03/11/2022
1 recensioniBuona Lettura ^^
Erano inarrestabili.
Quelle creature orribili, dalla pelle fragile come carta e i volti sfigurati, irriconoscibili. Con quelli che dovevano essere i occhi che, come pozzi neri, gli scrutavano fin dentro l'anima. Le zanne acuminate con quella bava verdastra, acida, che colava ovunque, ed i loro artigli che si conficcavano nella carne, straziando e lacerando. I proiettili li ferivano, ma non li fermavano.
Se avessero continuato ad avanzare avrebbero sterminato chiunque sul loro cammino.
John sparò fino ad esaurire il caricatore, ma in pochi istanti gli furono addosso.
Li combattè a mani nude, ferendosi e bruciandosi, ma non smettevano.
"Fermatevi!" gridò, in preda alla disperazione "In nome di Dio, fermatevi!"
🎃
"In nome di Dio, fermatevi!" Singhiozzò l'agente Doggett, pallido e madido di sudore sulla branda arrugginita dove lo aveva adagiato.
Scully accorse subito al suo capezzale, con una pezzuola e una bacinella.
Gli terse, premurosa, il sudore dagli occhi e dalla fronte: "Shh. Buono." Gli sussurrò "Buono, va tutto bene. È al sicuro, adesso. È passato."
Erano arrivati a quell'ospedale psichiatrico abbandonato, che aveva la fama di aver ospitato un'equipe che aveva sfruttato i pazienti per esperimenti illeciti, per indagare su una serie di strane morti nell'area circostante. Nei sotterranei fatiscenti della struttura avevano trovato qualcosa di orribile, atroce. Qualcosa che non avrebbe mai dovuto vedere la luce del sole.
La minaccia era stata neutralizzata, ma i loro telefoni erano stati distrutti, costringendoli a trascorrere la notte in una stanza di degenza.
Per proteggerla, l'agente Doggett era rimasto ferito. Era riuscita a medicarlo con bende e disinfettante che aveva trovato in un armadietto dei medicinali, ma le sue ferite erano gravi, gli era salita la febbre e, pur coperto, tremava di freddo.
Continuò a passargli la pezzuola su fronte, viso e collo, parlandogli piano, finché non riaprì gli occhi.
Sotto le palpebre gonfie, erano piccoli e lucidi di febbre, ma il suo sguardo era presente.
"Agente Scully..." la chiamò, con voce roca e sofferente.
"Come si sente?" Gli domandò lei mentre stappava una bottiglietta d'acqua e, sollevandogli con delicatezza la nuca, l'accostò alle sue labbra esangui.
Lui bevve qualche sorso, ma poi voltò il capo dall'altra parte. Strinse le mani sulle coperte, all'altezza delle bende intrise di sangue che gli avvolgevano il ventre: "Il dolore..." gemette rabbrividendo "È insopportabile."
Il suo torace s'alzava e riabbassava in singulti irregolari, e gli occhi erano pieni d'involontarie lacrime di dolore.
Commossa, Scully infilò una mano tra le coperte ammuffite fino a trovare la sua, fredda e tremante, e la strinse. Iniziò a passargli la mano libera tra i capelli, carezzandoli e massaggiandogli piano il capo: "Lo so. Lo so. Cerchi di dormire. Andrà tutto bene. Sono qui con lei. Non la lascio."
Forse per una fitta, Doggett sussultò con un lamento straziante.
"Shh. Shh." Si chinò su di lui, e non smise di carezzarlo finché crollò, stremato dal dolore.
Gli aggiustò addosso le coperte, rinnovandogli l'impacco freddo sulla fronte. Tra i vetri rotti della finestra, oltre agli spifferi gelidi cominciò a fare capolino la luce sottile del sole nascente. L'alba era ormai prossima, i soccorsi sarebbero arrivati presto.
- The End -