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Autore: ChrisAndreini    03/11/2022    2 recensioni
[Seguito di Rainbow Cookies, si consiglia la lettura del libro precedente prima di leggere questo, onde evitare spoilers]
Sono passati sette mesi da quando Leo è tornato a casa dopo la sua incredibile avventura nei sette regni, eppure l'aspirante cuoco non riesce ancora a riprendersi del tutto, e a ricominciare a vivere una vita normale. Non aiuta che la sua migliore amica continua ad impedirgli di tornare in visita a Jediah.
E quando scopre che una guerra è scoppiata tra i due regni rivali, dovrà usare tutte le sue poche abilità per riuscire a salvare i suoi amici ed evitare che molte persone muoiano, affrontando combattimenti, sospetto, e soprattutto una schiera di divinità che non tollerano affatto che outsiders mettano mano nella loro Storia perfettamente programmata.
Armato solo della sua capacità in cucina, il suo istinto suicida, e conoscenze di un futuro che cercherà di cambiare in tutti i modi, riuscirà Leo a sopravvivere ad una seconda avventura nei sette regni?
Le divinità dicono di no!
Genere: Comico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rainbow Cookies'
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Mi improvviso psicologo, veggente e salvatore… che volete, c'è crisi!

 

Giada era venuta a trovarlo due volte da quando Leo era stato rinchiuso lì, e da ciò che il ragazzo aveva potuto indovinare, significava che fosse passato un giorno intero, dato che gli aveva portato il pranzo, e poi la cena.

Leo aveva mangiato, perché non avrebbe fatto lo sciopero della fame solo per darle fastidio, ma aveva aspettato che se ne andasse prima di girarsi.

Perché non aveva la minima intenzione di dedicare attenzione a quella falsa amica traditrice manipolatrice carceriera, quindi, ad entrambe le visite, si era messo di spalle, e non aveva risposto a nessuna delle sue domande, frasi preoccupate, o giustificazioni.

Non c’erano parole che Leo potesse dire di rimando, dopotutto, solo parolacce.

Ma questa è una storia family friendly, quindi nessuna parolaccia.

Pertanto Leo non aveva parlato.

Ma aveva pensato.

Aveva pensato eccome.

E lo scorso capitolo insegna che lasciare Leo chiuso da qualche parte a pensare e progettare cose non è mai una buona idea, per chi è contro Leo.

Purtroppo per Leo, però, in quel momento non aveva molti piani.

Aveva idee per quando sarebbe uscito da lì, ma nessuna per come uscire.

Le aveva davvero provate tutte, nelle ultime 24 ore.

Tranne cercare di convincere Giada, perché sapeva che era un caso perso.

Ma Jahlee…

L’aveva chiamato più volte, per fargli delle domande, e il dio si era presentato quasi sempre, per poi sparire dopo poche frasi.

Era palese che non fosse felice di come la situazione si fosse evoluta, ma era troppo assoggettato alla figlia per esprimere davvero i suoi pensieri. E Leo… non sapeva se lo capiva o no. 

Non aveva figli, ovviamente, ma aveva una sorella più piccola alla quale avrebbe dato il mondo.

Aveva degli amici che stava cercando di salvare con tutte le sue forze.

Sapeva cosa significava dare la priorità a qualcuno, che valeva più di sé stesso.

Ma Leo non aveva mai permesso che la priorità offuscasse la sua moralità, il suo giudizio, e i suoi ideali.

Ed infatti, a scapito della priorità verso sua sorella, aveva infranto la promessa fatta a lei perché provare a salvare tutti i suoi amici era più importante.

Jahlee… sembrava seguire gli ordini della figlia solo per farla felice, senza pensare a quello in cui lui credeva davvero.

Ma forse le divinità ragionavano in un modo impossibile da comprendere.

Solo che Leo doveva farlo, se voleva uscire da lì.

Anche se, ora come ora, sembrava un’impresa impossibile.

-Jahlee…- chiamò la divinità per la decima volta, quel giorno.

-Leonardo… potresti parlare con mia figlia? Sta davvero male per tutto quello che sta succedendo- esordì il dio, comparendo oltre la cella di Leo.

Compariva sempre fuori dalla cella, e mai dentro. Leo non sapeva se fosse perché la cella era fatta in un determinato modo che impediva anche al dio di entrare senza prima sbloccarla, o se cercasse semplicemente distanza da lui.

Sapeva che non aveva gradito il suo commento.

-Puoi dirle di liberarmi e aiutarmi, e poi potremo parlare- rispose con un sorrisino sgradevole.

Jahlee sospirò, e fece per sparire.

-Jahlee, devo farti una domanda- Leo però lo fermò, avvicinandosi all’uscita della cella.

-Non c’è assolutamente alcun modo di usarmi per aprire la cella contro la mia volontà, non sprecare energie a provarci- Jahlee mise subito le mani avanti.

-L’ho capito questo…- Leo roteò gli occhi. Aveva provato ad afferrargli la mano (immateriale) per usare le impronte digitali, a fargli dire parole d’ordine con l’inganno, a trascinarlo dentro afferrandolo per un polso (di nuovo, Jahlee era immateriale quindi non era servito)… aveva provato davvero di tutto.

-E non puoi metterti in contatto con Noella e i suoi poteri in nessun modo, e neanche con gli altri dei- aggiunse Jahlee.

-Grazie, avevo capito anche questo…- Leo aveva provato anche questa strada, con riti piuttosto ridicoli.

-Che domanda?- Jahlee alla fine decise di chiedere e basta.

Leo si sdraiò a terra. Il pavimento era gelido e sporco, ma almeno lo teneva più a contatto con la realtà della situazione.

E poi non c’era molta differenza tra il pavimento e il letto scomodo.

-Gli dei possono uccidermi?- chiese, in tono serissimo.

Jahlee rimase in silenzio qualche secondo.

-…elabora- disse poi, incoraggiandolo ad essere più specifico.

Leo si rimise a sedere, e lo guardò dritto negli occhi.

-Se io iniziassi a cambiare la storia, gli dei potrebbero decidere di farmi fuori con un fulmine o qualcosa del genere? Per impedirmi di continuare a cambiare le cose?- chiese. Rifletteva da parecchio sulla cosa. Era fondamentale per capire quanto potesse cambiare senza conseguenze.

Perché lui, in qualche modo, avrebbe cambiato la Storia.

Fine della storia!

…letteralmente, fine della Storia, l’avrebbe fatta finire.

-Se ti dicessi che possono farlo, smetteresti di provare a scappare?- chiese Jahlee, un po’ in difficoltà, e Leo ottenne subito la risposta alla sua domanda.

-Chiederei perché non mi hanno fulminato prima- lo provocò, lanciandogli uno sguardo di sfida.

Jahlee si passò una mano tra i capelli.

-Possiamo controllare un fulmine in modo che ti cada addosso… ma se intendi una morte improvvisa causata da noi direttamente… no, gli dei non possono interferire. Possiamo dare l’ordine di ucciderti, possiamo possedere un alto sacerdote in modo che ti uccida, ma direttamente, gli dei non possono uccidere un essere umano, neanche te- alla fine Jahlee rispose, sospirando sconfitto.

E Leo ricevette più di quanto pensasse.

-Neanche… chi sarebbe dovuto morire?- chiese con un sorrisino.

-Non salverai quelle persone, Leonardo. Rassegnati- Jahlee cercò di convincerlo ad arrendersi, ma non era convinto nemmeno lui di quello che stava facendo.

Aveva lo sguardo perso nel vuoto, ed era anche piuttosto agitato ogni volta che parlava con Leo, come se fosse pronto a scappare da un momento all’altro.

Come se una sola parola di Leo potesse portarlo a cambiare idea.

-Quindi quando lo faccio io sto sbagliando, e quando lo fai tu va bene?- lo provocò il cuoco, sperando di toccare i tasti giusti.

Jahlee finalmente si voltò verso di lui, e gli lanciò un’occhiata ammonitrice.

-Bada a come parli, giovanotto- lo mise in guardia, con voce fredda.

-Perché? Sto solo cercando di capire quale sia la differenza tra Silvia e Opal. Insomma, non fraintendere, Silvia è una donna meravigliosa, ma perché la sua vita vale più di quella di Opal? Perché ti sei innamorato di lei?- Leo però continuò a provocarlo, utilizzando un’informazione che aveva scoperto sette mesi prima, durante il suo primo soggiorno lì.

Non gli erano stati rivelati i dettagli, ma non era difficile immaginarli.

-Non parlare di cose che non conosci- lo avvertì Jahlee, iniziando seriamente ad irritarsi.

-Fammele conoscere, allora. Non ho niente da fare, dopotutto. Sono curioso di ascoltare una bella e avvincente storia d’amore tra un dio e una ragazza che la Storia aveva ucciso ma che… ops, è ancora viva. Perché lei sì, e tutti gli altri no? Cosa è cambiato?- Leo si avvicinò fino a poggiare il volto sulle sbarre della cella, fissando Jahlee per tutto il tempo. Il dio non distolse lo sguardo, rispondendo alla sfida, e continuò a fissare Leo come se fosse pronto a fulminarlo da un momento all’altro.

Ma, ehi, non poteva.

Lo aveva appena rivelato a Leo, dopotutto.

E poi Giada si sarebbe arrabbiata se Jahlee l’avesse ucciso, e Jahlee era un sottone per sua figlia, quindi Leo era salvaguardato da eventuale collera divina.

-Non sono faccende che ti riguardano- il dio provò a chiudere l’argomento, surclassando la questione e non dandola vinta a Leo.

-Perché no? Non siamo tanto diversi noi due. Entrambi abbiamo cambiato la Storia, tu hai ottenuto una figlia, io una bellissima cella… suppongo che essere dio e non umano dia dei vantaggi, ma comunque…- Leo però non aveva più niente da perdere, e continuò a parlare, sperando che Jahlee non sarebbe scomparso proprio in quel momento.

-Basta così, Leonardo. Non c’è niente che tu possa dirmi che mi convincerà a lasciarti libero- Jahlee scosse la testa, e si voltò, pronto a sparire.

-Aspetta!- Leo lo fermò, non riuscendo a nascondere il panico. Jahlee si fermò, ma non si girò nuovamente verso di lui -Ci ho provato… posso chiederti un ultimo favore?- Leo finse di voler chiudere il discorso.

-Non farò niente che possa aiutarti- Jahlee rimase fermo sulle sue idee.

-Tranquillo, è il contrario… non voglio più la tua benedizione- annunciò Leo, sacrale.

Ci pensava da quando era stato catturato, e aveva preso la sua decisione. Non voleva più la benedizione di Jahlee.

-Cosa? Sei impazzito?- il dio si voltò di scatto verso di lui, sconvolto.

-No, sono serio. Non voglio più la tua benedizione, toglimela- insistette Leo, sollevando la maglia e mostrando il marchio sull’ombelico. Era deciso.

-Gli dei non tolgono le proprie benedizioni- Jahlee si allontanò di un passo da Leo, scuotendo violentemente la testa.

-Ma possono farlo, solo che ci fanno una brutta figura. Beh, nessuno sa che sono benedetto, e hai intenzione di riportarmi a casa, quindi toglimela e basta. Non lo saprà nessuno tranne me, te, forse Giada ma probabilmente non glielo farò presente, e almeno non dovrò vedere il marchio di un ipocrita ogni volta che vado a farmi la doccia- Leo lanciò un’occhiataccia verso il marchio, come se fosse un’immagine rivoltante.

Jahlee si incupì.

-Non ti permetto di parlarmi così, mortale. Sono pur sempre la ragione per la quale non sei ancora morto… ben due volte. Ti conviene portarmi un po’ di rispetto- sollevò il dito per aria, offeso. Era la prima volta che Leo lo vedeva effettivamente arrabbiato con lui. Poteva essere una buona notizia, o poteva rivelarsi terribile per il suo futuro. Chissà… almeno era qualcosa di diverso.

-E ne sono grato. Davvero, ne sono grato, e apprezzo di essere vivo. Ma vorrei non essere l’unico. Sarei dovuto morire… tre volte, almeno, la prima proprio il giorno in cui sono finito qui, ma sono ancora vivo. E quindi riformulo la domanda, perché io sì, Silvia sì, ma Opal, Alex, Gideon… tutte queste persone, no?- Leo tornò al discorso principale, sperando questa volta di ottenere una reazione, richiamando l’ipocrisia del dio.

-Perché quelle persone sì, e gli altri no? Non sono gli unici che muoiono in guerra. Moriranno un sacco di persone che non conosci, ma a loro non ci pensi, vero? Ognuno ha le sue priorità- lo accusò Jahlee, con un sorrisino trionfante, come se avesse appena avuto l’ultima parola e avesse scoperto le contraddizioni dello stesso Leo.

Ma Leo non fu colpito dalle sue parole. Affatto.

-Io voglio salvare tutti- annunciò, con naturalezza, guardando confuso Jahlee. 

Il dio sembrò sorpreso dalla sua affermazione, ma a Leo sembrava ovvio.

-La mia priorità sono le persone che amo, è ovvio, ma io voglio provare a salvare tutti. Jediah, Valkrest, soldati e civili. Anche persone che non conosco, se posso le vorrei salvare. Ho letto le strategie e le morti di un sacco di persone, e voglio provare ad evitarle il più possibile. Davvero pensavi che fossi così egoista da pensare solo alle persone a cui voglio bene io? No! Il mio scopo è cambiare la Storia per tutte le vittime. Utopico? Forse, ma almeno ci provo- Leo era offeso che Jahlee avesse pensato anche solo per un momento che lui intendesse prendersi cura solo del suo orticello. Leo non voleva salvare solo i suoi amici. 

Erano la sua priorità, non poteva negarlo, e se avesse dovuto scegliere tra Opal e Lionel non avrebbe scelto Lionel, ma trovandosi nell’opportunità di scegliere se salvare Lionel o non salvarlo, non avrebbe avuto dubbi nel salvare anche lui.

Lui e chiunque altro, sconosciuto e conosciuto, che si fosse ritrovato davanti.

Jahlee continuava a fissarlo, come se lo vedesse per la prima volta.

-Allora, vuoi togliermi questa benedizione o no?- Leo decise di cambiare argomento, e indicò con maggiore decisione il tatuaggio sull’ombelico.

-Perché vuoi che te la tolga?- questa volta la voce del dio ere più incuriosita che offesa. Sembrava davvero non avere la minima idea di quello che passasse nella testa di Leo.

Che, diciamolo, è una persona piuttosto imprevedibile.

Neanche io so cosa passa nella sua testa la metà del tempo, mi sorprende ogni volta.

-Le benedizioni mostrano il supporto del dio nei confronti dell’umano… e tu non mi supporti. E se Noella non dovesse supportarmi nella mia lotta, chiederei anche a lei di togliermi la sua. Ma Noella è una regina, che sicuramente appoggerà il mio desiderio di salvare dei bambini anche a scapito della Storia- nonostante Leo sapesse di non poter contare sul suo improvviso salvataggio da parte di Noella a bordo di un grifone bianco, voleva lisciarsela un po’, perché un aiuto divino in quel mondo faceva sempre comodo, e la semidea della neve e protettrice dei bambini gli era stata davvero simpatica quando l’aveva conosciuta, dopo che lei gli aveva conferito la propria benedizione.

Chissà se sarebbe riuscito prima o poi a farle un’offerta degna.

-Noella non ti può neanche sentire finché sei qui dentro. Non cercare di conquistarla, perché non verrà a salvarti a cavallo di un grifone bianco- Jahlee sembrò capire il suo trucco, e scosse la testa.

-Non era quello il punto. Il punto è che se una benedizione è prova di un sostegno, e il dio che me l’ha conferita non mi sostiene, allora non voglio la benedizione- Leo insistette sull’argomento principale.

Jahlee sospirò.

-Non fare il bambino, Leo. Ti serve la mia benedizione- gli fece notare, indicando il numero che era già passato dal sette al cinque in nove mesi da quando tale benedizione era stata conferita. In nove mesi una donna creava una nuova vita, Leo era stato capace di farne finire due… le sue, ma comunque…

-Sì, sicuramente. Sono un magnete per guai e cinque vite mi fanno comodo, ma se non hai intenzione di mandarmi a morire cinque volte per salvare altre vite, che senso ha?- Leo alzò le spalle, e guardò un punto all’orizzonte, con espressione afflitta.

In parte stava recitando il ruolo affranto per fare pena a Jahlee. In parte era effettivamente afflitto, e temeva che non sarebbe riuscito a salvare nessuno, e questo lo portava davvero a sentirsi inutile.

Che senso aveva possedere dei poteri magici, se non si poteva utilizzarli per fare del bene?! A cosa erano serviti tutti i film di supereroi che aveva visto con Giada?!

-La tua vita può essere utile anche se non la sacrifichi per gli altri- gli suggerì Jahlee, cercando di psicanalizzarlo.

-Intanto chiariamo che sono io a improvvisarmi psicologo in questo capitolo, non tu, e seconda cosa… non voglio avere una benedizione che mi ricorderà per tutta la vita qualcosa che non sono riuscito a portare a termine. Non voglio passare le mie cinque vite restanti a guardare ogni giorno questo marchio, e ripensare al dio che mi ha promesso supporto, mi ha concesso il potere, e poi mi ha rinchiuso in cella, facendomi sentire impotente e inutile- Leo spiegò il suo punto di vista, e si abbandonò nuovamente seduto a terra, iniziando a sentirsi davvero una formica in mezzo ai leoni, incapace di fare alcunché.

Poi erano più di ventiquattrore che non cucinava qualcosa, era in totale astinenza. 

-È per il tuo bene, Leonardo. Pensa un po’ a te stesso. Alla tua vita. Sii grato di essere speciale- provò ad incoraggiarlo Jahlee, avvertendo il suo sincero sconforto.

Ci furono alcuni secondi di silenzio, mentre Leo cercava qualcosa da dire, fissando il marchio con il numero cinque sul suo ombelico.

Poi lo coprì, sospirò, e si buttò a terra di nuovo.

Non sapeva più che fare e che dire.

Non trovava soluzione.

Jahlee era più irremovibile di una roccia, e sua figlia Giada era una letterale roccia con la quale lui non aveva intenzione di trattare.

Era in trappola.

Era finita.

Rimase in silenzio per qualche minuto, e Leo fu convinto che il dio se ne fosse ormai andato, anche se non poteva vederlo dalla sua posizione.

-E pensare che per un po’ ho davvero creduto che ci sarei riuscito…- borbottò tra sé, iniziando ad arrendersi all’idea che a volte le soluzioni non c’erano.

A volte si perdeva contro forze più grandi.

-Avevo progettato tutto, ho mandato un video a mia madre dove spiegavo che sarei stato via almeno un paio di mesi, e il motivo, e…- Leo iniziò a ricapitolare tutti i suoi passi, chiedendosi dove avesse sbagliato. Ma gli sembrava davvero di aver fatto del suo meglio- …maledizione, avevo anche il supporto di Silvia!- ricordò poi. La madre di Giada era dalla sua parte, perché il padre no?!

-Il supporto di Silvia?- sentì una voce al suo fianco..

Leo sobbalzò appena, e lanciò uno sguardo verso destra.

Nonostante le sue previsioni e teorie, Jahlee era appena entrato in cella, e fissava Leo sorpreso.

Oh?

-…Sì. Sono passato davanti a Silvia dopo aver preso la collana a Giada, e lei mi ha suggerito come usarla, facendomi passare. Probabilmente aveva capito cosa intendessi fare- Leo raccontò il piccolo momento che aveva avuto con la madre di Giada, e si sollevò appena per controllare la reazione di Jahlee.

-Come… come sta Silvia?- chiese il dio, avvicinandosi appena, con sguardo nostalgico.

-Bene. Ha un negozio dell’usato, fa dell’ottimo tè, e ogni tanto caccia fuori dei giochi da tavolo, e lei e Giada sono un sacco competitive l’una con l’altra. Ma quando gioco anche io Silvia mi fa vincere ogni tanto. Fino a nove mesi fa non avrei mai supposto che venisse da un altro mondo, onestamente- Leo fu di poche parole, ripensando alla madre della sua migliore amica.

Jahlee si aprì in un triste sorriso, pieno di affetto, nostalgia e rimpianto.

E Leo si ritrovò a fare una domanda che si era posto più volte, in quei mesi. 

Una domanda che non scaturì da un desiderio di provocarlo, o portarlo dalla sua parte, o fargli rendere conto della sua ipocrisia.

Una domanda sincera e disinteressata.

-Perché le hai mandate nel mio mondo?- chiese a Jahlee, riferendosi sia a Silvia, che a Giada.

Perché mai un dio avrebbe dovuto esiliare la propria famiglia in un’altra dimensione e privarsi della loro compagnia. Soprattutto se sembrava amarle ancora così tanto!

Jahlee esitò un po’ prima di rispondere.

-Non è stata una mia scelta- ammise poi, sospirando.

I muri iniziavano a crollare.

Leo non insistette, e lasciò che continuasse con il suo ritmo.

-Io… non mi innamoro molto spesso degli umani. Non sono come Noella, o Kalea, o anche Veer. Non ho mai avuto grande interesse verso gli umani, e la Storia. Mi piace girare un po’ tra i mondi, le dimensioni, è curioso vedere quanto siano diverse da qui. Ma Silvia… è sempre stata così… brillante- e Jahlee iniziò a raccontare.

Ora che Leo aveva, senza neanche farlo di proposito, abbattuto la diga, il dio si dimostrò un fiume in piena pronto ad inondarlo di informazioni.

-Conoscevo la Storia, sapevo che il suo sacrificio era fondamentale per tante cose, che Angela sarebbe diventata il capo, e poi ci sarebbe stata la guerra, e Daryan, e la sconfitta, e tutto il resto. Ma ogni volta che sentivo una sua preghiera, non potevo fare a meno di sintonizzarmi. E quando è giunto il momento della sua morte, io… non ce l’ho fatta- la voce del dio era pieno di rimpianto.

Leo pendeva dalle sue labbra.

Aveva sentito una versione della storia da Angela, una versione piena di tristezza e rimpianto.

La voce di Jahlee… esprimeva emozioni molto simili, anche se raccontavano la storia in modo molto diverso.

-Non avrei dovuto farlo…- continuò -…è stato un terribile errore, ma mi ha chiesto aiuto, e… non ha chiesto di essere salvata. Ha chiesto di salvare sua sorella. E io… era un pensiero così puro, così altruista, che non ce l’ho fatta. Era la luna piena, avevo la possibilità, e l’ho salvata. Ma è stato un errore, Leonardo- 

-Ti penti di averla salvata?- chiese il cuoco, non riuscendo a trattenere una nota di giudizio.

Stava pur sempre parlando della madre di sua figlia.

-No, non potrei mai, ma… gli altri dei erano furiosi per il mio errore. Non possiamo cambiare la Storia, e salvarla aveva danneggiato la Storia. L’ho tenuta nascosta al tempio per un po’, sono riuscito ad ottenere un compromesso con gli altri dei, ma Silvia non stava bene rinchiusa qui. Non stava bene al sicuro, mentre i suoi compagni soffrivano, mentre sua sorella piangeva la sua morte mai avvenuta. Ma per un po’ a funzionato. Per un po’ hanno vissuto entrambe qui, lei e Yu- Jahlee si giustificò, e poi sospirò, pensando alla compagna e a sua figlia. 

-Poi?- Leo lo incoraggiò a continuare, avvicinandosi appena.

-Poi Yu si è messa in testa che voleva cambiare la Storia…- Jahlee scosse appena la testa al pensiero, sembrava che il ricordo lo facesse davvero soffrire.

-Giada?!- Leo era a bocca aperta. Per caso Yu era la sorella gemella buona di Giada?! Non aveva alcun senso.

-Si era stancata di vivere segregata nel tempio, e non poteva uscire se non per vedere Remington, perché non è parte della Storia, dato che è nata a causa di un cambiamento della Storia. Era impossibile per Laasya programmare il suo arrivo. Così le ho fatto leggere un po’ la Storia, per renderla più partecipe, per cercare di fargliela vedere con gli occhi di una divinità. Ma lei non ha apprezzato. E gli dei non hanno apprezzato i suoi tentativi di intervenire- Jahlee spiegò il coinvolgimento di Giada.

Leo era sconvolto.

Davvero lei era stata la prima a cercare di cambiare la Storia, e ora faceva storie a Leo?!

-Ho rischiato di perderla, di perderle entrambe. E ho dovuto mandarle via per proteggerle. Era l’unico modo. Giada può venire, ma non deve provare a cambiare la Storia, se non vuole ricevere conseguenze. E con il tempo ha iniziato a vedere davvero la Storia come noi dei- Jahlee non scese nei dettagli, ma Leo comunque capì esattamente cosa intendesse.

Gli dei sembravano effettivamente molto più pericolosi di quanto il ragazzo aveva immaginato.

-Come dei libri?- suppose, riferendosi alla visione che le divinità avevano della Storia.

-Un susseguirsi di eventi che portano al lieto fine- Jahlee annuì.

-Io non la vedo così. Io l’ho vissuta, la Storia. Io la vivo, la mia vita- Leo mise in chiaro che quella visone divina non l’avrebbe mai condivisa.

Jahlee annuì appena.

-Lo so… e non la vedo così neanche io…- ammise Jahlee, in un sussurro, come se stesse dicendo qualcosa che avrebbe potuto metterlo in guai davvero davvero grossi.

Leo non osò parlare, temendo che Jahlee potesse ritirare tutto, o che avesse immaginato ciò che aveva detto.

-L’ho vista così da che è stata imposta, ma… dopo Silvia… inizio a chiedermi se sia davvero stata istaurata per proteggere gli umani, o solo per controllarli. E per… controllarci. Ma non posso fare molto, Leonardo. Sono solo un dio su sette, e ho già commesso un errore che ha rischiato di costarmi carissimo- Jahlee fu finalmente completamente sincero con Leo, dimostrando che gli aveva effettivamente concesso il suo supporto, ma che non credesse abbastanza nelle proprie capacità per lasciarlo libero a mettersi nei guai con gli altri dei.

-Ma sei un dio! Avrai pure la libertà di cambiare ciò che non ritieni giusto! Se non puoi farlo tu, chi può farlo?!- Leo cercò di spronarlo, sperando che quella chiacchierata potesse far venire a Jahlee la determinazione per ribellarsi. Per lottare per ciò in cui credeva. Per essere un esempio per tutti quanti.

-…tu- Jahlee accennò un sorrisino, e rispose alla sua domanda retorica.

Per un secondo, Leo si sentì invadere da una nuova sicurezza, ma poi si ricordò la sua situazione.

-E ci sto provando! Ma non mi permetti neanche di…- iniziò a lamentarsi, ma poi si rese conto che la porta della cella si era aperta, e le parole gli morirono in gola.

Fissò la porta, poi Jahlee, poi di nuovo la porta, senza credere che fosse effettivamente quello che credeva.

-Probabilmente scatterai al primo posto come il più grande errore della mia vita immortale, ma hai ragione, Leonardo. Sono un ipocrita. Un ipocrita e un codardo, che ti ha promesso sostegno, e l’ho ritirato solo per compiacere gli dei e mia figlia- alla fine Jahlee ammise ciò che Leo da un po’ pensava di lui, con un certo imbarazzo.

-Posso… posso davvero…?- Leo indicò la porta, incredulo, temendo fosse un trucco.

-Se vuoi ancora, sì, puoi. E se cambi idea, potrai tornare. E posso fare in modo che Yu non scopra della tua partenza fino alla fine del mese, anche se poi potrebbe odiarmi per il resto della mia vita- Jahlee gli diede conferma, e aprì maggiormente la porta della cella, per incoraggiare Leo a varcarla.

-Perché hai deciso di aiutarmi? Non ti ho dato molti motivi, non ho neanche fatto davvero da psicologo, ti ho solo ascoltato…- Leo era confuso.

Aveva davvero provato in tutti i modi a convincere Jahlee, e lui si era convinto solo quando Leo aveva iniziato ad arrendersi? Quando Leo aveva dimenticato per un secondo il suo scopo?

Era… strano, a dirla tutta.

-Hai portato a galla qualcosa che avevo sepolto in profondità, e tu… me la ricordi davvero tanto- Jahlee allargò il sorriso, e guardò un punto lontano, immerso nei ricordi.

-Silvia?- suppose Leo, confuso.

-Un po’, ma soprattutto… Yu. La piccola Yu che ancora credeva in questo mondo- c’era una profonda tristezza negli occhi del dio, ma durò solo un attimo. Scosse la testa, e tornò a guardare Leo con un sorriso.

-Ora vai. Farò un modo che una carrozza ti porti al villaggio dove Alex verrà uccisa, ma poi toccherà a te salvarla, prenderò tempo con gli altri dei promettendo che tra un mese ti porterò a casa, e prenderò tempo anche con Yu mettendo un impostore al tuo posto. Hai un mese prima che si rendano tutti conto che sono effettivamente dalla tua parte. Fallo valere, okay?- Jahlee gli diede la sua benedizione, davvero stavolta, e lo incoraggiò ad andare, prima di sparire nel nulla.

Leo ebbe solo un secondo di incertezza, ma poi corse fuori dalla cella il più velocemente possibile, allontanandosi al massimo delle sue forze, deciso a raggiungere la carrozza che l’avrebbe portato al villaggio prima che Jahlee cambiasse idea.

Non riusciva a credere di averlo convinto.

E delle parti del suo discorso l’avevano decisamente colpito.

Chissà cosa era successo a Giada per renderla così cinica nei confronti dei sette regni e della Storia.

Beh, erano domande per un altro momento.

Adesso occorreva salvare Alex.

 

Leo aveva recuperato la borsa con tutti i suoi effetti, consegnata dall’alta sacerdotessa in persona, che gli aveva augurato buon viaggio, e gli aveva chiesto di farle dei biscotti una volta tornato al tempio. Gli aveva anche consegnato i soldi che Leo aveva guadagnato durante il suo lavoro a palazzo, e che era stato costretto a lasciare quando era tornato a casa. 

Era giunto nel borgo ai confini della città con qualche ora di anticipo, e aveva chiesto una camera in una locanda, stando ben attento a non mostrare troppo i capelli rossi, che erano un segno distintivo degli abitanti di Valkrest. Il locandiere era stato molto gentile con lui quando era stato pagato, e gli aveva dato la “camera migliore”.

Leo era abituato a molto peggio in quel mondo, quindi aveva ignorato i topolini che vivevano nei muri, e il letto scomodo, e si era preparato all’attacco che sarebbe capitato all’alba.

Era felice di constatare che una volta lontano dal tempio, il potere di Noella era tornato a funzionare.

Avrebbe volentieri chiamato la dea per chiederle qualche informazione, ma temeva che attirando la sua attenzione, la donna avrebbe potuto decidere di non essere più dalla sua parte e togliergli la benedizione, e non voleva rischiare, dato che un supporto di ghiaccio si sarebbe senz’altro rivelato utile durante uno scontro.

Non aveva chiuso occhio tutta la notte, controllando e ricontrollando le informazioni che si era segnato riguardo quella battaglia.

Non sarebbe stata particolarmente sanguinosa, grazie al cielo, ma molti civili sarebbero rimasti feriti perché nessun allarme sarebbe stato suonato.

Beh, Leo aveva intenzione di cambiare il più possibile.

Prima ancora che le luci dell’alba iniziassero a rischiarare il cielo notturno, era già fuori dalla locanda, diretto alla roccaforte allestita per controllare il villaggio. Era un importante luogo di transito, e aveva una posizione strategica. Conquistarlo avrebbe dato a Valkrest un vantaggio non indifferente.

La roccaforte era sorvegliata da alcune guardie. Secondo la Storia, due erano di guardia a terra, e due di vedetta in alto, pronte a suonare l’allarme. Una delle vedette in alto si era addormentata. Mentre l’altra sarebbe stata colpita da una freccia dei nemici prima che potesse dare l’allarme.

Leo era venti minuti in anticipo, se l’orologio della piazza funzionava.

Doveva sbrigarsi.

-Buongiorno, baldi cavalieri- salutò le due guardie all’ingresso, che non conosceva personalmente se non di vista. Purtroppo per lui, Alex era ancora addormentata in quel momento. O forse per fortuna perché Alex era una cavaliera fantastica, che difficilmente sarebbe caduta nel machiavellico piano di Leo per entrare nella roccaforte. Ma non conosceva quei due uomini, quindi doveva sperare che fossero meno competenti della collega.

-Buongiorno signorina- lo salutò uno di loro, con un sorriso gentile.

Bene, Leo era fortunato. Non erano competenti.

Il cuoco rimase sorpreso giusto un paio di secondi, ma decise di non correggerlo. Era mingherlino, indossava una bandana per nascondere i capelli, ed era ancora buio. Ci stava che si fosse confuso. Non era il primo.

Tirò fuori da dietro il mantello un cesto di pane appena sfornato che aveva cucinato quella mattina dopo aver corrotto il locandiere, e lo porse verso le due guardie.

-Vorrei ringraziarvi per il vostro operato. Tenete il villaggio sicuro, e siete super valorosi. Vi prego di accettare del pane appena sfornato come omaggio- offrì, in tono civettuolo e gentile.

Un morso a quel pane, e li avrebbe conquistati a vita.

…non è un pensiero di Leo, è una mia constatazione. Leo voleva solo normalmente corromperli per farlo passare, ma non credeva che il suo cibo avesse poteri sovrannaturali.

-Oh, ma che pensiero gentile- disse l’uomo che l’aveva salutato, sollevando la mano per prendere una pagnotta.

-Fermo, Caspar. È un gesto molto gentile, ragazzino, ma siamo in servizio, e non possiamo accettare cibo dai civili. Condividilo con la tua famiglia o con chi ne ha più bisogno- purtroppo per Leo, il suo collega era più competente, più anziano, e più cauto, anche se fu comunque parecchio gentile nel rifiutare il dono di Leo.

-RagazzinO?- borbottò Caspar, girandosi verso di lui sorpreso.

Leo sospirò.

Forse era stato un piano azzardato.

-Pensate abbia avvelenato il pane?- chiese, senza troppi peli sulla lingua.

Il collega anziano guardò Leo dall’alto in basso.

-Parole tue, non mie. Non ho mai supposto una cosa del genere- lo squadrò con sospetto.

Leo porse il cestino.

-Quale pagnotta volete che assaggi per dimostrare che non ho avvelenato nulla?- chiese, da assaggiatore professionale qual era.

-Nessuna, non pensiamo che tu…- Caspar cercò di rassicurare Leo, amichevole.

-Vai dritto al punto, cosa vuoi?- l’altra guardia però lo interruppe, e mise la mano alla spada.

-La stessa cosa che volete voi, ovvero il minor numero possibile di vittime. E tra circa…- Leo lanciò un’occhiata all’orologio della piazza -…diciassette minuti, una freccia volerà dritta nel collo di… qual era il suo nome… Tristian, sì mi pare fosse Tristian, mentre Marrok è quello che dorme. Entrambi moriranno alla fine di questo attacco. Caspar si salverà, quasi illeso, e tu, Bernlak, giusto, lo pronuncio bene? Ecco, tu… non c’è un modo carino per dirlo, ma ti verrà mozzato un braccio. Il nemico, un tale di nome Jeff, tipo, ti lascerà a terra pensando di averti ucciso, ma verrai salvato per un pelo proprio da Caspar, accorso con gli altri sopravvissuti a recuperare e salvare quante più persone possibili. Ora che ho fatto il riassunto mancano sedici minuti, quindi, se volete che i vostri amici sopravvivano, e se volete evitare uno spargimento di sangue tra i civili a causa di un allarme che non verrà suonato, vi conviene andare a svegliare Marrok, suonare l’allarme, e prepararvi a difendervi- Leo si esibì in un monologo così accorato che se in quel mondo fossero esistiti i premi Oscar, gliene avrebbero conferito uno seduta stante.

Caspar lo fissava senza parole, sconvolto.

Bernlak aveva la mano stretta sull’elsa della spada, ma era troppo scioccato anche lui per sguainarla.

Passarono alcuni secondi di ghiaccio.

-Allora… siamo d’accordo? Andate voi o devo andare io? Magari meglio se vado io, posso sollevare uno scudo di ghiaccio che…- Leo fece un passo avanti, e si ritrovò due spade puntate alla gola.

…di nuovo.

-Chi sei tu? Dove hai trovato queste informazioni? Come sai i nostri nomi?- chiese Bernlak, con la spada premuta sul collo di Leo con una certa forza. Quella di Caspar non gli si avvicinava neanche lontanamente, e non sembrava essersi ancora ripreso dalle informazioni.

Leo alzò le mani in segno di resa, anche se una di esse teneva ancora stretto il cestino con il pane.

-Non sono nessuno di particolare, in realtà, ma so il futuro, e ho la benedizione di Jahlee per provare a cambiarlo e salvare delle persone. L’ultima volta che sono stato qui ho mentito parecchio, e ora sto cercando di essere un po’ più onesto, anche se… non sta andando molto bene, viste le numerose spade che mi sono state puntate contro in… meno di tre giorni- borbottò Leo, segnandosi mentalmente di essere un po’ meno diretto in futuro.

Ma hey, era la prima volta che si cimentava nel lavoro di veggente, non era ancora abbastanza esperto su trucchi e metodi.

-Perché mai dovremmo fidarci di te? Sei una spia nemica? O sei solo completamente pazzo?!- insistette Bernlak, insistendo con la spada.

-Posso chiederti di andarci piano con quella spada? Non vorrei perdere così presto un’altra vita… guarda la mia mano… ho una benedizione di Noella… e sull’ombelico ne ho una anche di Jahlee. Sono davvero qui solo per aiutarvi… male che vada, se sono pazzo, almeno avrete suonato l’allarme. Meglio uno spavento inutile, che un eventuale rischio, no?- Leo cercò di usare la logica per convincere Bernlak a dargli un’occasione.

Il cavaliere anziano ci pensò un po’, poi fece un cenno al suo collega.

-Vai a controllare sopra, e… suona l’allarme, per sicurezza- alla fine seguì il consiglio di Leo, che sospirò, sollevato.

-Sicuro?- chiese Caspar, preoccupato.

-Io lo tengo d’occhio, tu vai- Bernlak confermò l’ordine, e il ragazzo eseguì, sparendo in fretta sopra le scale.

-Grazie, Bernlak. Lo pronuncio bene? No, perché è un nome particolare e l’ho solo letto, e sono bravo a ricordarmi i nomi ma con le pronunce sono un po’ un disastro, e ti chiamavo Bernie nella mia testa, ma mi sembra irrispettoso- Leo si sentì un po’ meglio, nonostante la spada fosse ancora puntata con decisione nella sua direzione.

-Lo pronunci decentemente. Non credere di essere fuori dai dubbi, ragazzino. Ci prepareremo ad un eventuale attacco, perché la vita dei miei uomini e dei cittadini è al primo posto, ma non te la caverai con una spada puntata alla gola, sia che questo sia solo uno scherzo, sia che tu abbia ragione. Pensi che non abbiamo imparato la lezione, con voi spie di Valkrest? Ci credi davvero così stupidi da cadere nello stesso trucco due volte?- Bernlak scosse la testa, e guardò Leo quasi con pena.

-Che trucco? Intendi due giorni fa a palazzo?- Leo era confuso. Non aveva letto di nessun trucco che potesse somigliare a ciò che Leo stava facendo in quel momento.

-Ammetto che sei bravo a fingere ignoranza. E quei marchi da benedizione sono realistici. Fammi indovinare il resto: sei di un altro mondo, hai letto il futuro su un libro, e stai cercando di cambiarlo e salvare tutti. La stessa storia che ha detto Julina quando è arrivata a palazzo disorientata e con strani vestiti. E poi si è rivelata solo una spia di Valkrest parecchio informata che ha tentato di avvelenare il principe- Bernlak gli fece lo spiegone, e Leo rimase completamente scioccato.

-Cosa?! Non c’era niente del genere nella Storia!- esclamò, cercando di ricordare il pezzo dell’avvelenamento del principe.

Non aveva mai sentito parlare di una tale Julina. Era Sara che avrebbe avvelenato il principe dando poi la colpa a Dotty. 

E adesso Leo scopriva che una tale a caso gli aveva fregato la backstory?!

Come era possibile?! Che qualcun altro conoscesse la Storia e stesse cercando di cambiarla? C’era lo zampino di un semidio? O degli dei in persona? O c’era un dio ancora più superiore agli dei che voleva creare grattacapi peggiori a Leo solo per il suo sadico divertimento da scrittrice?!

…mi sento chiamata in causa, non mi piace questa cosa.

-Certo, come no…- Bernlak alzò gli occhi al cielo, e scosse la testa. Proprio in quel momento, finalmente suonò l’allarme, e Leo, che si era distratto con la nuova inaspettata informazione, sobbalzò e rischiò quasi di ferirsi. Per fortuna Bernlak era abbastanza abile e ritirò la spada in tempo.

-Senti, ragazzino, a breve sarò davvero impegnato, quindi seguimi senza far storie nelle segrete di fortuna della roccaforte, e lasciami lavorare- la guardia rimase comunque sull’attenti e incoraggiò Leo a seguirlo.

-Credo che potrò sembrare ancora più sospetto, ma non posso seguirti. Vedi, io ho avvertito e ho cercato di salvare tutti, o quantomeno più persone possibili, ma ho un po’ di priorità, qui. Vedi, ho promesso sui sette dei che avrei protetto dei bambini, e una delle mie più care amiche sta per morire, quindi, capirai…- Leo iniziò ad indietreggiare. Bernlak si avvicinò.

-Non te lo ripeterò un’altra volta, spia. Seguimi senza far storie, o a perdere un braccio potresti essere tu- lo minacciò, ed era davvero inquietante.

-Okay, non te lo farò ripetere. Mi dispiace molto per quello che sta per succedere. Ma davvero, voi guardie non mi lasciate molta scelta- Leo si scusò in anticipo.

-Cosa…?!- iniziò a chiedere Bernlak, ma Leo fu più veloce.

Lasciò andare il cesto con il pane, e creò un immenso muro di ghiaccio che lo separò dal cavaliere, congelando la spada al suo interno in modo che non potesse essere usata contro di lui.

-Scusa!- urlò, mentre scappava velocemente il più lontano possibile, aiutato, anche se ancora per poco, dalle ombre della notte che iniziavano a lasciare il posto alle luci dell’alba.

Doveva iniziare a trovare modi diversi per sfuggire alle situazioni scomode. Non poteva sempre contare su un potere che poteva usare solo ogni sette minuti.

Soprattutto nel mezzo di una battaglia dove ogni secondo contava.

Ma per il momento, fortunatamente, faceva ancora il suo lavoro. 

Quell’incontro gli aveva dato molte cose a cui pensare.

Ma adesso era il momento di fare il salvatore, non poteva pensare troppo.

Doveva salvare Alex e Gideon.

 

Leo aveva sottovalutato quanto effettivamente spaventosa fosse una battaglia.

Chevel aveva completamente ragione: leggere e vivere erano due faccende completamente diverse.

In teoria, il cuoco sapeva perfettamente cosa sarebbe successo, quando e come.

In pratica, era una confusione totale.

E al momento stava nascosto in un angolo, terrorizzato, ferito, intento a fissare Alex, o almeno sperava che fosse Alex, che si faceva strada tra i cavalieri avversari con grande abilità. L’allarme aveva fatto sì che la maggior parte dei civili riuscisse a mettersi al sicuro, ma era comunque una scena terrificante, e Leo era ancora vivo e ancora sveglio solo grazie all’adrenalina che gli scorreva nel corpo.

Fissava la sua mano tremante intenta a ricaricarsi sperando che facesse presto, perché sentiva che il momento che temeva più di ogni altro, quello della preannunciata morte di Alex, sarebbe arrivato prima del previsto.

Era davvero terrorizzato.

E iniziava a chiedersi perché avesse insistito tanto per provare a cambiare le cose.

Chi era lui per infilarsi in una guerra ed erigersi a salvatore?!

Non era altro che un cuoco stupido!

Non era bravo nelle strategie…

Non era bravo nel combattimento…

Non era bravo nell’agire furtivo…

Non era bravo in niente, tranne cucinare.

Ma mica una torta da lui cucinata avrebbe fermato una guerra!

Era stato costretto ad usare un colpo di ghiaccio per difendersi da una spadata che aveva rischiato di fargli perdere un’altra vita.

E temeva davvero di perderla prima che si ricaricasse il colpo.

O che la perdesse Alex.

O Gideon.

Gideon…

GIDEON!

Leo notò la figura di un bambino, tutto imbardato, tremante e spaventato, che agitava una spada due volte più grande di lui, e si rese conto come colpito da un fulmine, che si stava dirigendo troppo velocemente in direzione di Alex.

Il tempo stava scadendo.

Oh no!

No!

Mancava ancora circa un minuto alla fine del timer.

Un minuto durava un’ora in guerra.

Ma l’istinto da fratello maggiore di Leo agì prima che potesse pensare a cosa fare, e Leo si mosse senza pensare troppo alla sua vita.

Ne aveva ancora cinque, dopotutto, no?

Anche se non voleva proprio perderne un’altra così presto.

Ma meglio lui che Gideon o Alex.

Corse il più velocemente possibile in direzione del bambino, rischiando seriamente di farsi affettare nel frattempo, ma per fortuna quella zona era alquanto isolata.

E quando Leo fu ad un passo dall’afferrarlo e provare a scansarlo, un cavaliere alle sue spalle perse l’equilibrio, cadendo dritto su di lui, e facendolo crollare a terra, sepolto dal suo peso.

Leo vide le stelle, e perse coscienza per qualche secondo, disorientato.

Sentiva dolore dappertutto, e probabilmente aveva anche battuto la testa.

Era un miracolo che non fosse svenuto. Probabilmente l’adrenalina, l’importanza della sua missione, e la paura avevano contribuito.

Provò a levarsi quell’uomo svenuto (era svenuto vero? Doveva essere solo svenuto, per forza!) da dosso, ma tra la sua stazza e la pesante armatura, era oltremodo impossibile.

Leo notò che mancavano quindici secondi alla ricarica del suo potere, ma sarebbero stati sufficienti per permettergli di utilizzarlo?

Gideon aveva raggiunto Alex.

E da lì, sembrò quasi che la scena iniziasse ad andare a rallentatore, anche se, Leo ne era certo, fu estremamente veloce.

Veloce, e spaventosa.

14 secondi.

Gideon provò ad attaccare Alex, andando in supporto del cavaliere che la donna stava già affrontando.

Leo trovò una spada abbandonata in un angolo.

13 secondi.

Alex evitò l’attacco senza alcuna difficoltà.

Leo riuscì per un pelo ad afferrare la spada. La puntò a terra.

12 secondi.

Alex riuscì a disarmare e a far cadere il precedente avversario.

Leo iniziò ad usare la spada per scivolare via da sotto il cavaliere svenuto (era svenuto, non voglio sentire storie! Il sangue che usciva da una ferita non significava niente!).

11 secondi.

Alex si girò verso Gideon, sollevando la spada.

Leo riuscì a liberare la parte superiore del suo corpo.

10 secondi.

Gideon sollevò la spada a sua volta, ma era troppo grande per lui, e perse l’equilibrio.

Leo liberò una gamba.

9 secondi.

Alex esitò, distratta dalla consapevolezza che stava per colpire un bambino.

Leo si liberò completamente, ma era ancora a terra.

8 secondi.

Alex e Gideon si fissavano allerta, ma nessuno dei due sembrava pronto ad attaccare l’altro.

Leo provò a mettersi in piedi, ma le ginocchia gli cedettero, e cadde di nuovo a terra.

7 secondi.

L’avversario di Alex, che nel frattempo si era ripreso, recuperò la spada.

Leo riuscì finalmente ad alzarsi, ma era a metri di distanza dalla scena.

Non poteva fare niente.

6 secondi.

L’avversario di Alex sollevò la spada, pronto a colpirla approfittando della sua distrazione.

Leo provò a raggiungerla, ma non sarebbe mai arrivato in tempo.

-Alex! Attenta!- gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, usando il diaframma al massimo delle sue possibilità.

La voce risuonò limpida e cristallina nonostante il rumore assordante della battaglia in corso.

Tre anni di coro, gente!

5 secondi.

Alex si girò sollevando la spada d’istinto, e bloccò il colpo che in pochi istanti le sarebbe stato fatale.

Gideon si riscosse a sua volta, e provò a sollevare la spada per colpire Alex alle spalle, come un bravo soldatino.

Leo corse nella sua direzione. Non aveva più fiato per urlare.

4 secondi.

Alex continuò a combattere, ma non se la passava bene.

Alle spalle di Gideon, una guardia di Jediah si accorse del tentativo del bambino di attaccare, e sollevò la propria spada verso di lui.

Leo si buttò addosso al bambino, trascinandolo a terra ed evitando sia che colpisse Alex, che venisse colpito.

3 secondi.

Gideon lasciò andare la spada, e non oppose la minima resistenza a farsi spingere via.

Leo lo sentì tremare sotto di lui.

Lo difese con il suo corpo da qualsiasi attacco.

2 secondi.

Lanciò un’occhiata ad Alex, che si era nuovamente distratta un secondo, sorpresa dall’improvvisa venuta di Leo.

Il suo avversario era alle sue spalle.

Di nuovo.

1 secondo.

Leo non sapeva che fare.

Non sapeva assolutamente cosa fare.

Voleva solo che tutti smettessero di combattere.

Voleva, con tutto il cuore, separare tutti quanti.

E il suo potere agì seguendo il suo profondo e inconscio desiderio.

0 secondi.

Dalle sue mani si dipanò un getto di ghiaccio di potenza straordinaria, che Leo non credeva di essere capace di produrre.

Una muraglia di ghiaccio si innalzò tra i combattenti, coprendo tutto il villaggio, tutti i cittadini, separando i cavalieri di Valkrest da quelli di Jediah, e scatenando il panico generale, perché un evento divino di quella portata non si era mai visto prima di allora. Tutti i combattimenti si interruppero, molte spade e pezzi di armatura andarono persi nel ghiaccio.

Le truppe di Valkrest iniziarono a ritirarsi.

Leo però non si rese conto di niente di tutto quello.

Notò solo che aveva salvato Alex, e Gideon.

Le sue priorità.

-Siete salvi… siete salvi…- borbottò, dando qualche affettuosa pacca sulla testa di Gideon, e sorridendo ad Alex.

Ma non sentiva più la mano sinistra.

Il dolore in tutto il corpo era diventato insopportabile.

E prima che potesse provare a rialzarsi e assicurarsi che continuassero a stare bene, tale dolore fu decisamente troppo, e Leo perse i sensi, dritto sopra Gideon, ponendo fine alla propria battaglia.

 

-Dobbiamo tornare alla base, Gideon! Lo sai che poi lui si arrabbia-

-Non se ne accorgerà ancora per un po, Clay, dobbiamo aspettare che si svegli-

-Come hai fatto a portarlo qui da solo?-

-Non è tanto pesante, Riley, non è stato difficile-

-È lui quello che le guardie stanno cercando? Ho visto dei manifesti ovunque- 

-Non lo so, Yara-

-Non è morto, vero?-

-No… non lo so. Stai calma, Daisy-

-Ma è un maschio o una femmina?-

-Jack, non puoi chiedere in giro se qualcuno è un maschio o una femmina!- 

-Scusa, Riley-

-Dobbiamo davvero tornare alla base. Brandon si è sicuramente accorto che siamo spariti- 

-Calmati, Clay, c’è ancora caos per via della battaglia, non se ne accorgerà almeno per qualche altra ora-

-Di te no, ma noi dovremmo essere a lavoro adesso!-

-Ho fame, Riley-

-Lo so, Walt…. Gideon, hai qualcosa da mangiare?-

A quelle parole Leo, che già da un po’ stava iniziando a recuperare i sensi e aveva ascoltato la conversazione appena segnata in uno stato di confusione e delirio, convinto di stare ancora sognando, si svegliò del tutto, e si mise a sedere di scatto, spaventando i sette bambini che urlarono a gran voce, e si allontanarono dal giaciglio di fortuna dove avevano messo Leo e dove fino a pochi istanti prima erano tutti seduti intenti a fissarlo.

Leo si abbandonò nuovamente sdraiato, con la testa che pulsava ferocemente, e dolori in tutto il corpo.

Ma la sua mente si era sintonizzata alla parola “fame”, e non poteva far finta di niente.

-Avete fame? Posso cucinarvi qualcosa? Dovrei avere del pane da qualche parte- borbottò con la pochissima voce che riusciva a cacciare fuori.

-Del pane?- chiese il più piccolo, Walt, avvicinandosi ma venendo fermato dalla seconda più grande, Riley.

-Ne era rimasto un po’ alla locanda…- spiegò Leo, biascicando, portandosi una mano alla testa, e iniziando a tastarsi tutto il corpo per controllare di avere tutto.

Era pieno di bende, e ferite, e lividi, e dolore.

Non era fatto per finire coinvolto in battaglie.

Avrebbe dovuto rivedere la sua strategia.

Almeno Gideon e Alex erano…

Un momento…

-Gideon!- si sollevò di nuovo di scatto, rendendosi del tutto conto di cosa avesse appena vissuto, e facendo nuovamente urlare i bambini, che si ritirarono di qualche altro passo.

Leo puntò lo sguardo verso il più grande di loro, e riconobbe il ragazzino che sette mesi prima aveva tentato di derubarlo insieme a sua sorella Daisy (che era dietro di lui e fissava Leo preoccupata), poi gli aveva portato cibo quando Leo era stato catturato dai ribelli antimonarchici, e infine aveva aiutato Leo e i semidei a scappare in cambio della protezione di Leo, che aveva giurato sui sette dei che avrebbe protetto lui e gli altri sei orfani da ogni male.

A quanto parte l’amnesia di gruppo aveva colpito anche loro, e annullato quella promessa, perché erano comunque finiti in guerra, a lottare al fianco dei cavalieri di Valkrest.

Leo si sentiva davvero in colpa per essersene andato e averli abbandonati.

Ma avrebbe rimediato!

-Chi sei?- chiese il bambino, facendosi forza, e avvicinandosi a Leo con la spada sguainata che teneva tra le mani tremanti.

Era sempre stato super protettivo e impavido.

Che tenero!

-Sono così felice di vedere che stai bene. Non sei ferito, vero? Spero che anche Alex stia bene… state tutti bene… oh, che sollievo- Leo gli sorrise rasserenato, e lo guardò con affetto, controllando che stesse effettivamente in salute, e iniziando a sentirsi più padrone del proprio corpo.

Guardò la mano con la benedizione di Noella, e notò che il timer era esaurito, ma la mano era leggermente congelata. Aveva probabilmente osato un po’ troppo. Doveva starci attento.

Iniziò a strofinarla per riscaldarla.

-Cosa è successo?- chiese, guardandosi intorno.

Non era alla locanda, ma in una casa abbandonata, in un angolo parecchio angusto.

E i bambini lo fissavano come se fosse super pericoloso.

Erano molto più emaciati rispetto a quando Leo li aveva visti l’ultima volta. Emaciati, disordinati, e terrorizzati.

-Chi sei tu? Come mi conosci? Cosa vuoi da me?- insistette Gideon, puntandogli maggiormente la spada contro.

Leo alzò le mani in segno di resa.

Okay che erano tempi di crisi, ma davvero tutte le persone che incontravano Leo dovevano puntargli una spada contro?

-Tranquillo, non ho la minima intenzione di fare male né a te, né ai tuoi amici, Gideon. Il mio nome è Leonardo, puoi chiamarmi Leo. Tu non ti ricordi di me, ma ci siamo già conosciuti, e mi hai aiutato a scappare, insieme ad alcuni semidei, dalla base dei ribelli a Valkrest. È successo sette mesi fa. Sono tornato per aiutarvi di nuovo, e per salvarti la vita e portarti al sicuro- Leo spiegò pacatamente, sincero.

-Che storia strana è questa?! Devi aver sbagliato persona, io non ti conosco!- insistette Gideon, scuotendo veementemente la testa.

-Non ti ricordi… è una lunga storia. Ti ho offerto dei biscotti, che ho offerto anche a tutti voi… Riley, Clay, Daisy, Yara, Jack e Walt- Leo li indicò uno ad uno, dimostrando di ricordarsi i loro nomi.

-Biscotti?- chiese Daisy, confusa.

-Non mi fido! Finiremo nei guai, Gideon!- si lamentò Clay, spaventato.

-Clay ha ragione, è una persona strana! Andiamo via!- Riley prese le parti dell’amico.

-Ma se è il tizio del manifesto potremmo consegnarlo e ottenere una ricompensa- provò a suggerire Yara, tirando fuori un foglio di carta piuttosto rovinato.

-Hai del pane?- chiese Walt.

-Ma sei un maschio o una femmina?- chiese Jack, curioso.

-Smettila di indagare, Jack!- lo riprese Riley.

-Scusa-

-Basta! Cosa vuoi da noi?!- Gideon zittì gli amici in tono autoritario, e si rivolse a Leo, con sguardo di sfida.

-Niente- Leo alzò le spalle -Solo che siate al sicuro. Ho promesso sui sette dei che vi avrei protetto, e intendo farlo ancora. Non so come, e forse avrei bisogno io per primo di qualcuno che protegga me, ma… ho comunque cinque…- Leo si interruppe, e si affrettò a controllare il marchio di Jahlee sul suo stomaco.

Era morto almeno una volta, a giudicare dalle condizioni di dolore del suo corpo.

Almeno una, ma non escludeva di essersi giocato tutte e cinque le vite rimaste.

Guardò il marchio con ansia e paura crescenti, ma rimase estremamente sorpreso quando vide che di vite ne aveva ancora cinque.

-Che cu…!- iniziò ad esclamare, ma si interruppe quando si ricordò che erano presenti dei bambini intorno a lui -…riosa botta di fortuna!- si corresse quindi, assicurandosi che il marchio fosse reale.

-Cos’è quello?- chiese Jack, curioso.

-È un marchio che attesta che il dio Jahlee mi ha benedetto- spiegò Leo, con un grande sorriso -E comunque sono un ragazzo, maschio- aggiunse poi, rispondendo alla sua domanda precedente.

Jack sembrò soddisfatto.

-Una benedizione? Mi sembra difficile da credere- Clay però non era convinto.

-Benedizioni? Giuramenti sui sette dei? Chi sei tu?- Gideon lo fissava confuso, ancora con la spada in mano, che però aveva abbassato.

-Leonardo, seriamente, pensavo avessi un piano! Non avrei mai dovuto liberarti!- una voce alle spalle dei bambini, appartenente ad una figura che si era appena materializzata dal nulla, fece nuovamente sobbalzare e urlare i ragazzi, che si avvicinarono di riflesso a Leo.

-Salve, Jahlee… come butta?- chiese Leo, un po’ imbarazzato, sistemando i capelli sporchi di sangue… sangue che Leo non voleva sapere da dove provenisse, se da lui o da altri. Probabilmente un po’ da tutti e due.

-Senti, Leonardo! Sono stato comprensivo e paziente, ma non puoi andare in giro a fare il veggente e dire a tutti quando moriranno e come evitare di morire! Se vuoi fare il salvatore ci sono degli schemi da seguire, dei cliché, devi agire nell’ombra, come nei normali isekai! Sennò la storia diventa una noia! E gli dei si accorgeranno di te più in fretta!- Jahlee lo rimproverò.

-Ma poi diventa più difficile. Non voglio fare il salvatore! Voglio solo salvare la vita dei miei cari- si lamentò Leo, che si era già stancato al primo salvataggio, e aveva decisamente bisogno di aiuto se voleva salvare altra gente, soprattutto la famiglia reale e lo staff del palazzo.

-O lo fai come si deve, o non lo farai. E poi se continui a farti notare così finirai catturato come spia in men che non si dica. Ci sono già manifesti con la tua faccia ovunque!- spiegò Jahlee, scuotendo la testa.

Leo sbuffò, e si buttò nuovamente sdraiato sul giaciglio.

-Quindi è lui nel manifesto!- Yara esultò, mostrando con veemenza il foglio rovinato.

-Tu sei il dio Jahlee?- chiese Jack, indicandolo curioso.

-Hai qualcosa da mangiare?- si unì Walt, non capendo la gravità di quello che la presenza di Jahlee significasse.

-Ah! Chi sono questi?! Non li avevo notati! Oh… i sette orfani che hai adottato?- Jahlee sembrò rendersi conto solo in quel momento che lui e Leo non erano soli, e squadrò i bambini con curiosità e confusione.

-Non li ho adottati, li ho aiutati- specificò Leo.

-Ricordo, un momento toccante della tua avventura… va bene, Leonardo, senti. Stai attento, e cerca di farti notare un po’ meno, va bene? La battaglia di ieri è stata allucinante!- Jahlee mise in chiaro le cose.

-D’accordo, organizzerò meglio i prossimi salvataggi- promise Leo.

-Sarà meglio- lo avvertì Jahlee, prima di sparire.

Leo in realtà non aveva più idea di cosa fare.

Ciò che era successo il giorno prima l’aveva completamente sconvolto, e non era certo che sarebbe riuscito a replicare.

E poi i sette bambini, soprattutto Gideon, Riley e Clay, lo fissavano come se venisse dallo spazio… effettivamente era un po’ così.

-Ehm… se volete mangiare potete seguirmi alla locanda. Vi darò il pane avanzato e se riesco a cucinare potrei anche fare qualche biscotto- propose ai bambini, incoraggiante.

-Non so quanto ti convenga tornare alla locanda se sei ricercato- borbottò Yara, continuando a sventolare il manifesto.

Non aveva tutti i torti.

-Ma se mi dici la camera posso recuperare il pane- si offrì poi, con uno sguardo furbetto.

-Sarebbe davvero gentile da parte tua, Yara. Non è che potresti anche recuperare la mia borsa di pelle? È tipo fondamentale per la salvezza del mondo- le chiese Leo.

Affidare la salvezza del mondo nelle mani di una bambina di sette anni che lavorava per i cattivi poteva essere una mossa un po’ azzardata, ma Yara sembrava entusiasta del compito.

-Certo! Conta su di me!- si mise a disposizione, e corse via prima che i più grandi potessero fermarla.

-Aspetta, Yara, non sai…- cosa che Riley provò a fare, ma la bambina era troppo veloce. Lanciò un’occhiata verso Gideon, aspettandosi istruzioni, ma il ragazzino era ghiacciato sul posto, e non era a causa dei poteri di Leo.

-Che camera è?- chiese quindi la bambina a Leo.

-Oh, giusto. La sette- le disse Leo, cercando di non pensare alla coincidenza del numero che compariva sempre nella sua vita.

Riley annuì, e sparì dietro Yara, per aiutarla nell’impresa e assicurarsi che non finisse nei guai.

-Cibo!- esultò Walt, sedendosi accanto a Leo nell’attesa e iniziando a giocare con i suoi capelli.

-Se tu sei benedetto da Jahlee, significa che puoi proteggerci?- chiese Jack, avvicinandosi titubante anche lui.

-No che non può proteggerci! Lo avete visto?! È piccolo, debole, ferito, e Gideon è riuscito a trasportarlo da solo- obiettò Clay.

Leo si sentì colpito nell’orgoglio, ma non poteva replicare, obiettivamente.

-A proposito, grazie di avermi portato qui. Mi hai anche fasciato le ferite? Sei stato gentile- Leo si rivolse a Gideon e gli sorrise, amichevole.

Gideon e Daisy erano gli unici a non aver ancora spiccicato parola dall’arrivo di Jahlee.

-In realtà è stata Riley, lei è molto brava- spiegò Jack, punzecchiando i punti fasciati.

Leo si trattenne dal mostrare che effettivamente gli facevano male.

-La dovrò ringraziare di cuore quando torna- si limitò a dire, mantenendo il sorriso.

-Basta! Gideon, andiamo a casa! Brandon si arrabbierà se non ci vede!- Clay si lamentò, e iniziò ad agitare l’amico, spaventato.

Leo si irrigidì.

-Brandon?- chiese, facendosi improvvisamente serio.

-Mi fa paura…- borbottò Walt, incupendosi.

-Mi ha messo a scavare. Non mi piace scavare- si lamentò Jack, mostrando le piccole mani piene di calli e ferite.

-Non dovreste tornare da Brandon. Lui non vi tratta bene- suggerì Leo, cercando di non mostrare troppo il suo odio per quel torturatore di bambini.

Era stata una delle due persone che aveva odiato di più durante le sua avventura nei sette regni.

La seconda era Victor Vasilev, principe di Valkrest, che oltre ad aver imbrogliato e manipolato Leo durante l’unica visita fatta a palazzo durante i due mesi passati lì, aveva insultato velatamente la principessa e la famiglia reale, fatto commenti sconvenienti, ed era il diretto responsabile della guerra in corso, quindi i due uomini se la battevano nell’essere super odiati da Leo.

-E che dovremmo fare?!- obiettò Clay, stringendosi più forte a Gideon e cercando di convincerlo a schierarsi dalla sua parte e parlare contro Leo.

-Potreste stare con me. Vi darò da mangiare, non dovrete lavorare, e prometto che farò tutto quanto in mio potere per proteggervi- propose il cuoco.

Non è che avesse molto da offrire, in realtà, e aveva una missione da compiere, ma non poteva certo lasciarli a loro stessi. Aveva fatto un giuramento, dopotutto.

Gideon scosse appena la testa.

-Perché… perché dovremmo fidarci di te?- chiese, in un sussurro, sollevando appena la spada.

Leo alzò le spalle.

-Non lo so. Più che la mia parola, non ho molte prove a mio carico. So che è difficile fidarsi di un sorriso quando l’ultimo si è rivelato una maschera che nascondeva una grande crudeltà, ma voglio davvero solo il vostro bene, e non vi chiederò mai niente in cambio- gli parlò senza indorare la pillola, senza promettergli un futuro roseo e perfetto, ma da pari a pari. Sapeva che Gideon fosse un ragazzo molto maturo per la sua età. 

Il bambino non replicò, sembrava pensieroso.

Clay provò a trascinarlo via.

Jack e Walt erano accanto a Leo, e avevano iniziato a giocare tra loro.

Daisy, dietro al fratello, continuava a fissare il ragazzo, con espressione difficile da decifrare.

-Com’erano i biscotti?- chiese a sorpresa la bambina, dopo qualche secondo di silenzio.

-Biscotti arcobaleno, sono una mia ricetta molto particolare. Sono super colorati, con…- Leo iniziò a spiegare.

-…colori tutti mischiati, e hanno un sapore molto strano, dolce, ma con tanti sapori tutti insieme. Sono molto buoni- concluse Daisy, uscendo da dietro il fratello, e iniziando ad avvicinarsi a Leo.

-Daisy…- Gideon provò a richiamarla, ma lei non lo ascoltò.

-Esattamente… te li ricordi?- Leo si piegò verso la bambina, sorpreso e speranzoso.

-Non lo so, ma penso di averli sognati, qualche giorno fa. Sei… familiare. E io…- Daisy lo fissò con attenzione, poi si girò verso Gideon -…io mi fido di Leo. Lui ci proteggerà- annunciò con sicurezza.

-Certo, mettiamoci nelle mani di Daisy, adesso- borbottò Clay, sarcastico, scuotendo la testa.

Gideon, però, sembrò molto più sicuro.

-Ti fidi?- chiese alla sorella, abbassando la spada.

Lei annuì, convinta, prendendo la mano di Leo, che gliela strinse, ed era a pochi istanti dallo scoppiare a piangere, commosso.

-Hai giurato sui sette dei?- Gideon poi si rivolse a Leo.

-Certo, ho giurato che non avrei permesso che vi capitasse niente- il cuoco annuì con vigore. 

Gideon lasciò andare la spada.

-Va bene… ti aiuteremo nella tua missione- annunciò, deciso.

-Sì… no! NO! Non dovete aiutarmi in niente! Dovete solo mangiare bene, riposare, non lavorare, ed essere in salute. Alla mia missione ci penso io!- Leo subito cercò di fermarlo dal farsi aiutare.

-Ma il dio ha detto che non sei bravo, ti serve aiuto!- insistette Gideon, stringendo i pugni per mostrare la propria determinazione.

-Ma non preoccuparti, me la cavo anche da solo…- Leo surclassò la questione, maledicendo mentalmente Jahlee per averlo rimproverato davanti ai bambini, e sperando che Jahlee non leggesse i suoi pensieri dove lo malediceva perché non voleva nuovamente inimicarselo.

Per sua fortuna non li leggeva. Solo Veer poteva farlo.

-No che non te la cavi! Sei quasi morto in battaglia, e se non fosse stato per me ti avrebbero anche catturato!- Gideon incrociò le braccia, e iniziò a darsi delle arie.

-Guarda, signorino, che sono stato io a salvar…- Leo si interruppe. Forse non era il caso di dire ad un bambino di undici anni che sarebbe dovuto morire il giorno prima ed era stato maldestramente salvato da un incapace.

Decise di rinunciare.

-Va bene, va bene, hai vinto. Non sono il miglior salvatore del mondo e un aiuto mi può servire, ma tu e i tuoi amici dovete pensare prima di tutto a voi stessi, e a mangiare, stare bene e giocare come normali ragazzini della vostra età. Magari andare a scuola… non c’è la scuola in questo mondo, vero? No, la introdurrà Obsidian, la nipote di Daryan…- Leo si rabbuiò pensando all’uomo che amava, che probabilmente non sapeva neanche chi Leo fosse.

Teoricamente non stava ancora insieme alla sua futura moglie, ma durante la guerra il seme della loro relazione veniva piantato, quindi era probabile che in quel momento lui e Dotty si stessero iniziando ad innamorare.

-Ti serve seriamente aiuto…- borbottò Gideon, notando come Leo sembrava essersi incantato.

-Ho altri aiuti!- mentì Leo.

-Del tipo?- chiese Gideon, in tono di sfida.

Leo cercò di trovare una risposta.

I cinque bambini nella stanza lo stavano fissando curiosi.

Daisy gli teneva ancora stretta la mano.

Jack e Walt si erano girati a fissarlo.

Clay scuoteva la testa e sembrava ancora terrorizzato.

Gideon sorrideva vittorioso.

Prima che Leo potesse rispondere, la porta dell’edificio abbandonato si aprì, o meglio, venne sfondata, e un cavaliere in armatura ammaccata entrò a spada sguainata.

-Fermi tutti se non volete che finisca male!- li minacciò.

Leo fu veloce a mettersi davanti ai bambini per proteggerli, dimostrando di prendere molto sul serio la sua promessa, e fu in procinto di sollevare la mano sinistra per difendersi e scappare, ma esitò.

In parte perché sentiva ancora la mano sinistra leggermente congelata, in parte perché la voce gli era risultata familiare.

-Fermi!- ripetè, e poi guardò Leo con attenzione, sollevando appena l’elmo.

Leo abbassò la mano, e si aprì in un immenso sorriso.

-Alex!- esclamò, entusiasta, avvicinandosi alla vecchia amica.

Che bello, era viva!

Una preoccupazione in meno.

-Fermo lì! Non ti muovere! Sei in arresto per atti sospetti! Non opporre resistenza!- Alex però non condivideva la gioia, e gli puntò la spada alla gola, rischiando di ferirlo.

Leo sospirò, ormai non si stupiva più.

-Ma che è, una nuova moda? Sei tipo la quinta o sesta persona che mi punta una spada al collo in tre giorni!- si lamentò, alzando le mani in segno di resa.

Sì, in effetti gli serviva parecchio aiuto.

Fortuna che aveva trovato sette piccoli alleati in gamba.

Sarebbe stato bello riuscire a guadagnarne anche una ottava un po’ più grande e altrettanto in gamba.

Ma, se la spada sulla gola e lo sguardo assassino erano un indicatore… sarebbe stato un po’ difficile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(A.A.)

Ero indecisa fino all’ultimo se dividere questo capitolo in due o no… alla fine ho deciso di non soffermarmi troppo sulla battaglia (perché non so proprio scrivere scene di azione) e di concentrarmi su altre cose.

In effetti la scena della battaglia è stata difficile da scrivere, e non ne sono soddisfattissima, ma spero che vi sia piaciuta.

E che vi sia piaciuto il ritorno dei sette orfani e di Alex. 

Ahhh, Alex, ci è mancata.

Peccato stia per uccidere Leo.

Ma ehi, non si può ottenere tutto, giusto?

Passando al capitolo…

Giada voleva cambiare la Storia in passato, chissà cosa è cambiato nella sua mente che l’ha portata all’esatto opposto.

Jahlee è un sottone per la figlia, ma ha deciso di supportare davvero Leo, yay! 

I cavalieri di Jediah si dividono tra quelli completamente incompetenti, e quelli eccessivamente zelanti. Speriamo che Alex sia un po’ più aperta di mente. Soprattutto visto che pare che Leo sia ricercato con tanto di manifesti. Veloci i disegnatori del regno, in un giorno hanno già tappezzato la città.

E sono ritornati i sette bambini!! Personalmente li adoro, soprattutto Gideon, e sembra che avranno un ruolo più importante in questo libro. Spero che stiano simpatici anche a voi, magari nel prossimo capitolo farò un piccolo sondaggio per attestare alcune cose.

Oh, e nel prossimo capitolo ritorneranno vecchi personaggi molto amati. Non vedo l’ora di scriverlo.

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un bacione e alla prossima :-*

   
 
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