Anime & Manga > Altro - anime/manga sportivi
Ricorda la storia  |      
Autore: muffin12    15/11/2022    2 recensioni
[Blue Lock]
Ovvero, cosa (non) fare per ritornare tra le braccia della tua cotta. (E per favore, renditi conto che è la tua cotta. Ti risparmierai tantissimi problemi. Grazie)
Ship Nagi/Reo
Accenni Rin/Isagi, Karasu/Hiori, Barou/OC
SPOILER MANGA
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Foolproof Advice
 

Col senno di poi, effettivamente non era stato molto gentile.
 
A pensarci bene, a freddo e con tanti giorni che lo separavano da quello, forse non doveva girare le spalle a Reo in quel modo. O meglio, poteva anche farlo, ma magari sarebbe stato meglio argomentare di più.
 
A pensarci veramente bene, lui in effetti aveva argomentato. Schiettamente e senza giri di parole. Era stato fin troppo diretto ma aveva fatto capire il perché avesse scelto Isagi con molta chiarezza: avevano perso. Non erano più i migliori. Sarebbe quindi andato con il migliore.
 
Ecco, forse non era stata una scelta di parole delicata, ma era Reo. A Reo non era mai servita la delicatezza, Reo con la delicatezza ci avrebbe soffocato la gente ficcandogliela dritta nell’esofago, non aveva bisogno di cuscini morbidi per attutire la caduta sul suo bel sedere.
 
Era un mondo di egoisti quello in cui erano immersi in quel momento, alla fine. Il più egoista di loro sarebbe andato avanti e sarebbe diventato quello che per gli altri sarebbe rimasta solo una fantasia distrutta dal loro poco individualismo.
 
Però Nagi non aveva capito perché il petto gli si era stretto in quel modo orribile quando Reo l’aveva guardato e con quegli occhi decisi era andato ad allenarsi, il suo saluto a malapena ricambiato.
 
O, meglio, lo capiva. Perfettamente.
 
Ma forse era una situazione del cazzo a prescindere perché Reo era quanto di più lontano dal carattere facile avesse mai incontrato e cercare di avvicinarsi a lui dopo quello che era successo – abbandono, pugnalata alle spalle, egoismo – non era proprio la passeggiata per prati che si poteva credere.
 
Nagi arricciò il naso, sistemando meglio il mucchio di magliette non sue che gli faceva da cuscino su quella panca nello spogliatoio. Sarebbe stato difficilissimo potersi avvicinare a quel concentrato di irritabilità e vendetta pronta a scattare e, davvero, non aveva idea di come fare.
 
Se gli avesse chiesto di allenarsi insieme sarebbe andato incontro a un netto rifiuto, condito anche da qualche insulto particolarmente cattivo. Se l’avesse voluto glielo avrebbe chiesto Reo direttamente senza giri di parole: un minimo cenno della testa e un “Andiamo?” che aveva poco di domanda e tanto di ordine. Nagi si sarebbe alzato lentamente dalla panca, i movimenti pesanti come se tenesse tutto il mondo sui suoi muscoli bistrattati ma lo avrebbe accompagnato senza dire una parola, seguendo la sua schiena dritta e quella codina alta che rimbalzava ad ogni passo.
 
Se gli avesse chiesto di parlare lo avrebbe mandato decisamente a quel paese, sicuramente arricchendo tutto rinfacciandogli la sua scelta ponderata di preferirgli Isagi e, di conseguenza, smettere di rompere le scatole a lui e di rimanere coerente con le sue scelte, tanti saluti e arrivederci. Se ne sarebbe pentito – forse – ma Reo era pieno di questo orgoglio di merda e non era sicurissimo di dove potesse scegliere di incanalarlo in quella situazione particolare.
 
Se avesse … cosa? Non potevano nemmeno uscire da quella base di merda, non aveva così tante opzioni cui far fronte. Non facevano altro che allenarsi, parlare, mangiare e allenarsi di nuovo lì dentro, con il rapido svago di qualche piccola rissa scoppiata a tradimento tra supercazzoni pieni di rabbia – a proposito, chissà che fine aveva fatto Shidou. Gli sarebbe dispiaciuto se fosse morto. Il tizio era pazzo, ma cazzo se era divertente.
 
“Dov’è Reo?”
 
La voce di Isagi disturbò i suoi pensieri e Nagi aprì gli occhi che non si era accorto di aver chiuso. Come se fosse scoppiata una bolla, il caos assoluto che diventava lo spogliatoio dopo l’allenamento lo invase come un’onda e si ritrovò a guardarsi attorno cercando di capire da che direzione partissero le urla.
 
Non capì subito che Isagi si stesse rivolgendo a lui. Lo fece nel momento in cui si sedette sulla panca poco più su della sua testa e lo guardò con il viso arrossato e sudato di fatica. “Non lo vedo da un po’, sai dove è andato?”
 
“No.” Non lo sapeva veramente. E forse era quello che gli dava più fastidio di tutto: non avere il diritto di sapere più nulla di lui, perché Nagi aveva scelto Isagi, lasciando Reo indietro. “So che fa degli allenamenti personali ma non so dove.”
 
“Capisco.” No, non capiva. Cosa cazzo ne poteva capire Isagi quando il suo compagno naturale era qualche metro più in là ad isolarsi volontariamente dal chiasso del gruppo come una fottuta vittima sacrifical- oh no, detta così poteva capirlo perfettamente. “Hai … come dire … avete parlato?”
 
Sì. No. Mugugnare qualcosa che poteva sembrare un vaffanculo era parlare?
 
Decise di non rivelare nulla di preciso. “Reo ha i suoi tempi.” Tempi in cui lui, Nagi, doveva stare attento alle proprie spalle, perché si aspettava cose. Conosceva perfettamente Reo, sapeva di cosa era capace. “È testardo.” Enormemente testardo, cocciutaggine pura che era riuscita a sfondare tradimenti e sconfitte e che lo aveva fatto presentare lì, nella rosa dei giocatori che avrebbero affrontato la Nazionale U-20. In panchina, ma ancora lottando con la forza che lo aveva sempre caratterizzato.
 
“Ti manca.” Nagi alzò gli occhi, incontrando il viso di Isagi concentrato verso qualcuno.
 
Non era lo stesso, senza di lui. Poteva tranquillamente ammetterlo.
 
Si era divertito con Isagi, avevano affrontato sconfitte – perdendo Bachira come un pugno in pancia, capendo che non erano invincibili - e si erano rialzati domando bestie egocentriche – Barou di merda – ma una parte di lui era sempre rimasta indietro, a quello che aveva lasciato. “Sì. Ma non vuole parlare.”
 
“Puoi farlo tu.” Lo vide mordere appena le labbra, un respiro più profondo. “È arrivato fino a qua, puoi anche parlargli.”
 
“Per dirgli cosa?” Sarebbe stato francamente imbarazzante, ad essere sinceri. “Non penso che voglia sapere che ho sperato di vederlo fino all’ultimo ...”
 
“Beh, forse sì.”
 
“ … o che ho pensato in continuazione alle sue partite, a come potessero essere andate …”
 
“Questo in realtà potrebbe essere un ottimo argomento.”
 
“ … o che davvero, mi è piaciuto affrontare tutto con te, ma con lui sarebbe stata un’altra cosa e sicuramente non avremmo avuto bisogno di Barou, perché Reo lo batterebbe con gli occhi chiusi e le mani dietro la schiena e …”
 
“… Nagi …”
 
“… e davvero, sai come sarebbe stato bello vederlo prendere in giro i perdenti? Con quel suo ghigno, quella faccia compiaciuta, quella coda che gli avrebbe scoperto il collo e …”
 
“Nagi, mi sa che non stiamo intendendo la stessa cosa …”
 
“… sarebbe stato facile con lui, sarebbe stato come sempre e sarebbe stato molto più divertente, perché ci sarebbe stato lui e …”
 
“Nagi!” Nagi batté le palpebre, il respiro che andava e veniva con ansimi accelerati senza nemmeno che se ne accorgesse. Guardò Isagi stupito, i suoi occhi enormi pieni di sorpresa e – santissimo cazzo – comprensione. Cominciò a sudare freddo. “Penso che io abbia sbagliato tutto.”
 
No.
 
Cosa avrebbe dovuto sbagliare? Era Reo, era il fottutissimo Reo il fulcro di tutto e Nagi non avrebbe dovuto parlare di lui a prescindere. “Penso che nemmeno tu te ne sia reso conto.”
 
Di cosa? Stavano discutendo su come affrontarlo e Isagi cominciava a fare lo strano. Va bene che Isagi non era mai stato normale, ma vedere tutta la sua pazzia rivolta verso di lui non era molto tranquillizzante.
 
Stiamo sbagliando tutto.” Lo vide sorridere lentamente – labbra stirate e dolci e, cazzo, era pericoloso. “Nagi, penso che tu veda Reo come più di un amico.”
 
 
*
 
 
Non capì perfettamente le dinamiche che portarono a quello che successe dopo.
 
Fu un susseguirsi confuso di cose che accaddero e che, con molta sincerità, non sarebbero dovute accadere.
 
Nel tempo che tentò di impiegare nel cercare di capire le parole di Isagi e dare loro un senso per lo più compiuto, ricordò solamente Bachira – sempre presente quando non doveva – guardarlo con quegli occhi enormi spiritati e urlare “CI SEI ARRIVATO SOLO ORA?” con una passione che rasentava l’infamia.
 
Bachira di solito non urlava, ma era anche abbastanza stronzo da sapere che il Blue Lock, come ogni punto di ritrovo di adolescenti, era un covo di pettegoli e tra un “Arrivato a cosa?”, “Di chi stai parlando?”, “Perché cazzo stai sporcando la mia maglia pulita con la tua testa di merda? Levati, cazzo!” e l’altro, Nagi si ritrovò ad affrontare quello che, a quanto pareva, era un intervento.
 
Lo aveva chiamato così Bachira, lui non aveva idea del perché stesse ancora fermo ad ascoltarli. Probabilmente perché aveva sonno.
 
“Non capisco, non eravate una coppia?” Domandò Chigiri guardandolo confuso. Nagi si chiese perché mai dovesse pensarlo. “Facevate tutto insieme finché …”
 
“Finché non l’hai friendzonato!” Bachira si era messo seduto a terra davanti a lui con le gambe incrociate, dondolando sul sedere e con un sorriso bastardo che gli tagliava la faccia a metà. “Che schifo!”
 
“Io e Reo non siamo una coppia.” Si limitò a borbottare Nagi grattandosi la testa. “E non era più alla mia altezza.”
 
“Wow, bella merda.” Karasu non capiva che le sue espressioni avrebbero dovuto seguire le sue parole. Non si spiegava altrimenti quel rimprovero sentito e il sogghigno soddisfatto che invece capeggiava sul suo viso. “Non ci si comporta così.”
 
“Come se tu potessi parlare.” Hiori nemmeno guardò verso Karasu quando lo disse. Scrutava Nagi come se potesse capire quale problema avesse se solo si fosse concentrato abbastanza, ma comprese che non era realmente interessato a lui con le parole che vennero dopo. “Sei single.”
 
“Lo dici tu.”
 
“Lo dicono le seghe che ti fai da solo in bagno.”
 
“Vuoi venire ad aiutarmi?”
 
“Non ho capito, davvero non state insieme?” Igarashi sembrava sconvolto. Ma non era una novità, quel bonzo del cazzo sembrava sempre sconvolto per qualcosa. “E perché?”
 
“Chi se ne frega?” Quel ringhio gutturale veniva da Barou e per una volta Nagi fu felice di sentirlo. “Non mi interessa chi si scopa la mezza sega, deve togliersi dalla mia roba pulita.”
 
“Non è così.” Si ritrovò a sospirare Nagi alzandosi lentamente a sedere, la gravità che lo schiacciava inesorabile verso il basso a portarlo a mugugnare di dispiacere. “Semplicemente non parliamo.”
 
“E tu vuoi disperatamente farlo.” Aryu fece una mossa che non comprese e volteggiò i suoi lunghi capelli lucidi all’aria. “Si vede dalla tua pelle. Hai i pori dilatati.”
 
“Hai la testa altrove.” Accettò Otoya sorridendo. “Bacialo e togliti il pensiero. O picchialo.”
 
“Perché dovrebbe picchiarlo?” Domandò Yukimiya pulendosi gli occhiali.
 
Otoya alzò le spalle, avvicinandosi alla panca con l’asciugamano cinto ai fianchi. “Dopo l’ultima rissa le cose sono tornate noiose.” E l’occhiata divertita che scoccò ad un Rin isolato fece ridacchiare malignamente Bachira e adombrare ancora di più il burattinaio.
 
“Che mancanza di stile.”
 
“Potresti iniziare con calma, magari chiedergli come sta.” Nagi non si aspettava che Isagi parlasse ancora. Credeva che, avendolo oramai affogato nella merda, se ne sarebbe stato calmo da qualche parte e gli avrebbe chiesto scusa più tardi, ma a quanto pareva era completamente investito in qualcosa che vedevano solo loro. “Sono sicuro che gli manchi anche tu.”
 
Sì, era sicuro anche lui che a Reo mancava. In particolare le sue rotule con cui decorare la finestra della sua camera se solo si fosse avvicinato abbastanza, dopo quello che gli aveva detto. “Non penso voglia …”
 
“Tesoro, sei così tristemente cieco.” Aryu volteggiò fino a lui e lo scrutò da sotto una ciocca particolarmente lunga. “Posso dirti io che lo vuoi disperatamente ed ho scelto di non parlarti mai dopo aver visto quelle doppie punte così poco stilose.”
 
“Non capisco perché vi state …”
 
“Ti manca.” Nagi si zittì, bloccandosi di botto. “Pensi a lui in continuazione.” Si leccò le labbra d’impulso, mordendole piano.
 
Isagi si mosse, alzandosi lentamente. “Ti sei chiesto come sarebbe stato arrivare fino a qui con lui.” Lo vide sorridere, i suoi occhi blu così limpidi quando erano fuori dal campo di calcio. “Affrontare tutto questo senza doverlo abbandonare.”
 
“È normale.” La voce di Nagi era secca, il piede che calciava la gamba della panca con il tallone. “Siamo amici.”
 
“Gli amici non vogliono sbattersi a vicenda, sai?” Bachira cinguettò ridacchiando e Nagi si ritrovò a pensare improvvisamente a come potessero essere le labbra di Reo sulle sue, se avesse sentito il sapore delle patate dolci che amava sgranocchiare fuori pasto nella sua saliva, se sarebbe stato veramente abile a baciare come si era sempre vantato o erano tutte bugie. Voleva scoprirlo e voleva farlo in quel momento preciso e la cosa lo gelò lì, sulla seduta dura di quella panca di spogliatoio, circondato da dementi amanti dei pettegolezzi.
 
Dovette avere lo shock dipinto sulla sua faccia, perché Isagi gli poggiò una mano sulla spalla con movimenti lenti e dolci. “Va tutto bene sai? Penso sia una bella persona.”
 
“Oh, non lo è.” Sbuffò Chigiri roteando gli occhi.
 
“Quello è uno stronzo, che cazzo vai dicendo?” Ridacchiò Karasu scuotendo la testa.
 
“Dovete solo levarvi dalla mia postazione.” Ringhiò Barou afferrando i propri indumenti puliti.
 
“Puoi portarlo a meditare nei boschi.” Si inserì Gagamaru distrattamente e dopo quello le cose non furono più le stesse.
 
“Che razza di appuntamento è?”
 
“Non si può uscire.” Ricordò Hiori sospirando. “Siamo chiusi qui dentro.”
 
“E poi non penso che Ego sia disponibile per organizzare uscite romantiche.” Sì, il pensiero era orribile, sia per Ego che si metteva a chiamare ristoranti pre approvati che per lui e Reo davanti un piatto di ramen proteico.
 
“Puoi prestargli un nastro per i capelli.” Continuò Gagamaru.
 
“Perché? Ha i suoi elastici.” Che gli raccoglievano i capelli in una codina alta che accendeva tutte le fantasie sbagliate in quel momento. Vaffanculo a tutti quei cazzoni!
 
Gagamaru lo fissò serio, senza battere le palpebre. “Quindi te ne avanza uno? Dallo a me, l’ho perso.”
 
“È geniale!” Se lo diceva Bachira non lo era, assolutamente. “Nagi, sei così fortunato ad averci!”
 
Non gli venne da ridere semplicemente perché era ancora scioccato dal pensiero improvviso della mancanza dell’odore dello shampoo di Reo – argilla dolce e anguria in un connubio all’apparenza così schifoso ma che invece gli ricordava le giornate passate nella sua camera, teste vicine a guardare partite al maxi schermo e il suo sorriso sincero che spuntava fuori ad ogni azione particolarmente ben fatta. Si ricordava di aver guardato le sue labbra tese all’insù ed essersi chiesto se veramente avesse già baciato qualcuno, la voglia di provarle soffocata dalle voci di telecronisti esaltati.
 
Non si era accorto veramente di nulla.
 
Bachira si alzò, prendendolo per le spalle e scuotendolo leggermente. “Ti aiuteremo noi a conquistare Reo!”      
 
Le proteste si erano alzate nel tempo di un battito di ciglia.
 
Fragorose, rumorose, maleducate, ironiche e alcune stranamente interessate.
 
“È uno spreco di tempo.” Aveva sbuffato Niko frugando qualcosa nel suo borsone. Come riuscisse a vedere con tutti quei capelli davanti gli occhi era un mistero.
 
“Non me ne frega un cazzo di nessuno, fottetevi.” Aveva ringhiato Barou prima di andarsene sotto la doccia, le sue cose al sicuro in un angolo della panca ignorato da tutti. Karasu si sbrigò a strofinare tutti i suoi indumenti puliti sul sedere nudo e poi rimetterli a posto, il ghigno sempre presente sulla faccia.
 
“Cosa ci guadagno?” Ringhiò Raichi a muso duro. “Questo stronzo è titolare e io no, se è distratto da quell’altro perderà il posto.”
 
“Ne dubito.” Borbottò Nanase con il suo pesante accento del Kansai, sussultando leggermente quando Raichi lo guardò malissimo. “Voglio dire, mi spiace dirtelo ma è molto bravo.”
 
“VUOI DIRE CHE IO NON LO SONO?”
 
“Cosa ti aspetti che facciamo?” Domandò Hiori guardando Bachira confuso. “Che gli diamo consigli su come conquistare quel Reo? Noi?
 
“Chi meglio di noi per rimorchiare un fissato con il calcio?” Rispose Bachira ridacchiando. “Ci organizzeremo per distrarre Reo e intanto diremo a Nagi cosa fare!”
 
“Non ne vedo il bisogno.” Davvero, Nagi non voleva nulla del genere.
 
Per prima cosa, Reo era una faina. Avrebbe capito tutto in un secondo e non era ben sicuro di cosa sarebbe successo dopo, ad essere sinceri.
 
E poi erano tutti sempre insieme, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Come avrebbero dovuto farlo rimanere un segreto era un mistero, soprattutto tra quel gruppo in cui esisteva gente che credeva che l’urlo era la comunicazione di base e Ego che compariva senza avvertire nel maxi schermo nei momenti meno indicati. Non riuscivano ad avere un momento di privacy nemmeno per andare in bagno, sarebbe stato un incubo.
 
Inoltre, non voleva che la cosa diventasse affare di Stato. In quel momento, poteva vedere tranquillamente che era attratto da Reo, spinto alla consapevolezza da quelle considerazioni mentali che erano sorte come un fulmine a ciel sereno, ma non era così convinto di dover fare qualcosa a riguardo. A lui andava benissimo così, non voleva fare nulla se non aspettare che Reo si calmasse abbastanza da venire da lui e parlare come se niente fosse successo.
 
Ma Bachira non la pensava così e Bachira aveva troppe energie per i gusti di Nagi, che in quel momento non bramava altro che andare in camera sua e affondare la testa sotto il proprio cuscino.
 
“Vedrai, andrà benissimo!”
 
In tutta sincerità, Nagi ne dubitava.
 
 
*
 
 
Faceva bene a dubitarne. Benissimo.
 
“Allora, dobbiamo per prima cosa analizzare l’obiettivo.” Bachira aveva messo una mano sulla spalla di Isagi e gli sparò un sorriso talmente accecante da rivaleggiare con il sole. “Isagi-kun, tocca a te!”
 
“A me?” Isagi era sconvolto. Nagi ne fu parzialmente deliziato, perché era solo colpa sua se si ritrovavano a giocare ai servizi segreti in quel modo. “Cosa posso fare io?”
 
“Conosci bene Reo.” Nagi notò con la coda dell’occhio le spalle di Rin irrigidirsi. Sperò non cominciasse a picchiare la gente come aveva fatto con Shidou. “Dacci informazioni.”
 
“Ehm …” In realtà, Isagi aveva scambiato mezza parola contata con Reo, non capiva chiaramente cosa intendesse fare Bachira.
 
“Come, non hai parlato con Nagi nelle notti stellate del Blue Lock circondati solo dal frinire delle cicale? Tu e lui da soli?” Nagi era sicurissimo che, per tutto il tempo in cui era entrato nel Blue Lock, la propria testa toccava il cuscino alle otto di sera ed era tutta una filata di sonno ininterrotto fino alle cinque e mezza di mattina, orario in cui Ego faceva partire la sveglia che riusciva a fargli aprire gli occhi solo al terzo ciclo. Che poi Isagi passasse le notti a fare altro per lui rimaneva un mistero.
 
Vide di sfuggita Rin raddrizzare la schiena e ondate di odio partire dalla sua direzione verso la propria innocente persona, quindi capì che l’intervento di Bachira mirava ad infastidire più di una vittima. “Non dire bugie.” Lo rimbeccò piano e Bachira ridacchiò esilarato.
 
“Cosa vuoi sapere di quel tizio? È un nevrotico.” Nagi poteva anche mentire e dire di apprezzare l’intervento di Karasu, ma solo lui poteva chiamare Reo nevrotico. “È un vincente.” Puntualizzò offeso per conto di Reo e Karasu fece una faccia schifata. “Dio, lo difendi pure.”  
 
“Gioca con la lingua di fuori.” Sibilò Rin passando loro accanto per raggiungere il suo borsone. “Sicuramente sbava.”
 
“Vuoi aiutarci?” Nagi si girò a guardare Isagi stupito. Perché cazzo quella domanda? Ah già, si parlava di lui e Rin. “Potrebbe esserci utile un parere in più.”
 
“Tsk.” Rin prese l’asciugamano e camminò in direzione delle docce, il pensiero di argomentare nemmeno a sfiorargli la corteccia cerebrale. Isagi sedeva sulla panca in punta di sedere, come se fosse indeciso se raggiungerlo o meno.
 
Nagi preferì girare la testa per guardare un Bachira e un Chigiri talmente presi dalla situazione che quasi avevano le stelline negli occhi, perché quella scena si ripeteva anche troppe volte al giorno per i suoi gusti.
 
Che faccia aveva Isagi a impicciarsi dei suoi affari quando lui era messo infinitamente peggio.
 
Rin sparì nei bagni e l’attenzione di tutti si ristabilì su Nagi. “Allora, come vuoi procedere?” Domandò Isagi, la spolverata di rosa sulle guance che sarebbe rimasta per la successiva mezz’ora.
 
“Non voglio.”
 
“Portagli dei fiori!” Urlò un Igarashi molto fiero della sua idea.
 
“E dove li trova? Non può uscire.” Gli ricordò Otoya con tono annoiato.
 
“Strappa l’erba sintetica del campo.” Ghignò Karasu chiaramente intenzionato a non aiutare.
 
“Schiaffeggiagli il culo!” Se ne uscì Raichi facendo alzare un coro divertito.
 
“Non vi siete mai approcciati a nessuno, vero?” Hiori sembrava quasi dispiaciuto per il proprio intervento. Guadagnò un’alzata di sopracciglia allusiva da Karasu e un ghigno compiaciuto da Otoya, ma fu Raichi a portare al disastro. “Ma l’hai visto? Ha la faccia di uno a cui piace questa roba.”
 
Aveva scoperchiato un vaso che Nagi avrebbe tenuto felicemente chiuso. Perché immaginare Reo che arrossiva stupito, scioccato, arrabbiato ed eccitato dopo una manata forte sul suo sedere lo avrebbe portato ad un incontro con la sua mano destra più tardi nei bagni.
 
“In effetti dovremmo mettere Nagi davanti a dei porno.” Quell’uscita infelice fu opera di Chigiri. Il calmo, divertente, pacato Chigiri. Una pugnalata alle spalle avrebbe fatto meno male. “Magari capisce cosa gli piace.”
 
“Gli deve parlare, non farselo subito.” Gli ricordò Niko a bassa voce. Yukimiya dietro di lui sembrava stare soffocando dalle risate.
 
“Potrebbe essere un’idea,” Borbottò invece Bachira. “chi ha il cellulare?”
 
“I siti sono controllati qui.” Isagi attirò tutti gli sguardi dopo quella distratta considerazione. Nagi lo vide battere le palpebre confuso. “Che c’è?”
 
“E tu come lo sai?” Era riuscito a sconvolgere Bachira. Non era cosa da tutti i giorni.
 
Isagi arrossì come un pomodoro. “Ehm … ho cliccato su una pubblicità per sbaglio e … ecco …”
 
“Ma tu non sei mai riuscito ad avere il cellulare.” Ricordò Tsurugi tirando su gli occhiali sul naso. “Come hai fatto?”
 
“Avrà usato quello di qualcun altro.” Chigiri aveva quella faccia annoiata che prometteva di uccidere delle persone con la prossima frase. “Quello di Rin magari.”
 
“Il mio rispetto per te è aumentato.” Lo informò Otoya con voce sentita.
 
“Non voglio guardare porno con voi.” Sbadigliò Nagi stiracchiandosi. “Che schifo.”
 
“Nessuno vuole vederti masturbarti.” Sibilò Niko andandosene, evidentemente decidendo di averne avuto abbastanza di tutto.
 
“Offrigli cibo.” La schiettezza di Gagamaru catturò l’attenzione di tutti, che si girarono a guardarlo con interesse. “Il cibo è sempre la via.”
 
“Mangiamo tutti cose buone ora.” Mormorò Aryu contrariato. “Il che lo reputo una mancanza di rispetto per chi è evidentemente più bravo. E, peggio, di stile.” Scosse la testa dispiaciuto. “La mancanza di stile è molto, molto peggio.”
 
“Ma potrebbe offrirgli qualcosa che sa che gli piace!” Igarashi cominciò a sbavare. “Un bel piatto caldo di riso con curry speziato … Con me funzionerebbe di sicuro.”
 
“Gli piace la bistecca.” Borbottò Nagi. E non un bistecca normale, ma la fottutissima Ichibo Steak, il codone del Wagyu Miyabi di Kyoto. Si trattava di manzi estremamente viziati la cui carne era mantenuta tenera per le coccole costanti a vitellini scalcianti e a bestioni ruminanti. Nagi era riuscito a rubarne un boccone solo una volta, Reo quasi gli aveva spezzato l’indice. “Ma come faccio a cedergliela senza che si insospettisca?”
 
“Ah beh,” Chigiri mise uno sguardo determinato e lo guardò con un piano già in mente. “te lo spiegherò io.”
 
Nagi reputava tutto una grandissima stronzata.
 
Le cose dette da Chigiri erano tutte tantissime stronzate e se lo diceva lui, che in queste cose ci capiva veramente poco era da crederci.
 
Primo: Ego non aveva un budget tale da rifornire la mensa (o quella che riteneva la mensa, dove cazzo veniva cucinata la roba?) con il cibo a cui era abituato Reo. E lo sapeva, si era sorbito le sue lamentele continue di come veniva cotta la carne, delle spezie utilizzate, delle verdure non di suo gusto, della soia scadente, di tutto. Aveva comunque spazzolato ogni cosa perché a Reo piaceva mangiare, ma non aveva salvato nemmeno un piatto dalle sue critiche.
 
Secondo: se quel giorno fosse stata servita la bistecca – quella per la plebe -, Reo l’avrebbe sicuramente presa per sé rendendo inutile qualsiasi cosa. Forse avrebbe potuto offrirgli delle patate ma, ancora, ne avrebbe già avuto un piatto pieno. Reo era abituato ad ottenere quello che voleva in qualsiasi campo e il cibo non era l’eccezione alla regola. L’unico momento in cui qualcosa non era andata come voleva era stato, manco a dirlo, il voltafaccia di Nagi.
 
E, quindi, terzo: aveva una paura fottuta.
 
Sentiva lo stomaco sottosopra, sentiva svolazzare qualcosa al suo interno, sbattere contro le pareti e cercare una via di fuga verso l’alto, arrivare in gola e scendere giù, ad infastidirlo di nuovo nell’addome.
 
Quando entrò nella sala mensa, lo fece con passo lento e sonnolento e non si accorse di nulla e nessuno.
 
Prese il suo vassoio e, nel momento in cui dovette scegliere il suo pasto, si attivò tutto.
 
La mano tremò leggermente, notò con orrore. La chiuse forte a pugno e cercò di fare respiri lunghi, sentendo solo mille sguardi sulla sua schiena e l’unico che avrebbe dovuto guardarlo, invece, ignorarlo senza pensieri.
 
Afferrò il vassoio con presa sicura e arrivò al tavolo di Reo, sbattendo tutto al posto davanti al suo e sedendosi secco.
 
Reo alzò la testa stupito. “Cos-”
 
“Ho visto che era libero.” Nagi prese le bacchette e cominciò a mischiare le verdure saltate, cercando di prendere tempo.
 
Non vide Reo guardarlo come se gli fosse spuntata un’altra testa. “Beh, sì.”
 
“Allora mangio.” Portò la ciotola della zuppa di miso alle labbra, scottandosi quando prese il primo sorso. Reo continuò a guardarlo stranito prima di riportare l’attenzione al suo cibo.
 
Il suggerimento di Chigiri si limitava a pochi semplici passaggi: prendere la bistecca, tagliarla in pezzi e imboccare Reo come se fosse la cosa più preziosa sulla faccia della terra.
 
Una stronzata pazzesca.
 
Chigiri spiegò che nell’ultimo romanzo che stava leggendo succedeva esattamente questo e i due protagonisti erano riusciti a mettersi insieme in modo relativamente semplice. Nagi mise in dubbio la sanità mentale di Chigiri più volte durante la spiegazione – come anche Karasu, Otoya, Hiori e, in modo del tutto inaspettato, Isagi. Yukimiya dovette scappare a riprendere fiato per le troppe risate. Bachira chiese il titolo del romanzo e dichiarò “Voglio vedere se ci sono altre scene divertenti come questa!” –, ma in mancanza di un’iniziativa migliore dovette soccombere.
 
Cominciò quindi l’operazione, affondando la forchetta nella carne succosa grigliata alla perfezione e dividendola in bocconi, una concentrazione che faceva capolino sol sul campo da calcio.
 
Ne infilzò un pezzo e portò la forchetta in avanti, verso Reo. “Apri la bocca.” Ordinò deciso.
 
Reo alzò gli occhi dal suo piatto, passando lo sguardo da lui alla carne porta con la confusione che non aveva mai abbandonato la sua espressione. “Cosa?”
 
“Apri la bocca.” Ripeté di nuovo, muovendo la mano più avanti. “L’ho presa per te.”
 
“E perché?” Il tono era scocciato, questa volta. Più tagliente, più maligno. Gli era quasi mancato, pensò ritrovando una calma che non capiva. “Prendo il mio cibo da solo e so mangiare senza aiuto.”
 
“Ma questa ti piace.” Lo incalzò muovendo la forchetta a mimare un aeroplanino. “È cotta esattamente come vuoi tu.”
 
“No, questa mi piace.” Indicò il proprio piatto e, per la prima volta, Nagi gli diede un’occhiata.
 
Merda.
 
C’era la fottuta Ichibo Steak, lì dentro. Tenera, morbida, abbrustolita fuori e succosa dentro, il cuore rosso circondato dal rosa della scottatura più curata, leggere venature di grasso invisibili e quello in cima a rendere tutto più gustoso. “Non è possibile.” Borbottò Nagi, il braccio che si abbassava di propria iniziativa. “Come hai fatto ad ottenerla?”
 
“Ho parlato con Ego.” Spiegò secco Reo.
 
Parlare, in questo caso, significava pagare. Ed Ego significava semplicemente Ego, che a quanto pareva poteva essere comprato facilmente, almeno per quanto riguardava le bistecche.
 
Reo prese l’ultimo boccone del suo pasto e lo portò tra le fauci, alzandosi per mettere tutto a lavare. “Tieniti la bistecca dei perdenti.” Borbottò a bocca stretta e lo lasciò lì, il braccio a mezz’aria e il tentativo di riappacificarsi allegramente in fiamme.
 
La carne si staccò dalla forchetta appena la porta si chiuse dietro le spalle di Reo.
 
Il suono umido dello schianto sul tavolo – splash schifoso che portò a schizzare di unto qualsiasi cosa – non fece altro che deriderlo ulteriormente.
 
 
*
 
 
“Fase 1 completata.” Dichiarò Bachira spuntando un’opzione immaginaria nell’aria. “Complimenti soldato!”
 
“Completata in che modo?” Domandò Otoya sinceramente curioso. “Devo essermi perso qualche passaggio, perché io l’ho solo visto fare la figura dell’idiota.”
 
“Vaffanculo.” Borbottò Nagi ma senza convinzione: era quanto di più accurato fosse successo.
 
“Non capisco.” Disse Gagamaru con quella che Nagi pensava fosse una faccia confusa. Non riusciva a capirlo benissimo. “Il cibo funziona sempre.”
 
“Reo è riuscito ad ottenere da solo cibo migliore.” Molto migliore. Estremamente migliore. Pacchi di yen in più e capacità di raggiro migliore. Non avrebbe avuto possibilità a prescindere, ragionando con il senno di poi.
 
Gagamaru rifletté velocemente, poi annuì. “Come gli orsi. Forse dovresti fare come loro.”
 
Ottenne l’attenzione di tutti. Nagi imprecò mentalmente. “In che senso?” Domandò Bachira.
 
Gagamaru lo guardò con i suoi occhi leggermente vacui. “Le femmine di orso sono molto selettive e mettono alla prova il vigore e la resistenza dei maschi. È chiaramente quello che sta facendo Reo.”
 
“Perché lo hai chiesto.” Sbuffò Hiori roteando gli occhi.
 
“No no, sono curioso.” Si inserì Karasu. “E fanno tutte così?”
 
“Nella maggior parte dei casi.” Approvò Gagamaru, una passione che gli avevano visto per poche cose. “I maschi non devono mai lasciare la femmina incustodita, perché potrebbe esserci un pretendente pronto. Rimane comunque un gioco che conduce la femmina: una femmina non consenziente può diventare molto aggressiva.”
 
“Dio, vedo più di una persona qua dentro che si presta al paragone.” Ridacchiò Otoya beccandosi un “Vero?” da Karasu e un’occhiata tagliente da Hiori. “Quanto dura questo stalking?”
 
“Da dieci giorni a diverse settimane.”
 
“Che non abbiamo, quindi Nagi deve usare metodi più diretti.” Sibilò Hiori puntando l’attenzione su Chigiri. “Dicono altro i tuoi romanzi?”
 
“Non voglio basarmi su quelle cose, faccio da solo.” Tentò di dire Nagi prima che Bachira scoppiasse a ridere senza fermarsi. “Dico sul serio!”
 
“Potevi farlo prima.” Sorrise Isagi.
 
“Prima non avevo capito.” Ed era questo il brutto. Se se ne fosse accorto tempo prima, avrebbe fatto le stesse scelte? Avrebbe detto le stesse cose? Sarebbero riusciti a rimanere insieme nonostante tutto?
 
Erano cose a cui non voleva pensare troppo, ma erano presenti in una parte della sua mente e non era del tutto certo di volerle sotterrare nei meandri dell’oblio totale: erano situazioni che sarebbero potute sorgere in ogni momento.
 
“Potresti fargli un complimento.” Propose Chigiri e Nagi si chiese perché non lo avesse detto prima. “I complimenti fanno sempre piacere.”
 
“Reo sembra un vanesio, funzionerà sicuro.” Borbottò Ishikari passando di sfuggita.
 
“Che dovrei dirgli? Sa già che è bravo a calcio.”
 
“Non esiste solo quello, fissato.” Ringhiò Raichi senza motivo.
 
“Ha … ha ragione, sicuramente avrà altri pregi.” Balbettò Tokimitsu torcendosi le mani. “Puoi dirgli che è carino.”
 
“Glielo dicono in continuazione, perché dovrei farlo io?”
 
“Nagi, vuoi entrare nei suoi pantaloni!” Otoya prese un lungo sospiro, non capacitandosi. “Devi intontirlo di cose, riempilo di stronzate e lo bacerai entro mezzogiorno.”
 
Nagi non capiva cosa potesse farci con i baci se Reo non era disponibile a venirgli incontro. Non era quello per cui dovevano aiutarlo?
 
“Senti, tu vai e gli dici qualcosa.”
 
“E cosa?”
 
“Qualsiasi cosa!” Otoya ridacchiò, scuotendo la testa. “Davvero, non deve avere senso! ‘Sei carina’, ‘Ti sta bene quella gonna’, ‘Ho visto una modella su una rivista e pensavo fossi tu’, la prima cosa che ti viene in mente! E se quello non funziona, ci sono gli animali.”
 
“Come gli orsi?” Domandò Gagamaru sistemandosi il nastro ai capelli.
 
“Più carini degli orsi.”
 
“I cuccioli di orso?”
 
“Amico, hai un problema con gli orsi.” Commentò Tsurugi, il giudizio chiaro nella voce.
 
“I cuccioli vanno benissimo!” Otoya si sedette vicino a Nagi, la sicurezza del diavolo tentatore. “Prendi un animale carino e lo paragoni a lei!”
 
“Ma non è una ragazza.” Ricordò Nagi scocciato. “È Reo.”
 
Otoya mosse una mano, come a scacciare una mosca. “Stessa merda, fidati. Paragona i suoi occhi a quelli di un cucciolo di foca, digli che è tenero come un gattino, i pinguini! Con i pinguini riesci a farti chiunque!”
 
“Non credergli, è una stronzata.” Borbottò Karasu. “Ci ho provato e non ha funzionato.”
 
“Ci hai provato con la persona sbagliata.” Mormorò Hiori a mezza bocca, un sorriso leggero sul viso.
 
“Reo non somiglia a nessuno di quegli animali.” Nagi storse il naso, credendo più a Karasu che ai pazzi consigli di Otoya.
 
“E chi ti dice che deve essere vero?” A dirlo fu Isagi e Otoya annuì soddisfatto. “Vedi? L’ha capito anche lui! Prendi un animale che ti piace e usa quello.”
 
“Il delfino!” Cinguettò Bachira, ottenendo l’approvazione di Otoya.
 
Nagi ci pensò su. “A me piace il bradipo.”
 
Fecero tutti una smorfia. “Non usare il bradipo.” Gli ordinò Otoya secco. “Usa il pinguino. La vedo già difficile così com’è, non complicarla ulteriormente.”
 
“Ma il bradipo è carino.” Borbottò Nagi. “So un sacco di cose sul bradipo.”
 
“Sì, ma lo vuoi paragonare ad un animale lento e con la faccia da idiota!” Strillò Igarashi. “Usa il pinguino, hanno ragione loro!”
 
Non avevano ragione, ma Nagi dovette soccombere nuovamente.
 
Il problema era che Reo non sembrava assolutamente un pinguino. I pinguini erano goffi, camminavano dondolando, venivano mangiati dalle foche ed erano ridicoli. Reo era quanto di più lontano da quella descrizione: longilineo, belle gambe, sicuro di sé, decisamente sexy ed avrebbe masticato qualunque cazzone pensasse di superarlo.
 
Non c’erano i presupposti per un complimento del genere, perché non lo era.
 
Dopo che ebbe vagato per mezzo Blue Lock senza risultati – Niko lo aveva sorpassato con passo sicuro e gli aveva sussurrato a voce talmente bassa da sembrare di essersela immaginata “È in camera sua.” Nagi si era girato sconvolto ma Niko era già sparito dietro un angolo -, lo trovò nella stanza a lui assegnata, sdraiato sul letto superiore della struttura a castello con una rivista sportiva tra le mani.
 
“Dove hai preso quella cosa?” Domandò Nagi curioso e Reo si girò di scatto, gli occhi enormi stupiti dal ritrovarsi qualcuno nella camera senza preavviso. O forse di trovare lui. “Ego ti fa troppi regali.”
 
“Me lo sono guadagnato.” Poteva significare qualsiasi cosa e Nagi scelse di non indagare ulteriormente. Si sedette sul letto vuoto davanti al suo, la parte bassa più accessibile. “Che ci fai qui? Non hai altro da fare?”
 
“No.” Borbottò, guardandolo alzarsi a sedere e vedendo il suo sguardo diventare più severo. “Ti cercavo.”
 
“Sono impegnato, quindi vattene.”
 
“Stai leggendo.” Puntualizzò Nagi sdraiandosi sul letto non suo. “Puoi anche fermarti.”
 
“Per te?” Il tono era acido e Nagi capì di doverlo distrarre, perché non era quella la conversazione che voleva affrontare.
 
Reo era carico. Vedeva il fuoco nei suoi occhi, vedeva la voglia di sbattere in faccia a Nagi che poteva cercare tutti gli Isagi del mondo ma alla fine tornava sempre da lui, a strisciare, a piangere, ad implorare un perdono che non gli avrebbe concesso. Lo vedeva raggruppare il veleno sulla lingua e, senza pensare, sbottò “I bradipi sono carini.”
 
Fu una mossa vincente. Riuscì a lasciare Reo interdetto. “Cosa?”
 
“Quando sono cuccioli hanno questa faccina piccola e questi occhi enormi che vorresti coccolare finché non ti cadono le braccia. Sorridono sempre.” Continuò Nagi guardando le sue spalle abbassarsi, il petto sgonfiarsi e l’arrabbiatura evaporare piano. “E poi si aggrappano e sono perfetti da abbracciare.”
 
“Non capisco cosa dovrebbe fregarmi.”
 
“Sei come loro.” La faccia non era lusingata. Tutt’altro. “Sei carino, mangi le cose che ti piacciono e quando dormi hai quest’espressione felice che non capisco perché, ma la guardo e mi si ferma il respiro.”
 
La sua bocca si allentò leggermente dalla smorfia arrabbiata di poco prima. Lo vide prendere un respiro forte e le guance colorarsi di rosa pallido. Ah ah ah, fottiti Otoya, i bradipi funzionavano alla grande.
 
“Sai che nascono sul ramo di un albero e passano sopra quell’albero il resto della loro vita?” Reo scosse la testa leggermente in diniego. “Lo fanno i maschi in realtà, le femmine li cambiano per riprodursi.”
 
Reo si schiarì la gola, leccando piano le labbra. “Salgono da loro?” Domandò cauto, spostandosi leggermente sul posto.
 
Fosse stato un altro Nagi avrebbe preso quell’atteggiamento come un invito a raggiungerlo. Fosse stato un altro ne avrebbe approfittato per parlargli veramente, per chiarire, per fare qualcosa.
 
Fosse stato un altro avrebbe anche ringraziato Otoya, convincendo Reo a ricattare Ego per mandargli chili di Ichibo Steak grigliata per onorare un suggerimento degno di questo nome.
 
Ma Nagi non era un altro. Ed era immerso nel magico mondo dei bradipi. “No, in realtà. I bradipi maschi scendono dall’albero solo per fare la cacca e l’odore attira le femmine. Si accoppiano lì e poi ognuno per sé.”
 
Il viso di Reo assunse una sfumatura furente. “E poi hanno questa caratteristica che i bradipi sono pieni di schifo. Hanno la pelliccia zeppa di parassiti, di muschio, di insetti, non puoi capire la merda che ci si può trovare.”
 
“Quindi mi hai paragonato a uno sgorbio sporco da far vomitare.” Sibilò Reo arrabbiatissimo e Nagi batté gli occhi, ritornando al mondo vero e non a quello dei documentari naturalistici. “Che cazzo sei venuto a fare?”
 
“Ma non puzzano!” Cercò di dire con tono agitato. “Il muschio nella pelliccia non li fa puzzare, quindi in realtà li abbracceresti tutto il giorno!”
 
“Vaffanculo.”
 
Quando ritornò nella sua camera, trovò tutti in attesa di novità. “Allora?” Domandò Isagi, il portavoce del pensiero comune. “Com’è andata?”
 
Nagi non batté nemmeno le palpebre.
 
Guardò ognuno di loro, passando gli occhi lentamente sulle loro facce dapprima speranzose, poi dubbiose del suo silenzio. Li scrutò uno ad uno fino ad arrivare ad Otoya, sogghignante e sicuro. “Ha funzionato, vero?”
 
Non era colpa di nessuno, Nagi ne era consapevole. Forse se avesse parlato dei fottuti pinguini le cose sarebbero andate diversamente, anche se continuava a dubitarne.
 
Nonostante ciò, nonostante la consapevolezza di aver sbagliato l’animale su cui basare la propria vita, sospirò. “I tuoi consigli fanno schifo.”
 
 
*
 
 
“Non voglio più seguire nulla di quello che mi dite.”
 
“Lo seguissi veramente saremmo tutti più felici.” Sibilò Otoya colpito nel vivo. “Non hai fatto nulla di quello che ti abbiamo detto!”
 
“Hai detto di paragonarlo a un animale, l’ho fatto!”
 
“Ad un fottuto bradipo!” Mentre Karasu rideva malignamente, Otoya era sempre più incazzato. “A quello l’hai paragonato, quando in seimila ti avevamo detto di non farlo!”
 
“Per tua informazione, il bradipo ha funzionato alla grande.” Borbottò Nagi sdraiandosi a terra, sopra una pila di vestiti incustoditi. “C’è stato dopo il problema.”
 
“Quando gli hai praticamente detto che aveva i pidocchi?”
 
“Vuole solo dire che non è l’approccio giusto.” Li fermò Hiori mentre Otoya sbuffava forte dal naso. “Sei stato bravo, ma evita di insultare la tua cotta in futuro, ok?”
 
La protesta di Nagi – piena, sentita, accorata – venne prontamente bloccata da Chigiri, che domandò “Chi è con Reo in questo momento?”
 
Nagi lo guardò, non capendo. Fu Igarashi a rispondere. “Oggi era il turno di Bachira, Aryu e Tsurugi.” Ci fu un coro di lamenti e imprecazioni in merito. “Dobbiamo sbrigarci, si irriterà entro dieci minuti.”
 
“Cosa state facendo?”
 
“Te l’abbiamo già detto, abbiamo creato dei gruppi per distrarre la tua bella.” Spiegò Karasu con tono serio. “L’hai fatto insospettire solo di più con quelle uscite strane.”
 
“Erano tutte idee vostre.”
 
“Non sai fare un cazzo!” Sbottò Raichi quasi abbaiando. “Nemmeno un complimento!”
 
“Oramai è andata, concentriamoci sulla prossima azione.” Intervenne Isagi, sedendo per terra accanto a Nagi. “Almeno sappiamo che Reo ricambia, almeno in parte.”
 
Nagi batté gli occhi, guardando Isagi stupito.
 
Fino a quel momento non si era minimamente posto il problema che Reo non lo ricambiasse. In realtà, non aveva ancora capito se gli piacesse veramente Reo in quel modo o era stato plagiato dalle considerazioni dei suoi compagni.
 
Sapeva solo che voleva continuare a stargli accanto, che la sua presenza gli era mancata quasi fisicamente ma più di tutto mentalmente – gli occhi pieni di sfida e le sue braccia sotto le sue gambe, quando non voleva far stancare Nagi e decideva di portarlo sulla sua schiena; i suoi capelli lisci che arrivavano sotto le orecchie e quella codina piccola che svettava sulla sua nuca durante partite e allenamenti; il collo scoperto, bianco e lungo e quell’odore di anguria che aveva sempre pensato provenisse dal suo shampoo, ma che ora voleva provare a vedere se riusciva ad assaggiarlo sulla pelle; la lingua portata fuori per deridere gli avversari e il bisogno di saperla nella propria bocca, sentirla agile e infida contro la propria o attorno il proprio … sì, decisamente gli piaceva Reo in quel modo e oltre.
 
Pensare che Reo potesse non provare qualcosa per lui … beh, era arrogante dirlo ma sembrava impossibile. Eppure, adesso che Isagi aveva pronunciato quelle parole, poteva essere così fattibile da fargli andare il cuore a tremila, tutto per cose sbagliate. Sentiva il sangue ghiacciarsi, l’aria nei polmoni farsi così fredda da fare male, i pensieri che correvano per la sua mente, non uno positivo.
 
Non gli piaceva quella sensazione, decise. Reo era Reo, ovviamente era affezionato a Nagi. Ma sarebbe bastato?
 
“Forse è tutto inutile.” Borbottò, sistemandosi meglio in mezzo a tutte quelle maglie.
 
Ci furono una manciata di secondi di silenzio, poi Chigiri parlò “Cosa vorresti dire?”
 
“Se Reo avesse voluto qualcosa di più l’avrebbe fatto.” Continuò girandosi di lato, dando a tutti loro la schiena. “Se non l’ha fatto … beh, non è quello che vuole.”
 
“Oh no.” La voce di Yukimiya si fece sentire nella quiete attonita, arrivando alle sue orecchie e facendogli arricciare il naso. “Ha paura.”
 
“Paura?” Il ringhio di Raichi era sempre riconoscibile, così Nagi mise la testa sotto un paio di magliette. “Paura di cosa? Voglio spaccargli la faccia! Nagi!”
 
“Zitto, voglio dormire.” Ma Karasu infilò il dito nella piaga come solo gli stronzi sapevano fare. “Seriamente te la stai facendo sotto per qualcosa di così ovvio solo perché non ci riesci?”
 
Non era così.
 
Non era assolutamente così.
 
“Ragazzino viziato, sai che le cose belle sono le più faticose da ottenere?” Sentì dei passi avvicinarsi, dei “Karasu, smettila.” detti senza nemmeno troppa convinzione e, all’improvviso, la punta del piede sulla sua schiena, leggera e appena percettibile, senza fargli male.
 
Lo infastidì enormemente.
 
Si alzò a sedere di scatto, guardando Karasu dritto in faccia. Era serio, a scrutarlo dall’alto come se fosse un moccioso lamentoso. “Devi meritarlo, stronzetto, altrimenti non sarai che una merda sotto la sua scarpa.”
 
“Lo dici per esperienza?” La sfida nella voce puntava ad insultarlo, farlo desistere da quelle lezioni di vita non richieste. Ottenne un ghigno laterale e un’occhiata verso Hiori, che sostenne il suo sguardo con fermezza e una spolverata di rosa sulle guance.
 
Karasu leccò il labbro inferiore quando rispose “Decisamente.” e Nagi si sentì di troppo all’improvviso, una voglia assurda di scappare dalla stanza che si spiegava pure troppo bene.
 
“Dio, fatele a porte chiuse queste cose.” Otoya lanciò una maglia appallottolata addosso a Karasu, prendendolo in faccia e spezzando la magia. “Ma ha ragione, di cosa dovresti avere paura? Sei quasi arrivato e lui ti aspetta. Dobbiamo solo decidere quale consiglio farti mandare a puttane.”
 
Nagi aprì la bocca per rispondere, ma il maxischermo si accese e la figura di Ego che li sovrastò, giudicandoli da sotto il taglio dei capelli a scodella. “Cosa cazzo state facendo ancora lì? Andate ad allenarvi merdine, fate ancora schifo.”
 
“Ego-san, giusto in tempo!” Bachira arrivò in quel momento preciso, un sorriso tutto denti e un obiettivo stampato in faccia.
 
Gli occhi di tutti si spalancarono di terrore. “Hai lasciato Reo da solo?” Domandò Isagi a bassa voce.
 
“Uh? Oh no, c’è Aryu-chan con lui!” Spiegò soddisfatto. “Gli sta facendo vedere come dare più stile alla coda!” Ci fu un gemito collettivo che venne prontamente ignorato. “Ego-san! Una domanda! Un rubacuori come te, come fa a rimorchiare?”
 
Ego non se lo aspettava. Era scritto sulla totalità della sua faccia. “Non credo di aver capito e sono sicuro di non volerlo fare.” Sibilò di avvertimento.
 
Bachira non colse. “Avrai sicuramente una ragazza, come hai fatto a conquistarla? Dacci consigli d’amore!”
 
“Non avete ragazze a cui andare dietro, non vi serve.” Il silenzio che ne seguì fu più evocativo di mille voci. Ego sembrò comprenderlo, perché strinse le palpebre da dietro gli occhiali e gemette di sofferenza. “No, cazzo, no.” Il dolore nella sua voce era percepibile. Nagi quasi simpatizzò. “Non mi aspettavo questa evoluzione quando ho progettato tutto.”
 
“È stato stupido, Ego-san.” Bachira fu zittito da Chigiri e Isagi, solo un po’ troppo tardi perché venne fulminato da un’occhiata velenosa di Ego. “Non voglio sapere altro, filate in campo.” Sibilò grave, una promessa di morte molto evidente nella voce. “Vi darò lì le istruzioni per il riscaldamento.”
 
Il riscaldamento di solito era una faccenda per lo più privata, l’aiuto distratto di un compagno per l’allungamento e muscoli caldi pronti a toccare la palla.
 
Ma Ego sembrò decidere di vendicarsi per l’affronto di Bachira, visto che ordinò sbrigativo “Dividetevi in coppie e riscaldatevi, avete già perso troppo tempo dietro stronzate.”
 
Nagi si avvicinò automaticamente ad Isagi, che gli rivolse un sorriso di scuse e si girò verso Rin. Rin guardò Nagi con la sua faccia perennemente incazzata, poi si allontanò con Isagi alle calcagna.
 
Bachira si appiccicò ad un Barou scontroso, Chigiri con Raichi e tempo trenta secondi rimanevano soltanto lui e Reo liberi. Le occhiate laterali che ricevette confermavano un raggiro completo in tempo record e un effettivo piano in atto, a sua insaputa. Bastardi.
 
Reo era ancora un po’ arrabbiato. Lo capì quando lo raggiunse e gli disse “Sbrighiamoci a fare questa cosa.” come se non servisse anche a lui non uccidersi durante l’allenamento e gli stesse invece facendo un favore.
 
Fecero tutto in silenzio: piegamenti, stretching muscolare, allungamenti sulle gambe. Non si rivolsero una parola, le operazioni singole svolte tacitamente e con una pressione mentale a cui non era abituato. Tra Reo che evitava di guardarlo e gli altri invece che sembravano non poter fare altro, Nagi non era molto propenso a chiacchierare e far sentire a chiunque una conversazione che sarebbe dovuta rimanere privata. Aveva già fatto troppe figure di merda, non voleva dare spettacolo ulteriormente.
 
Fu lo stretching a terra a segnare la sua fine.
 
Osservare di sottecchi Reo non era stato così difficile. Aveva avuto più volte l’istinto di alzare gli occhi e guardare le sue guance arrossarsi per i primi leggeri segni di fatica, il velo di sudore impalpabile che si formava poco sotto l’attaccatura dei capelli, la maglia che si alzava e scopriva una striscia di pelle – schiena, pancia, una linea leggera che scendeva sotto il pantaloncino.
 
Toccarlo era tutta un’altra situazione di merda.
 
Le gambe di Reo erano allargate, il busto spinto in avanti per raggiungere terra e Nagi dietro, a spingere sulla schiena per stimolare articolazioni e flessibilità.
 
Sentiva i dossi delle vertebre sotto il suo palmo, attraverso la divisa e dovette reprimere l’impulso di tracciarle per tutta la schiena. Sentiva le spalle ruotare sotto le dita e spostò la mano come scottato, a portarla su un braccio nudo e poi di lato, pelle calda che sembrava bollire attraverso il cotone. Vedeva il suo collo seguire la linea della spina dorsale, la vertebra cervicale esposta al di sotto del colletto tirato, i capelli raccolti in quel piumino minuscolo e fili selvatici troppo corti per raggiungere le ciocche addomesticate, ma abbastanza lunghi da solleticare la pelle bianca e ipnotizzare Nagi con quei movimenti flessuosi, quella risposta ad un vento inavvertibile, quell’invito ad abbassarsi, a toccare, ad assaggiare …
 
“Che cazzo, mi vuoi ammazzare?” Reo si alzò di scatto e quasi diede una testata sul naso a Nagi, che si spostò per puro istinto.
 
Non si era accorto di essersi avvicinato così tanto, non si era nemmeno reso conto che lo stesse spingendo troppo, poggiandosi su di lui con un peso improvviso non preventivato. Lo vide girarsi per affrontarlo. “Cosa ti sta succedendo in questi giorni, stai impazzendo?”
 
Sentiva gli occhi di tutti su di lui, ma soprattutto vedeva quelli di Reo: infuriati, confusi, feriti.
 
Non voleva che succedesse questo.
 
“Non so a che gioco stai giocando, ma questo non te lo permetto.”
 
“Non l’ho fatto apposta, davvero.” Nagi strinse le mani a pugno, le unghie affondate nella carne alla ricerca di un dolore che lo trattenesse a terra. “Scusa.”
 
Reo lo scrutò per alcuni momenti, sopracciglia aggrottate e bocca ringhiante. Nagi si chiese che faccia avesse lui, invece, per convincerlo a distendere quella smorfia, accettando il suo patetico perdono senza sparargli un calcio in faccia. “Non sei più tu.” Gli sussurrò, alzandosi da terra a testa bassa. “Non capisco cosa sia successo, ma non sei più tu.”
 
“Perché dici questo?”
 
“Perché il te di prima non si sarebbe comportato così.” Nagi era ancora seduto, la puntura nei palmi delle mani che si faceva più acuto ad ogni sua parola. “Mi prendi in giro in mensa, mi deridi con animali strani. Va bene, ti sei fatto altri amici e non me ne frega niente, ma la distrazione nel calcio non è mai esistita fino ad ora.” Reo inspirò forte, scuotendo la testa quasi impercettibilmente. “Non ho deciso di farti diventare un grande per vederti ridurti in questo modo.”
 
“Non fare scenate inutili, è stato un incidente.”
 
“Non sei concentrato.” Sibilò, un’occhiata gelida che lo bloccò sul posto. Fece male, perché era quanto di più centrato nel calcio fosse mai stato, nonostante la situazione con Reo. Lo vide scuotere la testa, non volendolo guardare più. “Me ne vado.”
 
“Non puoi andartene, dobbiamo allenarci.”
 
“Ho un allenamento privato e mi sono scaldato abbastanza.” Reo si allontanò da lui, le gambe a percorrere in ampie falcate la strada che lo divideva dalla porta principale. “Ci vediamo quando avrai messo il cervello a posto.”
 
Non sapeva cosa facesse più male, se la schiena di Reo che spariva oltre l’uscita o le occhiate di tutti gli altri che avevano visto tutto, non più giudicanti ma di tutt’altra natura.
 
Forse era altro che faceva male: la puntura acuta nel petto, quella sensazione di sconfitta accresciuta ad ogni parola.
 
La consapevolezza di aver sbagliato tutto di nuovo.
 
 
*
 
 
“Cosa cazzo stai facendo ancora qui, coglione!”
 
Nagi alzò lo sguardo da terra, puntando Barou con occhi rabbiosi. Non aveva bisogno di gente che continuavano ad impicciarsi della sua vita, ne aveva abbastanza. “Fatti gli affari tuoi.” Sibilò, alzandosi per fronteggiarlo.
 
“Li sto facendo, perché dover assistere ad una merda del genere mi offende.” Nagi aveva tre centimetri buoni su Barou, ma Barou era più ampio di spalle ed era abbastanza sicuro che non ci avrebbe messo molto a buttarlo per terra e sederglisi sopra. In quel momento non gliene fregava nulla, Barou doveva solo fare quello che aveva sempre fatto e continuare ad ignorarlo. “Devi seguirlo.”
 
“Per fare cosa? Ha detto che non vuole vedermi.”
 
“No, ha detto che non vuole vederti finché non tiri fuori la testa dal culo.” Ringhiò, andandogli sotto il naso. “Ed è la prima volta che gli do ragione. Quindi, per cortesia, togli la testa dal culo e risolvi questa stronzata, la situazione è diventata anche troppo ridicola.”
 
“Cosa cazzo ne vuoi sapere tu? Il massimo che hai fatto è stato insultare e andartene.”
 
“E lo rifarei ancora se non mi facessi così schifo da volerti mandare a calci da quell’altro stronzo.” Nagi lo prese per il colletto con entrambe le mani, la voglia di riempirlo di pugni che lo invadeva ad ogni parola. Non gli interessava di tutti i “Nagi, no!” gridati dai suoi compagni, non gli interessava di nulla, non doveva dire un’altra parola.
 
Barou ghignò. “Dai merdina, provaci. Fatti cacciare come è successo al pazzo scatenato, sarà solo uno in meno da dover spedire a casa personalmente.”
 
Nagi strinse la presa respirando forte quando una mano si poggiò sul suo braccio. “Lascialo.” Mormorò Isagi a bassa voce, come se stesse parlando con un animale selvatico. “Ti sta solo provocando.”
 
Ci era riuscito perfettamente, per quanto lo riguardava. Era per questo voleva vedere il suo naso rompersi sotto il suo pugno, la cartilagine che si sbriciolava contro le sue nocche e il sangue che schizzava di getto, sporcandogli la divisa.
 
Strinse le dita, il tessuto in elastan che scricchiolava sotto le sue unghie. “Nagi, non ne vale la pena.” Continuò Isagi, la mano ferma contro il suo braccio. Nagi lo lasciò dopo un ultimo strattone, allontanandosi di un passo.
 
Barou lo derise, la voce piena di subdola soddisfazione. “Non sei nemmeno capace di finire questo, come pretendi di poter ritornare da lui?”
 
“Smettila.” Sibilò Nagi, i polmoni che bruciavano per l’ossigeno che stavano trattenendo. Non doveva parlare, non doveva parlare, non doveva parlare.
 
“Non capisco come non vedi che non hai bisogno dei loro consigli di merda.” Continuò Barou. “Lei è lì ferma e tu hai troppa paura di fare l’unico passo che si aspetta da te.”
 
Ci fu un attimo di silenzio totale.
 
Il respiro di Nagi si regolarizzò quando comprese effettivamente cosa Barou avesse detto e lo guardò, battendo le palpebre confuso. “Lei?” Sussurrò piano.
 
“LEI?” Bachira spezzò la tensione come solo lui sapeva fare e Barou divenne rosso d’improvviso, un fuoco che lo avvolgeva fino alla punta dei capelli. “Chi è lei?”
 
“Lui.” Si sbrigò a rettificare Barou, il viso completamente paonazzo. “Ho detto lui!”
 
“No no, hai detto lei!” Otoya si avvicinò, un ghigno enorme sulla faccia. “Barou, vecchio maiale, hai la ragazza? Puoi presentarmela?”
 
“Non ti avvicinare ad Airi, ti spezzo le gambe.”
 
“Airi-chan! Che bel nome!”
 
“Non ci credo che ha la ragazza, per me è una stronzata.” Mugugnò Karasu contrariato. “Una con un nome così carino poi.”
 
“Magari lei non vede bene.” Intervenne Chigiri legandosi i capelli.
 
“Barou, non capisco se questa informazione aumenti il tuo stile.” Aryu lo scrutò da sotto la sua frangia lunghissima. “Devo assolutamente vedervi insieme per decidere.”
 
“Che perdita di tempo.” Brontolò Niko allontanandosi a prendere un pallone.
 
Ma in questo momento Nagi non era interessato alla vita amorosa di Barou. Gli avrebbe dato la giusta considerazione più tardi, ma in quel momento erano altre le parole che lo avevano colpito. “Hai il mio stesso problema?” Domandò piano e Barou si volto a guardarlo, il ringhio sotto controllo ma il rossore ancora ben presente.
 
Lo vide chiudere stretto le palpebre e stropicciarsi la fronte, scuotendo la testa come se non potesse credere di ritrovarsi in quella situazione.
 
Nagi cominciò ad innervosirsi, guardandolo sbuffare una volta di troppo, finché non sbottò “No.” Nagi sentì un peso nei polmoni, chiedendosi perché avesse detto una cosa del genere. Ma poi lo guardò meglio, gli occhi sfuggenti e le orecchie scure di sangue imbarazzato. Quando parlò, capì di doversi muovere. “Io il mio passo l’ho fatto.”
 
 
*
 
 
Era entrato in due campi totalmente vuoti prima di riuscire ad arrivare a quello giusto.
 
L’ansia che gli invadeva il petto ogni volta che varcava una porta e la rassegnazione che dilagava nel riconoscere di aver sbagliato – un altro sbaglio, ancora una volta –, non lo avvolgeva più come una coperta di rammarico, bensì lo spingeva a ricominciare a correre, a mettere da parte i pensieri negativi e ritentare.
 
La spinta dei piedi sul pavimento, l’attrito di gomma contro linoleum pulito, il sudore che cominciava a scendere sul viso e il respiro controllato di chi era abituato a correre chilometri su terreni anche più scivolosi. Stavolta non si sarebbe fermato fino a che non avesse avuto Reo davanti.
 
Quando riuscì a raggiungerlo, non sapeva bene cosa aspettarsi di vedere.
 
Reo era in un angolo del prato artificiale, la palla sotto un piede e una concentrazione totale che non gli faceva sentire altro che il suo sangue pulsante e la sua mente veloce. Nagi riconosceva quello stato, l’aveva avuto davanti troppe volte per non farlo.
 
Intelligenza e passione, quella che era riuscito ad infondere anche a lui dopo un semplice blocco annoiato.
 
Non capì come si rese conto della sua presenza. Un respiro troppo forte, un sospiro sfuggito, il cuore che batteva come quello di cavallo, non ne era sicuro. Ma Reo alzò il viso, la piccola coda svettante nel nulla e lo sguardo dapprima stupito, poi nemmeno troppo interessato. “Ah,” Mormorò, guardandolo fare dei passi verso di lui. “sei tu.”
 
Nagi continuò a camminare, un accenno di tentativo di fare dei respiri profondi per calmare il battito in petto. “Aspettavi qualcun altro?”
 
“Barou.” Rispose Reo immediatamente, passandogli la palla che prese d’istinto. “Anche altri in realtà, ma di sicuro non tu.”
 
“Non credevi ti avrei seguito?”
 
“Non credevo saresti più tornato.” Reo inclinò la testa di lato, le palpebre più strette di un millimetro ad analizzarlo. “Ma non sono così sicuro che tu lo stia facendo, in realtà.”
 
“Non sto tornando.” Confermò Nagi, passandogli la palla con una spinta, facendola rotolare fino al suo piede. Reo non la bloccò. Rimbalzò leggermente contro la suola della sua scarpetta, la direzione spostata da un’angolatura sbagliata. “Non torno indietro, non eravamo più i più forti dopo quella partita.”
 
“Questo l’ho capito.” Non lo disse con acrimonia. Era una semplice considerazione che portò dei piccoli colpi nello stomaco di Nagi. “Quello che non capisco è che ci fai qui.”
 
Erano potenti.
 
Lì, contro la bocca dello stomaco e poco più giù, a rimbalzare disperati per poter uscire, alla ricerca di una via che non riuscivano a trovare. Era lui a non consentirglielo, capì all’improvviso. Lui che bloccava qualunque cosa fosse, avvelenandolo con diniego e panico e cecità.
 
Aprì la bocca, guardando Reo osservarlo negli occhi e sfidandolo a parlare, a dire una parola.
 
A compiere un passo quell’un unico passo, la sola cosa che si aspettava da lui venata dalla consapevolezza rassegnata che non avesse il coraggio di farlo.
 
Stavolta si sbagliava.
 
“Mi manchi.” Quasi non uscì, incastrato nella gola e fuggito in un sussurro. Lo aveva sentito raschiare contro le pareti delle laringe, parola dopo parola, ad aggrapparsi disperato vinto dal bisogno di avere Reo accanto come prima. “Mi manchi davvero. Non puoi capire quanto.”
 
Non si aspettava nulla. Si aspettava tutto. Ma, di sicuro, non quello.
 
Reo lo guardò negli occhi. E sorrise.
 
Non un sorriso sincero, tutt’altro. Laterale, derisorio, con il potere di attivargli tutti i nervi in modo sbagliato. Non aveva paura questa volta, ma sentiva qualcosa di così vicino al combattimento che Nagi abbassò il mento di istinto.
 
“Non è un mio problema.” Reo allungò il piede e portò la palla in posizione, senza avere l’intenzione di passargliela. “Sono sicuro che potrai sopravvivere con Isagi e gli altri.”
 
“Non mi manchi da amico.” Precisò Nagi, la voce appena più dura.
 
“Dovrei sentirmi onorato allora?” Reo cominciò a correre, dribblando ostacoli invisibili sotto il suo sguardo fermo. “Come ti mancherei quindi? Come zimbello da prendere in giro? O portantino personale? Non c’è nessuno lì in mezzo che ti voglia portare in braccio quando sei troppo stanco?”
 
“Fermati.”
 
“Per fare cosa?” Ma quando si bloccò non si accorse che Nagi lo aveva raggiunto, una mano sulla spalla a girarlo verso di lui e le sue labbra schiacciate contro le proprie, a tentare di assaporarle sotto l’astio e assaggi del primo sudore.
 
Erano morbide, pensò Nagi mentre si sistemava di lato, tentando di non colpirlo con il naso. Erano morbide e non aveva mai pensato a come potessero essere realmente, troppo preso a riflettere su quante persone le avessero avute per dar loro la giusta considerazione.
 
Sentiva anguria e sale nel proprio naso, argilla dolce che veniva da capelli trattenuti in alto, il suono della saliva che scendeva nella gola – non sapeva se sua o di Reo, non voleva nemmeno scoprirlo. Aveva voglia di aprire la bocca e passare la lingua sulle sue labbra, segnare la linea che le chiudeva e scoprire se la sua pelle sapesse davvero di anguria o era solo il suo odore.
 
Invece si staccò.
 
Piano, lentamente, aprendo gli occhi per vedere quelli di Reo guardarlo spalancati ed accorgersi del suo respiro bloccato. “Ti vedo più di un amico in realtà.” Mormorò a bassa voce, l’alito caldo che lo colpiva sulla bocca. “Lo faccio da un po’ a quanto pare e me ne sono accorto da poco. Mi ha aiutato Isagi.”
 
Questo sembrò dare una scossa a Reo. Le sue sopracciglia si aggrottarono leggermente e si schiarì la gola prima di chiedere “Dovrei anche ringraziarlo?” con tutto il sarcasmo di cui era capace.
 
Nagi sorrise, la mano sulla sua spalla che scendeva a raggiungere il palmo di Reo, dita nervose che non ricambiarono la sua stretta. “Non devi fare niente.” Leccò il labbro inferiore e si sorprese nello scoprire un sapore estraneo sulla punta. Era buono. “In realtà dovresti ringraziare Barou.”
 
“Che cazzo dici?” Sbottò Reo e Nagi quasi ridacchiò. Venne stroncato da una tirata di braccio e due occhi infuocati. “Mi spieghi cos’era quella cosa in mensa? E il cazzo di bradipo?”
 
Nagi fece una smorfia. “Consigli, in realtà.”
 
“Chi è il menomato mentale che ti ha assicurato funzionasse?” Scosse la testa e Nagi soppresse la voglia di baciargli la fronte, perché non era una tredicenne. “Dove hanno vissuto, in una grotta?”
 
“Non volevo farti male.” Reo si acquietò leggermente, guardandolo spostarsi sul posto imbarazzato. “Davvero, non avrei mai pensato potesse succedere.”
 
“Non è un problema. Come vedi non sento nulla.” Strinse finalmente le sue dita, prendendo il suo palmo pienamente e guardandolo di sfuggita le loro mani unite. “Puoi dirmi cosa è successo?”
 
Per la prima volta, Nagi sentì caldo.
 
Collo, orecchie, guance, si sentiva bollire e sapeva che era vergogna pura. Reo non comprese. “Nagi, cosa …?”
 
“Il tuo collo.” Borbottò, tirando su con il naso e cercando di sfilare la mano dalla sua presa. Non gli venne consentito. “Non mi hai detto se ricambi.”
 
“Il mio collo cosa?” Schivò la domanda abilmente, un ghigno appena accennato ma molto presente sul suo viso. “Ti ho distratto?”
 
“No.” Ma le guance si fecero più calde quando lo disse e Reo allargò il suo sorriso, spingendolo lateralmente. “Volevi baciarmi lì?”
 
“Ti piaccio o no?” Sbottò e sapeva che non doveva dirlo. Ogni cellula lo stava urlando, tentando di bloccare la lingua prima ancora che il cervello attivasse l’impulso, la consapevolezza di disparità mentale che lo avrebbe piegato sulle ginocchia.
 
Successe, ma non come pensava.
 
Reo portò una mano sul suo collo, spingendolo contro di lui per avere accesso ad una bocca aperta, ad un alcova bollente e umida di saliva e ad una lingua attiva, scattante come il suo proprietario e ugualmente intelligente, che gli fece diventare le gambe di gelatina e la voce libera di gemere, la sorpresa di un primo bacio in mezzo a sudore e prato artificiale, la sensazione che non ci sarebbe mai stato posto migliore.
 
Reo si allontanò leggermente, la saliva che bagnava le labbra e la punta della lingua tra i denti. Inclinò il capo e gli occhi di Nagi caddero su quella linea sinuosa, bianca appena umida, proprio sotto la sua bocca.
 
Il sangue nelle orecchie era assordante, ma riuscì comunque a sentire la voce di Reo, maliziosa e sicura, sussurrare leggera. “Talmente tanto che ti permetterò di segnarmi.”
 
 
*
 
 
“Sai che Barou ha una ragazza?” Lo borbottò sulla nuca di Reo, stringendo la presa attorno i suoi fianchi lì sulle coperte del suo letto. Le gambe erano intrecciate, i pantaloni del pigiama che frusciavano ad ogni movimento e il suo odore che gli invadeva le narici, portandolo vicino al sonno.
 
Reo girò la testa, la rivista che stava leggendo abbandonata sul materasso. “Che cazzo stai dicendo?” Alitò quasi, così sorpreso che la voce non uscì interamente. “Mi stai prendendo in giro.”
 
Nagi mugugnò di assenso. “Si chiama Airi.” Borbottò, la bocca a poggiarsi sul livido fresco sulla sua gola con un appagamento che non pensava di poter provare. Lo baciò leggermente, perché ora poteva farlo liberamente. “Sembra una brava ragazza.”
 
“Sarà sicuramente un’idiota per stare con Barou.” Borbottò Reo tornando sul cuscino con la testa, la posizione adatta per permettergli di lavorare sulla sua pelle. “Per me non esiste.”
 
“Lo dice anche Karasu.”
 
“Sarebbe la prima volta che dice qualcosa di sensato.” Chiuse la rivista e si girò nel suo abbraccio, il ginocchio in alto tra le sue cosce ma abbastanza lontano da non provocare nessun movimento desiderato ma ancora non adeguato. “E ti ha detto questa cosa perché?”
 
Nagi ridacchiò, baciandogli il naso con uno schiocco luminoso. “Ehi? Non farmi preoccupare, perché te l’ha detto?”
 
“Sai, dovresti davvero ringraziare Barou.”
 
La comprensione fu ben visibile nei suoi occhi curiosamente viola e Nagi bloccò le sue proteste sul nascere, prendendo le sue labbra e tentando di distrarlo, sentendolo sbuffare forte dal naso e ricambiare con entusiasmo.
 
“Non credere che lascerò stare.” Mormorò Reo sulle sue labbra, nemmeno un millimetro a separarlo dalle proprie. “Dopo mi racconterai tutte le cazzate che sono uscite dalle fogne di quei dementi.”
 
Lo avrebbe fatto. Anche solo per il gusto di vedere Otoya e i suoi consigli del cazzo uccisi malamente dal suo ragazzo.
 
Dopo, però.
 
In quel momento voleva solo averlo così, come non aveva mai voluto nemmeno pensare.
  
 
__________________
 

Salve a tutti!
 
Ringrazio le ore passate a guardare i video sulla SCIENZA BRUTTA di Barbascura X per la mia cultura malata riguardo i bradipi (e tanti altri animali e tanti altri argomenti). 
 
Grazie mille per essere arrivati fin qui!
 
 
 
 

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Altro - anime/manga sportivi / Vai alla pagina dell'autore: muffin12