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Autore: Star_Rover    19/11/2022    6 recensioni
Jari e Verner sono uniti fin dall’infanzia da un legame che nel tempo è diventato sempre più intenso e profondo. Nell’inverno del 1915 però i cambiamenti sociali e politici che sconvolgono la Finlandia finiscono per coinvolgerli, così i ragazzi sono costretti a separarsi per seguire strade diverse.
Nel 1918 i destini dei due giovani tornano a incrociarsi sullo sfondo di una sanguinosa guerra civile.
Genere: Drammatico, Guerra, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Il Novecento, Guerre mondiali
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XVIII. Lo spettro della Rivolta  
 


La foresta di betulle e conifere era coperta da uno spesso manto di neve fresca. I riflessi argentei brillavano con i raggi dorati, creando magici giochi di luce. L’unico rumore proveniva dagli zoccoli dei cavalli che battevano sul suolo ghiacciato.
Verner strinse le redini, anche sotto ai guanti le mani erano intorpidite dal gelo.
«Ormai manca poco al villaggio» disse Jussi, anch’egli stanco e affamato dopo il lungo viaggio.
Il compagno assunse un’espressione preoccupata: «dobbiamo arrivare prima che faccia buio»
Jussi osservò il sole che stava tramontando dietro alle colline, tra gli scheletri degli alberi spogli intravide le sfumature rosso fuoco del cielo.
«Non preoccuparti, conosco una scorciatoia, seguimi!»
Verner sospirò, pur fidandosi ciecamente dell’amico non poteva avere la certezza di trovarsi al sicuro. Quelle foreste erano pattugliate dai russi, dunque era necessario restare sempre in guardia.
Cautamente Verner si inoltrò nella boscaglia, seguendo il compagno lungo un sentiero invisibile.
 
Giunsero ai confini del villaggio con l’apparizione delle prime stelle e l’arrivo delle tenebre. Legarono i cavalli fuori dalla locanda, il solo pensiero di un pasto caldo fu una lieta consolazione.
Ancor prima di entrare furono fermati da un gruppo di uomini arcigni e sospettosi.
«Chi siete? Da dove venite?»
Jussi rispose con la sua solita menzogna: «siamo cacciatori di renne, abbiamo avuto una giornata sfortunata e cerchiamo solo un posto dove trascorrere la notte»
Verner dovette ammettere che quella era la storia migliore da raccontare per poter continuare a girare armati senza destare sospetti.
Gli uomini sembrarono credere a quella storia, ma restarono diffidenti nei loro confronti.
Verner non poté incolpare gli abitanti del villaggio per quella fredda accoglienza, sapeva che i rossi non erano i benvenuti. I ribelli avevano causato disordini in tutta la Finlandia, spesso ricorrendo a metodi violenti. Pur non giustificando certe azioni, il giovane poteva comprendere che la ragione dietro a tutto ciò fosse la disperazione, nonché il desiderio di rivalsa.
«Ormai siamo considerati come criminali» commentò tristemente.
«Presto si renderanno conto che non siamo noi il nemico»
«Credi che la rivolta scoppierà presto?»
Jussi annuì: «certo. Con quello che sta accadendo in Russia le cose cambieranno presto anche qui»
Verner pensò ad Aleks, anch’egli era convinto di ciò, non aveva motivo di dubitare delle parole dei suoi compagni.
 
Il salone era illuminato dalla fioca luce delle candele, la stanza era avvolta dal fumo di sigaretta. Gli operai parlavano ad alta voce, discutendo animatamente tra un boccone e l’altro. Bicchieri e boccali si svuotavano rapidamente. 
Verner consumò la sua cena in silenzio, osservando con discrezione gli altri avventori, restando vigile e attento.
Jussi notò il suo nervosismo.
«Qualcosa non va?»
Il suo compagno scosse il capo: «no, ma è meglio non abbassare la guardia»
«Qui siamo al sicuro» replicò Jussi.
«Non puoi esserne certo»
Jussi scosse le spalle: «presto saranno tutti abbastanza ubriachi da non accorgersi nemmeno della nostra presenza»
Verner non era ugualmente convinto, in ogni situazione lui era sempre il più previdente.  
«Come puoi essere così tranquillo?» domandò notando la calma del suo compagno.
«Abbiamo portato a termine la nostra missione con successo, tutto sta procedendo secondo i piani. Sei tu a preoccuparti troppo!» lo accusò.
«Dannazione, almeno ti rendi conto di quello che abbiamo fatto?»
«Certamente. E non ho alcun rimpianto. Non avevamo scelta, abbiamo fatto il nostro dovere»
Verner buttò giù un lungo sorso di birra. Non aveva mai avuto dubbi a riguardo, ma allo stesso tempo sapeva di non poter sfuggire alle conseguenze delle sue azioni. Non poteva dimenticare il fatto di avere le mani sporche di sangue.
In quel momento alcuni giovani si avvicinarono al loro tavolo. Inizialmente i due restarono diffidenti, ma ben presto la tensione svanì. I ragazzi erano solo curiosi interessati alla caccia delle renne.
L’esperienza di Verner e la fantasia di Jussi si unirono alla perfezione nel ricreare un’avvincente storia per intrattenere i loro ascoltatori. I giovani furono così entusiasti da offrir loro un’altra birra.
«Dovete scusarci per prima, ma qui non vogliamo problemi. Non dopo quello che è successo…»
Verner sollevò lo sguardo: «di che stai parlando?»
Il ragazzo si stupì: «davvero non sapete niente?»
I due forestieri negarono.
«Qualche settimana fa il nostro villaggio è stato assalito da alcuni banditi, erano rossi armati. Hanno derubato la bottega del paese, per giorni siamo rimasti senza scorte di cibo. Noi siamo stati fortunati, abbiamo saputo che in altri casi ci sono stati anche morti e feriti»
«È terribile» commentò Verner, sinceramente angosciato. Jussi restò in silenzio.
«Già, povera Finlandia…è una terra condannata, dove ormai regna solo il terrore»
«Stiamo vivendo tempi difficili, ma non possiamo perdere la speranza»
«La nostra unica speranza sono i ragazzi al fronte» disse uno degli operai al tavolo a fianco.
In breve si iniziò a discutere del conflitto.
«Sembra che i tedeschi stiano vincendo la guerra»
«Non abbiamo notizie certe. Laggiù si sta ancora combattendo»
«Dobbiamo sperare che i nostri soldati possano tornare a casa»
«Ho saputo dal fratello di Tuomas che in Germania i finlandesi sono trattati con rispetto»
«In ogni caso gli Jäger non torneranno presto» commentò qualcuno tristemente.
Verner pensò a Jari, non aveva più avuto sue notizie dopo la sua partenza. Si era ritrovato spesso a chiedersi quale fosse il suo destino. Dentro di sé voleva credere che fosse ancora vivo e che stesse bene, nonostante tutto. Pur non condividendo le sue scelte non aveva dimenticato la loro promessa. Non poteva sopportare l’idea che egli avrebbe potuto non fare più ritorno.
Jussi osservò la sua espressione assorta e preoccupata.
«Sei sicuro di stare bene?»
Con quella domanda Verner si riprese dai suoi cupi pensieri.
«È meglio andare a riposare, domani dovremo partire prima dell’alba»
L’amico concordò con lui, pur accorgendosi del suo turbamento preferì non approfondire la questione. In fondo era consapevole di non poter fare nulla per alleviare quei tormenti.
 
Nonostante la stanchezza Verner non riuscì a chiudere occhio. Nel letto vicino Jussi era profondamente addormentato, probabilmente l’alcol aveva aiutato ad annebbiare ricordi dolorosi e sensi di colpa.
Verner invece rimase sveglio, a scrutare l’oscurità, mentre pensieri sempre più opprimenti si inseguivano nella sua mente. Prima di tutto c’era la consapevolezza di aver abbandonato la sua famiglia. Non avrebbe mai voluto lasciare suo fratello in quel momento di difficoltà, anche se sapeva di non aver avuto scelta. Aveva sempre desiderato aiutarlo e proteggerlo, ed ora era venuto a meno della sua promessa in nome dei propri ideali. Per quanto Hjalmar si fosse dimostrato comprensivo e pronto ad accettare le sue responsabilità, in fondo era poco più di un bambino.
Poi c’era il fatto che la realtà si fosse rivelata ben diversa dalle aspettative. I grandi ideali di indipedenza e libertà sembravano non avere nulla a che fare con i crimini commessi dai suoi compagni. Verner non poteva evitare di chiedersi se tutto ciò fosse davvero necessario.
Jussi non si era posto alcuna domanda a riguardo, credeva ciecamente che quello fosse l’unico modo per ottenere giustizia.
Gli atti compiuti dai rossi sono nulla in confronto alle atrocità commesse dai soldati russi. Pensa a tutte le ingiustizie che abbiamo dovuto sopportare in tutto questo tempo, non credi che sia giusto ribellarsi con la forza a tutto questo?
Le parole del suo compagno erano state fredde e taglienti, in lui Verner aveva riconosciuto la sofferenza e la rabbia del suo popolo. Non poteva incolpare i suoi patrioti per il loro desiderio di rivalsa, doveva però chiedersi fin dove sarebbe stato disposto a spingersi in nome dei propri ideali.
Infine la sua mente lo riportò nuovamente al ricordo di Jari. Continuava a provare sentimenti contrastanti nei suoi confronti. Non era disposto a perdonarlo, lo considerava sempre un traditore.
Eppure in quei momenti di solitudine, nell’oscurità e nel gelo della notte, avvertiva la sua mancanza.
Nel profondo del suo cuore sapeva che egli restava l’unico in grado di donargli amore e conforto.
I dolci ricordi del passato svanirono in un istante. Verner tornò rapidamente alla realtà, allertato da alcuni rumori provenienti dall’esterno.
Prontamente scivolò fuori dal letto per svegliare il suo compagno. Egli si destò sussultando.
«Che succede?»
«Non hai sentito? C’è qualcuno là fuori!»
Jussi affinò l’udito, avvertendo il nitrito dei cavalli, la neve che scricchiolava sotto agli stivali e voci soffuse che non parlavano finlandese.
«Dannazione! Sono i russi!»
Verner non si lasciò sopraffare dal panico nel ricevere quella notizia.
«Non possiamo restare qui, forza, dobbiamo andarcene prima che giungano a perquisire le stanze!»
Jussi non si fece ripetere quelle parole, rapidamente infilò gli stivali e indossò la giacca.
Verner recuperò il fucile, poi con cautela aprì la porta e si avviò verso il fondo del corridoio, avanzando nell’oscurità. Il suo compagno lo seguì, anch’egli armato e pronto a sparare in caso di necessità.
I due giovani raggiunsero il passaggio che conduceva al tetto, salirono le scale di legno, ritrovandosi sulle assi ghiacciate.
«Attento, stai giù…così rischiamo di farci notare»
Jussi si acquattò dietro al camino fumante, cercando di seguire le indicazioni dell’amico. Dalla sua postazione poté notare i soldati russi che stavano pattugliando il villaggio.
«Spero che tu abbia un piano per farci fuggire da qui»
Verner indicò il lato del tetto che scendeva verso la piccola stalla.
«Vorresti calarti da lì?» domandò Jussi, incredulo e titubante.
«È la via più sicura per raggiungere i cavalli, con un po’ di fortuna saremo già abbastanza lontani quando si accorgeranno di noi»
Jussi non si mostrò particolarmente convinto, ma quando il compagno sparì lanciandosi nel vuoto non poté far altro che imitarlo.
Atterrò su un cumolo di neve fresca, il quale servì ad attutire la caduta e il tonfo. Verner era già appostato dietro l’angolo, rapidamente gli diede il segnale, la strada era libera.
Jussi trattenne un’imprecazione tra i denti, strinse la pistola e si affrettò a raggiungere le stalle. Era intento a slegare i cavalli quando avvertì l’eco di uno sparo.
Verner lo raggiunse di corsa: «svelto, non abbiamo più tempo!»
Jussi saltò in sella e senza esitazione uscì in strada, spronando l’animale al galoppo. Dietro di lui poté avvertire la presenza del Suokki del suo compagno.
Per allontanarsi furono costretti a percorrere le vie strette del piccolo villaggio, lo sparo precedente aveva allertato i militari nella zona, ma fortunatamente nessuno riuscì ad individuare i due fuggitivi per tempo.
Jussi avvertì altri spari alle sue spalle, ma ormai erano già lontani e l’oscurità fu una buona alleata nella loro fuga nella notte.
Tornò a rivolgere la parola al suo compagno soltanto quando fu certo di essere abbastanza distante dal villaggio.
«Dannazione, questa volta ci è davvero mancato poco! Ero già pronto a trovarmi davanti a un plotone d’esecuzione!»
«Dovresti continuare a preoccuparti considerando che per il momento siamo dispersi nei boschi»
«Preferisco la compagnia dei lupi piuttosto che quella dei gendarmi» replicò Jussi.
Verner si guardò intorno con più attenzione: «aspetta, riconosco questo posto…credo di sapere dove potremo trovare riparo per questa notte»
«È un luogo sicuro?»
Egli annuì: «certo, ma non saremo soli…»
 
***

Helsinki non era più la stessa, Marja aveva iniziato ad avvertire i primi cambiamenti quando i volontari erano partiti per la guerra, da allora non aveva più avuto alcuna certezza.
Non si era mai illusa, era consapevole delle motivazioni che avevano portato il suo amato a prendere quella scelta, lei stessa sosteneva le sue decisioni e le proprie convinzioni. Nonostante ciò la lontananza di Lauri era sempre più difficile da sopportare.
La ragazza pensava a questo mentre percorreva le strade del centro ricoperte di neve e ghiaccio. Ad accompagnarla in quella passeggiata c’era suo fratello Evert, il quale continuava ad avere dubbi e sospetti sul suo matrimonio.
«Hai avuto notizie dalla Germania?»
Marja tentò di non esternare troppo la sua preoccupazione: «no, è trascorso ormai un mese dall’ultima lettera di Lauri»
Evert rispose con una smorfia, egli continuava ad essere diffidente nei confronti del cognato.
«Mi chiedo perché tu abbia voluto sposare quell’uomo, ti conosco bene e so che la ragione non sono i soldi»
«Io e Lauri ci amiamo, questa è l’unica ragione per cui abbiamo deciso di sposarci»
«Credi davvero che lui sia disposto a rinunciare a tutto per te?»
Lei non capì: «di che stai parlando?»
«Come puoi essere così ingenua? La sua famiglia non approverà mai la vostra unione, e non penso che egli vorrà rinunciare alla sua eredità e alla sua reputazione»
«Tu non conosci Lauri, lui è diverso da quel che credi»
«Per la tua felicità spero davvero di sbagliarmi»
«Speravo che almeno tu avresti potuto supportarmi in questo momento»
Evert fu pronto a giustificarsi: «è proprio perché tengo a te che mi sto preoccupando»
Marja non dubitò delle sue buone intenzioni.
«A noi non è mai importato dei soldi e della reputazione. Tutto ciò vogliamo è stare insieme e avere una famiglia»
«Le cose stanno cambiando e non so cosa accadrà, ma nel caso in cui tuo marito dovesse tornare dalla guerra dovrà prendere una decisione. Suppongo che un soldato voglia restare fedele alla sua divisa»
La ragazza si impensierì nel sentire quelle parole, ma non si abbandonò allo sconforto. In ogni caso lei sarebbe stata disposta a sostenere le decisioni di suo marito. Si fidava ciecamente di lui.  
Marja era ancora immersa in questi pensieri quando ad un tratto udì delle grida provenire dalla piazza. Svoltando l’angolo vide una grande folla riunita nella strada principale. Una lunga fila di manifestanti con bandiere e cartelli di protesta.
La giovane iniziò a preoccuparsi quando notò che alcuni di loro erano armati.
Marja era ancora sconvolta da quella confusione quando suo fratello la strattonò lontano dalla folla.
«Andiamo, non è sicuro restare qui»
La ragazza si lasciò trascinare via da Evert, il quale si preoccupò di allontanarsi da quella situazione potenzialmente pericolosa.
«Che sta succedendo?» domandò la ragazza, voltandosi un’ultima volta verso i protestanti. 
Evert preferì non allarmarla: «è soltanto un altro sciopero, ci penserà la polizia a riportare l’ordine»
Le sue parole non furono sufficienti a rassicurarla.
«Ho letto sui giornali che ci sono stati degli scontri violenti in città»
Lo sguardo di Evert si incupì: «è colpa del governo, i lavoratori protestano per i loro diritti, e se alzare la voce non ha portato ad alcun risultato non mi sorprende che abbiano deciso di ricorrere alle armi»
Marja avvertì una stretta al petto: «dunque tu credi che loro abbiano ragione»
«Non giustifico la violenza, ma allo stesso tempo non tollero le ingiustizie»
«Oh, fratello mio, non dovresti lasciarti coinvolgere in certe questioni»
«Hai sposato un uomo che è partito per la guerra in nome dei propri ideali, dovresti dimostrare più comprensione nei miei confronti»
Marja non poté contraddirlo, sarebbe stato ipocrita da parte sua.
«Non preoccuparti, ho solo espresso la mia opinione a riguardo, non ho intenzione di unirmi alla lotta operaia» la rassicurò Evert.
La giovane si sforzò di sorridere, preferì cambiare argomento e lasciarsi quella discussione alle spalle. Dentro di sé però iniziò a temere per la sorte dell’amato fratello.
 
***

Hjalmar lavorava come garzone nella vecchia bottega del signor Räikkönen. Dopo la morte di suo zio e la partenza di Verner aveva sentito il bisogno di rendersi utile per il bene dei suoi cari. Desiderava alleviare le preoccupazioni di sua madre contribuendo all’economia di famiglia.
Il signor Räikkönen era un uomo burbero e scontroso, trascorreva la maggior parte del tempo a rimproverarlo e a criticare il suo lavoro. La paga non era affatto soddisfacente, considerando anche il pessimo trattamento. Hjalmar però sopportava in silenzio, come aveva sempre fatto.
Quel pomeriggio era impegnato a spazzare il pavimento quando ad un tratto un cliente si avvicinò a lui. Si trattava di un giovane che portava il berretto calato fin sotto agli occhi.
«Ei, ragazzo. Avrei un compito da affidarti, ti andrebbe di guadagnare qualcosa?»
Hjalmar esitò restando diffidente.
L’uomo gli mostrò un pezzo di carta, dicendogli che se avesse recapitato il messaggio sarebbe stato ricompensato dal destinatario.
Il ragazzo non ebbe bisogno di altre prove per constatare che si trattasse di qualcosa di pericoloso, d’altra parte si riteneva in grado di svolgere quel compito, e il denaro poteva sempre essergli utile.
Così dopo qualche tentennamento decise di accettare.
Lo sconosciuto sorrise, poi gli fornì le informazioni necessarie per svolgere il suo incarico.
 
Hjalmar giunse a destinazione con il fiato corto e il viso accaldato per la rapida corsa. Prese un profondo respiro, poi si fece coraggio e salì le scale.
Bussò con tre colpi ben distinti, esattamente come gli era stato detto. Quando la porta si aprì il giovane esitò prima entrare. Si ritrovò in una stanza buia, illuminata solo dalle candele. Intorno al tavolo erano radunati tre uomini, al suo arrivo sollevarono contemporaneamente lo sguardo dalla carta topografica che stavano esaminando.
«Ho un messaggio per il capitano Hentilä»  
Il più alto del gruppo mosse qualche passo in avanti, non ebbe bisogno di presentarsi per chiarire la sua identità.
Hjalmar consegnò il prezioso foglio di carta. Il capitano lesse il messaggio, poi lo avvicinò alle fiamme delle candele, riducendolo a un cumolo di cenere. Qualunque fosse l’informazione ormai non poteva più essere recuperata.
Dopo aver fatto ciò l’uomo si avvicinò nuovamente al ragazzo.
«Non ti ho mai visto prima. Qual è il tuo nome?»
«Hjalmar» rispose con voce tremante.
«Bene. Hai fatto un buon lavoro, meriti la tua ricompensa»
Il ragazzo si meravigliò nel ritrovarsi in mano due monete d’argento.
«Immagino che tu abbia capito chi siamo» continuò il capitano.
Egli annuì, non ebbe bisogno di ulteriori conferme per riconoscere di ritrovarsi in un covo di militanti.
«Possiamo fidarci di te?»
Hjalmar rispose con un cenno di assenso.
«D’accordo. Mi sembri un ragazzo sveglio, ti andrebbe di continuare a collaborare con noi?»
Il giovane guardò gli occhi grigi del capitano, pensò a suo fratello, si sentì in dovere di fare la sua parte. Era consapevole dei rischi e dei pericoli, ma ciò non parve spaventarlo, prima di rispondere il giovane strinse in pugno le monete.
 
***

Aleks si era ripreso in quegli ultimi mesi, il suo fisico non era più così debole e anche il suo umore sembrava essersi risollevato. Pian piano aveva recuperato le forze, adattandosi alla sua vita da latitante.
Il giovane versò la zuppa e porse le ciotole fumanti ai due finlandesi.
Verner si avventò subito sul cibo, senza alcuna esitazione, Jussi invece rimase diffidente.
«Non è avvelenata» disse Aleks per convincerlo.
Jussi prese lentamente la ciotola tra le mani: «so che sei dalla nostra parte»
«Eppure continui a non fidarti di me, è perché sono russo?»
«No, se fossi comunista non avrei problemi, ma gli anarchici non mi piacciono. Voi siete…imprevedibili»
Aleks scoppiò in una sonora risata.
Verner ignorò l’ennesimo battibecco tra i due compagni, ormai era abituato ai loro confronti, i quali risultavano sempre inconcludenti.
«Non dovrete preoccuparvi ancora a lungo del dominio imperiale, presto lo zar perderà il suo potere» affermò Aleks con estrema convinzione.
Almeno in questo Jussi parve concorde.
«La Rivolta è anche un vostro interesse. Il suo successo determinerà la fine del Granducato, sarebbe la giusta opportunità per dichiarare la vostra tanto amata indipendenza» continuò il russo.
Verner si mostrò interessato di fronte a questa possibilità.
«Hai avuto notizie da parte dei tuoi compagni?»
Aleks annuì: «è solo una questione di tempo, il popolo è stanco e irrequieto, basterà una scintilla…e poi ovunque si divamperà l’incendio»
«Il tuo racconto è molto evocativo, ma dobbiamo guardare in faccia la realtà» puntualizzò Jussi.
Aleks rispose con filosofia: «un rivoluzionario è sempre un idealista, le azioni sono soltanto conseguenze»
«Non lo sopporto quando si comporta così!» commentò il finlandese rivolgendosi al suo connazionale.
Verner scosse le spalle, egli era estraneo ad ogni genere di ideologia politica, tutto ciò che voleva era ottenere la libertà del suo popolo. Era preoccupato per ciò che stava accadendo nella sua amata Patria, la lotta di classe non riguardava soltanto il dominio straniero. I suoi compagni erano pronti a combattere, presupponendo che il fine potesse giustificare i mezzi. E lui, che cosa avrebbe scelto di fare?
Le sue riflessioni furono interrotte da Jussi.
«Adesso basta perdere tempo. Non c’è stata ancora nessuna rivoluzione e i gendarmi sono ancora sulle nostre tracce. Verner, questa notte spetta a te il primo turno di guardia!»
Il giovane si rialzò dal tavolo con rassegnazione, prese il suo fucile ed uscì dal rifugio.
Le stelle brillavano nell’oscurità, in lontananza si intravedevano i profili delle montagne, illuminati al chiaro di luna. Osservando la bellezza di quel panorama notturno Verner non poté far altro che rinnovare il suo giuramento di fedeltà a quella terra. Si ricordò del motivo per cui aveva deciso di unirsi ai ribelli, e giunse alla conclusione di non aver ormai più nulla da perdere.

 
   
 
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