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Autore: ghost_blu    13/11/2022    1 recensioni
C’è silenzio in camera.
Solo il rumore tintinnante delle sue dita contro gli orecchini di metallo. Ci sta giocando distrattamente, mentre guarda in religioso silenzio l’altro che cuce a mano un grosso panno nero.
Taka-chan… è così carino mentre cuce.
Hakkai sorride, ridacchiando leggermente. Potrebbe stare ore a guardare Mitsuya fare quello che gli piace. Potrebbe stare giorni interi in quella casa piena di amore, lontano e finalmente al sicuro.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altri, Takashi Mitsuya
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Spilli

 

TW: abuso.

 

C’è silenzio in camera.
Solo il rumore tintinnante delle sue dita contro gli orecchini di metallo. Ci sta giocando distrattamente, mentre guarda in religioso silenzio l’altro che cuce a mano un grosso panno nero.
Taka-chan… è così carino mentre cuce.
Hakkai sorride, ridacchiando leggermente. Potrebbe stare ore a guardare Mitsuya fare quello che gli piace.
È pomeriggio, le giornate si sono drasticamente ridotte con l’arrivo dell’inverno e benché siano solo le quattro e mezza il sole sta già calando. Ma non è un problema, Mitsuya è sotto una grande lampada a led posta sul suo tavolo da lavoro.
Nella casa c’è una rilassata quiete, in sottofondo solo il brusio della televisione accesa in salotto. Mitsuya ha preparato la merenda alle sorelline e le ha spedite a guardare i cartoni.
«Fratellone…»
Una vocina piccola piccola spunta dalla porta. È Luna, si tiene tra le mani un lembo del suo vestitino.
«Hey piccola»
Hakkai la saluta mentre Mitsuya si desta dalla sua meditazione e guarda la bambina.
«Dimmi»
«Mana si è rovesciata il succo addosso mentre si addormentava»
Il sospiro rassegnato del povero stilista fa sorridere il più alto, che si rivolge alla bambina.
«Tuo fratello è occupato, dici che posso pensarci io?»
Luna sorride e annuisce.
«Grazie zio Hakkai»
Non si abituerà mai a quell’appellativo ma gli fa scaldare il cuore.
«Ci penso io Hakkai non preoccuparti»
«Tranquillo Taka-chan, continua il tuo lavoro»
Gli piace occuparsi delle sorelline
Mitsuya, ancor di più occuparsi del maggiore.
Mitsuya lo guarda dolce, prima di annuire e ringraziarlo, tornando a badare al suo pezzo di stoffa a quanto pare importantissimo.
Hakkai si alza e segue la bambina in soggiorno. Quello che ritrova è una puntata della Pimpa e la più piccola dei tre fratelli, in lacrime, con il vestitino tutto macchiato di succo di pesca, così come mezzo pavimento ai suoi piedi e perfino sul tavolino.
«Hai combinato un bel pasticcio vedo» dice in tono canzonatorio, ma gentile e per nulla arrabbiato.
Pagherebbe oro per essere nei panni di quella bambina.
«M-mi dispiace…bhuaa»
La bimba scoppia in lacrime, allarmando anche la sorellina.
«Mana! Non devi piangere così!»

La rimbecca la sorella prima che Hakkai la prenda in braccio, cullandola dolcemente.
«Shh, piccolina va tutto bene»
Guarda il visetto della bimba. Assomiglia così tanto a Mitsuya.
«Succede a tutti di fare qualche sbaglio, nessuno è arrabbiato, va tutto bene. Che ne dici ora ci cambiamo, eh?»
Ormai Hakkai conosce perfettamente quella casa e con la piccola in braccio e la sorellina al seguito va nella loro cameretta.
Sempre cullandola, finisce per farla sedere sul suo lettino, aprendo l’armadio.
«Vediamo un po’, cosa ci mettiamo?»
Prende un vestitino di cotone pesante, a fiorellini blu e lo fa vedere a Mana.
Luna interviene da brava sorella di Mitsuya.
«A Mana piace quello con le api, vero Mana?»
La bambina che ha ancora i lucciconi annuisce timida.
Hakkai rovista tra i vestiti prima di trovare il famoso vestito con le api.
«Eccolo qua, vieni tesoro, alza le braccia»
Aiuta la piccola a sfilare il vestito sporco, la pulisce un po’ con delle salviette che trova sulla loro scrivania e le mette quello pulito.
«Ecco fatto, ti senti meglio?»
Mana annuisce, giocando con le dita.
«Grazie Hakkai» dice scandendo bene le parole, pronunciando in modo buffo il suo nome.
«Adesso andiamo a dare una ripulita di là, mi date una mano?»

«Sii, ci penso io»
Luna corre in soggiorno mentre Mana tende le mani verso Hakkai per farsi riprendere in braccio. Si sta bene in braccio a lui.
In pochi minuti il succo è sparito dal tavolino e dal pavimento, e stavolta Mana tiene in mano un succo ace, nel bricchetto.
«Volete mettere un film?»
«Sii, lo guardi con noi?» è Luna a parlare.
«Devo aiutare anche tuo fratello, è molto impegnato»
Le due bimbe si guardano ridendo e Luna fa cenno ad Hakkai di avvicinarsi.
«Sta cucendo il tuo regalo»
Sussurra scoppiando a ridere.
Hakkai diventa rosso come un semaforo allontanandosi di scatto.
«Dici sul serio?»
«Si! È da giorni che cuce come un matto»
«Shh! Che ti sente»
Il viso di Hakkai scotta come se avesse la febbre, ma il suo cuore sta scoppiando.
«Dai andiamo scegliamo un film!»

 

Dopo un buon quarto d’ora passato a mettere in rassegna ogni film presente nel mobiletto sotto la tv, Hakkai ha mollato le due bambine davanti a Shrek ed è tornato nella camera del maggiore dei Mitsuya.
Entra nella stanza con lo sguardo imbarazzato e curioso, cercando di non farsi sgamare alla prima.
Mitsuya è esattamente dove lo ha lasciato, adesso intento a battere a macchina i punti che prima ha messo a mano.
«Taka-chan ma cosa cuci di preciso?»
Mitsuya alza lo sguardo verso verso Hakkai e poi torna a guardare la macchina da cucire.
«Niente di che»
Adesso si vedono chiaramente i lineamenti di una giacca.
Hakkai sorride e poi decide di lasciar perdere. Torna esattamente dov’era e si lascia incantare dalle mani esperte di Mitsuya e dal rumore ritmico della macchina da cucine.
I pomeriggi passati così sono i suoi preferiti, meglio di quelli passati con la Toman.
Calma, tranquillità, un casa piena di amore e Taka-chan. Quando si accorge di tutto questo gli viene sempre da piangere.
Ricaccia indietro quelle lacrime stupide.
«Ti va di accompagnarmi al negozio di sartoria domani? Devo ricomprare delle cose e poi la stoffa per il regalo di Mikey»
«Cosa vuoi fargli?»

«Emma mi diceva che ultimamente esce sempre come un barbone e ho deciso di fargli dei pantaloni che non siano quei cargo osceni che continua a portarsi dietro»
Hakkai ride in modo cristallino, per un attimo Mitsuya non si cuce un dito insieme alla stoffa.
«Sembri una mamma»
Anche Mitsuya ride, scuotendo la testa e continuando imperterrito a cucire.
Hakkai si sente così fortunato ad averlo nella sua vita, ad avere questi momenti, in cui può ricalibrare la sua mente alla normalità e all’amore. Il suo cuore trema e vorrebbe saltare addosso al sarto e riempirlo di baci.
Si da dello stupido.
«Tu cosa farai a Yuzuha?»
«Non ne ho idea!» dice in tono lamentoso. Manca solo una settimana a Natale ed è ancora nella merda.
«Non le piaceva quel gruppo … come si chiamano aspetta… i Tokio Hotel?»
«Hai ragione! Domani passiamo anche al negozio di dischi, le prendo l’ultimo cd»
«Ahah, va bene»
«Menomale che ci sei tu Taka-chan»
Mitsuya sorride, mentre prende due spilli e li posiziona sulla stoffa.
C’è silenzio per un attimo.
«A Taiju fate qualcosa?»

Si aspettava questa domanda.
Il sorriso di Hakkai si spegne lentamente e resta con una linea leggermente incurvata in su, in un espressione amara.
«Io e Yuzuha pensavamo di fargli qualcosa, ma non è che siamo troppo sicuri»
«Regalagli una bibbia»
Ridacchiano entrambi.
«Ne ha già due, penso che gli bastino»
Si stiracchia sulla sedia.
«Pensavamo ad un libro, di quelli seri che piacciono a lui»
«Sai, sono molto fiero di te. Non devi dimenticare cosa è successo, ma è un passo avanti fargli un regalo»
Già… un regalo. Gli farà proprio un regalo per Natale.
Si scurisce in viso. Il senso di colpa inizia a strisciare lungo il suo corpo.
Dopo qualche istante di silenzio, parla.
«Senti Taka-chan»
Mitsuya è intento a mettere altri spilli.
«Mh?»
«Tu mi perdoneresti se facessi qualcosa di orribile?»
«Cosa dovresti fare?»
Mitsuya ha la fronte aggrottata, un po’ confuso ma ancora concentrato sul suo lavoro.
«Non lo so, ho detto così per dire»
Messo l’ultimo spillo risponde, senza staccare gli occhi dal suo lavoro.

«Beh non lo so, è po’ vaga come domanda»
Hakkai si guarda le mani, deglutisce.
«Hai ragione, lascia perdere»
Lascia perdere.
È disposto… a tutto.
«E tu cosa farai alle tue sorelle?»
«A Luna piacerebbero dei Lego… ma non so se ho soldi, dovrei praticamente dare il culo per comprare quegli affari, credo che le comprerò una Barbie»
Se vuoi fare la puttana ti pago io Taka- oh sono un idiota.
«Direi che è un buon compromesso, nel senso, non c’entrano un cazzo l’uno con l’altro ma va bene Taka-chan»
Ridono, mentre Mitsuya scuote la testa.
«Non posso fare un vestito anche a lei, è il mio regalo-scusa per tutti, alla fine divento matto»
Oh… per tutti. Capisco.
Crack…
«E a Mana?»
«Passerò al negozio di giocattoli e mi invento qualcosa»
«Lei è ancora molto piccola, le andrà bene qualsiasi stronzata»
«Anche se fosse si attacca al cazzo»

«Taka-chan!»
Ridono di nuovo. Hakkai ride ma vorrebbe tirargli un cazzotto al pensiero della sua collana d’argento per cui ha speso tre mesi di risparmi, che vuole regalargli contro la giacca che ha fatto uguale a tutti i suoi amici.
“Taka-chan” un cazzo brutto coglione.
Si ferma un attimo. Respira. Lo sta facendo di nuovo. Respira un altro po’. Il vizio di farsi prendere dalla rabbia ancora non lo ha abbandonato. Dovrebbe aver imparato molto tempo fa che non deve ferire gli altri quando viene ferito.
Sopratutto con Mitsuya…
Se ci pensa bene non gli importa proprio un cazzo del regalo di Taka-chan, è felice di donargli il suo senza ricevere nulla in cambio.
Sì, è felice.
È tutto merito di Mitsuya se non è diventato una persona orribile.
È tutto merito suo.
Con il cuore caldo e leggero continua a guardare l’altro lavorare.
«Hakkai, potresti prendermi la scatola con gli spilli sul mio comodino?»
«Perché hai gli spilli sul comodino?»
Chiede mentre si alza dalla sedia, andando verso il letto.
«Mi sono messo a cucire prima di addormentarmi»
«Sei proprio un fissato»
Ridacchia, arriva al comodino e prende la scatolina di metallo contenente moltissimi spilli argentati.
Quello che non vede però è il lembo del tappeto, e ormai è troppo tardi.
Cade a terra con un tonfo allucinante. La scatola non si è salvata e ha rovesciato tutto il suo contenuto per mezza camera.

Cosa hai fatto Hakkai. Cosa cazzo hai fatto.

Hakkai rimane immobile per un attimo, fissando con gli occhi sgranati il lago di metallo davanti a se, ghiacciato, immobile.
Poi il suo cervello si accende.
Si alza di scatto come una furia.
«Scusami! Scusa mi dispiace!»
I suoi occhi sono pieni di terrore e prende a manciate gli spilli senza curarsi di esser punto.
«Stai bene? Ti sei fatto male?»
«No! Sto bene, sto bene, scusami Taka, rimetto tutto a posto, dammi solo un attimo, scusami!»
Il suo corpo è scosso dai tremori, il mondo si è spento intorno a lui.
Cerca di riprenderli tutti come un pazzo, ficcando tutto nella scatola. Ma sono così tanti, sono ovunque.
Sono ovunque… ovunque… sono…
…Hakkai si è spento.
Avete mai avuto così paura che il vostro corpo ha smesso di funzionare? Che la vista si è annebbiata, che la pelle si è ricoperta di sudore freddo, tesi come una corda di violino.
Gli spilli sono troppi, non riesce a vederli, le sue mani sanguinano per le punture.

«Taka-chan mi dispiace tanto»
Adesso Mitsuya lo sta guardando, il suo sguardo è preoccupato e confuso, non ha mica fatto niente di così orribile.
«Va tutto bene, hey»
Si accovaccia anche lui per terra prendendo qualche spillo.
«Ci penso io!»
Squilla, con la voce che sa di pianto. No, no, no!
«Hakkai! Cosa cazzo hai combinato! Sei un idiota, inutile idiota di merda! Non riesci mai a combinare un cazzo di buono!»
«Lo so mi dispiace, mi dispiace!»
«Ti dispiace un cazzo! Tu lo fai a posta, ci godi a fare casino e a farmi incazzare!! Sei un pezzo di merda, hai bisogno di una punizione!!»
Hakkai trema da morire, ha le lacrime agli occhi e cerca disperato di prendere gli spilli ma gli cadono di mano.
«Adesso sistemo tutto ti prego, sistemo tutto io!»
«Tu non cambi mai! È questo il tuo problema. Sei inutile! Non fai mai niente di buono! Devo fartelo entrare in testa io!!»
«Ti prego, non sbaglierò più, sistemo tutto io, per favore!»
«Adesso le prendi piccolo pezzo di merda!»
«Ti prego Taiju!»

 

«Hakkai! Hakkai guardami!»
Sveglia. Svegliati Hakkai.
«Oi! Che diavolo ti prende, Hakkai sono io, sono Mitsuya»
Niente.
«Hakkai!»
Hakkai non si sveglia.
Hai così paura. Hai paura delle urla. Sembrano bombe alle tue orecchie. Hai fatto un errore.
Hai paura vero? Hai così tanta paura e non sai neanche perché. Anzi, lo sai. Dai tuoi occhi passano le immagini di quel corpo folle
che ti spinge al muro, che ti sputa sul viso con le sue urla, il pugno alzato e il dolore.
Non è tanto per il dolore fisico delle botte, è il terrore che ti scorre insieme al sangue nelle vene, come una scossa elettrica che ti brucia la carne.
Ti prego, ti prego lasciami in pace.
Smettila di gridare, smettila, smettila! Ho paura! Ti prego ho così tanta paura!
Dovresti amarmi, perché fai questo?! Dovresti essere la persona che mi protegge, che mi cura, che mi ama incondizionatamente! Perché?!

«Hakkai devi riprenderti, sono Mitsuya, sono proprio qui»
«Sei una piaga! Sei una merda! È colpa tua viscido stronzo! È colpa tua se tua sorella le prende il doppio di te! Vigliacco! Sei meno di uomo!! Sei meno di un animale!!»
Fa male… ti prego, ti prego mi dispiace. Fa così tanto male. Fa così tanto male.
«Mi dispiace»
«No! A te non ti dispiace o cambieresti Hakkai! Proteggeresti tua sorella! Invece sei un codardo! Dovrei spezzarti quelle gambe del cazzo per farti imparare la lezione!! Mi ringrazierai!!!»
Ti prego basta, basta! Ti prego! Lasciami in pace!!!

Hakkai sta piangendo, come un disperato, si strozza con i suoi stessi singhiozzi. Ha la saliva che gli cola dalle labbra insieme al moccio. Nel suo delirio, fissa il pavimento, incapace di muoversi, di reagire, di difendersi. È completamente succube, piegato, spezzato in due dalla paura, dal dolore.
Ma avete idea di cosa cazzo significhi? Convivere giorno dopo giorno dopo giorno con la sensazione di star per esplodere, di collassare, di non farcela più e non poterlo fare, non poter piangere o arriveranno altre urla, altri insulti, umiliazioni. Sentire il proprio orgoglio e la propria dignità calpestate e non poter fare nulla. Così tanto arrabbiati e così tanto impotenti difronte alla violenza e al terrore. Anni e anni di distruzione della psiche, di ingranaggi mentali che si modificano e si applicano a schemi di sopravvivenza, a giochi mentali inventati solo per la paura.

Vivere con la consapevolezza di fare errori e di essere puniti. Punizioni orribili che ci obbligano a stare in uno stato di ipervigilanza dove ogni nostra azione è misurata per non commettere sbagli.
Hakkai non ne può più. È stanco di farsi schifo, è stanco di vedere sua sorella proteggerlo, è stanco di mentire, è stanco di tutto.
Risolverà questo problema in un modo o nell’altro. Si libererà di questo.
Ma adesso, ha paura.

Mitsuya è sconvolto dalla reazione di Hakkai. Sa bene i problemi di quella famiglia, ma non l’ha mai visto in quelle condizioni. Solo ora si rende realmente conto del peso dei suoi racconti, delle sue sere passate in lacrime al suo capezzale.
Taiju lo sta distruggendo, pezzo dopo pezzo, e non vuole vedere oltre. Non vuole vedere questa scena una seconda volta.
«Hakkai»
Lo prende per le spalle mettendosi esattamente davanti a lui. Appena le sue mani si posano l’altro fa un salto indietro, ululando di paura. Il suo respiro è accelerato, è nel panico e senza la minima idea di come fare per fermarsi.
Mitsuya guarda preoccupato la porta aperta della camera e il pensiero che le sorelle possano entrare e vedere quella scena. Prima di tornare da Hakkai, va a chiudere la porta.
Si mette davanti al suo volto, è obbligato a toccargli le spalle, ha lo sguardo puntato sul niente del pavimento, gli occhi vitrei e colmi di terrore. Gli fa alzare la testa.
«Shh… va tutto bene»
L’unica cosa che può fare è parlargli.
«Hakkai, sono Mitsuya, guardami»
Dopo istanti di pura derealizzazione, un briciolo del cervello di Hakkai riprende a funzionare e torna ad orientarsi nello spazio-tempo. Torna a capire molto lentamente che quella è la camera di Mitsuya, ma ci vogliono infiniti istanti prima di comprendere che Taiju non è lì.
E piano piano… che nessuno gli sta facendo del male.
«Hey…»
Mitsuya si sente riavere quando Hakkai finalmente alza la testa e lo guarda negli occhi, il respiro un po’ più controllato, ma lo sguardo spiritato, di chi ha visto cose orribili.
«T-taka…»
«Si sono io, guardati intorno»

Hakkai si gira lentamente e osserva il letto rifatto, l’armadio scuro, i manichini accanto alla finestra, le luci della città da dietro il vetro, le pareti bianche, i poster e il tavolo da lavoro. E gli spilli, ancora per terra.
Altre lacrime scendono sulle guance erose.
«Va tutto bene adesso, è finita, ci siamo solo io e te»
Benché abbia il cuore trasudante di ribrezzo, Mitsuya sorride dolce e calmo, come al suo solito, e basta quello e una generosa dose di forza mentale per calmare il respiro di Hakkai, che finalmente, traboccante di disperazione, distende le spalle tese.
«Bravo, così, respira forte e piano»
Mitsuya allunga una mano sulla testa rasata e l’accarezza, avvicinando il corpo del ragazzo al suo e abbracciandolo teneramente.
«Mitsuya… cos’è successo?»
«Hai avuto una crisi, forse un attacco di panico»
«Mi dispiace tanto»
«Ti sei scusato abbastanza per oggi»
Mitsuya resta lì, seduto sul pavimento ad abbracciare il corpo di Hakkai, accarezzandolo dolcemente e stringendolo a se.
«Ti succede spesso?»
«No… in realtà no»
«Meglio così, ma non va bene uguale, non puoi stare così»

La voce di Mitsuya ha una sfumatura afflitta. Vorrebbe fare così tanto per Hakkai, liberare lui e Yuzuha da quella prigionia.
Quella è stata la goccia che gli ha finalmente fatto capire che non può continuare così, che di questo passo avverrà qualcosa di terribile e non vuole, non vuole assolutamente che Hakkai soffra ancora.
«Finirà tutto questo, te lo prometto»
«Resta con me… non lasciarmi… mai solo»
Stringe forte il corpo di Mitsuya, e dalle crepe del suo cuore trabocca miele amaro.
«Non lo farò mai, te lo prometto»
Il calore del corpo di Takashi scioglie lentamente i muscoli tesi di Hakkai, che, cullato teneramente, resta nel grembo dell’altro, molto più piccolo fisicamente, ma con il cuore centomila volte più grande.
Si sente protetto, al sicuro, fuso con la sua pelle e mescolato al suo calore e al battito del suo cuore.
Mitsuya è tutto, è un mondo così grande da sopraffare la paura, da scacciare il terrore ed ergersi a scudo da tutti i mali.

Quello che sta per dire non è ragionato, se lo avesse fatto non l’avrebbe detto. È il prodotto di tutto quello schifo e della meraviglia di Mitsuya. È il risultato di tutto quell’amore.
«Mitsuya»
L’altro non smette di abbracciarlo e di accarezzargli la schiena.
«Dimmi»
Le parole escono allo stesso ritmo del respiro.
«Credo di amarti»
Non mi importa cosa dirai, sono sul bordo del precipizio, ho già messo in conto di cadere, non mi fa più paura.
Mitsuya non risponde subito, si lascia alcuni istanti per elaborare lo stupore e formulare le parole giuste. Poi si rende conto che non esistono, che rispondergli “anch’io” è troppo vago, lascia aperte troppe opzioni e vuole arrivare dritto al punto, vuole che Hakkai capisca subito.
Si stacca lentamente dal suo corpo, fino a posizionarsi davanti ai suoi occhi, che sono fermi, sicuri, con la stessa rassegnazione lucida di un kamikaze.
Mitsuya chiude gli occhi, mette le mani attorno al volto di Hakkai e lentamente, in modo bellissimo, si sporge fino a premere le labbra contro le sue.
È un bacio che sa di fiori, quelli del suo profumo, un bacio morbido, bollente e candido come la neve.
Vorrebbe che non finisse mai, vorrebbe continuare a baciarlo per ore e ore finché i muscoli non bruciano e diventa insopportabile.
Hakkai preme più forte le labbra contro di lui, lo stringe per i fianchi e una mano si posa sulla sua nuca stringendolo sempre più forte.
Sono tanti piccoli baci, tanti piccoli dolci schiocchi. Il sapore delle labbra di Hakkai è uguale al profumo della sua pelle, sa di pulito e di dolce e Mitsuya vorrebbe fondersi con lui.
Hakkai invece sta trattenendo l’ennesime lacrime della giornata, ma non ci riesce bene e nuovamente le sue guance sono scavate dal sale.
Mitsuya se ne accorge dalla fessura dei suoi occhi socchiusi e con pizzico di incertezza conclude il bacio per posare le labbra sulle guance irritare dell’altro, cancellando le lacrime.
Hakkai non riesce a trattenersi e piange come un ragazzino, stavolta finalmente, di felicità.
«Ti amo così tanto Mitsuya»
«Basta piangere, basta»
Gli asciuga le lacrime con la manica della felpa e posa tanti piccoli baci sul suo volto.
«Anch’io ti amo, ti amo da anni»
«Perché non mi hai baciato prima allora, abbiamo sprecato tutto questo tempo>

«Non volevo che tu ti allontanassi da me»
Io non me ne andrò mai Mitsuya, continuerò a tenerti la mano, anche se sarà sporca di sangue.
In risposta, Hakkai torna a soffocarlo di baci.
Ridono entrambi, per la felicità, per il sollievo, per la meraviglia di quei gesti così soffici, così pieni di amore che il cuore traboccante rischia di scoppiare.
«Lo sapevo!! Zio Mikey mi deve cento yen!!»
Un urlo felice arriva dalla porta dietro di loro dove le due sorelline Mitsuya stanno sbirciando, e Luna sembra proprio abbia vinto una scommessa.
«Via di qui!»
Urla il fratello ridendo, alzandosi di colpo e rincorrendo la piccola che corre via ridendo di finta paura.

Non sei riuscito a distruggermi. Io non sono solo, non sono odiato da tutti come vorresti, non mi sono piegato, non mi sono rotto, io resto in piedi e te lo prometto Taiju, sul tuo amato Dio: io ti fermerò, costi quel che costi.
Adesso ho molti motivi per continuare a combattere, nella battaglia contro me stesso, sarò io a vincere.

   
 
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