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Autore: fiorediloto40    05/11/2022    1 recensioni
Saga non poté evitare che lacrime amare gli attraversassero il volto. Era tutta colpa sua...
L’unica cosa che aveva potuto fare in tredici anni era stato permettergli di vivere lontano dal Santuario, cosicché la sua parte crudele non avesse la tentazione di ucciderlo...ma anche così, ora erano i suoi stessi compagni d’armi a condannarlo...

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I personaggi appartengono a Masami Kurumada, Toei e Bandai.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aquarius Camus, Aries Mu, Gemini Saga, Gold Saints, Virgo Shaka
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camus alternava lo sguardo tra l’espressione persa di Mu e il cucchiaino con cui il tibetano agitava lo zucchero disciolto già da tempo nella tazza di tè, colpendo la ceramica e producendo il tipico tintinnio.
 
- Tutto bene Mu? - dopo diversi minuti trascorsi in uno strano silenzio, ritenne opportuno interrompere quella singolare calma.
 
L’Ariete si limitò a scuotere lentamente la testa in senso affermativo, tuttavia, il suo sguardo diceva ben altro, e per l’amico non fu difficile accorgersene.
 
- Si tratta di Shaka...vero? - era più una domanda di cortesia, data l’evidenza della cosa.
 
Alla menzione di quel nome, Mu si voltò verso Camus come se l’avesse appena svegliato da uno strano sogno e riportato alla realtà.
 
- Cosa è venuto a fare? - gli occhi dell’Acquario si chiusero a fessura, mostrando così la sua diffidenza. 
 
Non che il francese fosse una persona invadente, tutt’altro...semplicemente sapeva di potersi permettere quella confidenza, e comunque il suo unico interesse era conoscere il morale di Mu.
 
- Molte cose Camus...è venuto a cercare molte cose... - la voce di Mu suonava lontana.
 
Per Camus non fu difficile rendersi conto di quanto l’amico fosse ancora perso nei suoi pensieri, e, rispettando i suoi tempi, come l’Ariete aveva sempre fatto con lui, attese pazientemente che si riconnettesse con la realtà. Cosa che avvenne poco dopo.
 
- Sa di Kiki -.
 
- E.…? - Camus si mise in allerta. Conoscendo bene le regole del Santuario, sapeva che l’allievo di un cavaliere doveva necessariamente essere messo sotto la tutela e la sorveglianza del Grande Tempio, e per questa ragione non aveva mai denunciato l’esistenza dell’apprendista Ariete...da subito aveva accettato la volontà di Mu di tenere Kiki lontano dal luogo in cui si trovavano ora, e, a dirla tutta, non avrebbe potuto biasimarlo, avendo lui stesso tenuto i suoi allievi a debita distanza.
 
- Al momento non ha fatto niente, ma nel momento in cui tutto sarà chiarito... secondo lui naturalmente... - il tono ironico con cui pronunciò le ultime parole non sfuggì a Camus - si preoccuperà di mettere il Patriarca al corrente di tutto -.
 
L’Acquario annuì, ma capì immediatamente che c’era dell’altro.
 
- Non è tutto, vero? -.
 
Mu scosse la testa in segno di diniego.
 
- A parte qualche altra sciocchezza, si è preoccupato di rassicurarmi che sarà lui stesso ad eseguire la mia condanna a morte quando tutto sarà chiarito -.
 
Camus alzò le sopracciglia sorpreso, salvo riabbassarle subito dopo, quando un piccolo sorriso malizioso si aprì sul suo bel volto.
 
- Deve tenerci parecchio per non permettere a nessun altro di alzare un dito su di te... -.
 
- Nonché sicuro di essere dalla parte giusta...e che i cavalieri di bronzo siano nel torto... - Mu sospirò pesantemente, ignorando volutamente il commento ironico. Aveva già trascorso fin troppo tempo nel tentativo di interpretare le parole e gli atteggiamenti del sesto guardiano, e quell’insinuazione non faceva altro che peggiorare le cose.
 
Camus guardò attentamente l’amico...Mu gli aveva appena dato l’appiglio che stava cercando. Era ormai evidente come fosse solo una questione di ore prima che Saori Kido giungesse al Santuario per assumere il ruolo che reclamava per sé...era giunto dunque il momento di chiarire le cose con l’Ariete. 
 
Sperava solo che Mu comprendesse le sue reali intenzioni...
 
Prese un respiro profondo, espirando con forza e richiamando immediatamente l’attenzione del tibetano. 
 
Frequentandosi da oltre un anno, avevano ormai imparato a conoscere le reciproche abitudini...quel gesto da parte di Camus tradiva la sua difficoltà, quindi Mu uscì subito dai suoi pensieri, concentrando tutta la sua attenzione sull’Acquario.
 
- È a proposito di questo che ho bisogno di parlarti Mu -.
 
Data la serietà con la quale pronunciò quelle poche parole, Mu si limitò ad annuire, piegando poi leggermente la testa di lato in segno di ascolto.
 
- Immagino che tu sappia che tra i ragazzi che accompagnano Saori Kido c’è anche il mio allievo... Hyoga del Cigno... -.
 
Mu annuì tenendo lo sguardo fisso negli occhi di Camus.
 
- Ebbene...io non so se stia facendo la cosa giusta o una grandissima idiozia, perché non è più sotto la mia tutela e decide per sé... - prese una piccola pausa ponderando bene le parole - quello che so per certo è che ha ancora molta strada da fare prima di diventare un cavaliere completo...prima di diventare colui che può succedermi... - lo sguardo del francese, sempre fermo e deciso, vagava insolitamente per la stanza, e una preoccupazione sincera era facilmente visibile nelle sue iridi chiare.
 
L’Ariete cominciò a capire cosa intendesse dire Camus, ed un sorriso discreto si formò sulle sue labbra. 
 
D’altronde...lo aveva sempre immaginato.
 
- Non li farai passare - non era una domanda. 
 
Tuttavia, il tono di Mu, lungi dal tradire rancore, o anche solo stupore, era carico di comprensione per le intenzioni del compagno. Probabilmente anche lui avrebbe preso la stessa decisione se al posto di Hyoga ci fosse stato Kiki.
 
Camus si voltò sorpreso verso Mu, dopodiché chiuse gli occhi e, scuotendo la testa, confermò ciò che il tibetano aveva appena detto.
 
Gli faceva male pensare che Mu potesse mal interpretare le sue parole, tuttavia, non aveva altra scelta.
 
- Mu... - il tono con cui parlava mostrava tutta la sua difficoltà - non ti ho mai chiesto spiegazioni sulla tua lontananza dal Santuario e dalle sue regole... -.
 
- E dal suo Patriarca... - aggiunse Mu in tono sibillino.
 
- E dal suo Patriarca - confermò Camus, al quale non era mai sfuggito l’accento leggermente sarcastico e forzato che Mu usava quando pronunciava quella parola - e non lo farò ora, perché ho sempre pensato e continuo a pensare che hai avuto le tue buone ragioni per farlo, e onestamente... - sapeva di apparire incoerente, ma voleva essere sincero - onestamente io stesso nutro diversi dubbi in merito a molte delle cose che accadono qui dentro... -.
 
Comprendendo la difficoltà nella quale si trovava Camus, Mu portò una delle sue mani sulla spalla dell’amico, stringendola con affetto. 
 
Lo sapeva...fin dall’inizio di questa storia sapeva che Camus non avrebbe fatto passare i ragazzi di bronzo, e, nonostante tutto, non poteva biasimarlo. 
 
Sapeva che l’Acquario non avrebbe lottato per difendere l’impostore che sedeva illegittimamente sul trono patriarcale, anzi, nella migliore delle ipotesi, nutriva nei suoi confronti un totale disinteresse...
 
Ma Camus era un maestro nel vero senso della parola, e avrebbe anteposto il suo ruolo di insegnante a tutto...anche alla sua stessa vita.
 
- Camus... - la voce calma di Mu arrivò dolcemente alle orecchie dell’undicesimo guardiano, facendolo voltare per guardarlo negli occhi - non mi devi giustificazioni, inoltre...non mi aspetterei niente di meno da te...hai preso un ragazzo fragile e sensibile e lo hai reso un uomo onorevole e coraggioso... è normale che il tuo desiderio sia di farlo diventare un vero cavaliere, degno di proteggere la dea... -.
 
Gli occhi di entrambi si velarono leggermente. 
 
Se entrambi avessero dovuto rimpiangere qualcosa in merito alla loro amicizia, sarebbe stata solo la tardività con la quale era arrivata nelle rispettive vite.
 
Quanto erano state confortanti, seppur sporadiche, per Mu, le visite dell’Aquario nel lontano Jamir...certo, l’arrivo di Kiki, qualche anno prima, era stato provvidenziale per mettere fine ad una solitudine che durava da anni, tuttavia, con Camus si era sentito nuovamente vivo, riscoprendo cosa significasse poter discutere, accalorarsi, appassionarsi per qualcosa. Non che Aldebaran o Aiolia non fossero importanti, tutt’altro... per quanto riguardava Aiolia, in quegli anni si erano silenziosamente consolati a vicenda, poiché entrambi vittime delle medesime circostanze, mentre Aldebaran, con la sua sola presenza, portava il sole nelle fredde cime himalayane.
 
Camus, però, era diverso. Sin da subito Mu aveva compreso la particolare affinità elettiva che lo legava invisibilmente all’Acquario, facendo di lui il suo interlocutore ideale. Ed i fatti gli avevano solo dato ragione...
 
Dal canto suo, Camus aveva vissuto le stesse sensazioni del tibetano.
 
Dopo anni spesi a dedicarsi principalmente all’addestramento dei suoi discepoli, ritrovare il piacere del confronto con un compagno che fosse brillante, intuitivo, e libero dagli inutili indottrinamenti dei quali era riempito ogni qualvolta rimettesse piede nel Santuario, era stata una boccata d’ossigeno.
 
Soprattutto, a rompere la sua naturale diffidenza era stata l’empatia di Mu...quella particolare sensibilità che l’Ariete aveva nel comprendere ciò che non gli veniva detto, e che rappresentava la pura essenza del suo carattere riservato.
 
Consapevole di quanto fosse importante il rapporto che avevano instaurato, Camus mise una mano su quella di Mu, richiamando l’attenzione dell’Ariete, che sembrava concentrato negli stessi pensieri dell’amico. 
 
Sapeva che il favore che stava per chiedergli gli avrebbe fatto male, ma non lo avrebbe mai chiesto a nessun altro.
 
- Mu... - l’emozione minacciava di sopraffare la sua voce mentre gli occhi limpidi di Mu cercavano di rassicurarlo - ho bisogno di un favore...e puoi essere solo tu ad aiutarmi... -.
 
 
 
Nel sesto tempio, Shaka fissava un imprecisato punto di fronte a sé. Seduto sul loto di pietra, aveva più volte tentato di meditare, ma nessuno dei suoi tentativi era andato a buon fine, ed il motivo era più che evidente...
 
Come avrebbe potuto liberare la sua mente quando questa non si era mossa un millimetro dall’unico pensiero che riuscisse a tenerlo concentrato?
 
Da quando aveva lasciato la casa dell’Ariete, non aveva fatto altro che interrogarsi su cosa fosse accaduto lì dentro, perché in effetti, neanche lui avrebbe saputo spiegarlo a se stesso.
 
Ciò di cui era certo, era stata la sua totale mancanza di controllo, e questo non poteva fare altro che preoccuparlo...mai, da quando ne aveva memoria, aveva perso la padronanza di sé. Anche davanti a nemici temibili la sua mente aveva sempre mantenuto la freddezza necessaria per sopraffare l’avversario.
 
Stavolta, però, le cose erano state ben diverse, e la colpa era del dannato Ariete e dell’effetto che provocava su di lui, probabilmente senza neanche saperlo. Anche se, a questo punto, doveva averlo capito...
 
Con un sospiro, si alzò dal loto di pietra per dirigersi verso la cucina e prepararsi un tè che lo aiutasse a calmare i nervi, tuttavia, a metà strada ci ripensò, avvicinandosi all’ampia finestra dalla quale era ben visibile la casa del montone bianco.
 
La luce debole che filtrava attraverso le tende della camera da letto indicava che il padrone di casa si trovava ancora nel soggiorno. In compagnia di Camus?
 
Per un momento Shaka si interrogò su cosa sarebbe potuto accadere se Camus non lo avesse interrotto...avrebbe dovuto odiarlo oppure ringraziarlo? 
 
Dovette riconoscere di non essere stato bravo nel nascondere il fastidio di vederlo lì, e, ad essere onesti, provava ancora irritazione per la sua inopportuna tempestività.
 
Inevitabilmente, la sua mente tornò a qualche istante prima, quando con il suo corpo teneva Mu dell’Ariete incollato al muro, senza vestiti, mentre con la punta delle dita sfiorava la sua pelle delicata...
 
Il tenue aroma della lavanda ancora nelle sue narici...la pelle morbida e perfetta che scorreva liscia tra le sue dita... Shaka ricordava il modo poco discreto con cui i suoi occhi avevano percorso il corpo del tibetano imprimendolo nella sua memoria, ed inevitabilmente sentì il proprio reagire al ricordo della vista e del contatto...
 
Quando si accorse del sorriso sciocco che si era formato sul suo viso e delle sensazioni che non riusciva a controllare, le scacciò con evidente fastidio riportando la concentrazione sulla realtà.
 
Mancavano poche ore ormai...presto tutto sarebbe stato chiarito, rientrando nell’ordine nel quale avrebbe sempre dovuto essere, ed i traditori sarebbero stati puniti. A quel pensiero, sentì un groppo salirgli in gola, ma si costrinse a ricacciarlo indietro. Non poteva permettersi di piangere, non ora...
 
Sebbene fosse cosciente dell’onere del quale si era fatto carico davanti all’Ariete, non poté evitare al proprio cuore di sentire un vuoto sordo. 
 
Sarebbe davvero stato capace di uccidere Mu?
 
 
 
Nel tempio dell’Ariete, Mu guardava Camus in silenzio. 
 
Una lacrima percorreva lentamente il suo viso, lasciando una scia bagnata nel punto in cui scendeva.
 
- È davvero quello che vuoi? -.
 
Camus si limitò ad annuire. L’emozione minacciava di traboccare dalle sue sfere turchesi, tuttavia, riuscì a controllarsi, anche se il suo cuore umano era stretto in una morsa di sofferenza.
 
- Camus - Mu strinse dolcemente la mano del francese - non ti è venuto in mente che, forse, vorrebbe essere Milo a... - ma non riuscì a terminare la frase.
 
- No! - il diniego suonò perentorio e Camus si pentì quasi subito di essere stato così duro - Milo non deve farlo...non può farlo... - aggiunse in tono più morbido.
 
- Perché? - Mu cercò gli occhi dell’amico - Sono certo che al suo posto lo faresti -.
 
Ma Camus non tornò sulla sua decisione.
 
- Conosco Milo meglio di chiunque altro e so che ne soffrirebbe troppo... - per quanto volesse sembrare fermo, la sua voce tradiva i sentimenti che lo legavano all’ottavo guardiano. E che non sfuggirono al suo interlocutore.
 
- Lo ami a tal punto...perché non glielo hai mai detto? -.
 
- Perché non posso permettermelo Mu...non potevo prima e a maggior ragione non posso adesso... - una lacrima scese sul suo bel viso, tradendo il dolore del silenzio ed il rimpianto di una vita normale.
 
L’Ariete non era affatto convinto, tuttavia, decise di rispettare la volontà di Camus. Come avevano sempre fatto l’uno con l’altro.
 
- Mu...ci sono cose che solo un amico può fare... per questa ragione, da amico, promettimi che lo farai... -.
 
Con la morte nel cuore, il tibetano strinse le mani di Camus guardandolo intensamente negli occhi - Te lo giuro -.
 
Non c’era più nient’altro di cui discutere, e quello che seguì fu l’abbraccio di due persone che nutrono un sentimento reciproco sincero e profondo...entrambi consci del fatto che fosse l’ultimo... 
 
Uno dei due sarebbe dovuto soccombere per mano della verità.
 
Prima di vedere l’Acquario scomparire dal suo tempio, Mu non riuscì a trattenersi...nonostante sapesse che Camus avrebbe fatto di testa sua, non poté evitare di dirgli quello che pensava sinceramente.
 
- Camus... - vide il francese girarsi in attesa - diglielo...anche se ti farà male...anche se gli farà male...diglielo... -.
 
Il piccolo sorriso sul volto dell’undicesimo guardiano fu l’ultima cosa che Mu vide prima che scomparisse nel buio del suo tempio.
 
 
 
Il chiarore della luna filtrava timidamente tra i rami degli alberi secolari, rischiarando con la sua luce pallida il profilo di due persone strette l’una all’altra.
 
- Ho sempre immaginato che fossi bellissima... - Aiolia accarezzava dolcemente il viso dell’amazzone, percorrendo con un dito i suoi lineamenti delicati e perdendosi nei suoi begli occhi.
 
- Aiolia... - Marin guardò teneramente le sfere verdi del Leone, mentre con una mano tentava di domare le sue ribelli ciocche chiare. Il volto della ragazza esprimeva tutta la sua preoccupazione.
 
- Ho paura... -.
 
Se entrambi avessero potuto, avrebbero bloccato il tempo proprio lì, nel bosco che fiancheggiava il Colosseo, in quella radura che in pochissimi conoscevano, e che garantiva loro il riparo da occhi indiscreti.
 
- Non devi amore mio... - Aiolia mostrò un piccolo sorriso nel tentativo di smorzare l’atmosfera - Forse non ti fidi di me? -.
 
Sebbene cercasse di strappare anche solo un piccolo sorriso all’amazzone, sapeva perfettamente cosa intendesse Marin con quelle semplici parole...
 
I ragazzi di bronzo erano vicini, ed indipendentemente dall’esito della loro missione, qualcuno si sarebbe fatto male...molto male.
 
Sapeva che l’Aquila era combattuta tra la preoccupazione di saperlo al sicuro e l’angoscia per Seiya, il cavaliere di bronzo suo allievo, tuttavia, almeno per quelle poche ore che li dividevano dall’esito ignoto ed inevitabile, non voleva essere il quinto guardiano, il potente cavaliere del Leone, ma solo Aiolia, un ragazzo di vent’anni con gli stessi pensieri dei tanti ventenni che vivevano nel vicino paese di Rodorio. E che ultimamente si era trovato più volte ad invidiare.
 
Era solo un’illusione, ne era perfettamente cosciente...ma un’illusione troppo bella per non essere vissuta.
 
Prima che Marin potesse rispondere alla sua domanda, Aiolia chinò il capo prendendo dolcemente le labbra dell’amazzone con le sue, in una carezza che, iniziata teneramente, andò via via intensificandosi.
 
- Ti chiedo solo di tornare da me... - furono le ultime parole di Marin prima di perdersi tra le braccia dell’uomo che amava.
 
 
Nell’ottavo tempio, un accigliato Scorpione era già da tempo alla finestra, guardando intensamente il cielo sopra il suo capo.
 
Sebbene, per la maggior parte delle persone, la volta celeste sulla quale gli astri riflettevano la propria luce rappresentasse uno spettacolo mozzafiato, e, ad onor del vero, più volte lui stesso aveva goduto piacevolmente di quella vista, quella notte gli sembrava che le stelle gli stessero mandando un messaggio fosco.
 
Una smorfia seccata apparve sul suo viso abbronzato...in quel preciso momento, si rimproverò di non aver prestato la dovuta attenzione alle lezioni del vecchio Patriarca Shion.
 
Tuttavia, nonostante non avesse la stessa abilità di Mu nell’interpretare la lettura degli astri, né la capacità di Shaka di leggere tra le pieghe del destino, capì ugualmente che c’era qualcosa di strano.
 
Sadachbia, una delle stelle più importanti della costellazione dell’Acquario, nonché simbolo della fortuna, emanava meno luce del solito, rendendo meno luminoso l’intero gruppo di stelle.
 
Milo si accigliò, mentre un brivido lo percorreva dalla nuca alla base della schiena, rendendo ispida la sua pelle e mettendo in allerta i suoi sensi.
 
Significava qualcosa? Se sì...cosa esattamente?
 
Imponendo a se stesso di essere il più razionale possibile, concluse che potevano esserci molte ragioni scientifiche per spiegare quel fenomeno insolito, anche se...qualcosa di più forte di lui, quel naturale magnetismo che faceva dello Scorpione il segno più attraente e pericoloso dell’intero zodiaco, lo attirava verso idee meno logiche e più istintive.
 
La reazione del suo corpo non avrebbe mai potuto mentirgli. Il nero fetore del pericolo era entrato nelle sue narici, percorrendo tortuosamente la strada che portava ai pensieri per insediarsi e creare nella sua mente il tarlo che gli stava procurando angoscia.
 
Con tutta probabilità, sarebbe stato molto più tranquillo se quel fenomeno si fosse manifestato nella sua costellazione. 
 
Milo conosceva se stesso e la propria capacità di adattarsi alle situazioni...poteva non essere il cavaliere d’oro più potente, né avere alcune delle abilità che avvantaggiavano taluni compagni, ma di certo era quello più scaltro e calcolatore.
 
Lì però non si trattava dello Scorpione, bensì dell’Acquario... e come sempre quando c’era di mezzo Camus, Milo perdeva parte delle sue sicurezze per concentrarsi sull’unica cosa che gli importasse davvero. Sebbene fosse cosciente del loro compito di cavalieri, che implicava il costante rischio della vita, spesso si ritrovava a desiderare cose normali, comuni...nella fattispecie, che Camus fosse al sicuro.
 
Le lacrime che si stavano creando nei suoi begli occhi color mare sarebbero traboccate senza controllo, se Milo non fosse stato distratto da qualcosa che attirava sempre la sua attenzione, indipendentemente dalla sua volontà.
 
Il proprietario dei suoi pensieri si trovava all’ingresso del suo tempio, in attesa del permesso di passare. O almeno questo pensava Milo...
 
Senza pensarci troppo, alzò il proprio cosmo concedendogli immediatamente il passaggio, nella speranza che Camus non fosse lì da troppo tempo...o quantomeno un tempo sufficiente per percepire i suoi pensieri nefasti.
 
A tal fine, rendendosi conto di aver offuscato la pace della sua stessa casa, lo Scorpione tentò di controllare il proprio cosmo, ma tutto andò a rotoli quando, girandosi distrattamente verso l’ingresso, vide l’Acquario, in tutto il suo gelido splendore, guardarlo con aria interrogativa.
 
- Buonasera Milo - la voce di Camus suonò piatta come sempre.
 
Milo, ancora in preda alla sorpresa di vedere davanti ai propri occhi quello che era stato il suo tarlo dal loro ultimo incontro, si limitò a balbettare un saluto sconnesso in risposta a quello del francese.
 
Camus aggrottò leggermente le sopracciglia...qualcosa non quadrava.
 
Con discrezione si guardò intorno, rendendosi conto di come il tempio fosse un completo disastro. Certo, Milo non era sicuramente il cavaliere più ordinato, né si poteva dire che avesse una cura maniacale per la sua casa, tuttavia...quello sembrava più il caos generato da qualcuno che avesse vagato nei propri spazi come un’anima in pena.
 
In quel momento Camus comprese che il disordine del tempio era solo lo specchio di quello che annebbiava la mente dell’ottavo guardiano...a malincuore, dovette ammettere la propria responsabilità, ed il modo confuso in cui Milo lo fissava senza riuscire a distogliere lo sguardo, lo ferì in un modo che lui stesso non avrebbe immaginato.
 
- Tutto bene...Milo? - sebbene suonasse idiota, fu l’unica cosa che uscì dalla bocca di Camus, e, ad onor del vero, non era una domanda di circostanza. Avrebbe davvero voluto solo il bene per il suo compagno.
 
Milo, uscendo dalla trance emotiva nella quale si trovava, guardò ancora più intensamente negli occhi dell’Acquario. Avrebbe avuto senso mentire quando tutto lì intorno era un chiaro segnale di come stesse?
 
Scosse dolcemente il capo in segno di diniego - No...non sto affatto bene... -.
 
Camus chiuse le palpebre, come se avesse ricevuto un pugno in pieno petto. Sentirlo dalla sua voce, era ancora più doloroso.
 
- Mi dispiace Milo... - gli occhi sgranati dello Scorpione gli dicevano quanto fosse stupito nel sentirgli pronunciare quelle parole.
 
Sì...decisamente aveva sbagliato molte cose con Milo...
 
- Credo di aver esagerato l’altro giorno... - sebbene le parole non fossero sicuramente il punto forte dell’Acquario, era conscio di non potersi permettere di sbagliare ancora. Non c’era più tempo per nascondersi dietro a silenzi ed incomprensioni.
 
Tuttavia, prima che potesse continuare, sentì un dito sfiorare dolcemente le sue labbra, nel tacito invito a non proseguire.
 
Concentrato sui propri pensieri, non si era neanche reso conto di quando Milo si fosse avvicinato, ma ora era davanti a lui, e dal modo in cui lo fissava, capì di non avere altra scelta. Avrebbe dovuto lasciare a lui la prossima mossa.
 
Per un tempo che nessuno avrebbe potuto quantificare, Milo si perse negli occhi azzurri di Camus...quello sguardo, in apparenza gelido, nascondeva una tenerezza sconcertante per chi riusciva a vedere oltre la superficie...Milo lo sapeva, e fu solo quando intravide la dolcezza che cercava che si permise di rompere quel silenzio confortante. 
 
- Io ho esagerato l’altro giorno... - la voce di Milo non nascondeva il suo dolore - e non per quello che ho fatto, perché, anche se non lo ammetterai mai, anche tu volevi che accadesse... - per qualche secondo attese una smentita che fortunatamente non arrivò - ma perché l’ho fatto per gelosia, per ripicca... - una lacrima scese sul suo bel volto - quando, invece, l’unica ragione per la quale ho sempre sognato di farlo è l’amore immenso che provo per te... -. 
 
Forse avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro, ma la voce di Camus fu più rapida della sua.
 
- Ti amo...Milo... -.
 
Ce l’aveva fatta... era riuscito a liberarsi da se stesso e dalle proprie remore. Milo si stava esponendo mettendo a nudo i suoi sentimenti...ora toccava a lui mostrare ciò che reprimeva da anni nel suo cuore.
 
Per un momento l’Acquario pensò che i begli occhi del greco stessero per uscire fuori dalle orbite per lo stupore, e inevitabilmente, un piccolo sorriso affiorò sulle sue labbra. Un evento rarissimo da ammirare sul volto serafico del re del ghiaccio.
 
A questo punto toccava a lui chiudere la partita. 
 
Milo aveva fatto tanto, a volte troppo magari, ma comunque aveva dimostrato quello che provava nei suoi confronti, mentre lui si era sempre limitato a dare minimi segnali di apprezzamento nei suoi confronti. In realtà, per chi sapeva leggere tra le righe sottili e strette della mente di Camus, quei segnali erano eclatanti...come gli aveva detto Mu qualche giorno prima, nessuno avrebbe mai potuto obbligarlo a fare qualcosa che non avesse voluto, e per quanto si lamentasse, non si era mai sottratto alla compagnia dello scorpione, tutt’altro...
 
- In realtà sono venuto anche per un’altra questione... - Camus fece finta di riprendere la sua posa seria e rise dentro di sé vedendo Milo tranquillizzarsi - sono venuto a riprendere qualcosa che mi hai rubato l’altro giorno... -.
 
Milo guardò l’Acquario stordito, prima di rivolgere lo sguardo tutt’intorno cercando di decifrare di che accidenti stesse parlando...non stava capendo nulla...un attimo prima gli aveva rivelato di amarlo ed ora lo stava accusando di furto!
 
- Ti sbagli Cami... - sentendo quel diminutivo dopo tanto tempo, Camus sorrise apertamente, provocando in Milo uno sconcerto ancora maggiore - ti giuro che non ti ho rubato nulla, e poi perché avrei dovuto farlo?! -.
 
- Mi hai rubato un bacio... - la voce di Camus suonava insolitamente morbida lasciando Milo ipnotizzato dall’immagine del francese che camminava verso di lui.
 
- Sono venuto qui per riprendermelo -.
 
Camus si avvicinò lasciando tra di loro una distanza che avrebbe permesso a Milo di sottrarsi facilmente...lo amava e lo rispettava così tanto da non costringerlo a nulla che non avesse voluto.
 
Tuttavia lo Scorpione, lungi dal volersi sottrarre a quella situazione che non avrebbe potuto neanche baciare i piedi ai suoi sogni più sfrenati, fece l’ultimo passo, prendendo dolcemente Camus per i fianchi e attirandolo a sé.
 
- Hai ragione...questo crimine non può rimanere impunito... -.
 
Quelle furono le ultime parole che furono pronunciate in quella stanza, prima che il resto della notte proseguisse nella parte più privata dell’ottavo tempio.
 
 
Sulla cima del promontorio che sovrastava le dodici case, un’imponente figura aveva permeato della sua oscurità ogni singola pietra che reggeva l’ultimo e più importante dei templi.
 
Sei sicuro che ti proteggeranno?
 
Sei sicuro che combatteranno per te?
 
Quanto tempo impiegheranno per capire la menzogna nella quale li hai tenuti soggiogati per anni?
 
Hai già contro la Bilancia...
 
E l’Ariete...
 
Dopo aver congedato tutta la servitù, Saga si soffermò ad osservare cosa accadesse nel Santuario, più che altro nel tentativo di sfuggire a quella voce che gli rimbombava fastidiosamente nel cervello, non lasciandogli tregua da ore.
 
La sua aura nera non nascondeva la rabbia nel vedere quelli che avrebbero dovuto essere i suoi cavalieri più fedeli perdersi nelle loro faccende sentimentali invece di concentrarsi sulla battaglia che si stava avvicinando.
 
Più di tutto, era ciò a cui aveva assistito nella prima casa ad averlo lasciato con l’amaro in bocca...avrebbe dovuto esserci lui con Mu al posto del dannato ficcanaso che sembrava comparire sempre nei momenti meno opportuni!
 
Ma avrebbe trovato il modo di sistemare anche questo, ormai non mancava molto. I cavalieri di bronzo si stavano avvicinando al Santuario, poteva sentire i colpi dei loro calzari sollevare la polvere del sacro terreno ellenico...
 
 
Il giorno successivo, il sole caldo della Grecia irradiava con forza la sua luce sui dodici templi, rischiarando quei luoghi che per troppo tempo avevano patito il giogo dell’oscurità...ad uno ad uno cadevano i valorosi cavalieri d’oro della dea Atena ...chi dalle proprie granitiche convinzioni, chi sacrificando la vita come espiazione di colpe troppo pesanti da sopportare...
 
Mentre nella meridiana ogni fiamma si esauriva ineluttabilmente facendo venire meno ogni afflato di combattimento, ai piedi della prima casa, Mu dell’Ariete vegliava il corpo in fin di vita di Saori Kido.
   
 
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