidente, ma ciò era accaduto quando c'erano ancora venti minuti di qualifica davanti. Erano stati in molti a battere il tempo fatto registrare in precedenza dal pilota della Dynasty, che così era scivolato in ventiduesima posizione, un risultato non certo positivo. Considerato che le vetture erano in totale ventiquattro, l'unica soddisfazione per lui poteva essere quella di essersi salvato dall'onta dell'ultima fila.
Oliver si era posto come obiettivo quello di non essere troppo crudele nei suoi confronti, quando avrebbe raccolto le sue parole, ma qualcosa non aveva funzionato. Certo, non aveva avuto occasione di comportarsi in maniera che Emma avrebbe definito inappropriata, ma la ragione principale era stata il rifiuto di Roberts di rilasciare interviste. O meglio, si era rifiutato di rilasciare un'intervista a lui, ma non ad altri.
Oliver se ne lamentò con Emma.
«Hai ragione, non ho motivi per avercela con Edward Roberts, ma si è comportato in modo davvero scortese.»
«Non puoi certo sperare che fosse contento, dopo una qualifica come quella di oggi.»
«No, ma l'ho sentito ridere e scherzare così come se niente fosse durante un'intervista per la televisione italiana, il tutto mentre con me si era rifiutato anche solo di proferire parola.»
«Evidentemente lavori per la televisione sbagliata.»
Oliver scosse la testa.
«No, è solo che non ci sono più i piloti di una volta. Quelli di un tempo non si comportavano così. Patrick Herrmann, ad esempio, non si sarebbe mai permesso di...»
Emma lo interruppe: «Non parlare di cose che non sai. Io facevo già la reporter ai tempi di Herrmann e ti assicuro che a volte si è comportato esattamente come Roberts.»
 
******
 
Patrick notò subito lo sguardo di disapprovazione di Selena. Poteva immaginare quale fosse la ragione e, in quel momento, avrebbe preferito di gran lunga se fosse stata spaventata da Emma al punto tale da approvare il suo comportamento.
«Ho sentito la tua intervista» lo informò. «Sempre ammesso che così si possa chiamare. Perché sei stato così scortese con quella ragazza?»
«Perché quella ragazza voleva soltanto mettermi in imbarazzo davanti alle telecamere. Non ho fatto niente di male, ho solo tutelato la mia immagine.»
«Hai una strana idea di che cosa significhi tutelare la tua immagine.»
«No, sei tu che non hai idea di chi sia davvero Emma Dupont. Te l'ho detto che siamo stati insieme...»
«Sì, sarete anche stati insieme» replicò Selena, «Ma in quel momento era in veste professionale. Anche se hai avuto una relazione con qualcuno, questo non dovrebbe intaccare le questioni di lavoro.»
«Il lavoro, secondo Emma, è dimostrare al mondo che io sono un incapace mentre suo marito è un figo» replicò Patrick, «Anche se non la pensava esattamente così, quando andavamo a letto insieme.»
Selena obiettò: «Da quel poco che ho visto, non mi sembra vero quello che dici. Forse ha ragione mia madre quando dice che lavoro e vita privata devono rimanere separati.»
 
******
 
La giornata era ormai terminata e Oliver si era liberato di Emma. Non avrebbe più dovuto avere a che fare con lei almeno fino alla mattina seguente, il che era positivo. Per quanto si trovasse bene insieme alla collega, in certi momenti era troppo pesante, specie quando si trattava di Edward Roberts.
Fu proprio Roberts che Oliver vide, prima di lasciare il circuito. Stava parlando al telefono ed era solo. La scelta migliore sarebbe stata andare via, ma dopo quanto accaduto qualche ora prima preferì non ascoltare la voce della ragione.
Attese che il pilota della Dynasty terminasse la telefonata, poi si avvicinò a lui.
«Oggi hai dimostrato quello che sai ancora fare» gli disse. «Forse non sei mai stato un vero fenomeno, ma senza dubbio ti stai migliorando.»
Edward si girò a guardarlo.
«Come, prego?»
«Hai sentito benissimo quello che ho detto» puntualizzò Oliver. «Oggi hai fatto vedere ai rookie come non si guida. E per di più ti sei pure comportato da cafone, rifiutandoti di commentare la tua performance.»
Edward obiettò: «Non ho l'obbligo di parlare con te o con i tuoi colleghi.»
«Però con certi giornalisti di altre testate hai parlato.»
«Non devo rendere conto a te di quello che faccio. A maggior ragione, non devo farlo dopo che non hai mostrato alcun rispetto né per me né a volte per altri piloti.»
«No, ti sbagli» ribatté Oliver. «Io i piloti li rispetto, tu sei il primo che afferma il contrario.»
«Si vede che con gli altri non sei così stronzo, allora.»
Edward gli voltò le spalle e fece per andarsene, ma Oliver lo trattenne.
«Sai, non avresti mai dovuto passare alla Dynasty. Patrick Herrmann aveva ragione, ma non perché la Dynasty non fosse adeguata a te, quanto piuttosto perché tu non vali abbastanza per la Dynasty.»
Edward si girò di nuovo.
«Cosa sai di Patrick Herrmann?»
«Tante cose. Sai, ai tempi io ero ancora un ragazzino, ma ciò non toglie che sia informato su quello che accadeva in passato.»
«Patrick Herrmann si rivolterebbe nella tomba, se sapesse che ci sono "giornalisti" come te che conoscono le sue imprese.»
«O forse si rivolterebbe nella tomba se sapesse che tu, che lo consideravi il tuo mentore, sei diventato un pilota incompiuto. Herrmann ti considerava una promessa dell'automobilismo... e invece si sbagliava di grosso.»
«Perché non te ne vai, invece di criticare i miei risultati? Faresti meglio ad attaccarti al culo di quella tua collega che segui sempre. Magari potresti dedicarti alle donne, piuttosto che a cose che non capisci.»
Oliver ridacchiò.
«Magari sei tu quello che dovrebbe dedicarsi alle donne. Se scopi meglio di come guidi, forse hai qualche speranza.»
Edward gli scoccò un'occhiataccia.
«La mia vita privata non ti riguarda.»
«Hai ragione, non avrei dovuto essere invadente. Forse hai deciso di rimanere fedele a tua moglie per tutta la vita, anche se ormai lei è morta.»
Edward borbottò tra i denti qualcosa di incomprensibile, prima di avventarsi su di lui: era evidente che quella era una ferita ancora aperta.
 
   
 
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