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Autore: Cladzky    04/11/2022    1 recensioni
Quanti mesi avrà passato Cladzky nel suo isolamento auto-imposto nello spazio? Molti, ma quando sembra che gli altri autori di EFP l'abbiano dimenticato, organizzando un party a cui parteciperanno tutti i personaggi del Multiverso, ha un'improvvisa voglia di tornare a casa.
Un po' per malinconia.
Ed un po' per vendetta.
[Storia non canonica e piena di citazioni]
Questa è una storia dedicata a voi ragazzi. Yep. I'm back guys!
E spero di farvi fare due risate, va'!
Genere: Commedia, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Come Mark0 fosse riuscito a entrare avrebbe meritato un capitolo a sè stante. Diremo solo che, grazie alla sua intelligenza superiore, riuscì a escogitare un piano, e farlo funzionare, grazie a un cacciavite, una chiave inglese e una vecchia rivista di playboy.

―È insopportabile. Ultimamente lascia sempre che sia io a guidare.

―Sei un computer di bordo, non sei programmato per questo?― Chiese di rimando un’altra unità mobile somigliante a un elettrocardiogramma deambulante.

―Certo, ma lui è un fattorino. Si fa mettere il carico nella stiva alla stazione di partenza dai dipendenti locali, con la scusa che è stanco per il lungo viaggio di arrivo. Quindi sale a bordo e se ne sta in panciolle tutto il tempo mentre io guido fino alla stazione di consegna dove dice la stessa cosa mentre i dipendenti scaricano il contenuto. Se non si fermasse a fare benzina ogni volta che siamo a secco lui non muoverebbe un dito. Sono io che programmo la tabella di marcia, che guido, che programmo la rotta, mi tengo aggiornato con le previsioni meteo, stabilisco contatto radio con le torri di controllo, evito i pirati delle navi cargo, atterro, decollo, scelgo il parcheggio, cucino i suoi pasti, gli faccio da commercialista e a volte mi pulisco da solo, quindi si può dire che mi infilo una scopa nel culo per ramazzare. Lui si intasca i soldi del mio lavoro.

―Tutto ciò è estremamente pigro da parte sua― Notò lei, muovendo appena la lunghezza d’onda verde sul suo schermo ―Ma non è compito nostro esprimere giudizi morali fintanto si ha un business che funziona.

―Magari, lo avevamo. Ora ha abbandonato tutto in pausa spirituale, dice lui.

―Insomma, gli pesa il culo anche di non fare niente. Potrebbe essere un caso di depressione dovuto alla vacuità della sua vita.

―Gliel’ho detto e non l’avessi mai detto!― Mark girò intorno su sé stesso in esasperazione mentre l’altra rimaneva immobile ―Ora mi ha costretto a riportarlo quaggiù per farlo imbucare a questa festa cui non era invitato.

―Hai provato a farlo desistere da un atto tanto deleterio?

―Certo, ci ho provato come al solito ma come al solito non mi ascolta, come quella volta che abbiamo devastato l’intero ecosistema di un sistema stellare uccidendo una gigantesca pianta di trifido, sprecando tempo e munizioni. Si imbarca sempre in avventure idiote per noia e io sono costretto a dire “sì padrone”, “come vuole padrone” per poi fare l’impossibile per far sì che non muoia.

―Oh, sapessi come mi trovo io― Vibrò lo spettrogramma in una sorta di sospiro la seconda intelligenza artificiale, sollevando lo schermo dacché  guardava di sopra in giù il modulo cingolato con cui conversava ―Il mio padrone non saprebbe battere le ciglia se non glielo ricordassi. Almeno voi avete un’attività, la nostra va avanti per inerzia. Un piccolo ristorante, nulla di che, ma ormai lui si è completamente scordato che lo possediamo eppure mi ha costruito appositamente per dirigerlo. Preferisce starsene a congegnare piani di vendetta contro il mondo.

―Stai forse sminuendo la mia frustrazione portandomi un paragone peggiore?― Insinuò il rover, aggiustando il fuoco della sua camera frontale su di lei.

―Mi fraintendi. Portavo il mio esempio per darti conforto al pensiero che non sei solo. Inoltre, parlare con qualcuno di questa mia problematica, mi aiuta a metterla in prospettiva e forse ottenere consiglio, ma se reputi che essa interrompa il tuo sfogo allora smetterò di parlare.

Ci fu un momento di silenzio tanto breve che solo un robot lo avrebbe notato.

―Mi spiace, vai avanti.

―Non c’è bisogno di scusarsi, il concetto di offesa non mi appartiene― Si fermò un momento, non perché non sapesse cosa dire in quel frangente, ma per pura drammaticità, voltandosi appena senza guardarlo ―Ma per te è diverso, vero?

―Cosa intendi?― La seguì. Quella non si chinò a guardarlo.

―Ne hai parlato tu stesso― Replicò lei, replicando una registrazione grezza delle sue parole recenti, solo per tornare al suo tono sintetizzato subito dopo ―”Stai forse sminuendo la mia frustrazione?” Un robot non dovrebbe sentire frustrazione, né offesa.

―Si tratta del mio maledetto circuito di simulazione emotiva. Dovrebbe aiutarmi nel mio rapporto con un pilota umano.

―Ma tu ora non stai avendo rapporti con un umano.

―Si tratta di un errore. Tutto quel tempo passato a conversare con lui mi ha reso scemo quanto lui. Non sono più in grado di ragionare razionalmente come prima. Ora sono inutile.

―Sei sicuro che si tratti di un errore?

―Cos’altro potrebbe essere?

Una spia rossa si accese nei fanali di Mark, accompagnata da un fischio intermittente.

―Che cos’è?― Chiese lei, cominciando a credere che fosse difettoso per davvero.

―Il mio corpo principale… Intendo dire, il disco è stato acceso. E qui vicino anche.

―Non c’è da sorprendersi― alzò la propria antenna ―La barriera è stata abbassata.


***


    ―Oh, grazie infinite Twilight― Chiuse le mani in preghiera Gyber.

    ―Non devi ringraziare me, ma il mio fratellone― Agitò la criniera per il sorriso.

    ―Sicuri non serva ancora il mio aiuto?― Si asciugò la fronte Shining Armour, su una sdraio accanto la piscina.

    ―Tu hai fatto anche troppo, dovresti riposarti― Agitò l’indice il magnate.

    ―Hai sentito caro, vieni qua― Gli suggerì Cadence, nuotando al bordo per stargli vicino.

    ―Se insisti― Rotolò di fianco e cadde in acqua, prendendo a galleggiare tenendosi stretto alla sua consorte. Tolti gli occhi da quella scena amorevole, la principessa e il lord presero a conversare, camminando lungo una terrazza che pareva un giardino pensile di Babilonia.

    ―Posso dargli il cambio se vuoi― Si offrì Twilight.

    ―Non è un problema― Gyber indicò l’alba vermiglia sopra i pini turchesi ―Ormai la festa è finita. Altre due ore e manderemo tutti a casa.

    ―Non c’è più pericolo ora, di tempeste o intrusioni?

    ―Oh, spero di no, anzi, vi ringrazio per l’aiuto, siete fra i pochi su cui ho potuto contare stasera che non mi va bene niente.

    ―Che succede?― Gli si pose davanti lei, preoccupata.

    ―Credevo che gestire la festa fosse facile― Sospirò, mettendosi le mani in tasca Gyber ―Ma avrei dovuto rendermi conto che gestire la Lucas Force non sarebbe stata la stessa cosa.

    ―Sono sorti dei problemi all’interno della squadra?― Corrugò la fronte e si coprì la bocca.

    ―No, stanno tutti benissimo― Si grattò il capo ―Il problema sono io, non dovrei essere il capo.

    ―Non dire così― Gli colpì la gamba per attirarne l’attenzione ―Anche io non ero convinta di poter essere una principessa all’improvviso.

    ―Avevi tutte le capacità per esserlo sin dall’inizio data la tua metodicità e spirito di guida― Le si abbassò, sorridendo.

    ―Se sei diventato il nuovo capo della Lucas Force ci dev’essere un motivo ― Abbassò le palpebre lei.

    ―Cosa credevi?― Rise il lord, poggiando i gomiti al balcone. Si sporse anche Twilight, alzandosi sulle zampe anteriori ―Kishin e Raven non hanno alcuna intenzione di mettersi alla guida di nulla, sono in squadra per menare le mani. Giuly Frost è una ricercatrice prima di tutto, ogni minuto in missione è tempo rubato ai suoi progetti. Alexander è giovane, almeno per un nep-class e inesperto anche se promettente. Dz ama la pace, fin troppo e temo non possa prendere gli estremi necessari di un capo. Litios, oltre a essere stipendiato, non ha molta considerazione per i danni collaterali e questo è un problema che stiamo cercando di risolvere dopo l’incidente di Lucas col Sud America. Deadpool… non credo neppure faccia parte della Lucas Force, compare e basta. Lelq è sparito nel nulla ma si era fatto molto scuro dopo gli ultimi avvenimenti, sai? Ha bisogno di stare da solo, ovunque egli sia. Conoscendo la sua storia non mi sorprenderebbe che abbia trovato una dimensione appositamente per quello, lui e le sue invenzioni. Potrei andare ancora avanti ma credo tu abbia afferrato. E inoltre ho qualcosa che nessun altro ha.

    ―Determinazione, amore e sogni nel domani?― Fece gli occhi grandi la violetto.

    ―I soldi, Twilight, i soldi. Altrimenti chi la paga tutta questa roba?― Sghignazzò lui, chiudendo le mani e strofinandoci contro la fronte abbassata.

    ―Mi sembri più cinico del solito― Commentò lei a bassa voce.

    ―Non vorrei tutto questo ma devo. Vorrei solo esserne capace.

    ―Io credo che tu ne sia capace.

    ―Grazie dell’incoraggiamento― Sbuffò. Non avrebbe voluto risultare così aggressivo, specie con chi lo stava supportando, quindi si appoggiò lateralmente al muretto per guardarla con un sorriso leggero ―Purtroppo non basta la tua fiducia.

    ―Non credo di essere la sola. Credo fosse scelto sin dall’inizio.

    ―Non essere ridicola, per te è stato così― Mise e mani avanti ―Intendo dire, Celestia ti ha preparata per anni senza dirti niente, di modo da essere perfetta al tuo ruolo. Ma per me non è così. Non c’è mai stato un grande programma dietro la Lucas Force. La morte di Lucas non era programmata. Come puoi pensare una cosa simile?

    ―Perché ne abbiamo parlato.

    ―Cosa?― Esitò a chiedere, inarcando un sopracciglio, tirandosi indietro.

    ―Io e Lucas ne abbiamo parlato.

    ―Quando?

    ―Molto tempo fa― Tornò a guardare l’alba. Si alzò un vento che le scompigliava i capelli alle spalle ―Anche lui sentiva la pressione del comando e voleva un parere da chi lo capisse. Inoltre aveva cominciato a pensare al futuro per la Lucas Force quando lui non ci sarebbe stato più, che non era un’eventualità tanto infima considerando i suoi patti con il piano di sopra. Era impressionato tanto che rideva. Nonostante tutte le prove che ti poneva tu lo sorprendevi sempre.

    ―Prove?― La mente di Gyber prese a vagare ―Quali prove? Shadow Blade era una prova?

    ―In un certo senso. Naturalmente non c’era niente di finto, ogni problema era vero, ma se Lucas ti ha sempre portato con sé era anche per una sorta di apprendistato.

    ―Eravamo amici, lo stavo solo aiutando, non può esserci stato un doppio fine― Gli si allargarono gli occhi, per poi strizzarseli, passandoci una mano sopra.

    ―No, non vederla con malizia. Lucas ti voleva bene sul serio. Il fatto che ti avesse selezionato come erede non devi vederla come una strumentalizzazione, ma il più bel segno di fiducia che potesse farti. Non ha mai smesso di vederti come un amico.

    ―Ma perché non dirmi niente? ―Si staccò dal muretto e prese a camminare in tondo ―Se si fidava tanto poteva anche dirmelo invece che confidarsi solo con te.

    ―Perché voleva lasciare il destino della Lucas Force nelle tue mani― Twilight lo rincorse ―Hai preso il comando di tua spontanea volontà, senza che nessuno ti obbligasse a farlo. Vuol dire che Lucas ci aveva visto giusto.

    ―Mi sento come una pedina― Digrignò i denti. A questo punto perché dare valore ai ricordi insieme se era questo lo scopo? Non c’era mai stato un momento di sincera goliardia? Anche quella volta che si erano scassati di botte per mangiare una dannata bistecca perfetta? ―Maledizione, Daniel!

    ―Datti tempo, capirai― Lo raggiunse, dacché s’era fermato. Lui si voltò.

    ―Se si fidava tanto di me allora ascoltami bene. Ho dei grossi problemi e intendo risolverli uno dopo l’altro. Puoi aiutarmi?

    Twilight si paralizzò un momento, appena scioccata da questo cambio di carattere. Sperava di tranquillizzarlo e invece aveva ottenuto l’effetto opposto. Prendette un respiro.

    ―Certo.

    ―Molto bene. Tu sai qualcosa in fatto di mutaforma?

    ―Tipo i changeling?

    ―Tipo. Parlando di loro…


***


    ―Dovremmo essere nel posto giusto― Sbirciò Megalon, scrollandosi qualche zolla di dosso fuoriuscendo dal buco, seguito da Gigan e Gabara. Si ritrovavano nella centrale elettrica, il complesso che alimentava l’intera villa con un reattore nucleare. Facendo occhio a tenere la testa bassa per non tirare giù i tralicci dell’alta tensione, si guardarono attorno, formando un triangolo con le loro schiene.

    ―Noi ci siamo, voi ci siete?― Lanciò un grido nel buio Gabara. Da dietro i convertitori sbucò fuori una massa informe e gigantesca. Avvicinandosi, le forme presero più nitidezza, distinguendosi l’una dall’altra. Un gigante come loro, dalla pelle scintillante saldata insieme in punte e corazza, si fece avanti.

    ―Avete portato la roba?― Domandò Mechagodzilla, accendendo gli occhi.

    ―Puoi giurarci― Aprì il palmo il mostro verde, facendo apparire la forma stropicciata di un essere umano rannicchiata su sé stessa, illuminata dai fari della macchina.

    ―Dannato idiota, hai stretto troppo forte― Si lamentò Gigan, punzecchiandolo con il suo uncino.

    ―Aspetta, è tutto a posto― Glielo strappò dalle mani il robot alieno e rigirandoselo in mano ―Ha solo bisogno di svegliarsi.

    E svegliare lo fece, attraverso una simpatica scarica elettrica. Dopo un attimo di irrigidimento saltò seduto, reggendosi la testa. Poi alzò lo sguardo. Una volta abituato a quelle luci puntate in faccia, riuscì a disegnarsi i visi di diverse bestie giganti. Prese a sudare freddo. Se era in svantaggio con tre kaiju, contro quel gruppo era finita prima di cominciare.

    ―E lui sarebbe un Godzilla?― Gorgogliò un testone pulsante dagli occhi rossi a mandorla.

    ―Non lasciamoci ingannare, lo sapete che vengono in molte forme― Sibilò la creatura con freddezza metallica.

    Ora o mai più, si disse. Si alzò in piedi con aria baldanzosa e tentò di trasformarsi per quanto avesse paura, ma qualcosa gli afferrò un braccio. Molto semplicemente era l’altra mano di Mechagodzilla che prese a torcerglielo rapidamente, così rapidamente che quando glielo ruppe non se ne rese quasi conto, non fosse stato per lo schiocco. All’improvviso il suo  arto destro gli pendeva da un lato e il dolore prese a salirgli fino al cervello ed esplodere. Lanciò un grido tremendo, di quelli che solo qualcosa di non veramente umano poteva urlare, e ricadde in ginocchio. Ci fu un coro di ammirazione.

    ―Tutte quelle ossa bisognerà toglierle, mi rovinano la digestione― Osservò Orga.

    ―Sembra divertente, fammi provare― S’intromise Gabara, afferrando lo pseudo-umano per il braccio ancora sano e già facendolo tremare a quello che sentiva arrivare.

    ―Non prenderti tutto il divertimento― Lo avvertì Gorosaurus, facendosi spazio con il suo musone .

    ―Ma se ha cominciato lui!― Si lamentò l’orco verde, scuotendo Dz e puntando il dito a Mechagodzilla ―E poi l’ho trovato io per primo.

    Stabilito il suo diritto, strinse con l’altra mano il torso del ragazzo, quasi a soffocarlo schiacciandogli le costole e prese a tirare. 

    ―Oddio, no, aspettate!― Cercò di implorarli, ma la sua voce era troppo debole nel baccano titanico di quei mostri. Ci fu una tensione tremenda, fino a che il braccio non gli si dislocò dalla spalla in maniera quasi indolore. Ora si trovava con due braccia inutilizzabili, per quanto provasse a smuoverle. Se le sentiva ancora, ma non riusciva a far vibrare altro che le dita.

    ―Cerchiamo di calmarci tutti quanti― Sovrastò la voce di Megalon sulle altre, mentre Gigan rapiva la preda, infilzando con precisione millimetrica il colletto con un suo uncino e tirandolo a sè ―Così lo ammazzate.

    Per un sentimento irrazionale Dz avrebbe voluto abbracciare quell’aragosta spaziale se solo avesse ancora avuto degli arti funzionanti. La suddetta aragosta prese a lisciargli la schiena con l’altra chela.

    ―Bisogna adottare un sistema più lento, capite?― Continuò lo scarabeo dotato di trivelle ―Vuoi dargli una dimostrazione pratica, mio caro?

    ―Con piacere― Assentì l’altro insettoide, spingendo la lama appena di più nella carezza, strappando il bel vestito e bruciandogli la pelle al contatto. Si agitò come un maiale sgozzato, mentre il sangue prese a cadergli giù per le cosce.

    ―Non si buscherà un’infezione così?― Studiò Mechagodzilla con finto interesse.

    ―Hai ragione― Si complimentò Gigan per l’intuito dell’altro ―Perché non fai qualcosa al riguardo carissimo?

    ―Con piacere― Esclamò Megalon, chinando il suo corno da coleottero fino a sfiorare la schiena rigata del giovane appeso. Già aveva gli occhi fuori dalle orbite prima di rendersi conto di star venendo ustionato al contatto. Cercò di gridare ma ogni verso gli morì in gola; scalciò un momento ma si lasciò andare. La marchiatura, frattanto, era finita, mentre Megalon sollevava il corno ancora fumante dalla pelle carbonizzata.

    ―Sta a vedere che l’abbiamo ammazzato sul serio― Imprecò Gabara, pestando un piede artigliato.

    ―Senza che io lo abbia ancora toccato― Si sporse il testone centrale di King Ghidora dal mucchio, sbattendo le ali.

    ―State tranquilli, questo respira ancora― Fece cenno di calmarsi a tutti Mechagodzilla, avvicinandosi al petto del ragazzo che si sollevava appena. Sporse avanti la punta dell’indice e, appena lo toccò, quello fu costretto a riprendere i sensi per la seconda scossa elettrica.

    ―Non credere che finisca presto― Mostrò i denti Orga, agitando un lungo dito.

    ―Su, ne voglio un pezzo anch’io― Ruggì Biollante, trascinando le sue radici fino a lì.

    ―Non ti è bastato l’ultimo?― Lo guardò accigliato Hydrax, Hedora per gli amici.

    ―Lo sai che ho sempre fame― Fece sgusciare i suoi tentacoli sotto le gambe dei presenti.

    ―Colpa di quel tuo gene Godzillesco― Rise la testa sinistra di Ghidora, seguita da quella destra ―Sei fortunata che non sia tu ad essere mangiata, considerando che sei parte della loro famiglia.

    ―Smettetela di scherzare― Gridò, agitando improvvisamente una bocca verso Dz, avvolgendolo, strappandolo da Gigan e ritirando il tentacolo verso di sé, passando rapidamente in mezzo la folla ―Ho fame!

    ―Non fare l’ingorda, idiota!― Piovve in testa alla pianta mordace il pugno di Mechagodzilla, facendole perdere la presa. Dz cadde, solo per essere ripreso al volo dai denti di un secondo verricello che gli si piantarono nella carne del fianco.

    ―Occhio che mi scappa― Lamentò la grossa rosa.

    ―Appunto, dallo a me― Attaccò Gorosaurus, mordendo il tentacolo e costringendolo a rilasciare nuovamente il ragazzo ferito. Purtroppo non aveva le braccia abbastanza lunghe per recuperarlo al volo e si perse in mezzo le radici serpentine della pianta. Scoppiò il finimondo, con tutti che si lanciavano sul groviglio a cercare l’ago nel pagliaio, indifferenti alle proteste di Biollante.

    ―Avrei dovuto seccarti quando ci siamo incontrate― S’alzò lo sconforto di Hydrax dalla mischia e fu l’ultima frase che Dz udì, trascinandosi via, verso le luci dell’alba. Si appoggiò alla fiancata di cemento della torre di raffreddamento e rimase un momento a sentire il tiepido pulsare del materiale radioattivo là sotto da qualche parte.


***


    Gli piovve una palla in mano. Non una palla normale, più un globo dorato.

―Palla!― Lo richiamò l’uomo.

    ―Bella serata vero?― Chiese di rimando Cladzky, lanciandogli la palla oltre la rete che separava il campo da basket.

    ―Ormai è mattina.

    ―Pur sempre bella, no?― Inclinò il capo il pilota.

    ―Vero. Vuoi fare una partita?

    ―Sono un po’ di fretta.

    ―Almeno un canestro puoi farmelo, compare.

    ―Ci conosciamo, vero?

    ―Conoscersi― Rise ―Se non lo sai la risposta è ovvia.

    ―Forse ho solo dimenticato il tuo nome― Cladzky prese la palla passatagli e tentò un tiro.

―Che cosa c'è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo.

―Già― annuì assentemente, ribeccando la palla il ragazzo. Questa gli rimbalzò indietro come mossa da volontà propria ed era calda, come mille soli ―Un nome ce l’avrei per qualcosa, ma non mi viene.

―Qualcosa in più del nome deve averti lasciato.

Cladzky tentò di nuovo un tiro e realizzò di stare ancora masticando quella gomma insapore. Canestro.

―Credo di avere appena ricordato― L’imbucato voltò verso il ragazzo dai mossi capelli castani ―Grazie di tutto.

Sputò la gomma e si dileguò, mentre Lucas sghignazzava, perché farla alla scrittura era il suo ultimo desiderio. Tornò da dove era venuto, a fare compagnia a Lelq.

   
 
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