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Autore: Kimando714    09/11/2022    1 recensioni
La vita da ventenni è tutt’altro che semplice, parola di sei amici che nei venti ormai ci sguazzano da un po’.
Giulia, che ha fin troppi sogni nel cassetto ma che se vuole realizzarli deve fare un passo alla volta (per prima cosa laurearsi)
Filippo, che deve tenere a freno Giulia, ma è una complicazione che è più che disposto a sopportare
Caterina, e gli inghippi che la vita ti mette davanti quando meno te lo aspetti
Nicola, che deve imparare a non ripetere gli stessi errori del passato
Alessio, e la scelta tra una grande carriera e le persone che gli stanno accanto
Pietro, che ormai ha imparato a nascondere i suoi tormenti sotto una corazza di ironia
Tra qualche imprevisto di troppo e molte emozioni diverse, a volte però si può anche imparare qualcosa. D’altro canto, è questo che vuol dire crescere, no?
“È molto meglio sentirsi un uccello libero di volare, di raggiungere i propri sogni con le proprie forze, piuttosto che rinchiudersi in una gabbia che, per quanto sicura, sarà sempre troppo stretta.
Ricordati che ne sarà sempre valsa la pena.”
[Sequel di "Walk of Life - Youth"]
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate | Contesto: Universitario
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Walk of Life'
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ANNUNCIO/QUESITO PER I LETTORI
Prima di lasciarvi al capitolo vorremmo porre un quesito a tutte le persone che ci seguono/ci leggono: vi piacerebbe se (probabilmente nei primi mesi del 2023) aprissimo un account Instagram? 
Pensavamo che potrebbe essere un buon mezzo per darvi qualche contenuto in più riguardo le pubblicazioni con anteprime, aggiornamenti e curiosità, e per tenerci più in contatto soprattutto in vista della pausa di pubblicazione tra la fine di Growing e ciò che verrà successivamente 😊
Fateci sapere cosa ne pensate nei commenti o mandandoci un messaggio privato!


 
CAPITOLO 32 - WATCHING AS I FALL


 
So this is where we are
It's not where we had wanted to be
If half the world's gone mad
The other half just don't care, you see
 
Aveva piovuto per le tutte le ultime due settimane; novembre era iniziato sotto una pioggia torrenziale, che però non aveva sciacquato via né le paure né le incomprensioni. Aveva smesso di piovere solo quella mattina di metà mese, e già quello, si era detto Alessio, scrutando dubbioso il cielo ugualmente plumbeo, doveva essere il segnale di qualcosa che stava per cambiare.
Con suo sommo rammarico, si era ritrovato ad avere ragione per davvero.
Era grato, in ogni caso, che la pioggia avesse smesso di scendere proprio in quella giornata. Nulla gli avrebbe impedito di camminare lontano da casa ancora una volta, lontano dalle grida che si erano rivolti lui ed Alice, e dal rimbombo di esse che ancora sentiva tra le mura di casa.
Non aveva nemmeno fatto in tempo a cambiarsi, dopo essere tornato dal lavoro, che tutto aveva cominciato a peggiorare inesorabilmente, in una escalation che era arrivata al culmine quando lui aveva preferito farsi un giro all’aperto. Era ancora in giacca e camicia, sotto il cappotto, e in fin dei conti non gli interessava nemmeno. Non si era nemmeno preoccupato di cambiare scarpe – quelle che indossava al lavoro non erano certo le più comode per camminare a lungo-, che si era sbattuto la porta dell’appartamento alle spalle, in un misto di furore e disperazione.
Forse era stato meglio così: probabilmente anche Alice aveva desiderato che se ne andasse, almeno per un po’. Non glielo aveva detto a voce, ma Alessio era sicuro di avervi letto quella richiesta nello sguardo adirato e ferito che gli aveva riservato per gran parte della loro discussione.
Poteva anche capirlo, il bisogno di rimanere da sola: non poteva darle torto, perché immaginava che anche lui, al posto suo, avrebbe reagito allo stesso modo. Ma non poteva nemmeno ignorare il suo, di stato d’animo: non ci poteva fare nulla se gli sembrava di impazzire a restare ancora un attimo di più lì con lei.
L’aria fresca della sera l’aveva calmato solo in parte. Era rimasto diversi minuti con la schiena appoggiata contro il muro del palazzo, gli occhi chiusi e la bocca aperta per respirare meglio e riempirsi i polmoni di aria gelata. Il mondo si era fermato per un attimo, ma solo per il tempo in cui aveva tenuto le palpebre calate sulle iridi azzurre.
Non aveva idea di dove andare. Forse si sarebbe rifugiato per un po’ da Caterina e Nicola, ma di sicuro dovevano aver il loro da fare con Francesco. Pietro rimaneva sempre il primo da cui sarebbe andato, in situazioni normali, ma non voleva costringerlo a subire la sua presenza – non ancora, non prima di aver toccato definitivamente il fondo. Sapeva già che gli sarebbe toccato girovagare come un vagabondo, senza meta e senza obiettivi. O forse si sarebbe infilato nel primo bar, cercando di combattere la tentazione di ordinare qualcosa di alcolico per sentire la testa leggera e sgombra di tutti i pensieri che la riempivano ora.
Si staccò dal muro di colpo, come se si fosse scottato contro la parete. Cominciò solo a camminare, senza pensare a niente: voleva che fossero i suoi passi a guidarlo, non la razionalità della mente.
Aveva percorso solo pochi metri, fino a quel momento, e non si stupì, nell’aguzzare la vista, di intravedere Giulia camminare nella direzione opposta. L’avrebbe raggiunto di lì a pochi secondi, nonostante stesse camminando decisamente piano.
In pochi secondi Alessio si ritrovò a dover decidere in fretta: cercare di non farsi vedere, in una qualche maniera, o sperare che Giulia fosse troppo stanca per lasciarsi andare a qualche conversazione. Non aveva alcuna voglia di parlare, e anche se ne avesse avuto voglia, l’unica persona con cui l’avrebbe fatto volentieri in quel momento era solo Pietro.
Prima che potesse decidere qualsiasi cosa, Giulia lo vide. Alzò il braccio in segno di saluto, e ad Alessio non rimase che rallentare a sua volta il passo, rispondendole con un cenno e muovendo la mano senza troppa convinzione. Dopo qualche attimo, si ritrovò Giulia praticamente di fronte.
-Che ci fai in giro a quest’ora?- gli domandò, sistemandosi gli occhiali scivolati avanti sul naso.
-Potrei chiederlo anche a te- Alessio alzò le spalle, evasivo. Era consapevole di non poter dire di star tornando a casa dopo il lavoro: non avrebbe avuto senso camminare nella direzione opposta rispetto al palazzo dove si trovava il suo appartamento.
-Io sto tornando dal lavoro- Giulia lo guardò a lungo, in una maniera che Alessio non seppe interpretare –  Tu piuttosto, non sembri diretto a casa-.
Alessio ingoiò a vuoto, l’agitazione che cominciava a farsi strada in lui. Non aveva intenzione di parlare con Giulia, non di quello che era appena successo. L’unica persona con cui avrebbe voluto parlarne, l’unica persona a cui sentiva di dover parlare, era anche la persona che non lo avrebbe più ascoltato. E a quel punto, preferiva il silenzio.
-Non lo ero, infatti- scrollò le spalle, nervosamente. Si voltò in un’altra direzione, rifuggendo lo sguardo di Giulia, come a voler evitare che si accorgesse ancor di più del suo disagio.
-Vai a fare compere?-.
-Più o meno-.
Quel voler evitare di incrociarne lo sguardo doveva averla insospettita ancor di più. Alessio se ne rese conto troppo tardi: quando decise di correre ai ripari, tornando con gli occhi sul viso di Giulia, lei lo stava già guardando perplessa.
-Sicuro di stare bene?- gli chiese, aggrottando la fronte – Sembri strano-.
-Potrebbe andare meglio-.
Alessio rispose in fretta, fin troppo per non far capire di avere la risposta già pronta. Era come se avesse appena dato la conferma implicita che in effetti qualcosa che non andava c’era eccome.
E ce n’erano fin troppe, di cose che non andavano.
Per un attimo fugace si ritrovò quasi ad essere tentato di sfogarsi con Giulia. D’altro canto era lei ad essere stata la prima a sapere della gravidanza di Caterina: doveva essere abbastanza affidabile per una situazione grave del genere. E sufficientemente comprensiva.
Si ritrovò quasi sul punto di parlare, quando poi lo sguardo gli cadde sul rigonfiamento del cappotto di Giulia, all’altezza del ventre.
Non disse nulla: forse, ora che era incinta, non avrebbe più capito allo stesso modo cosa volesse dire ritrovarsi con le mani legate e le gambe spezzate in un unico solo momento.
-È una storia lunga. Non ho voglia di parlarne- aggiunse, in un borbottio. Voleva sancire la fine definitiva di quell’argomento spinoso, e soprattutto voleva che Giulia capisse che insistere non sarebbe servito a farlo parlare. Il messaggio sembrò arrivare: la vide annuire, un sorriso amaro dipinto sulle labbra e lo sguardo meno allegro di prima.
-Gli anni passano, ma tu rimani sempre sfuggente come sempre, eh?-.
Alessio la guardò vacuamente, qualsiasi risposta che gli era morta in gola. Aveva ragione Giulia: era quello il suo problema, lo era sempre stato. Il non riuscire a parlare di sé agli altri – e nemmeno a se stesso- lo stava condannando sempre di più, verso una via da cui non c’era più scampo.
Giulia si lasciò andare ad un lamento, una smorfia di dolore a contrarle il viso, ed una mano portata velocemente al grembo. Alessio cercò di reggerla quanto meglio poteva, mentre Giulia si piegava leggermente in avanti per quella che doveva essere una fitta o un calcio dei bambini.
-Ce la fai ad arrivare a casa da sola? Posso darti una mano- Alessio attese che si riprendesse un po’, prima di lasciare le mani da lei. Temeva ancora che potesse cadere a terra, in un qualche modo.
-Sono abituata. Ho la schiena a pezzi, e qualcuno che mi sta sfondando l’utero a calci- Giulia rise appena, mentre accarezzava il grembo prominente da sopra il cappotto. Alessio non ricordava a quanti mesi dovesse essere precisamente, ma a giudicare dalle dimensioni del pancione, ormai doveva aver superato la metà della gravidanza.
-Mi dispiace- si limitò a mormorare, a disagio. Si sentiva ancor più in trappola, così, nel ritrovarsi con Giulia e alle prese con gli effetti visibili della gravidanza.
Sentiva solo il bisogno di scappare, di andarsene il più in fretta possibile per non soccombere.
-Tranquillo, è normale- Giulia non sembrò far caso al suo viso rabbuiato, o perlomeno non lo dette a vedere – Tra qualche mese ricorderò questi calci con un po’ di nostalgia-.
“Io li ricorderò solo con amarezza”.
-Scusami, ora devo proprio andare- Alessio si ritrovò a farfugliare quelle parole fin troppo velocemente, tanto che temette che Giulia non l’avesse nemmeno capito.
Lei annuì, accennando a qualche passo nella direzione dell’ingresso del suo palazzo:
-Vai pure-.
Alessio aveva già percorso diversi metri, camminando a passi lunghi e veloci, quando sentì Giulia rivolgersi di nuovo a lui, quasi urlando per farsi sentire:
-Non cacciarti nei guai, Raggio di sole!-.
Si girò verso di lei, in un secondo fugace: avrebbe tanto voluto poterle dire che lui non era tipo da mettersi nei guai. Ma lui, nei guai, ci era già finito, ed erano guai a cui non vi era soluzione alcuna; il mondo stava crollando a pezzi, e si ritrovava ancora una volta da solo ad aspettare la fine di tutto.
 
When it feels like the world's gone mad
And there's nothing you can do about it
No, there's nothing you can do about it [1]
 
*
 
E non vuoi nessun errore
Però vuoi vivere
Perché chi non vive lascia
Il segno del più grande errore
 
Aveva capito che c’era qualcosa che non andava nel momento stesso in cui era rientrato a casa, richiudendo la porta d’ingresso senza far troppo rumore. Era stato in quel momento che aveva udito degli ansimi.
Pietro si era fermato per diversi attimi, nel silenzio, rimanendo ad ascoltare: sembrava che qualcuno stesse cercando di reprimere dei singhiozzi a stento, non riuscendoci quasi per niente.
Riconobbe subito la voce di Giada quando, qualche secondo dopo, aveva imprecato, la voce rotta e tremante. Doveva essere successo qualcosa di grave, anche se non aveva idea di cosa potesse riguardare.
Si tolse il cappotto facendo altrettanto piano, cercando di ripercorrere con la memoria altre situazioni in cui aveva beccato Giada a piangere di nascosto: si rese conto che non ne ricordava nemmeno una. Forse non aveva mai davvero visto Giada piangere.
Con quel dubbio, percorse a passi lenti lo spazio che lo avrebbe portato nel piccolo salotto, dove Giada se ne stava seduta sul bordo del divano, le spalle basse e i capelli biondi scompigliati. Non alzò il viso, quando Pietro arrivò a qualche metro da lei, né cercò di nascondere i segni del pianto. D’altro canto, sarebbe stato impossibile cercare di negare l’evidenza: il viso bagnato di lacrime e gli occhi gonfi e arrossati avrebbero tolto qualsiasi dubbio.
-Che succede?-.
Pietro si fece avanti, l’angoscia che cominciava a crescere. Nonostante la situazione pessima in cui si ritrovavano, sentì il cuore stringersi alla vista di Giada, così fragile come non l’aveva mai vista. Era strano veder crollare una persona così forte come lei era sempre stata.
Le si sedette di fianco, mentre Giada ancora si rifiutava di voltarsi verso di lui. Non gli rispose nemmeno: si limitò a tirar su con il naso, passandosi poi una mano sugli occhi con un gesto tremante.
Pietro sentì l’ansia farsi pressante, accompagnata da un brutto presentimento. Cosa poteva essere successo di così grave da mandarla così tanto in crisi?
Si sforzò di metterle una mano sulla spalla, in segno di affetto:
-Mi vuoi dire che è successo?-.
Giada continuò a non volerlo guardare. Si passò nuovamente una mano sugli occhi, arrossando ancor di più la pelle sotto di essi; sembrava distrutta, e nonostante il rancore e la lontananza che stavano sperimentando in quegli ultimi mesi, Pietro si sentì in pena per lei.
-Non è facile- mormorò infine Giada, la voce spezzata ed appena udibile.
Pietro continuò ad accarezzarle la spalla, facendosi però più cauto:
-Riguarda noi?-.
Giada fece segno d’assenso con il capo, schiarendosi la gola e cercando di parlare più convintamente:
-Ho scoperto una cosa. Una cosa che non so come prendere, in questo momento-.
Pietro si sentì raggelare sul posto. Per un attimo fugace temette di essere stato scoperto nel suo volerla lasciare. Rimase per qualche secondo a riflettere: non ne aveva parlato a nessuno, a parte Fernando, e di certo lei non poteva essere venuta a sapere una cosa del genere.
-Che tipo di cosa?- si sforzò di domandarle, apparentemente calmo ma con il cuore in gola.
Forse poteva aver scoperto, in un modo o nell’altro, di lui e Fernando. Poteva averlo seguito mentre andava ad incontrarlo? Aver letto qualche messaggio ed aver intuito ci fosse qualcosa sotto?
Forse aveva anche scoperto della sua omosessualità.
Pietro allontanò la mano dalla spalla di Giada, andando a ricongiungerla con l’altra. Si torturò le mani in ansia, cercando di calmarsi con il pensiero razionale che fosse quasi impossibile, con così pochi elementi, scoprire l’una o l’altra cosa.
-Qualcosa che non mi aspettavo. Non ora, almeno- Giada rispose ancora vagamente, con l’unico risultato di farlo andare ancor più in paranoia.
-Così mi fai spaventare-.
Ci furono alcuni secondi di puro silenzio, prima che Giada decidesse finalmente di voltarsi verso di lui. Aveva ancora il volto contratto, come nel tentativo di ricacciare indietro le lacrime non ancora cadute e che rischiavano di ricaderle sulle gote arrossate e bagnate.
Pietro sentì il battito accelerare ancora di più, in preda ad una sensazione di annegamento che cominciava a farsi sempre più dilagante.
-Aspetto un bambino-.
 
*
 
Conti ferito le cose che non sono andate come volevi
Temendo sempre e solo di apparire peggiore
Di ciò che sai realmente di essere
 
L’odore del fumo impregnava ormai l’aria della stanza. Pietro aveva lasciato la finestra appena socchiusa, per non rischiare di soffocare nell’olezzo acre delle sigarette che aveva fumato fino a quel momento. Aveva quasi finito il pacchetto, nuovo fino ad un’ora prima. Quella che teneva tra le dita era la terzultima sigaretta che rimaneva, il fumo che ormai gli bruciava gli occhi e la gola.
Per la verità, non era sicuro che gli occhi gli bruciassero solo per il fumo che saturava l’ossigeno: forse erano anche state le lacrime, scese incontrollabili per un tempo che non avrebbe saputo definire, a renderglieli così rossi ed irritati.
Un’ora prima, quando Giada gli aveva detto ciò che la rendeva così inquieta, aveva passato i primi secondi completamente in silenzio ed immobile. Per un attimo aveva creduto che, di lì a qualche momento, si sarebbe risvegliato nel suo letto. Non era successo nulla di simile: non era stato un incubo a catapultarlo in quella realtà distorta. Era stata solo la sua leggerezza, il suo continuare a procrastinare, il mancato coraggio per fare cose che avrebbe dovuto fare molto prima.
Alla fine non aveva detto nulla sul serio. Giada aveva continuato a piangere sommessamente, alzandosi poco dopo, lasciando Pietro da solo, seduto su quel divano e frastornato come se avesse appena ricevuto un calcio in faccia. Non sapeva dove se ne era andata, ma sapeva solo che anche lui voleva andarsene da lì. Si era alzato a fatica, e come un automa aveva percorso il corridoio della casa.
Non si era meravigliato molto, dopo essersi reso conto di essere finito in quella che, una volta, era la stanza appartenuta ad Alessio.
Ora era solo una stanza che Giada usava spesso come ufficio, e in cui Pietro raramente metteva piede. Erano quattro mura che racchiudevano troppi ricordi, ricordi di tempi passati che non sarebbero mai tornati e il cui ricordi lo lacerava ogni volta. Non era rimasto nulla di Alessio, lì dentro, se non il ricordo di lui e di tutte le cose che Pietro avrebbe potuto dirgli – dirgli la verità, dirgli che non avrebbe mai voluto vederlo andare via, dirgli che erano due idioti che combinavano solo casini per nascondersi-, e che ora avrebbe dovuto soffocare per sempre.
Eppure era lì che si era diretto, ed era sempre lì che aveva aperto al finestra, nonostante il freddo esterno, prima di accendersi la prima sigaretta del pacchetto nuovo che aveva ancora nella tasca dei jeans. Si era seduto alla sedia della scrivania, e tra una boccata e l’altra aveva cercato di soffocare i gemiti del pianto isterico e nervoso che l’aveva colto improvvisamente.
Prendendo l’ennesima boccata dalla terzultima sigaretta, si chiese distrattamente se anche Giada stesse continuando a piangere le lacrime amare che avevano solcato il suo viso fino a quel momento. Forse, piuttosto che restare in completo silenzio, avrebbe dovuto trovare la forza di consolarla, di farle capire che erano in due a ritrovarsi in quella situazione inaspettata. Ma come avrebbe potuto pretendere di calmarla, quando era lui per primo ad aver bisogno di qualcuno che gli desse la forza necessaria anche solo per respirare?
 
Conti precisi per ricordare quanti sguardi hai evitato
E quante le parole che non hai pronunciato
Per non rischiare di deludere
 
Finì anche quella sigaretta in poco tempo. Non ricordava di aver mai fumato così tanto in vita sua, né di aver mai avuto il respiro più affannoso di come era in quel momento. Lanciò un’occhiata alle due sigarette restanti nel pacchetto, ancora mezzo aperto e lasciato casualmente sulla superficie della scrivania.
Che ne sarebbe stata della sua vita?
Forse era quella la domanda che più si era posto nell’ultima ora. In quel momento, più di qualsiasi altro, si ritrovava di fronte ad un bivio che, in egual misura per quel che riguardava le scelte a cui si trovava di fronte, non gli lasciava alcuno scampo.
Era quasi ironico vedere come la situazione si era completamente ribaltata: un attimo prima si era ritrovato a poter quasi toccare la libertà, lasciando Giada e tutte le bugie che c’erano state tra di loro. C’era arrivato così vicino, aveva potuto quasi sfiorare quella parvenza di vita nuova, che ci aveva creduto per davvero.
E poi aveva dovuto ritrarre la mano, perché Giada gli aveva dato quella notizia facendola assomigliare ad un fulmine a ciel sereno – cosa che doveva essere stata anche per lei.
Si ritrovava di nuovo inchiodato allo stesso punto di prima, solo che stavolta lo era per davvero, in maniera definitiva.
Non sapeva se Giada avrebbe tenuto il bambino. Non riusciva ad immaginarsela madre – la sua idea di donna indipendente e professoressa in carriera mal si conciliava, nella sua mente, con l’idea di una Giada pronta a mettere da parte i propri sogni lavorativi per un figlio-, ma non poteva nemmeno scartare a priori la possibilità che decidesse di tenerlo. Aveva trentaquattro anni: l’età giusta per prendersi una pausa e diventare madre, se avesse voluto.
E lui?
Lui ci aveva mai pensato a diventare padre?
Con i bambini aveva un discreto talento, da quel che aveva potuto capire con Francesco, ma non aveva mai davvero pensato al se stesso del futuro con dei figli a carico.
Era così maledettamente inaspettato sapere che Giada stava aspettando un figlio. Un figlio loro, un figlio anche suo.
Un figlio al quale Pietro faceva fatica ad associare una qualche immagine, una qualunque caratteristica. Si erano sentiti così anche Nicola e Filippo, quando avevano saputo che sarebbero diventati genitori? Ci si sentiva sempre così sperduti e confusi, quando la vita ti metteva di fronte ad una prospettiva ed una responsabilità così grandi?
Pietro si passò le mani sul viso, tenendo gli occhi chiusi per qualche secondo. Cominciava a sentire la testa girargli, e gli occhi farsi nuovamente lucidi per un lungo attimo.
 
Torni a sentire
Gli spigoli di quel coraggio mancato
Che rendono in un attimo
Il tuo sguardo più basso
E i tuoi pensieri invisibili
 
Afferrò il telefono dalla tasca dei jeans più velocemente di quanto avesse anche solo pensato di farlo. Aveva bisogno di sentire la voce di qualcuno, anche solo di parlare di qualsiasi cosa.
Non avrebbe parlato di ciò che era appena successo, non ancora; ma aveva bisogno di ascoltare la voce altrui, di un interlocutore che ancora non aveva deciso.
Scorse lentamente la rubrica. Scartò subito i suoi genitori e i suoi fratelli: lo conoscevano troppo bene, e al solo sentirli parlare al telefono, Pietro sapeva che probabilmente non sarebbe riuscito a trattenersi dallo scoppiare di nuovo in lacrime.
Si soffermò più a lungo sulle voci di Filippo e Nicola, ma andò oltre anche in quei casi: anche loro lo conoscevano troppo bene per farsi ingannare dalle apparenze. Non si soffermò su Alessio: era la persona che più di tutte avrebbe voluto sentire, ed era allo stesso tempo la persona che più di tutte avrebbe solamente peggiorato le cose.
E poi giunse alla voce di Fernando. Non ci pensò molto, prima di far partire la chiamata: gli sarebbe bastato scambiare solo qualche parola con lui, sentire la sua voce calda e famigliare, ed assaporare – forse per l’ultima volta- quello spiraglio di libertà che aveva sperimentato insieme a lui.
-Pronto?-.
Fernando rispose quasi subito, solo dopo alcuni squilli. Pietro se lo immaginò sorridente, come sempre: persino la sua voce sembrava sorridere.
-Ti disturbo?- fece Pietro, rendendosi conto di avere la voce troppo roca per far finta di stare bene.
-No, mi sono svegliato da poco da un sonnellino pomeridiano- Fernando sembrò reprimere uno sbadiglio, prima di proseguire con fare incerto:
-Stai bene? Mi sembri strano-.
-Sono solo un po’ raffreddato-.
I sensi di colpa per quella bugia serpeggiarono in Pietro in un silenzio freddo, ma si impose di non aggiungere altro. Fernando doveva aver già la sensazione che sì, qualcosa che non andava per il verso giusto ci fosse eccome.
Non poteva lasciarsi scappare parole più compromettenti. Ciò che voleva era solo parlare con qualcuno: di qualsiasi cosa, ma non di quello che era appena successo.
-Se fossi lì ti riscalderei volentieri- un secondo dopo Fernando assunse il solito tono malizioso, quello che usava spesso per dire cose più spinte con il solo scopo di imbarazzare l’interlocutore. In qualsiasi altra situazione, Pietro sarebbe arrossito e avrebbe riso per sdrammatizzare; in quel momento, invece, riuscì a malapena a sorridere.
-Ti chiamavo per dirti una cosa-.
Pietro pronunciò quelle parole a fatica. Continuava a ripetersi che non era ciò che voleva, parlare a Fernando di Giada e della gravidanza. Non era quello il momento, né avrebbe mai voluto farlo per telefono. Non se lo meritava. Il dubbio e la tentazione, però, serpeggiarono in lui inaspettatamente, sbucati fuori quasi dal nulla.
All’altro capo del telefono, Fernando continuava a parlare con la stessa calma di sempre:
-Dimmi pure-.
“Se glielo dicessi davvero?”.
Pietro si morse il labbro inferiore, sentendo il battito cardiaco accelerare per la tensione.
Come avrebbe potuto dirgli una cosa del genere, quando dopo l’ultima volta che si erano visti lui stesso gli aveva promesso un futuro migliore – un futuro per loro?
L’unico futuro che vedeva, in quel momento, era quello accanto a suo figlio. E accanto a Giada, perché sapeva che se l’avesse lasciata proprio in un momento del genere, si sarebbe potuto scordare qualsiasi momento accanto a suo figlio e si sarebbe sentito solo un ingrato.
E forse, in fondo, quello era il primo momento di consapevolezza: forse la vita di suo figlio, quello sconosciuto che non doveva misurare più di qualche centimetro, ora come ora, veniva prima di qualsiasi vita felice che Pietro avrebbe potuto passare in alternativa.
-Pietro? Ci sei ancora?-.
La voce allarmata di Fernando lo riscosse d’improvviso; Pietro si passò una mano sulla fronte, non ben consapevole di quanto fosse rimasto in silenzio.
Sapeva solo che non poteva dirlo a Fernando. Non subito, non così.
-Sì. Volevo solo dirti che per un po’ di giorni non potremo vederci- si maledisse mentalmente per essere rimasto così sul vago – È successo un casino qui a casa-.
-Oh. Ok, va bene. Nessun problema- Pietro si maledisse una seconda volta, quando percepì la voce di Fernando rabbuiarsi – Posso farti una domanda?-.
-Certo- Pietro cercò di non apparire insicuro, anche se fu quasi certo di percepire la propria voce tremare. Sentì dall’altra parte Fernando sospirare a fondo, come per farsi coraggio poco prima di porre una domanda scomoda:
-Non mi stai evitando per quello che è successo l’ultima volta che ci siamo visti, vero?-.
A Pietro venne quasi da ridere: il ricordo del loro ultimo incontro sembrava così lontano, ora. Sembrava un ricordo appartenente ad un’altra persona, ad un’altra vita. Sarebbe potuto passare solo per un sogno lontano, che non si era mai davvero concretizzato.
-No, non è per quello- si costrinse a rispondere – È una cosa che non riguarda me e te-.
“Riguarda solo me”.
Stavolta, il sospiro che tirò Fernando fu di puro sollievo:
-Va bene. Riguardati, allora- fece una pausa, prima di aggiungere, esitante, a tratti timido:
-Mi richiami appena stai meglio?-.
Pietro non aveva idea di quando sarebbe stato meglio. Probabilmente non lo sarebbe stato per lungo tempo, forse per mesi interi. Dire quell’ennesima bugia a Fernando gli bruciò più delle volte precedenti:
-Sì, lo farò-.
 
Torni a contare i giorni
Che sapevi non ti sanno aspettare
Hai chiuso troppe porte
Per poterle riaprire
Devi abbracciare
Ciò che non hai più
 
Quando mise giù la chiamata, la stanza ripiombò nel silenzio. Era lo stesso silenzio che Pietro si sentiva addosso, dentro di sé, nelle ossa; un silenzio che per troppo poco tempo era stato interrotto dalla voce di Fernando, ancora inconsapevole di ciò che sarebbe successo.
Pietro si alzò dalla sedia su cu era rimasto fermo così a lungo, aggirandosi nello spazio della camera senza una meta o un obiettivo preciso. Lasciò il telefono inerte sulla scrivania, lontano da sé, come a voler allontanare anche le bugie appena pronunciate.
Stava andando tutto a rotoli, di nuovo.
Sentiva ancora la voglia di piangere, di sfogarsi in quell’unico modo in cui gli era possibile farlo. Non aveva mai pianto spesso, in vita sua, ma sentiva l’inedito bisogno di farlo ancora a lungo, di prosciugarsi fino all’ultima lacrima.
Avrebbe anche voluto urlare, a tutta voce, fino a sentire la gola grattare per il dolore. Si limitò invece a fermarsi, la schiena contro il muro e le mani a coprire il viso.
Era facile immaginare come sarebbe potuta essere diversa la sua vita, tenendo le palpebre calate. Nell’oscurità dei suoi occhi chiusi poteva cancellare ciò che Giada gli aveva rivelato un’ora prima. Poteva cancellare anche la loro intera storia; poteva cancellare gli ultimi quattro anni della sua vita in un attimo, più veloce addirittura di uno schiocco di dita.
In quel lasso di tempo limitato, poteva riaprire porte chiuse centinaia di giorni prima, quando ancora non aveva idea di come sarebbe stata miserabile la sua vita di adesso. Sembrava così facile, dopotutto, immaginare come sarebbe cambiato tutto, se quattro anni prima si fosse deciso a parlare ad Alessio di quel che provava. Forse sarebbe andata comunque male, ma avrebbe potuto dire di aver fallito provandoci.
Avrebbe potuto cambiare le cose in quella stessa stanza, tre anni prima, dicendogli che Giada era solo una distrazione per non pensare a quel loro amore impossibile, e una copertura per non dovere ammettere di essere qualcosa che non riusciva ad accettare.
E ancora una volta, non aveva avuto il coraggio di farsi avanti l’anno precedente, quando quel bacio sembrava aver rovesciato tutto. Erano tutte porte che doveva chiudere a forza, ora, e che niente avrebbe potuto riaprire.
Scivolò lungo la parete, finendo a terra, abbandonandosi sul pavimento freddo e al vuoto attorno a lui.
Non era stato in grado di decidere della sua vita, lasciandosi cullare in balia degli eventi. Ed ora, di nuovo, era la vita a decidere per lui, legandolo a Giada in quella maniera irreversibile e indissolubile quale era un figlio.
Pianse ancora un po’, rimanendo seduto scompostamente sul pavimento, infreddolito e solo, le lacrime come sue uniche compagne.
 
Scivoli di nuovo
E ancora come tu fossi una mattina da vestire e da coprire
Per non vergognarti
Scivoli di nuovo e ancora
Come se non aspettassi altro

Che sorprendere le facce distratte e troppo assenti
Per capire i tuoi silenzi
C'è un mondo di intenti dietro gli occhi trasparenti
Che chiudi un po' [2]






 
[1] Bastille - "World gone mad"
[2] Tiziano Ferro - "Scivoli di nuovo"
Il copyright delle canzoni appartiene esclusivamente alle rispettive band e ai loro autori. 
NOTE DELLE AUTRICI
Con questo aggiornamento possiamo ufficialmente dire che il mistero della paternità di Pietro, svelato nell'ultimo flashforward del prologo, è stato svelato: Giada è incinta, e visto come finirà Growing è molto probabile che la gravidanza proseguirà. Certo è che rimarrà da vedere in quali modalità verrà portata avanti, perché non è poi così sicuro che lei e Pietro continueranno a fare coppia comunque.
Ma andiamo con ordine: la situazione non è cambiata molto a casa di Alessio e Alice. Ci sono stati momenti migliori tra i due, impossibile negarlo, e proprio per questo motivo il momento di fuga di Alessio non appare nemmeno così strano. E che fuga sarebbe senza l'incontro di una persona amica? Peccato però che l'incontro con Giulia mette il nostro Raggio di sole di fronte a una fotografia del suo futuro, un futuro da padre. Come affronterà Alessio i mesi a venire? Cambierà idea sulla situazione oppure non ci sono speranze a tal proposito?
Alessio, comunque, non è l’unico a dover fare i conti con la questione paternità: la notizia della gravidanza di Giada provoca a Pietro uno sconforto incredibile. D'istinto chiama Fernando, un po' per distrarsi, un po' per consolarsi. La tentazione di dire la verità su quanto successo è forte, ma alla fine rinuncia. Quando riuscirà a dire la verità all'amico? Ma soprattutto, come lo farà? Come affronterà Pietro questa paternità improvvisa? E come evolverà il suo rapporto con Giada? Se da un lato la loro relazione come coppia è ormai agli sgoccioli, dall'altro lato qualcosa di nuovo li legherà per molto, molto tempo.
Come avrete potuto notare, gli interrogativi in vista del prossimo aggiornamento non mancano. Non resta che attendere i prossimi appuntamenti per far maggior chiarezza sul futuro di Pietro e degli altri protagonisti della storia, e quindi non che resta che ritrovarci sempre in questi lidi mercoledì 23 novembre!
Kiara & Greyjoy
 
 
 
   
 
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