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Autore: Koa__    17/11/2022    6 recensioni
Harry e Draco sono alle prese con l’organizzazione del matrimonio e tutto sembra procedere per il meglio. Nonostante il lavoro assorba la maggior parte delle energie del suo futuro marito, con l’aiuto di sua madre Narcissa, Draco riesce a mettere in piedi una festa di fidanzamento di tutto rispetto ed è proprio allora che la storia ha inizio. All’imponente ed elegante party è presente tutto il mondo magico, ma tra professori di Hogwarts che si ubriacano ed ex Serpeverde che lo prendono bonariamente in giro, un piccolo incidente sembra voler minare la felicità dei promessi sposi. “Tutto sommato”, osserva Draco a festa conclusa, lui e Harry ne sono usciti indenni. O così credono. Ciò che non possono neanche lontanamente immaginare è che qualcuno trama nell’ombra.
Sequel di: “Un matrimonio da sogno (o quasi)” e “Say yes to the dress!”
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Draco/Harry, Ron/Hermione
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da Epilogo alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wedding Disaster'
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Note Introduttive: Questa storia fa parte di una serie di Fanfiction Drarry intitolata: “Wedding Disaster”, di cui esistono altre due storie: “Un matrimonio da sogno (o quasi)” e “Say yes to the dress!”. Per chiunque si approcciasse a tutto questo per la prima volta, anzitutto vi consiglio di leggere le altre due storie, ma se proprio non vi va dovete sapere che Harry (auror del ministero) e Draco (che gestisce le imprese di famiglia) sono una coppia stabile ormai da molti anni. I due vengono invitati al matrimonio di Dudley, ma la cerimonia, a causa di attriti fra le due famiglie, si rivela un disastro e Draco proprio malgrado rimane invischiato in problemi tra babbani. Finita la cerimonia lui e Harry si rendono conto di voler fare il passo successivo e quindi iniziano i preparativi per il loro matrimonio. Questa storia parlerà proprio di questo, a mio modo ovviamente.




 

Il teorema dello Schiopodo Sparacoda 






 

 La festa di fidanzamento





 

Draco non sa perché i peggiori disastri della sua vita iniziano sempre con Bingley che picchietta il becco adunco contro al vetro della finestra della cucina, ma a ben vedere è passato un anno da quando Harry ha ricevuto l’invito da suo cugino Dudley, miracolosamente sposatosi nell’aprile successivo con la babbana Melissa Penton. Ciò che è successo a quella cerimonia ormai è storia. Non ci sta pensando davvero, anzi non è mai più tornato sull’argomento dalla scorsa primavera quando l’ha raccontato a un’interdetta Pansy Parkinson, che poi si è lasciata andare a una grassa risata. Un flash di quei giorni gli attraversa la mente nell’esatto istante in cui, di nuovo, sente Bingley picchiare con insistenza il vetro e allora si rende conto che sta piovendo a dirotto. Per un attimo ricorda quel pomeriggio d’autunno di appena un anno prima, pioveva anche allora e Draco sorseggiava cioccolata calda da una tazza del servizio Walburga Black, consapevole che sarebbe stato meglio un bicchierino di Whisky Incendiario. Per uno strano scherzo del destino c’è della cioccolata che fuma in una tazza di porcellana sopra al tavolo della cucina e che sta esattamente davanti al suo naso. La casa è immersa nel silenzio di un sabato pomeriggio che sembra non finire mai. Sua madre Narcissa se n’è andata già da un po’, quasi gli pare di sentire il “Plop” della smaterializzazione riecheggiare nell’aria, ma guardando l’orologio sistemato nel taschino del panciotto, nota che è passata quasi un’ora. Mamma viene spesso ultimamente, è la sola su cui Draco possa fare affidamento per l’organizzazione del matrimonio. Oggi hanno stabilito gli ultimi dettagli per la festa di fidanzamento, che si terrà fra una settimana. Hanno anche discusso e Narcissa ha tirato fuori tutta la risolutezza e la determinazione tipica dei Black, ottenendo d’ingaggiare quel quartetto d’archi che lei ama pazzamente. Tanto Potter non riconoscerebbe la differenza tra la musica di un pianoforte e quella di un violino, ha detto facendo spallucce e lasciando che fosse Narcissa a decidere per entrambi. Anche perché se avessero aspettato il suo futuro marito, probabilmente nemmeno avrebbero stabilito la data delle nozze. Nozze che comunque si terranno nei primi di giugno e su cui hanno avuto di che discutere. Potter voleva sposarsi a luglio e Draco si è così tanto impuntato a riguardo, che gli ha negato il sesso per una settimana. Da allora, l’influenza di Harry sulle questioni legate a centrotavola e fiori è stata pressoché nulla. Draco non gliene fa davvero una colpa, oltre a non capire un accidenti di niente di quelle che lui chiama “Sottigliezze alla Malfoy” è anche così tanto impegnato con il lavoro che è già tanto se la sera rientra a casa. In quel sabato pomeriggio, tanto per cambiare, Potter non c’è. Sta lavorando moltissimo ultimamente e pare che la colpa sia di una certa Rosamund Brown, nuova tirocinante all’ufficio Auror che il suo fidanzato ha il compito di seguire passo passo ed evitare che commetta qualche disastro. Draco non l’ha mai vista, nonostante lavori al ministero già da un mese, ma comunque la odia. Non può far altro, considerato che Harry torna a casa ogni sera sbuffando come una locomotiva e imprecando sottovoce. E neppure si sente in colpa per detestarla così tanto quando, poi, si rende conto che suddetto fidanzato non è dell’umore per far niente. Non cenano fuori da settimane, non escono per una passeggiata da altrettanto tempo. Harry a malapena mangia una cena fredda alle dieci di sera, che deve riscaldare con la magia e poi va subito a dormire senza degnarlo di uno sguardo o sfiorarlo con un dito. Una parte di lui di tanto in tanto gli fa temere che abbia smesso di amarlo e che quell’atteggiamento freddo e scostante sia un modo vigliacco per lasciarlo. Poi però ricorda che sta per sposare un eroe, uno che di vigliacco non ha davvero niente, ma che anzi è l’uomo più onesto del mondo e allora capisce che non ha niente di cui temere. Se volesse lasciarlo glielo direbbe in faccia. Probabilmente gridando e insultando la sua dinastia fino al capostipite.


 

Toc toc.

 

Bingley è ancora fuori dalla finestra e picchietta insistentemente il suo becco giallo sui vetri, Draco si riscuote dal proprio torpore non appena si rende conto che quel dannato uccellaccio sarebbe capace di sfondala. Posa la tazza sul tavolo e intanto che lo fa un brivido gli attraversa la schiena, chissà poi perché. Non ha freddo e il caminetto acceso nell’altra stanza aiuta a riscaldare l’intero appartamento. Più che altro ha una strana sensazione, come se stesse per succedere qualcosa di terribile. Non pensa al fatto che è passato un anno da quando Dudley Dursley ha inviato loro un invito a un matrimonio né che altrettanto tempo è trascorso da che una concatenazione di eventi si mettesse in moto, portandolo a un passo dall'altare. Ma Draco, in fondo, è un Malfoy e a ignorare è diventato un maestro.

 

«Arrivo» borbotta, alzandosi dalla sedia. Questa stride sul pavimento e il suono secco riecheggia per la cucina. Il silenzio, quando Potter non c’è, è assordante e ultimamente sta succedendo troppo spesso di sentire le sedie stridere o percepire il fastidioso scricchiolio delle assi del parquet a ogni traversata del corridoio. Draco odia i piccoli rumori di quella casa, d’inverno è anche peggio a suo modo di vedere. In giornate come quella gli pare di essere ancora al 12 Grimmauld Place con i pavimenti marci, le pulci nei materassi e il ritratto di Walburga che sbraita insulti a chiunque le passi davanti. Vivono a Diagon Alley da un pezzo, ormai questo appartamento al piano attico è casa loro, ma quando è solo, è come se tornasse indietro all’epoca in cui nessuno sapeva della loro relazione e dovevano fare l’amore in una stanza dall’arredamento discutibile, infestata di polvere e spray anti cimici.
«Eccomi, eccomi, stupido pennuto» mormora, aprendo la finestra. Bingley pare odiarlo molto più di quanto Malfoy non odi la nuova tirocinante di Potter. Lo fissa con sguardo truce, prima di saltellare in avanti, facendo un paio di passettini sul ripiano della cucina, che imbratta di una fanghiglia grigiastra, simile a cenere sciolta. L’acqua lo ha infradiciato così tanto che lascia addirittura cadere la lettera che tiene nel becco senza alcuna cura, prima di volare nell’altra stanza accanto al camino acceso. Di solito gli dà un paio di biscottini gufici ogni volta che arriva con la posta e, se tarda, allora è proprio Bingley a pretenderli. Adesso però se n’è andato senza degnarlo di uno sguardo, abbandonando la lettera tutta bagnata che Draco si preoccupa di asciugare con un rapido tocco di bacchetta. Ora che guarda bene, nota facendola penzolare davanti al naso, non è neppure imbustata, è un semplice foglio di carta ripiegato in fretta e furia. Come sempre, Bingley deve aver messo pressione addosso al mittente. Quel gufo, pensa torcendo la bocca in un ghigno, sta diventando sempre più indisponente. 

 


“Ciao, H.” legge ad alta voce. Non gli serve scorrere fino alla fine per capire che si tratta di Dudley, il cugino di Harry. Lo ha riconosciuto dalla calligrafia elementare e dalla rozzezza della sintassi.
“Mamma e papà hanno detto di sì per il matrimonio, ma non ci vengono al fidanzamento. Sai che non gli piace la tua gente. Volevo dirti che mi dispiace molto, ma neanche io posso venire. Non ho ancora capito come dire a Melissa che sei un mago. Ci ho provato, Harry, lo giuro, ma lei non mi ha creduto e ho paura che se la porto alla festa e vede tutte quelle cose strane che fate, lei sviene. Giuro che glielo dico, però. Voglio venire al tuo matrimonio e anche mamma e papà. Stanno dicendo a tutta Little Whinging che il loro nipote sposerà una nobile. Cioè, non gliel’hanno detto che Drago è un maschio. Hanno detto che la tua fidanzata si chiama Wilhelmina. Sarebbe scandaloso se sapessero che stai per sposare un maschio, non ci accettano più alla chiesa. Cioè, mamma lo ha detto e lei sa sempre tutto di queste cose, ma ha detto che è più che accettabile che si tratti di un nobile blasoqualcosa. Però a quest’ora tutto il Surrey sa la notizia, i regali che Drago ci ha fatto li hanno fatti vedere anche al capo di papà e lui gli ha dato la promozione. Ora venderà molti più trapani di prima.
Quando dico a Melissa di te, ti scrivo.

Dudley

Ps. Il tuo gufo è volato dentro casa dal camino, meno male che Melissa non c’è, come ce lo spiegavo se no? Adesso quell’uccello mi guarda male. Io do a lui la lettera, ma se non ti arriva non è colpa mia.

 

Draco rimane interdetto per quelli che sono almeno dieci minuti, forse di più. Probabilmente viene anche risucchiato in una realtà parallela in cui non sa fare altro che rimanere immobile a fissare il nulla, intanto che il cervello tenta inutilmente di ripartire. Non è perché lo ha chiamato “Drago” né perché, in più di un anno che si conoscono, non ha ancora imparato il suo nome. Non è perché gli zii di Harry stanno dicendo a tutti che è una donna, questo lo può anche capire. Non lo accetta, questo no, ma sa quanto possano essere bigotti e retrogradi certi babbani e i Dursley non gli sono mai sembrate persone disposte a comprendere ciò che esula dal loro piccolo mondo babbano. No, non è per nulla di tutto questo, è per tutto. Perché egoisticamente sperava che non sarebbero venuti neppure al matrimonio. E ancora non ha idea di cosa succederà quando Vernon Dursley conoscerà suo padre ed è anche perché mamma ritiene inaccettabile il non aver incontrato i soli parenti del suo futuro marito. Draco non può dar torto alla rabbia di sua madre, ma comunque ha dovuto metterci una pezza più di una volta, insistendo sul fatto che i Dursley sono babbani e non amano la magia. Non che sia riuscito in qualcosa, non ha potuto niente contro la logica inattaccabile di Narcissa: “Babbani non vuol dire maleducati o irrispettosi” ha controbattuto una volta, di fronte all’ennesimo invito rifiutato per un tè al Maniero. In quell'occasione, Draco non ha aggiunto altro e probabilmente Potter stesso si è trattenuto dal dire davvero quello che pensava. Lui per primo non apprezza i suoi zii e Draco è convinto che il solo motivo per cui mantenga i rapporti è perché sono gli unici parenti che ha. Ricorda il giorno del tè mancato come se fosse successo ieri e non mesi fa, ha in mente l’espressione contrariata di suo padre e quella arrabbiata di Potter, scemare e finire in nonnulla. Per loro è difficile condividere la stessa tavola, i trascorsi che possiedono sono molto più pesanti di quelli che Draco e Harry avevano prima che si mettessero insieme. Lucius dava la caccia ai babbani incappucciato ed è stato presente ogni volta che Voldemort ha provato a uccidere Harry o qualcuno dei suoi amici. Papà c’era quando Cedric Diggory è morto. A Draco piaceva Cedric, era un bravo ragazzo e non ha mai davvero accettato o capito la sua morte. Se taceva era per onore e senso del dovere. Per Draco quello è il passato, ma Harry e Lucius, nonostante tutto, non sembrano disposti a superarlo. Non biasima Potter per avercela ancora con lui, ma in simili occasioni apprezza il suo silenzio come poche altre cose nella vita. 

 

Draco pensa a questo e a molto altro, intanto che posa la lettera di Dudley sul tavolo. L’intrico di pensieri che divora la sua mente è talmente elaborato che pare un labirinto da cui è impossibile uscire. Suo padre, sua madre, gli zii di Harry, Bingley appollaiato sopra al camino… La sola certezza che possiede è che si sente grato per l’assenza dei Dursley al fidanzamento. Dopo il matrimonio di Dudley non è sicuro di riuscire a sopportare quella famiglia. Sa che mamma si arrabbierà e che papà fingerà di nuovo che gliene importi qualcosa, o che non sia indispettito all’idea che il suo unico erede maschio sposerà Harry Potter, ma non fa niente. In effetti, tutto ciò che a Draco interessa è stare con il suo ragazzo, che ora non è neppure lì con lui. Il peso della sua assenza grava così tanto sulle sue spalle che lascia la cioccolata là dove sta, a diventare fredda. Usa la tazzina come fermacarte, incastrandoci sotto la lettera di modo che non voli via. Una goccia di cioccolata macchia l’angolo sinistro e allora storce la bocca, infastidito. Usa un rapido: "Gratta e netta" perché detesta l’imprecisione. Quindi fa roteare la bacchetta e si smaterializza, è meglio andare da Pansy e mettersi a spettegolare sulle ultime novità, che rimanere là da solo. Il Plop riecheggia per le stanze della loro casa vuota con uno schiocco secco.




 

Harry non è davvero sorpreso quando legge la lettera. Già sapeva che i suoi zii non si sarebbero fatti vedere, era come se lo sentisse. Così gli ha detto, facendo spallucce e lasciando cadere la questione già all’istante successivo, iniziando a raccontargli la sua giornata. Sembra dispiaciuto per Dudley, ha capito che è il solo parente per cui nutre un po’ di affetto e quasi si sente in colpa quando si rallegra di nuovo per la sua assenza. Comunque sembra averla superata piuttosto alla svelta, osserva Draco la sera della festa, guardandolo di sbieco. Si stanno vestendo in camera da letto, Potter in maniche di camicia e bretelle è particolarmente attraente. Merito anche dell’abito su misura che gli ha regalato: i pantaloni gli fasciano il sedere in maniera perfetta. Il verde è decisamente il suo colore, lo ha detto allo zelante sarto dei Malfoy a cui ormai fa visita almeno tre volte l’anno. Inoltre quella tonalità color bottiglia che vira al nero, gli fa risaltare gli occhi. Tuttavia, deve ammettere che il fascino della barba incolta che già da qualche anno si è fatto crescere, oltre che della muscolatura delle spalle, rafforzate dal duro addestramento da Auror, contribuiscono in maniera importante al suo fissarlo inebetito. Draco quasi fa cadere a terra i gemelli con le teste di serpente che il malvestito Potter gli ha regalato lo scorso Natale, il solo tocco di buon gusto della sua vita oltre al mettersi con lui. Nota anche che è insolitamente silenzioso, lo è spesso di recente. Fissa il vuoto, parla fra sé, è pensieroso e sa che c’entra con il lavoro, ma non chiede mai e non lo fa nemmeno stasera. E quando lui gli prende la mano per la smaterializzazione congiunta, è costretto a sedare un brivido che gli corre giù lungo la schiena. Non è solo perché è attraente, è soprattutto perché non vorrebbe proprio uscire di casa.

 

A onor del vero, Draco non ha voglia di festeggiare. Non in questo modo, non in questo posto. In parte è colpa di una strana sensazione che da giorni gli divora lo stomaco e non lo lascia tranquillo, ma deve ammettere che il problema sono i suoi genitori. Suo padre e il maledetto Maniero dei Malfoy, in particolar modo. Che sua madre finga che tra lui e Lucius non ci siano problemi è un altro discorso e non ha voglia di affrontarlo. E non ha neppure più voglia di dare sfoggio alla grandiosità e alla raffinatezza della famiglia e su quel dannato blasone ha quasi voglia di sputare, anche se sa che non lo farebbe mai. Il gesto sarebbe troppo forte, quasi sconvolgente, non si spingerebbe a tanto. E poi servirebbe davvero a qualcosa? Da quando la guerra è finita sente di appartenere molto più ai Black che ai Malfoy e non è tanto per Sirius, di cui Harry gli ha parlato o per zia Andromeda, né per sua cugina Ninfadora, di cui gli hanno raccontato tantissime storie. Principalmente è per sua madre e per quell’amore sconfinato che ha saputo tirare fuori nel punto più basso delle loro vite. Draco non sa se sentirsi un Black sia meglio oppure no, neanche ci vuole pensare. Sa però che i rapporti con suo padre sembrano irrecuperabili e da quando gli ha parlato del matrimonio ha fatto cadere il gelo. Non lo saluta neanche più, lo guarda da lontano e lancia occhiatacce torve. Disapprova, lo sa. Tutti l’hanno capito. Draco un po’ se lo era aspettato, ma non può dire che gli abbia fatto piacere. Neanche sua madre ha mai amato l'idea che sposasse Harry Potter, diamine a momenti la cosa non piace nemmeno a lui ed è quello che ci va a letto! Ma almeno Narcissa ha provato ad accettarlo e ha dimostrato che suo figlio è più importante dell’orgoglio ferito o di vecchi rancori. 

 

È per questo che non gioisce per questa festa. Papà ha insistito perché la facessero al Maniero e l’anima di Merlino solo sa il perché. Ma Draco non guarda suo padre, che se ne sta da parte con un bicchiere di Whisky Incendiario, a parlare con un tizio del ministero, né nota sua madre fare il pieno di acquaviola intanto che si accerta che sia tutto in ordine. Si è appena materializzato e tiene Harry per mano, intanto che osserva il blasone di famiglia torreggiare sopra la sala dei ricevimenti, schiacciandolo in un mare di ricordi in tempesta. Odia quella casa, è scappato una settimana dopo il diploma e non ha mai lasciato intendere che volesse viverci. Là dentro non c’è proprio niente da festeggiare, anche se sono passati anni ancora gli pare di sentire le invocazioni di aiuto della professoressa Burbage. La voce di lei che lo chiamava, invocando pietà e Voldemort che la faceva divorare dal serpente. I brividi gli divorano la pelle ogni volta che ha l'impressione che la risata inconfondibile e sadica di zia Bellatrix, riecheggi per i saloni. Sua zia Bella in una stanza lì vicino ha torturato la Granger. Svitata Lovegood è stata addirittura imprigionata, giù nelle segrete, eppure ora vortica per il salone agitando le mani a mezz’aria come se niente fosse. A Draco tutto questo fa schifo, si sente opprimere dai ricordi e dal senso di colpa. Lo stesso che si è faticosamente lasciato alle spalle e che ora gli formicola sotto la pelle come una nidiata di insetti.

 

«Ehi, tutto bene?» chiede Harry, stringendo maggiormente le loro mani intrecciate. Draco abbassa lo sguardo sino a incontrare i suoi bellissimi occhi verdi, prova a sorridere, ma il suo annuire è stanco e provato. Lui ha capito che qualcosa non va. Lo sa sempre.
«Odio questa casa!» mormora tra i denti. Nota distrattamente che già diversi invitati hanno fatto il loro arrivo mentre altri entrano dalla porta d’ingresso del salone. L’atmosfera è leggera, divertita. La musica invita alla danza, lo Champagne servito in calici di cristallo inebria le menti e le chiacchiere volano per il salone delle feste di villa Malfoy. Draco odia anche questo.
«Detesto ciò che rappresenta. I ricordi di cui è impregnata mi fanno venire da vomitare, molti dei tuoi amici sono stati torturati qui.» La rabbia freme in lui come fosse ardemonio scatenato da un mago oscuro. Ricorda Voldemort che faceva propria quella casa, suo padre che si faceva calpestare e deridere. Ma soprattutto ricorda se stesso, spaventato e confuso, che veniva spinto da sua madre e zia Bellatrix a cercare di uccidere Silente. Lui che lo voleva e poi che ha iniziato lentamente a cambiare.
«Ehi!» dice Potter, interrompendo il flusso dei suoi pensieri. Draco si sente afferrare per mano con maggior decisione e quindi portare via, in un’altra stanza. Una attigua, un salottino che mamma usa per ricamare e passare del tempo in tranquillità. Draco sente sulla pelle il tepore delle fiamme che bruciano nel camino, l’odore di acquaviola nell’aria, versato sul tappeto anni fa e che ne ha impregnato i fili. Vede il cestino del cucito sistemato accanto alla poltrona, una rivista aperta su di una pagina a caso. Erano anni che non entrava là dentro. Chiude gli occhi e respira piano, come a voler riacquistare un controllo che sente sfuggirgli dalle dita. Percepisce il riecheggiare del chiacchiericcio degli invitati, così come la musica del quartetto d’archi preferito di Narcissa, ma è tutto ovattato. La voce di Harry, che freme alle sue spalle, è carica di preoccupazione. I suoi occhi parlano, eppure non dice. Non discutono più di queste cose da tempo, non è mai stato più necessario. Draco stesso credeva di averle superate, lo avevano fatto tutti e due. Ma i fantasmi di villa Malfoy sono inconsistenti come ricordi e, terribili, gli sono entrati dentro e ora rischiano di rovinare uno dei più bei giorni della sua vita.
«Pensavo l’avessi superata» spezza il silenzio Harry, i suoi occhi sono colmi di amore. Il tocco della mano sulla schiena è delicato, non fa più del necessario, ma è deciso. È il suo modo di dire che non se ne andrà e che ci sarà sempre nonostante tutto. In lui non c’è compassione e gliene è immensamente grato, odia la pietà.
«Io…»
«Non importa, Draco, se vuoi possiamo andarcene.» E basta questo. Il tono dolce del suo parlare, il suo averlo chiamato per nome, come in tutte le occasioni importanti. Il modo di fare fermo e deciso fanno bruciare sulla pelle la consapevolezza di stare con qualcuno che potrebbe rinunciare a tutto pur di vederlo felice. E Harry sa che il suo problema è Lucius e quella sua dannata casa. Lo è in parte anche sua madre, ma Draco stesso pare non voler affrontare l’argomento.
«No» replica, irrigidendo la postura. «Sto bene.» Ma lui non ci crede, lo capisce dal sopracciglio arcuato e dalle labbra arricciate.
«Davvero» insiste. E già sente di avere il pieno controllo di sé, è pentito di essersi lasciato andare a tanto. «Sul serio, Potter, è questa villa che tira fuori il peggio di me. E… è tutta colpa tua, ecco! Avresti dovuto impedirmi di organizzare qui la festa.»
«Scusa?» L’atmosfera cambia e lo sente sulle pelle, le note divertite della voce di Harry sono un balsamo per i suoi nervi tesi. Diverte anche lui, ma rimane pur sempre un Malfoy e indossa una maschera di noia e disgusto, tradita da un furbo luccichio negli occhi.
«Ti ricordo che sono mesi che mi impedisci di mettere bocca su quello che, tecnicamente, sarebbe anche il mio matrimonio. Se mai ti avessi detto che detestavo l’idea di festeggiare alla villa il nostro fidanzamento, sinceramente, mi avresti dato retta?» No, non l’avrebbe fatto, ha ragione. Draco si sente un po’ un idiota adesso, ma è compiaciuto comunque di essere riuscito a smorzare la tensione e averlo provocato.
«No, è vero: non l’avrei fatto» confessa, infine. Abbozza, camminando in tondo per la stanza con le mani in tasca. Il rossore sulle guance a tradire un certo imbarazzo, ma Malfoy dà la colpa al vino e finge di non voler disperatamente essere baciato. «Però è tutta colpa tua. Non dovevi nascere con il pessimo gusto in tutto e invece ti vesti come un babbano e fai sembrare me povero.»
«Oh, no, dimenticavo, vostra altezza» ribatte Potter, inchinandosi in maniera teatrale e prendendolo in giro, accentuando l’inchino e sottolineando il tutto con un velo di sarcasmo. «Voi siete così raffinato, così superiore a noi comuni mortali… Cosa ne sarebbe stato di un senza gusto nel vestire come me, senza l’immensa generosità che mi ha concesso fidanzandosi con il sottoscritto?» Draco ride di nascosto, il sarcasmo di Harry è graffiante e lui lo ama. Ricorda che in fondo è quel che li ha avvicinati un tempo. Ora è una parte fondamentale nei delicati equilibri del loro rapporto. Quindi si morde il labbro e guarda altrove, fintamente attirato dalla rivista sulla poltrona, ma lo fa solo per non dargli la soddisfazione di vederlo esplodere in una sonora risata.
«Di certo te ne andresti in giro vestito come un barbone senza bacchetta e berresti tè in bicchierini di plastica, invece che usare la porcellana.»
«Brrr» rabbrividisce Potter, prendendolo chiaramente in giro. Esagera le sue reazioni, è teatrale quanto lui. Lo ama un po’ di più ogni volta che fa così, ma non glielo dice mai. «Terrificante» aggiunge poco dopo. Draco lo vede allora, voltandosi di poco: un sorriso gli tende le labbra sotto la barba incolta. Diventa ancora più sexy quando lo guarda in quel modo e nel suo baciarlo un istante più tardi mette tutto quel se stesso che i ricordi stavano schiacciando giù in fondo all’anima. Non deve dimenticare perché è qui stasera, quello che hanno passato e non deve permettere a questa casa, o a suo padre, di rovinargli la festa. Forse non darà sfregio al blasone dei Malfoy, ma nemmeno sfoggerà la storia della propria famiglia come avrebbe fatto quel diciassettenne pomposo che è stato tantissimi anni fa. Se ha un qualcosa di cui vantarsi, qui e adesso, è dell’uomo che ha accanto e chi è diventato.
«Quindi, Potter?» sussurra sulla sua bocca, qualche attimo più tardi. Gli allaccia le braccia al collo intanto che lui gli cinge la vita.

«Ammetti che ho salvato te da brutti abiti e un arredamento discutibile come tu hai salvato me da Lord Voldemort?» Harry alza gli occhi al cielo e sbuffa, i suoi capelli impossibili sembrano ancora più spettinati intanto che scuote il capo. Il suo passarci una mano nel mezzo non migliora mai la situazione, è un gesto che fa senza pensare e che a lungo andare ha iniziato a trovare adorabile.
«Solo tu puoi mettere sullo stesso piano il peggior mago oscuro di tutti i tempi con dei vestiti e un paio di tazze.» E ha ragione, ma non è dispiaciuto dalla leggera nota di rimprovero nel tono della sua voce. In realtà, provocarlo lo diverte. Stuzzicare un eroe con frecciatine e battute sarcastiche è sempre stato il suo passatempo preferito. Da quando stanno insieme quello si chiama “Flirtare” e non più “Prendersela con Harry Potter perché sì e perché lo odio” e di solito finisce sempre con loro due che fanno sesso. Draco si chiede se potrebbero mai farlo lì dentro, tra il cestino del cucito di sua madre e l’odore di acquaviola. Ma Narcissa irrompe nella stanza prima che possano bloccare la porta con un incantesimo e insonorizzare le pareti con un altro, rimprovera entrambi con un’occhiataccia e un’espressione truce che la fa somigliare dannatamente a zia Bellatrix. Persino Harry, che ancora è l’eroe del mondo magico che tutti acclamano, annuisce senza replicare e fila fuori da lì a passo di marcia. Intanto che cammina al suo fianco è sicuro che, vagamente, abbia ricordato zia Bella anche a lui.

 


La festa è divertente, nonostante suo padre e sua madre, nonostante il Maniero dei Malfoy e l’incombenza dei ricordi che porta con sé. Ma forse il suo godersela è merito della quantità imbarazzante di Whisky Incendiario che ha nelle vene e che influenza la sua già scarsa capacità di giudizio. Potter è più marcio di lui, ma tiene alto l’onore fingendo di essere compassato. Tutti hanno notato che la professoressa Sprite è quella più fuori di cucuzza, ma sembra che nessuno voglia davvero far caso al suo essere molesta o alle urla quando rimprovera la padrona di casa per l’indecente mancanza di piante carnivore in quella casa.
«Non c’è neanche una Mandragora» la sente dire a davvero nessuno. Narcissa neppure le dà retta, si volta da un’altra parte riprendendo la propria conversazione con chissà chi di importante. Draco non pensa che la Sprite sia mai stata del tutto sobria, anche quando era la sua professoressa a Hogwarts. Se possibile, ora la trova più spassosa che mai. Ha scoperto di recente che si chiama Pomona. Chissà perché ci pensa intanto che la sente lanciare improperi. Lo trova ridicolo e ha riso due giorni da solo come un cretino quando l’ha saputo. Però in fondo è simpatica e appena la vede barcollare pericolosamente, la invita a sedersi e lei accetta, sprofondando su una sedia con malagrazia. Forse, pensa, è il caso che qualcuno la accompagni a casa, ma sola alla festa. Quando però viene rapito da un gruppo di ex compagni Serpeverde, se ne dimentica subito. Quelle serpi velenose non smetteranno davvero mai di prenderlo per il culo perché sta per sposare Harry Potter. Quella traditrice impunita di Pansy li capeggia mentre Blaise Zabini le dà manforte, hanno inventato anche un coretto e quando lo iniziano a intonare, anche la Sprite si rianima unendosi a loro. A quel punto Draco inizia seriamente a sperare che una voragine si apra sotto i suoi piedi. Forse è istinto di sopravvivenza, quello che lo spinge ad ancorarsi al suo fidanzato e a non mollarlo più, rubando un bicchierino da un vassoio. Di nuovo, sia benedetto lo Whisky Incendiario, pensa mandando giù una lunga sorsata intanto che Harry gli accarezza delicatamente la schiena. Il suo tocco gli piace, è caldo e rassicurante. 

 

Viene coinvolto in un paio di imbarazzanti conversazioni con il ministro della magia e il Capo Auror, ancora Draco ha paura di lui come la prima volta che lo ha incontrato e questi l’ha guardato storto, ma finge che sia tutto normale. Sono anche gentili, fanno a entrambi le congratulazioni e dopo, Potter non manca di parlare di lavoro. E allora lui si allontana, decidendo di svolgere il solito rituale con gli Weasley. Loro alla fine gli piacciono, c’è voluto tempo, ma lo hanno accettato e adesso riesce a stare nella stessa stanza con la rossa ex di Potter, che ancora non si azzarda a chiamare per nome, senza uccidere nessuno o dare di matto. Gli Weasley non sono presenti al gran completo, uno di loro è di nuovo disperso in Romania con i suoi draghi, un altro è andato in Francia a trovare la famiglia di sua moglie e… Beh, non riesce ancora a ricordare tutti i nomi. Si sente un po’ come Dudley quando storpia il suo chiamandolo “Drago”. Quella sera parla solo con Ron, che tiene al braccio Hermione, la quale non manca di essere gentile e pungente al tempo stesso. Draco sa che ha ripensato a quel giorno di ormai molti anni prima con Bellatrix, glielo legge negli occhi, ma apprezza il suo silenzio. Per amore della pace, pensa lui per primo, dandole in mano un calice di Champagne e strizzandole l’occhio.
«A noi, Granger» sussurra e si sente terribilmente affabile nel dirlo. Lei forse è un po’ stupita da quel gesto così galante o dallo strizzare d’occhio furbesco, ma poi sorride, più compiaciuta di lui. Draco se la cava alla grande anche con Arthur, sente di doverlo ringraziare per essere venuto sin lì, nonostante i vecchi attriti con suo padre. Mai risolti, ma in effetti papà non ha risolto un bel niente con nessuno da quando è finita la guerra.
«Come vanno le cose con il vecchio Lucius?» gli chiede il signor Weasley a un certo punto, prendendolo da parte e parlandogli in confidenza.
«Ha smesso di parlarmi quando abbiamo annunciato il matrimonio, credo non l’accetterà mai e inizio ad avere dei dubbi anche su mia madre, considerato il modo in cui mi guarda.» Arthur lo fissa con comprensione paterna, stana la sua tristezza alla velocità della luce eppure non dice niente e non glielo fa neppure notare. Lascia che sia lui a decidere se parlare oppure no. Questa è una novità, Draco non è abituato a genitori che agiscono unicamente per il suo bene. Se fosse figlio di Arthur, lui lo avrebbe accettato, pensa in un flash occhieggiando il signor Weasley da dietro il bicchiere vuoto e non più riempito. Senza volerlo si ritrova a invidiare Ron e tutti i suoi mille fratelli perché hanno una famiglia disposta a capire e che non parla mai del blasone, dell’onore o dell’eredità da tramandare. Draco non vuole tramandare un bel niente, nemmeno i suoi geni bastardi. Se lui e Potter avessero dei figli sente che vorrebbe che fossero di Harry, meglio mandare avanti i geni di un eroe che quelli di una famiglia di vigliacchi come la sua.
«Ci sono cose che per lui saranno sempre più importanti, la mia felicità non conta» ammette, stringendo con forza il bicchiere che tiene in mano, quasi si stesse ancorando a esso. Non vorrebbe apparire come sprezzante, ma è ciò che sembra. Non vorrebbe neanche sembrare così pateticamente triste, ma i suoi occhi dicono anche quello. Guarda le rughe sulle tempie di Arthur Weasley ispessirsi, uno o due capelli grigi tra altri più  rossi, vede distintamente le parole nascere e morire sulle sue labbra, è come se avesse fermato un pensiero scomodo appena in tempo. perché dopo rifiata.
«Molly ti direbbe che un giorno tuo padre capirà e accetterà te e Harry per ciò che siete» aggiunge poi, la sua voce è sottile e quasi sognante. Innamorato, scuote la testa come se desse a sua moglie dolcemente della sciocca. «Conosco fin troppo Lucius per credere che succederà davvero, o facilmente, però penso che sia ciò a cui ti serve credere in questo momento. Non voglio dire che ti devi illudere, ma dagli tempo. Io non lo farei senz’altro, ma tu sei suo figlio. E poi già che è qui è un fatto positivo, no?» Draco nota della saggezza nelle pieghe dei suoi discorsi. Riflette su quanto gli ha detto mentre il signor Weasley si allontana. D’altra parte ha ragione, se è venuto alla festa e se ha giurato che presenzierà al matrimonio ci sarà un motivo, giusto? Se si trattasse di chiunque altro vedrebbe più chiaramente una speranza, ma Draco conosce suo padre fin troppo bene e sa che il non appoggiare pubblicamente il proprio figlio omosessuale, che sposa niente di meno che l’eroe del mondo magico, non gioverebbe al suo buon nome. Probabilmente lui e mamma hanno calcolato che le loro quotazioni salirebbero, tornando quelle di un tempo. Può essere tutta apparenza. Dovrebbe essere ottimista e un po’ sciocco come la romantica Molly o pragmatico e realista come Arthur? Draco se lo domanda, ma non trova una risposta neppure dopo che il suo sguardo vola inevitabilmente a cercarlo. Osserva suo padre, lo studia quasi come se tentasse di carpire i suoi più profondi pensieri. Sta ancora parlando con il Ministro della Magia, confabulano di chissà che. Ed è allora che finge di crederci: il fatto che sia qui vuol dire che lo accetta, in un qualche strano modo tutto Malfoy.

 

Harry gli presenta una certa signora Figg quando ormai sono passate le dieci. Draco è stanco, ha stretto molte più mani questa sera di quante non ne ha strette in tutta la vita. Le pubbliche relazioni sono sempre state il suo pane, d’altra parte tratta con i babbani ogni santo giorno e poi da quando la guerra è finita ha dovuto impegnarsi per farsi accettare dagli amici di Harry. Nonostante ciò è piuttosto sicuro che sarebbe già stramazzato al suolo, se non fosse stato per le tartine al caviale e l’enorme quantità di alcol che ha ingurgitato. La signora Figg, alle dieci di sera e con più vino che sangue nelle vene, gli pare bella quanto un unicorno. Lei è un metro e cinquanta di vitalità, ha un vestito marrone a fiori rosa molto appariscente e un cappello con una veletta che le ricade sulla fronte. Sa che è una Maganò, Harry gliene ha parlato la volta in cui gli ha detto di quella brutta faccenda dei dissennatori l’estate del quinto anno. Le è anche molto affezionato, perché ha vissuto a Privet Drive, dove abita tuttora. I Dursley le affidavano lui e suo cugino quando erano fuori. In quei pezzi di famiglia che ha disperatamente cercato di mettere insieme, tra quasi zii e padrini presi lungo la strada e poi persi di nuovo, la signora Figg è quanto di più simile a una nonna, Harry abbia mai avuto.
«Il tuo fidanzato è molto simpatico» sogghigna lei, rivolgendosi a Potter, dopo aver scambiato i primi convenevoli. Lo fissa con insistenza, facendo scorrere lo sguardo dalla testa ai piedi senza mancare di fermarsi sulle parti basse. Draco non vorrebbe dire che la signora Figg è una vecchia pervertita, quindi annega le parole nello Whisky, e tace.
«Grazie» borbotta un Harry imbarazzato. Si passa una mano fra i capelli, un po’ a disagio. Sono sempre in disordine, assomiglia più a una scopa che a un uomo di quasi trent’anni. Stranamente gli piace anche così, si dice guardandolo di sbieco.
«Chissà quanto vi divertirete…» Draco non capisce se c’è un velato riferimento alla loro vita sessuale, il che avvalorerebbe l’ipotesi della vecchia pervertita, oppure se crede davvero che lui e Potter ridano come matti dalla mattina alla sera. Certo è simpatico, certo sta per sposare un uomo che lo è altrettanto e quindi finge che sia di questo, che stanno parlando. L’alternativa è terrificante.
«Oh, lei non ne ha idea» ribatte Harry, profondamente sarcastico. Ha le guance appena un poco colorate e maschera una risatina dietro a un bicchiere che si porta alle labbra.
«Sentito, Potter, sono simpatico!» esclama Malfoy, gonfiando il petto e l’ego, pavoneggiandosi quel tanto da far sorridere la signora Figg. Gli piace ricevere complimenti, li ama in effetti. Lo ammette senza alcun pudore e quando qualcuno va a toccare la sua ironia graffiante, diventa persino compiaciuto. Lo è mentre quella vecchia signora lo fissa, aspettandosi da lui una battuta di spirito.
«Oh, un vero giullare di corte proprio.»

«Il mio sarcasmo nasce dalla mia disperazione, Potter» gli fa notare, saggiamente. Ed è vero, lo è sempre stato. Non per niente le battute migliori ai tempi della scuola le riservava solo ad Hagrid e alle sue orribili bestiacce. Sapeva che persino la Granger lo trovava divertente, ma all’epoca nessuno era disposto a gonfiare l’ego dell’altro.
«Ma per favore, se c’è uno disperato in questa relazione, quello sono io» replica Harry, asciutto.
«Come scusa?» ribatte Draco, indignato.
«L’altro giorno per un taglietto a un dito hai fatto finta di svenire. Ho dovuto prenderti in braccio e portarti a letto intanto che tu urlavi per il dolore: “Aiuto, sto morendo!”» dice, imitando la sua voce piuttosto malamente. «Ammettilo, Malfoy, sei una regina del dramma!» Draco apre e chiude la bocca, come un pesce fuor d’acqua. Non sa cosa dire, non sa se essere più offeso o divertito. Nel dubbio si finge indignato, alza il naso all’insù e arriccia le labbra. Se ne va in cerca di un cameriere. Sente la signora Figg ridere dopo che Potter si compiace di averlo fatto arrabbiare. 

 


A essere sinceri, quella è l’ultima cosa che ricorda con esattezza. Forse uno degli ultimi momenti di spensieratezza. Il resto è confuso, concitato e, in definitiva, strano. C’è un cameriere che porta un vassoio pieno di tartine al salmone. Le sue preferite. Anche se ne ha fin sopra i capelli di mangiare pesce, e si annota mentalmente di rivedere il menù del banchetto di nozze, ha come la sensazione che finirà con lo svenire se non mette in bocca qualcosa. Ne prende un paio e si mette da parte, seduto su una delle sedie che stanno ai lati della stanza osserva la sala piena di gente. Vorrebbe togliersi le scarpe e stendersi su un letto morbido, ma ci sono ancora ospiti che ballano, altri che ridono e chiacchierano. Suo padre intesse relazioni con la stessa grazia di un tempo, mamma si arruffiana la moglie del capo Auror e quella del Ministro; è sicuro al cento per cento che stia organizzando un tè. A Draco non importa, però sorride perché tutto sommato la festa sembra essere riuscita. Ne è pienamente soddisfatto. Narcissa avrà molti difetti, ma sa quel che fa. Ha appena mandato giù l’ultimo boccone, quando un fracasso di vetri che si infrangono, attira la sua attenzione. Nell’immediato pensa a un cameriere maldestro, anche se il rumore proviene dall’ingresso che sta sulla sinistra rispetto a dove Draco si trova adesso, lontano da dove passano i camerieri. Le pesanti porte sono spalancate, per dar modo agli ospiti di andare e venire come preferiscono. Tuttavia non riesce a vedere cosa sta succedendo, l’entrata è avvolta da luci più basse e immersa nella penombra, anche quando si alza e si avvicina al centro del salone non capisce cosa stia succedendo. Non sono semplici bicchieri quelli che sono stati rotti, ora che ci pensa, il rumore proveniva in direzione delle vetrate che danno sul giardino. Ma chi le avrà infrante in quel modo e perché? Delle grida, che arrivano proprio da là fuori, spezzano il silenzio. Vetri rotti, di nuovo, sono davvero le finestre dell’ingresso, pensa intanto il silenzio scende all’improvviso. Gli invitati hanno smesso di ridere e parlare fra loro, i musicisti hanno cessato di suonare e tutti guardano in attesa la porta spalancata del salone come se aspettassero un implacabile giudizio. Quasi, il tempo gli pare congelato sino a che le urla non tornano potenti, un istante più tardi. Uno strano luccichio squarcia la penombra dei corridoi appena fuori dal salone, qualcuno sta lanciando degli incantesimi. Una battaglia?
«Fuggite!» urla una signora che neppure conosce. Arriva correndo da là fuori, non si ferma a spiegare cosa sta accadendo, come un fulmine prende la bacchetta e si smaterializza. Altri la imitano, il Ministro della Magia viene scortato via da un paio di Auror. Forse temono un attentato alla sua vita, non ne è sicuro. In effetti non sa niente. Draco vede Potter sfrecciare attraverso la stanza, Ron gli è subito dietro, assieme alla Granger. L’inseparabile trio non manca mai di dare una mano quando c’è bisogno di aiuto, una volta gli dava fastidio, ora ne è quasi orgoglioso. Quello, pensa, è il suo uomo. E intanto che le urla seguitano a infrangere il silenzio, così come gli schianti di incantesimi e di vetri rotti, vede i suoi genitori impietriti, in fondo al salone. Draco si fa avanti a quel punto; suo padre scapperà, ne è sicuro, ma lui non ha nessuna intenzione di lasciare da solo il suo fidanzato. Non è come Lucius, sarà sempre migliore di lui. E quindi sfodera la bacchetta di Biancospino e corre in direzione delle grida. Non ci mette molto a capire. Harry è lì, tra i vetri delle finestre sparsi sul pavimento. Le luci ora alzate, appese alle pareti, che illuminano anche Ron ed Hermione. Hanno issato una barriera magica, ne sente l’enorme potere fino a lì e quasi la nota, è come un velo leggerissimo e trasparente. Tuttavia è ciò che sta al di là che attira la sua attenzione: non sono maghi oscuri, non è un attentato. Sono due bestie enormi, alte almeno tre metri o forse di più, che si danno battaglia tra loro a suon di colpi di coda, ne hanno una lunga che finisce con un ago acuminato, molto simile a quella di uno scorpione. A Draco sembra di aver già visto animali simili. Solo, non è sicuro di ricordare come si chiamino.
«Che diavolo sono quelle cose?» urla, isterico. La rabbia arriva subito, scaldandogli le guance e infuocando il suo animo. Una volta che lo shock è passato, inizia a porsi tutte quelle domande che al momento non trovano risposta. Chi ha fatte entrare quelle cose al Maniero? Come è possibile che siano arrivate sin lì? Data la presenza del Ministro, gli Auror hanno preteso una barriera magica e si sono impegnati personalmente a crearne una molto potente, chiunque sia entrato alla villa, lo ha fatto perché autorizzato dagli inviti magici che lui e mamma hanno spedito. Quindi era impossibile che due animali del genere entrassero indisturbati da soli, non c’è mai stato niente di simile nel parco là attorno. E comunque quella è la sua festa. Sua e di Potter. Per il fidanzamento. Non sarebbe dovuto succedere, pensa, intanto che il ritratto di famiglia, appeso a uno dei muri, cade a terra assieme a briciole d’intonaco.
«Sono Schiopodi Sparacoda!» esclama Ron, con l’aria di chi la sa lunga.
«Molto, molto grossi» mormora Harry guardando le due grandi bestie dal basso verso l’alto. Bacchetta alla mano, ma fronte corrucciata, Potter sembra incerto su come agire. Draco li farebbe fuori tutti e due, così come torturerebbe a morte chiunque ha avuto la malsana idea di portare quegli esseri fin lì. Fortunatamente non ha bisogno di sbraitare alla ricerca del colpevole, questi si materializza appena dietro di loro. Un mezzo gigante alto più di due metri, capelli e barba arruffati, una cravattona gialla a pois lilla che spicca su un completo di velluto marrone, e un’espressione contrita in volto. Rubeus Hagrid li fissa, mani sul pancione e occhi bagnati di lacrime.
«Scusate» dice, abbassando lo sguardo sino a terra. Schiopodi Sparacoda a una festa di fidanzamento? Non è neppure necessario che aggiunga altro, l’ovvietà di quanto successo lo colpisce al pari di uno schiaffo. Quell’idiota vuole attentare al suo sistema nervoso, questo è ovvio, pensa intanto che i due animali seguitano a darsi battaglia. Ciò che non sa è che è soltanto l’inizio.




 

Continua




 

Nota: Un grazie a Sonia (MissAdler) per avermi aiutata a capire tantissime cose di questo primo capitolo. Come ho detto questa storia è una continuazione delle due già citate nelle note introduttive, tuttavia mi sento di aggiungere che, a differenza delle prime due storie, questa sarà meno marcatamente demenziale. Ci saranno ovviamente dei momenti comici, ma altri più votati all’angst.

Grazie a chiunque sia arrivato a leggere fino qui.
Koa

 
   
 
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