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Autore: Milly_Sunshine    10/11/2022    3 recensioni
Novembre 2002: al termine di una serata con gli amici, Mark ha un appuntamento con la fidanzata Ellen, ma lei rimane ad attenderlo invano, senza ricevere sue notizie. Il giorno dopo, l'amara realtà: è stato brutalmente assassinato, mentre si trovava in un luogo in cui già fu consumato un atroce delitto. Il mistero legato alla sua morte non viene svelato, ma provoca la morte di altre persone. Novembre 2022: a vent'anni di distanza, Ellen e gli amici di Mark si ritrovano di nuovo nel loro paese natale per commemorarne la scomparsa, senza sapere che chi ha già ucciso vent'anni prima è ancora in agguato. Li aspetta un mistero fatto di lettere anonime, identità scambiate e intrighi di varia natura. // Scritta nel 2022/23, ma ispirata a un lavoro adolescenziale.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
Capitoli:
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LE LETTERE DI MABEL

[28 ottobre]
Lydia, Meredith, Cindy e Janet sorridevano l'una accanto all'altra in un vecchio scatto di oltre vent'anni prima. Intorno a loro una cornice sobria e poco vistosa, che non distoglieva l'attenzione dal ritratto. Janet sapeva che la sua scelta di piazzare quella foto nel piccolo soggiorno, alla vista di tutti, poteva essere considerata in maniera negativa, ma non le importava. C'era chi gradiva fingere che il tragico autunno 2002 non fosse mai esistito, comportamento che rispettava nella maniera più assoluta, ma aveva deciso ormai da molto tempo di non condividere quell'approccio.
Vi stava riflettendo proprio nel momento in cui il campanello suonò. Erano arrivati i suoi amici, uno dei quali in passato era stato più di un amico. Janet non aveva idea di cosa sarebbe accaduto tra di loro, adesso che erano entrambi single e vivevano di nuovo a Goldtown, ma preferiva non pensarci. Aveva trascorso i lustri precedenti a fare programmi che erano mestamente falliti, era giunto il momento di cambiare rotta.
Andò ad aprire la porta.
Lydia fu la prima a entrare in casa. Era già capitato che si vedessero, occasionalmente, dopo il ritorno di Janet a Goldtown, prima che l'appartamento nel quale si era trasferita fosse pronto.
Dietro di lei, c'erano Steve e Kevin. Erano passati almeno dieci anni dall'ultima volta in cui Janet e quest'ultimo si erano incontrati. Non era cambiato molto, così come sperava di non essere cambiata nemmeno lei.
Li accolse con un sorriso.
«Prego, entrate pure.»
Li invitò a seguirli in soggiorno e li fece sedere intorno al tavolo. Lydia diede solo un'occhiata fugace alla fotografia. Steve la ignorò, mentre Kevin vi posò gli occhi decisamente troppo a lungo.
«Allora» chiese Janet, cercando di sviare l'attenzione, «Come state?»
«Tutto bene, come al solito, o quantomeno proviamo a tirare avanti» rispose Lydia. «Tu?»
«Io sto bene.»
«Ti trovi bene nella nuova casa?»
«Diciamo di sì.»
Kevin intervenne: «Lydia ci ha raccontato che ti sei separata dal tuo compagno e hai trovato un nuovo lavoro a Goldtown, per questo sei tornata.»
A Janet piaceva il suo modo di essere diretto, ma soprattutto le piaceva fare altrettanto.
«Anche tu e tua moglie avete divorziato, giusto?»
«Per ora io e Leanne siamo solo legalmente separati» rispose Kevin, «Ma è quasi come se fossimo già divorziati. Mancano solo le ultime formalità.»
«È da molto che stai di nuovo a Goldtown?»
«Anch'io sono tornato dopo la separazione.»
«Dove abiti?»
«Per ora in casa con mio fratello.»
«E non ti sei ancora trovato una sistemazione tua?»
«Probabilmente Leonard se ne andrà presto, quindi rimarrà quella, la sistemazione mia. Mi farò intestare il contratto d'affitto e resterò dove sono.»
«Tuo fratello se ne va da Goldtown?»
«Non credo che se ne vada da Goldtown, ma probabilmente andrà a convivere con la donna che frequenta.»
Kevin fu piuttosto vago, ma in quella circostanza Janet preferì evitare le domande. Non si trattava più della sua vita privata, quanto di quella di Leonard Morgan, un uomo di almeno quarantacinque anni che conosceva a malapena. Sapeva che in passato aveva avuto una relazione con Sophie Robinson, ma non le sembrava il caso di domandare a Kevin se la fantomatica fidanzata con la quale intendeva andare ad abitare fosse proprio lei, oppure se si trattasse di un'altra persona.
Decise quindi di rivolgersi a Steve e, per quanto non la facesse impazzire l'idea di parlare soltanto della vita sentimentale di tutti loro, gli chiese: «Tu, invece, sei single, sei fidanzato o cosa?»
«Single» rispose Steve.
«Lydia mi aveva detto che stavi con Phyllis Moore, mi pare» azzardò Janet. «Non sono sicura, però, di ricordare bene. Forse lavorava con te e io ho capito male?»
«Hai capito benissimo» replicò Steve. «Phyllis lavorava con me allo studio fotografico, ma se n'è andata due anni fa. Ha trovato un'altra occupazione, qualcosa che considerava il suo vero lavoro. Poco dopo ci siamo lasciati e, prima che tu me lo chieda, non ci siamo lasciati perché ha cambiato lavoro. Ha aspettato tanto quell'occasione e sono stato contento per lei. Solo, non eravamo più felici insieme, se mai lo eravamo stati.»
«Adesso, quindi, lavori da solo o hai assunto un'altra persona?»
«Ci lavoro io con lui» intervenne Kevin. «Gli faccio da aiutante, da segretario, da contabile... insomma, non ho un ruolo ben preciso. Quindi, come puoi intuire, come tutto ciò che non è ben definito, anche questo lavoro fa esattamente per me.»
Il suo sguardo, ormai, si era allontanato dalla fotografia. Janet valutò l'eventualità di chiedere informazioni a proposito dei loro amici di un tempo. Per quanto avesse continuato a frequentare Lydia, non si era mai tenuta veramente aggiornata sui loro coetanei rimasti a Goldtown.
Si girò verso l'amica, nel domandare, non solo a lei ma a tutti quanti: «Cosa ne è stato di Danny Silver?»
«Lavora ancora nello stesso supermercato, più o meno da vent'anni» rispose Lydia. «Solo, adesso non è più in magazzino, fa il cassiere.»
«Jack, invece?»
Stavolta fu Steve a rispondere.
«Anche lui non ha cambiato lavoro. Fa ancora il meccanico, nell'officina di suo padre. L'unica differenza è che suo padre è andato in pensione e che adesso è lui a gestire l'attività.»
«Sono entrambi sposati, giusto?»
Steve si limitò a rispondere: «Non più.»
Kevin aggiunse: «Danny e Lacey si sono lasciati diversi anni fa. Da allora, Danny è tornato ad abitare a casa di sua madre. C'è anche sua sorella, che penso sia single. Hanno una figlia, Danny e la sua ex moglie, che ormai frequenta già le scuole superiori.»
Per quanto riguardava Jack, fu Lydia, invece, a darle spiegazioni.
«Era sposato con Elizabeth White, non so se te la ricordi.»
«Sì, eccome.»
«Hanno anche avuto due figli, che dovrebbero avere sette o otto anni. Hanno poca differenza d'età l'uno dall'altro. Poi si sono lasciti e adesso Elizabeth sta insieme a Ray, quello che gestisce il bar insieme a Patricia.»
Janet aggrottò la fronte.
«Ray, Ray... non mi dice niente. Non frequento il bar di Patricia.»
«Il fratello maggiore di Phyllis» le riferì Steve. «Non so se ce l'hai presente, è un po' più vecchio di noi. Avrà sui quarantaquattro anni, forse quarantacinque.»
«Non ce l'ho presente.» A quel punto Janet si rese conto di non avere ancora menzionato una persona con la quale almeno Kevin aveva avuto un rapporto di amicizia. «Jennifer Robinson, invece? Che cosa ne è stato di lei?»
«È ancora pazza come una volta» rispose Steve, a bruciapelo.
Kevin, che era seduto accanto a lui, gli allungò una gomitata.
«Non dire cazzate!»
«Che sia piuttosto particolare non lo si può negare, mi pare.»
«Sì, ma non è pazza.»
«Non ci manca molto.»
«Non sei mai riuscito a capirla.»
«Non mi ci sono neanche mai impegnato troppo, se devo essere sincero» ammise Steve. «È sempre stata inquietante. Lo era da ragazzina e lo è tuttora.» Si girò a guardare Janet. «Comunque, se proprio lo vuoi sapere, la vediamo abbastanza spesso. Lavora letteralmente di fronte a noi.»
«Nel negozio di sua nonna?»
«Sua nonna è andata in pensione molto tempo fa, e comunque è morta da un paio d'anni. Sono rimaste Jennifer e sua zia Sophie. Oppure, a volte, c'è Roberta.»
«La famosa sorella segreta? Ne ho sentito parlre, anche se non ho mai avuto il piacere di conoscerla.»
«Anch'io la conosco poco, ma sembra una persona decisamente più normale di Jennifer» puntualizzò Steve. «Non le somiglia per niente. O per meglio dire, le somiglia tantissimo, ma non c'è il minimo pericolo di scambiarla per lei. Non so di cosa si occupi quando non è a Goldtown, perché sembra venire solo ogni tanto, quando manca Jennifer.»
«Jennifer è single?»
«Sì, e non sembra dimostrare alcun interesse né per l'altro sesso né per il proprio... il che, se mi è permesso dirlo, è un punto di forza per una come Jennifer. Chi se la prenderebbe una così? Quindi tanto meglio se non le piace nessuno.»
Kevin sbuffò.
«Dai, Steve, piantala! Ti comporti ancora come quando eravamo ragazzini, quando si tratta di Jennifer.»
Steve ridacchiò.
«Perché lei, per caso si comporta in modo diverso?»
Kevin sospirò.
«Lo ammetto, Jennifer è una persona particolare, ma da come la descrivi tu sembrerebbe una mezza matta.»
Janet valutò l'eventualità di cambiare argomento, per evitare che quel discorso si protraesse all'infinito. Cercò di farsi venire in mente qualche altra persona di cui chiedere informazioni e la memoria gliene suggerì una improbabile.
«Che fine ha fatto la Richards?»
Lasciò i suoi amici spaesati per un attimo.
«Richards?» ripeté Lydia. «Di chi parli?»
«Era una ragazza piuttosto appariscente che aveva qualche anno più di noi. Forse aveva l'età di...» Esitò un attimo, prima di pronunciarne il nome, ma si disse che non c'era niente di male. «L'età di Mark Forrester. Si chiamava Kim o qualcosa del genere, forse.»
«Kimberly» rispose Steve. «Non so che fine abbia fatto. Non si vede a Goldtown da una vita, o quantomeno se anche c'è o non l'ho mai incontrata oppure non la riconosco più. Anzi, mi stupisce che tu te ne ricordi ancora. Se non sbaglio, se n'era già andata vent'anni fa, quando...»
Non finì la frase. Era un'abitudine abbastanza diffusa, non pronunciare certe parole. Era chiarissimo cosa stesse sottintendendo: Kimberly Richards si era trasferita prima che fossero uccisi Mark e gli altri.
Forse era giunto il momento di smettere strizzare l'occhio al passato.
«Vi faccio vedere la casa» suggerì Janet, alzandosi in piedi. «Certo, non c'è molto da vedere, l'appartamento è piccolo, però mi piacciono un sacco almeno i miei nuovi mobili e ci tengo a farvi vedere tutto. Poi, magari, possiamo bere qualcosa.» Le venne un'idea ancora migliore. «Anzi, possiamo andare a bere qualcosa al bar di Patricia, così magari riesco a vedere quel Ray di cui mi avete parlato.»
Kevin obiettò: «Che io sappia, Ray lavora la mattina e il pomeriggio, a quest'ora di solito non c'è, però potrebbe essere il tuo giorno fortunato.»



Il telefono squillò all'improvviso. Non accadeva tanto spesso, ormai nessuno utilizzava più le linee fisse per le chiamate, nemmeno quelle dei locali pubblici.
Patricia si diresse verso l'apparecchio e alzò il ricevitore. Esitò un attimo e, immediatamente, una voce femminile le domandò: «Pat, sei tu?»
«Sì, sono io» rispose Patricia. «Chi parla?»
«Non mi riconosci?» replicò la sua interlocutrice. «O devo pensare che tu ti sia dimenticata di me?»
Aveva un tono saccente, tipico di chi vuole spingersi a controllare il pensiero altrui. A Patricia faceva venire in mente una sola persona.
«Kim?»
«Già, sono proprio io.»
«Cosa vuoi da me? Perché mi stai cercando?»
«E tu perché sei così fredda?» replicò Kimberly. «Una volta non eri così.»
«Sono cambiate tante cose, da una volta» precisò Patricia. «Inoltre in questo momento sto lavorando e sono sola. Mi sono appena entrati nel bar quattro clienti.» C'erano Steve, sua cugina Lydia, Kevin e una donna con i capelli tinti di rosso acceso che con un po' di fatica Patricia identificò come Janet Birthy. «Mi dispiace, Kim, ma devo andare, ho da fare.»
«Non fa niente, tanto presto ci rivedremo di persona.»
«Cosa vuoi dire?»
«Che sto per tornare a Goldtown.»
«Oh, che bella notizia» borbottò Patricia. «Perché ci tenevi a comunicarmelo in anteprima?»
«Perché mi sono detta "povera Patricia, si starà annoiando a morte a lavorare di venerdì sera mentre tutti badano ai fatti propri, sarebbe il caso di sentirla e cercare di incoraggiarla in vista del suo imminente fine settimana di lavoro".»
«La povera Patricia ama il proprio lavoro, non le pesa passare il sabato e la domenica a servire clienti.»
«La povera Patricia avrebbe bisogno di un po' di sesso.»
«La povera Patricia è felicemente fidanzata e non ha questo tipo di problemi.»
«Potrei fare di meglio.»
«Nel senso che scopi più di me? Buon per te.»
«No, nel senso che, se accettassi di incontrarmi in privato, ti dimostrerei che me la cavo meglio della tua nuova ragazza.»
«Nemmeno la conosci.»
«Ho i miei informatori. Mi hanno detto che ti vedono spesso insieme a una delle Robinson. Un tempo avevi buon gusto, adesso ti sei messa insieme a una di quelle svitate.»
«Levati dalle palle, Kim. Ti ricordi, vero, quanto tempo è passato da quando stavamo insieme?»
«Me lo ricordo benissimo, così come sono sicura che tu mi abbia lasciato perché a me piace anche il cazzo.»
«Pure a Roberta piace anche il cazzo, ma non sente il bisogno di averne uno infilato in bocca quando è fidanzata con chi non ne possiede uno. Ti devo ricordare del perché ci siamo lasciate?»
«L'hai detto tu stessa, è passato tanto tempo. Hai ragione, non avrei dovuto tradirti, ma sono cambiata. Torna insieme a me e te lo dimostrerò.»
«Tu sei fuori di testa, altro che le Robinson! E adesso scusami, ma devo andare, ho da fare. C'è gente che aspetta.»
Senza aspettare una replica da parte di Kimberly, Patricia sbatté giù il ricevitore, dopodiché lo spostò dalla propria sede, affinché la sua ex fidanzata trovasse occupato, se avesse provato a ricontattarla nell'immediato.
"Tutto questo non ha senso" si disse, sperando che Kimberly avesse mentito, quando le aveva confidato di essere sul punto di tornare a Goldtown.
   
 
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