Fumetti/Cartoni americani > Batman
Segui la storia  |       
Autore: My Pride    05/11/2022    2 recensioni
~ Raccolta di flash fiction/one-shot incentrate sui membri della Bat-family in versione vampiri
» 02. Until sun goes down
Respirare era diventato opprimente, e si accasciò col capo contro il muro sudicio alle sue spalle, abbassando le palpebre. Sentiva la gola secca e le labbra riarse, come se la sua pelle fosse ormai incartapecorita, ed era certo che, se si fosse sfilato uno dei guanti della sua uniforme, le sue dita sarebbero apparse lunghe e scheletriche.
Genere: Avventura, Hurt/Comfort, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bat Family, Damian Wayne, Jonathan Samuel Kent
Note: AU, Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Love me like you love the sun Titolo: Love me like you love the sun
Autore: My Pride
Fandom: Super Sons
Tipologia: One-shot [ 3114
parole [info]fiumidiparole ]
Personaggi: Jonathan Samuel Kent, Damian Wayne
Rating: Arancione
Genere: Generale, Azione, Light Angst
Avvertimenti: Vampire AU, What if?, Hurt/Comfort, Slash
200 summer prompts: "Come hai potuto?" || "Non lo fare!" || "Non lo sento più"



SUPER SONS © 2016Peter J. Tomasi/DC. All Rights Reserved.

    Jon aveva cercato di non pensarci ma, da quando lui e Damian si erano conosciuti quasi sei mesi addietro, aveva sentito qualcosa di strano nel giovane pettirosso.

    Se non fosse sembrato inquietante, Jon avrebbe potuto persino stilare una lista delle cose che risultavano bizzarre, a partire dal fatto che non partecipasse mai agli eventi giornalieri delle Wayne Enterprises nonostante fosse il giovane figlio di un ricco miliardario eccentrico. Ogni volta che andava con sua madre a qualcuno di quegli eventi per assistere ad una conferenza stampa o semplicemente per “imparare il mestiere”, essendo il figlio di due grandi giornalisti come Lois Lane e Clark Kent – inutile dire che a lui non piaceva affatto come lavoro, e che dall’alto dei suoi quattordici anni avrebbe preferito qualcos’altro –, Jon sperava di distrarsi un po’ col suo amico, ma ogni non riusciva mai a vederlo in giro e finiva con l’annoiarsi come non mai; alcune volte riusciva a scorgere qualcuno degli altri fratelli, ma sparivano così in fretta che Jon non riusciva a domandare loro nulla e anche le risposte di Bruce risultavano piuttosto evasive. “Damian ha il corso di teatro”, “Damian deve recuperare delle lezioni di violino”, “Oggi Damian non si sente bene”, tutte scuse diverse che Bruce gli rifilava e, per quanto cercasse di leggere la bugia nei suoi occhi, Jon non era mai in grado di guardare oltre gli occhiali da sole che l’uomo indossava nemmeno con i suoi poteri kryptoniani.

    Suo padre gli aveva detto che Bruce Wayne era un tipo particolare così come lo erano i suoi figli – non solo perché erano tutti dei vigilanti – e che quindi non avrebbe dovuto prendersela se Bruce sembrava evitarlo, ma Jon aveva cominciato a pensare che nella famiglia Wayne ci fosse ben più di quanto il padre stesso volesse ammettere, identità segrete o meno. Riusciva a vedere Damian solo di notte e la maggior parte solo ed esclusivamente quando dovevano uscire di pattuglia, giacché Damian aveva sempre ignorato i suoi inviti a casa per roba come i “pigiama party” e cose del genere; una volta ogni tanto riusciva a strappargli un’uscita al cinema o alla sala giochi per divertirsi un po’, ma Damian non restava mai fino a tardi e si volatilizzava letteralmente, dato che Jon non riusciva a focalizzarsi su di lui nemmeno provandoci, quasi scomparisse del tutto dai radar.

    Una volta aveva provato ad ascoltare il suo battito cardiaco, lo ammetteva. Aveva imparato a riconoscerlo e lo aveva memorizzato come un piccolo segreto da custodire, ma c’era stata una notte, una strana notte, in cui il battito di Damian si era affievolito e lui era andato nel panico, volando a Gotham come una scheggia impazzita; era arrivato alla villa ad una velocità tale che per poco non era stato fatto arrosto dalle difese perimetrali della proprietà, accigliandosi quando il battito del cuore era tornato normale e Damian l’aveva fulminato con lo sguardo al di là della finestra della sua stanza. I suoi genitori gli avevano fatto una bella ramanzina e anche Bruce non si era risparmiato dal ricordargli che se aveva degli allarmi era per un buon motivo e che non gradiva quelle improvvisate, ma era stato Damian a dirgli di non presentarsi mai più alla sua finestra senza prima informarlo. Jon quel giorno si era sentito così imbarazzato che non si era fatto vedere per un po’, ma alla fine era tornato tutto alla normalità e ci avevano messo una pietra sopra. Almeno fino a quella sera.

    Aveva cercato di non pensarci, davvero. Eppure, quando aveva sentito l’odore del sangue di Damian a chilometri di distanza e quel cuore perdere un battito, era schizzato fuori dalla finestra della sua stanza prima ancora di realizzare di averlo fatto. L’arrivo a Gotham era stato pazzesco, i capelli scarmigliati gli si erano incollati alla fronte e il mantello si era letteralmente impigliato ovunque durante quel folle volo, ma ciò che aveva sconvolto maggiormente Jon era stata la vista di Damian completamente ricoperto di sangue; ad occhi sgranati, Jon lo aveva visto reclinare la testa all’indietro e aveva notato quanto sporco fosse il suo viso, e alla vista del cadavere ai suoi piedi una sola domanda si era affacciata nella mente di Jon.
   
    “Come hai potuto?!” gridavano i suoi occhi, ma si rifiutava di credere che Damian, il suo migliore amico, il ragazzo che in quei mesi aveva imparato a conoscere e che gli aveva mostrato quanto fosse sensibile ed empatico… avesse ucciso un uomo. Conosceva il passato di Damian, tutto ciò che aveva dovuto passare nella Lega degli Assassini e non voleva credere che fosse tornato su quella strada, ma l’uomo riverso a faccia in giù nello sporco di quel vicolo semibuio e Damian immobile, con qualcosa stretto in una mano da cui colava ancora del sangue e l’arma stretta nell’altro palmo… non lasciava molto spazio a fraintendimenti, anche se Jon stava davvero tentando in tutti i modi di non saltare a conclusioni affrettate nonostante la domanda che sembrava pronta a fuggire dalle sue labbra schiuse.

    «D… lo hai…»

    «No». La voce di Damian era ferma, gorgogliante come un ruscello, e lo interruppe prima ancora che potesse formulare qualche parola. «È stato Croc. Io… sono arrivato tardi. Ho… ho cercato di contenermi», sussurrò, e Jon lo vide stringere maggiormente la mano a pugno, notando il sangue ricominciare a scorrere fra le dita.

    «D… cosa intendi dire?»

    Gli attimi di silenzio che susseguirono furono carichi di elettricità, di qualcosa che Jon non aveva mai avvertito prima di allora, e per un momento, un lungo e terrificante momento, gli parve che il cuore di Damian avesse smesso di battere e Jon deglutì. Non lo sentiva più. Era normale che non lo sentisse più? Gli era capitato di sentirlo debole, ma mai di sentire il più completo silenzio provenire dal petto di Damian. Infine l’amico sospirò, aprendo la mano solo per lasciar cadere quello che aveva tutta l’aria di essere un sacchetto di plastica, uno di quelli che venivano usati in ospedale per le trasfusioni.

    «Non volevo mi vedessi così». Damian non si voltò, Jon lo vide semplicemente prendere una vecchia coperta stracciata accanto ai cassonetti per abbassarsi e coprire il corpo di quell’uomo, un poveraccio che nessuno avrebbe probabilmente reclamato, dato il modo in cui era vestito. «Avrei preferito che le cose andassero diversamente».

    «D… mi stai spaventando», ammise Jon, e la risata che proruppe dalle labbra di Damian parve risuonare stridente come unghie su di un vetro rotto. Era come se fosse stato circondato da una cappa di gelo che si era estesa fra loro, ma fu quando finalmente si voltò che Jon trattenne il fiato.

    Il sangue sulle guance e sulla bocca di Damian passò in secondo piano, poiché gli occhi spalancati di Jon si soffermarono sulle lunghe zanne che spuntavano dal labbro superiore; gli occhi di Damian erano rossi, completamente lontani da quel bel verde che aveva imparato a conoscere, e il modo in cui il naso fremeva, quasi fosse ancora in totale frenesia a causa dell’odore del sangue che impregnava ormai quel vicolo, lo faceva somigliare ad un grosso cane che fiutava la sua preda. Il petto si alzava e si abbassava a ritmi irregolari e Damian non aveva perso di vista Jon nemmeno per un istante, per quanto quest’ultimo avesse deglutito e avesse allargato le palpebre, incredulo. Non era certo di cosa stesse guardando o se la sua mente gli stesse facendo degli strani scherzi, ma i comportamenti di Damian, le sue sparizioni, il modo in cui spesso cercava di evitarlo e le risposte evasive di Bruce… tutto aveva un senso, adesso. Tutti i pezzi sembravano essere andati al loro posto, tutti quei segreti che non includevano solo la vita da vigilante ma l’esistenza stessa di Damian.

    Per quanto strano potesse sembrare, però, quello che aveva davanti era pur sempre il suo migliore amico e Jon ne aveva viste di cose strane nel corso della sua vita. Lui stesso non poteva considerarsi umano, aveva incontrato altri alieni, esseri magici, persone di altri mondi e animali parlanti… non sarebbe stato questo a preoccuparlo; provò quindi ad avvicinarsi, a fare solo qualche piccolo passo verso Damian, ma quest’ultimo parve soffiargli contro come un grosso felino, rintanandosi nelle tenebre del vicolo.

    «Non venirmi vicino!» gli urlò contro, e Jon si fermò solo perché non aveva mai sentito quel tono provenire da lui. Damian era sempre stato un po’ altezzoso e saccente, arrabbiato e annoiato, ma stavolta sembrava terrorizzato e la sua voce era più alta di un’ottava.

    Jon sollevò le mani in segno di resa, gettando uno sguardo al cadavere prima di tornare a fissare le ombre. Damian si era mimetizzato alla perfezione, e persino con i suoi poteri era difficile riuscire a distinguerlo senza strizzare un po’ gli occhi. «D… va tutto bene», provò, ma Damian scosse la testa, Jon sentì il fruscio dei suoi capelli mentre lo faceva.

    «Non fingere che sia così». Stavolta la voce di Damian era bassa, e se non avesse avuto il super udito probabilmente Jon non lo avrebbe nemmeno sentito. «Sono lo stesso mostro che ha vissuto per secoli alla Lega, quello che finiva i suoi avversari assaporandone il sangue e nutrendosi dell’acqua di Lazzaro».

    «L’hai morso?»

    In un primo momento Damian parve non capire la domanda, poiché Jon lo vide fare leggermente capolino dall’oscurità con sguardo smarrito, le cornee e le iridi così rosse da brillare sotto la luce del lampione a pochi metri. Di tanto in tanto in essi riusciva a scorgere un bagliore di verde, quel verde così intenso da sembrare illuminato dal sole, ma erano ancora ben lontani a tornare del loro colore naturale.

    «…no». Damian deglutì, umettandosi le labbra. «Una parte di me mi diceva di dargli il colpo di grazia e di dissanguarlo, l’altra mi urlava in continuazione “non lo fare!”... e io non sapevo più chi o cosa ascoltare». 

    «E cosa hai fatto?»

    Jon poneva una domanda dietro l’altra, approfittandone anche per avvicinarsi poco a poco di qualche passo. Ma, se Damian se n’era accorto, a quanto sembrava non gli importava nemmeno. Si era spostato ancora un po’ dall’ombra per rendersi parzialmente visibile, la schiena poggiata contro il muro sudicio di quel vicolo e lo sguardo fisso sul corpo dell’uomo che lui stesso aveva nascosto alla vista. Sembrava davvero sconvolto, e Jon si chiese quale fosse realmente il motivo di quella sua espressione. Aveva chiuso la bocca per celare le zanne alla vista ma, adesso che sapeva che c’erano, la cosa era così strana che Jon non sapeva esattamente come comportarsi.

    «Aveva diverse ferite da taglio, molte delle quali mortali. Avrei voluto portarlo in ospedale, ma… non sarei arrivato in tempo. Perdeva troppo sangue». Al pensiero si leccò inconsciamente le labbra, stringendo forte una mano a pugno per allontanare chissà quale sensazione dalle sue membra. «Ho cercato di controllarmi e gli sono rimasto accanto finché non è morto. Non… non aveva nessuno. Si chiamava Frank».

    Fisso com’era a guardare l’uomo sotto quella sudicia coperta, Damian sussultò quando si rese conto che due esili braccia lo avevano stretto intorno al busto; Jon si era avvicinato e lo aveva abbracciato con tanta forza che non riuscì a divincolarsi, per quanto avesse provato a muoversi e a spingerlo via. Era sporco di sangue, i suoi occhi erano rossi e la voglia di nutrirsi non era del tutto sparita nonostante la sacca di sangue che aveva prosciugato, e non voleva che Jon, l’unica persona oltre la sua famiglia che in quei mesi l’aveva trattato come una persona normale, potesse rischiare di rimanere coinvolto a causa dei suoi istinti. Jon lo stringeva così forte che Damian inspirò a fondo il suo odore, e sentì le zanne fremere quando sfiorò la vena del collo, poggiandogi immediatamente le mani sul petto.

    «Lasciami e andiamocene, Superboy», disse subito per spintonarlo lontano da sé senza problemi, ma Jon sbatté le palpebre - era sempre stato così forte? - e gettò uno sguardo verso l'uomo riverso per terra.

    «E cosa ne facciamo di lui?»

    «Ho allertato la GCPD. Saranno qui a momenti per occuparsene». Damian indugiò per un istante, passandosi una mano fra i capelli. «Non lo avrei lasciato qui», soggiunse in un soffio, afferrando il rampino che aveva alla cintura proprio nello stesso istante in cui Jon sentì le sirene della polizia in lontananza; si voltò per un secondo e si rese conto che Damian era già sparito, sollevando lo sguardo per vederlo saltare oltre il bordo di un tetto.

    Jon spiccò il volo non appena una delle auto di pattuglia parcheggiò proprio oltre il vicolo, cercando di stare al passo di Damian che correva veloce di tetto in tetto; adesso che lo guardava con occhi diversi, consapevole di che cosa fosse, i suoi movimenti sembravano più veloci, più calcolati e scattanti, come se Damian si fosse sempre contenuto fino a quel momento per non far saltare la propria copertura. Come aveva fatto a non rendermi mai conto di niente? Come aveva fatto a non notare il suo odore, il guizzo dei suoi muscoli, i cambiamenti del suo corpo?

    Adesso che non doveva nascondersi, Damian correva nella notte con scatti felini e sembrava letteralmente volare, e Jon quasi faticava a stargli dietro come aveva sempre fatto. «D, aspetta!» esclamò, e il suo grido si perse nella notte circostante, rimbombando fra i palazzi che stavano superando; Damian sembrava intenzionato a non fermarsi, e Jon stava cominciando a chiedersi se non fosse per quanto aveva appena scoperto o se semplicmente aveva paura di affrontare l'argomento con lui. Entrambe le ipotesi sembravano in realtà terrificanti, e Jon cercò di volare il più velocemente possibile per raggiungerlo, andando quasi a sbattere contro di lui quando improvvisamente si fermò.

    «Dovresti andartene», affermò Damian. Sembrava mortalmente serio, e non si voltò nemmeno quando Jon gli poggiò una mano su una spalla.

    «Non ho intenzione di farlo», replicò, stringendo un po' la presa. «Sei un vampiro, e con questo? Io sono un mezzo alieno».

    «Ho ucciso delle persone, J». Quella forse era la cosa che gli faceva più male. Era vissuto con l'idea che tutto gli fosse dovuto, che appartenendo al millenario clan degli Al Ghul la sua sete di sangue fosse giustificata e che un giorno sarebbe diventato un potente vampiro che avrebbe conquistato il mondo, ma suo padre, nonostante l'orrore che aveva vissuto e la sua ciecità, gli aveva mostrato che avrebbe potuto controllarsi senza cedere ai propri istinti, per quanto difficile fosse. «Alla Lega era la prassi. Il sangue non andava mai sprecato. Avrei dovuto bere il sangue di quell'uomo come ogni vampiro che si rispetti, ma--»

    «--ma non l’hai fatto», sentenziò Jon per lui. «Non sei il mostro che credi di essere, D».

    Damian tacque per un lungo istante, con le mani chiuse a pugno; poi scosse il capo,  rilassando finalmente le spalle irrigidite fino a quel momento. «Vedi il buono anche dove non dovrebbe esserci, J», sussurrò con quello che parve essere un vago tono di rimprovero, ma Jon sorrise.

    «Conosco il mio migliore amico. Anche se avresti dovuto fidarti di me».

    «C'erano... regole da seguire, cose di cui dover tener conto».

    «Me l'avresti detto?»

    Raschiandosi il labbro inferiore, Damian parve rifletterci per un momento, finché alla fine non si voltò verso di lui per fissarlo dritto in viso con quegli occhi che erano tornati di quel verde splendente che Jon conosceva bene. «A tempo debito», volle essere sincero, e Jon annuì.

    «Mi basta».

    Rimasero a guardarsi per attimi che parvero interminabili, l'uno specchiato negli occhi dell'altro e il cuore di Damian che aveva ricominciato a battere possente nel petto; Jon sentiva ancora l'odore del ferro che lo avvolgeva come una nuvola, il fluire del sangue in tutto il suo corpo e poteva benissimo scorgere le zanne che, luminose, sporgevano un po' dalle sue labbra, sembrando stranamente invitanti. Non sepper perché, ma Jon si ritrovò a deglutire e a domandarsi che sensazione avrebbe provato nel sentire quei denti, quel corpo premere contro il suo, e probabilmente anche Damian ebbe lo stesso pensiero, poiché fece un passo indietro quando il suo cuore parve perdere un battito.

    «Devo tornare alla caverna prima che faccia giorno», sentenziò subito, infrangendo la strana bolla che si era creata tra loro; difatti Jon ci mise un po' a recepire ciò che aveva detto, sbattendo le palpebre prima di tossicchiare.

    «Vuoi... che ti accompagni?»

    Damian soppesò quell'offerta, poi scosse il capo. «La prossima volta», affermò, indietreggiando verso il bordo dell'edificio sotto lo sguardo di Jon che, automanticamente, fece qualche passo avanti come se fosse pronto a riacchiapparlo.

    «Possiamo vederci domani?» chiese subito, e stavolta Damian allargò il sorriso da un orecchio all'altro, mostrando i canini senza vergogna alcuna.

    «Solo perché adesso conosci il mio segreto, non penserai che il tuo allenamento sia finito, vero?» Damian sorrise maggiormente, in bilico sul bordo. «Lascia aperta la finestra della tua stanza e il tuo consenso per farmi entrare, ragazzo di campagna», affermò, spalancando le braccia per gettarsi all'indietro nel vuoto sotto lo sguardo sconcertato di Jon; quest'ultimo si lanciò immediatamente verso il bordo dell'edificio per volare in basso, ma una folata di vento lo costrinse a coprirsi gli occhi con entrambe le braccia e ad indietreggiare di nuovo, sollevando lo sguardo verso il cielo quando uno strano stridore gli giunse alle orecchie.

    Incredulo, Jon spalancò la bocca nel vedere un pipistrello schizzare verso l'alto e fermarsi giusto per un istante, certo che lo stesse fissando con la stessa intensità con cui lo stava fissando lui. «D...?» soffiò quell'unica lettera come se non ci credesse, ma Damian - perché, sì, era palesemente il suo amico  - sbatté due volte le ali e si dileguò, lasciandosi alle spalle uno scombussolato Superboy completamente immobile sul tetto.

    Damian gli gettò solo un'ultima occhiata e sorrise internamente, volando più veloce in direzione della villa, con la sua figura minuta che si stagliava nel cielo notturno. Sapere di essere stato accettato, di non aver allontanato il proprio amico a causa di ciò che era e di non aver infranto nessun patto poiché Jon l'aveva scoperto da solo, gli riempiva il cuore di gioia. Non aveva mai provato nulla di simile nel centoquattordici anni che aveva vissuto, ed era bizzarro che fosse riuscito a farlo proprio con un ragazzo che era completamente l'opposto di lui.

    La sua vita era sempre stata colma di tenebre, ma Jon, con la sua gioia e vivacità, era riuscito a mostrargli il sole
.





_Note inconcludenti dell'autrice
Scritta per l'iniziativa #200summerprompts indetta dal gruppo Non solo Sherlock - gruppo eventi multifandom
Dunque. Come credo si sia capito, questa è una Vampire!AU in cui tutta la Bat-Family è un clan di vampiri, non cambia altro. Tutti i personaggi sono pressocché gli stessi, ma la famigliola di pipistrelli è letteralmente composta da gente che si trasforma in pipistrelli e beve sangue. Basically è solo una scusa per scrivere scemenze, e la DC stessa ha tramutato alcuni personaggi in vampiri con la saga DC vs Vampires (la qui presente storia non ha nulla a che vedere con la run l'avevo già in testa prima ancora che uscisse)
Commenti e critiche, ovviamente, son sempre accetti

A presto! ♥



Messaggio No Profit
Dona l'8% del tuo tempo alla causa pro-recensioni.
Farai felici milioni di scrittori.
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > Batman / Vai alla pagina dell'autore: My Pride