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Autore: Zobeyde    19/11/2022    2 recensioni
New Orleans, 1933.
In un mondo sempre più arido di magia, il Fenomenale Spettacolo Errante di Maurice O’Malley si sposta attraverso l’America colpita dalla Grande Depressione con il suo baraccone di prodigi e mostri. Tra loro c’è Jim Doherty, l’unico a possedere capacità straordinarie: è giovane, irrequieto e vorrebbe spingere i propri numeri oltre i limiti imposti dal burbero direttore.
La sua vita cambia quando incontra Solomon Blake, che gli propone di diventare suo apprendista: egli è l’Arcistregone dell’Ovest e proviene da un mondo in cui la magia non ha mai smesso di esistere, ma viene custodita gelosamente tra pochi a scapito di molti.
Ma chi è davvero Mr. Blake? Cosa nasconde dietro i modi raffinati, l’immensa cultura e la spropositata ricchezza? E soprattutto, cosa ha visto realmente in Jim?
Nell’epoca del Proibizionismo, dei gangster e del jazz, il giovane allievo dovrà imparare a sopravvivere in una nuova realtà dove tutto sembra possibile ma niente è come appare, per salvare ciò che ama da un nemico che lo osserva da anni dietro agli specchi...
Genere: Azione, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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HORROR VACUI





 
"Holy water cannot help you now
Thousand armies couldn’t keep me out
I don’t want your money
I don’t want your crown
See I’ve come to burn your kingdom down"


Seven Devils - Florence + The Machine



 
 
Per un lungo, teso istante, nessuno osò muoversi o parlare. 
Gli Zeloti non fecero caso a loro; continuarono a stringersi attorno all’altare reggendo le loro candele e iniziarono a intonare a bassa voce una litania in una lingua ormai scomparsa, di cui Solomon conosceva solo in parte le parole.
Quando Jim sollevò piano la testa, allo stregone saltarono subito all'occhio un paio di dettagli: non recava neppure un graffio, indossava un abito di sartoria che sembrava confezionato apposta per lui e gli avevano persino spuntato i capelli. Chiunque lo stesse trattenendo lì, si era indubbiamente preso molta cura di lui. 
Percepì il respiro di Alycia, al suo fianco, farsi accelerato.
«Jim» sussurrò, e in quel debole filo di voce c'erano un sollievo e una gratitudine così intensi da spezzare il cuore. Fu lei a muovere il primo passo verso l'altare, ma Solomon afferrò con fermezza il suo braccio.
«Aspetta. C'è qualcosa che non va.»
Lo sguardo del ragazzo si soffermò su ciascuno dei presenti, limpido, senza alcuno slancio emotivo.
«Siete arrivati giusto in tempo» disse e malgrado la sua voce non fosse alta, riecheggiò nell'enorme sala vuota. «La mia Signora aveva detto che avremmo avuto ospiti importanti stasera: non appena ci raggiungerà, potremo dare inizio alla cerimonia.»
«Di che accidenti stai parlando?» ringhiò a quel punto O'Malley, che aveva già estratto la pistola. «Forza ragazzo, lasciamo questo posto infernale!»
Lui non si mosse, la fronte aggrottata. «Perché?»
«Come sarebbe a dire “perché”?!» gridò Arthur. «Jim, ma che ti prende? Siamo venuti per portarti a casa!»
«Non capisco cosa intendi dire» replicò Jim, come se la proposta avesse dell'assurdo. «Io sono a casa.»
I circensi si scambiarono sguardi completamente smarriti.
«É un trucco?» suggerì Rodrigo. «Un’altra barrera mental...?»
«No» rispose Boris Volkov. «Non credo.»
Pur rimanendo vigile, Solomon spostò l'attenzione dal ragazzo al libro aperto sopra l'altare. La sua voce si ridusse a un mormorio sordo: «Il Codice Oscuro...» 
Lo avrebbe riconosciuto ovunque. Aveva fatto di tutto per averlo, aveva combattuto, tradito, compiuto cose terribili. Ed era sicuro di averlo visto bruciare con i suoi stessi occhi alla fine della Guerra Civile, sul pavimento di marmo nella Sala del Consiglio della Cittadella, al cospetto dei Decani, di Macon, Una e Boris... 
Nella sua mente in subbuglio, affiorarono le parole che Jim aveva pronunciato prima che, in un impeto di disperazione, Solomon gli  impedisse di abbandonarlo con la forza...
“Ha creato la sua nemesi perfetta e si meraviglia di essere stato battuto al suo stesso gioco?”
«É...impossibile...»
«Personalmente ho sempre letto quella parola come una sfida.»
Una voce risuonò per la sala, chiara e fredda, seguita dal tonfo di pesanti porte che si chiudono. Solomon si voltò di scatto verso le due donne che stavano risalendo la navata; riconobbe una di loro come l'indovina del circo, la misteriosa donna che si faceva chiamare Margot, ma che lui aveva conosciuto molti anni prima a San Pietroburgo, sotto un altro nome, un'altra identità. 
L'altra, fasciata da un abito nero, era Lucindra.
Aveva conservato intatta la sua bellezza, la pelle come alabastro, il viso grazioso incorniciato da capelli fiammeggianti. Ma in lei non era rimasto più nulla della ragazza che era stata, della sua dolce, talentuosa Lucy; l'unica persona, dopo Jonathan e prima di che incontrasse Isabel, a cui avesse mostrato chi era davvero, con i suoi tormenti, i suoi aspetti più oscuri, le sue debolezze. L'allieva geniale a cui aveva deciso di lasciare la propria eredità, fiducioso che avrebbe cambiato il mondo. E che, un tempo, aveva persino creduto di amare...
«Tu!» sibilò Boris. «Maledetta...!»
Chiamò immediatamente a sé l'ascia, mentre Isabel stringeva l'elsa della spada di vetro e Alycia si apprestava a evocare. O'Malley sollevò il cane della sua pistola, Arthur impugnò a due mani Excalibur, Valdar,  i gemelli, il mangiafuoco e il forzuto si prepararono allo scontro. Ma Lucindra sfilò loro davanti senza degnarli di uno sguardo.
Solo quando giunse di fronte a Solomon, indugiò un attimo per studiarlo.
«Ben ritrovato, maestro» disse, con un guizzo del suo antico, giocoso sorriso. «Indossi  la stanchezza come un abito elegante, ma deduco che questi anni siano stati faticosi per te.»
«E per te, Lucy?» replicò lui, con limpidezza gelida. «Il Vuoto non può  far sparire ogni cicatrice. E su di te ne ha lasciate molte.»
Lo sguardo di lei si rattristò. «Hai ragione» concesse, scostando l'unica ciocca di capelli bianchi dal viso. «Ma non si ottiene mai nulla senza sforzo. Me lo hai insegnato proprio tu.»
Dopodiché si soffermò su Isabel. «Vedo che Orfeo ha ritrovato la sua Euridice.»
Solomon avvertì immediatamente il pericolo e si mise davanti a sua moglie e sua figlia con fare protettivo.
Ma l'ex allieva si limitò a commentare, divertita: «Oh, Sol, sono passati anni! Bisogna pur andare avanti, non credi? Se c'è una cosa che la prigionia mi ha insegnato è che non ha senso portare rancore. E che la famiglia è l'unica cosa che conta davvero.»
Passò oltre, accompagnata silenziosamente dalla veggente, che evitava di incrociare gli sguardi scioccati dei membri della compagnia. 
«Anche io mi sono ricongiunta con la mia.» Lucindra aggirò l'altare, si fermò accanto a Jim  e posò una mano sulla sua spalla, un gesto intimo e sicuro. «Alla fine, abbiamo entrambi ottenuto quello che desideravamo, non credi?»
Solomon si tese.
«Lui non ti appartiene! Quanti innocenti ancora dovranno soffrire perché tu possa avere la tua vendetta?»
«Non si è mai trattato di vendetta, ma di giustizia.»
«Giustizia» ripeté lui, nauseato. «Stai usando un ragazzo come arma!»
Gli occhi scuri di Lucindra brillarono in modo ostile, ma quando parlò la sua voce era calma: «Da che pulpito. Lui mi appartiene, Sol, appartiene al Vuoto. Conosci le regole del gioco: ho pagato il mio debito, ora esigo la mia ricompensa.»
«Devi fermarti» ribatté Solomon, senza riuscire a non suonare disperato. «Adesso, prima che sia tardi.»
Compì un passo verso l'altare, poi un altro.
In quell'istante, dal pavimento si sollevò un'onda di oscurità, che si cristallizzò in una barriera spine nere e affilate come coltelli. Isabel e Alycia lanciarono un grido e Solomon fu costretto a fermarsi, impressionato.
Quando guardò di nuovo verso l'altare si rese conto che era stato Jim a evocarle, la mano protesa dalle dita completamente nere e un avvertimento nello sguardo.
«Deve affinare la tecnica» commentò Lucindra. «Ma ha talento e impara in fretta. Guidato nel modo giusto, diventerà il Plasmavuoto più potente mai esistito. Va bene così, Caliban, non serve sprecare energie con loro. Abbiamo cose più importanti a cui pensare.»
Jim abbassò lentamente la mano e le spine di Materia Vuota si ritirarono all'istante.
«Lucia» disse Solomon, sconvolto, impotente. «Lucia, che cosa gli hai fatto?»
«Gli ho dato una casa e uno scopo, come un tempo tu facesti con me. Ma io non ho intenzione di abbandonare i miei allievi.»
«Lucia, Caliban non c'è più» replicò Solomon, sentendo riaprirsi dentro di lui una vecchia ferita. «Conosco il tuo dolore, ma quella creatura era un errore. Non puoi usare Jim per colmare il vuoto che ha lasciato...»
«No, Sol» sussurrò lei, tornando a rivolgerli quel sorriso triste. «Tu non conosci proprio niente. Non hai mai capito cosa significhi essere soli al mondo.»
Si volse a guadare Jim, accarezzò i suoi capelli rossi con fare materno. «Credi che il Vuoto porti morte e rovina, ma finora è stato solo in grado di unire le persone. É questo il grande dono che stiamo per fare al mondo.»
Mise una mano aperta sopra il Codice Oscuro e tese l'altra verso Jim. 
«Niente più barriere» disse, la voce carica di emozione e trionfo. «Niente più guerre.»
«Niente più dolore» replicò lui, restituendole il sorriso.  «Niente più solitudine.»
Prese la mano che lei gli porgeva.
Un frastuono come di tuono squassò l’aria, riempì la sala, facendola oscillare. Un sentore di panico attraversò la schiera di Zeloti, che continuarono a intonare il loro canto con minore convinzione.
«Jim!» Alycia scattò in avanti, ma Solomon la strinse contro di sé.
La sala tremò un'altra volta, gli specchi si infransero uno dopo l'altro, lasciando sgorgare il Vuoto come un fiume nero in piena lungo il pavimento di marmo, fino al soffitto a cupola.
Un'altra scossa di terremoto particolarmente violenta, uno schianto portentoso e il soffitto si spaccò come il guscio di un uovo,  aprendosi su una visione apocalittica, un vortice tumultuoso di ombre e fulmini, invaso da creature mostruose che sbattevano le ali e stridevano affamate.
Gli Zeloti continuavano a cantare, ma molti di loro erano spaventati. Un paio abbandonarono il cerchio per tentare la fuga, ma furono inghiottiti dalle tenebre e si dissolsero in un'esplosione di polvere nera, andando a rinforzare la crescita del Vuoto.
Tra le braccia di Solomon, Alycia si divincolava urlando, ma lui poté solo tenerla stretta, mentre intorno a loro il mondo andava in pezzi: la Torre Nera sembrava respirasse, assorbendo potere, ingigantendosi di secondo in secondo. Isabel e Boris sollevarono le mani in un disperato tentativo di contenerla, ma il potere congiunto dei due Plasmavuoto era inarrestabile…
«Blake!» gridò Boris Volkov, sopra il caos e il rumore. «Che cosa facciamo adesso? Che facciamo?»
Solomon non si mosse, non disse niente. Non aveva risposte.
Pensò alle migliaia di Mancanti che la Torre avrebbe incontrato nella sua marcia verso Arcanta, a tutte le vite che avrebbe trascinato via...
Tutto per causa sua.
«Mi dispiace» sussurrò a sua figlia. «Mi dispiace immensamente.»
L’abbracciò con forza, in un estremo, patetico tentativo di proteggerla, prima che il Vuoto li divorasse.
Ma il Vuoto non li divorò.
La marea oscura si ritirò silenziosa e la sala smise lentamente di ondeggiare. La cosa parve stupire Lucindra quanto loro, perché la strega sbatté le palpebre e si volse verso il ragazzo.
«Non ti ho detto di fermarti.»
Jim ricambiava il suo sguardo, fissandola dritta negli occhi.
«Che ti prende?» inquisì Lucindra.
«Se ti fossi presa la briga di conoscermi un po’ meglio» disse il ragazzo, in tutta calma. «Sapresti che raramente faccio quello che mi viene detto.»
Lucindra strinse con più forza il suo polso e le ombre fremettero.
«Cosa credi di fare?» disse in un sibilo. «Ti sei abbandonato al Vuoto!»
«Al Vuoto. Non a te.»
Quella risposta inaspettata colpì Lucindra come uno schiaffo in piena faccia. Prima che potesse ritrarsi, lui le afferrò l’altro polso in maniera salda.
«Tu ricordi?!» esclamò lei, dando uno strattone. «É impossibile! Ho letto la tua mente, non era rimasto più niente...»
Il bel volto devastato dalla confusione e dalla rabbia, cercò Margot nella folla di Zeloti impauriti. L'indovina, però, ricambiò il suo sguardo senza alcun timore.
«Mi hai ingannata!» ringhiò Lucindra. «Proprio tu, Zora! Come hai osato disubbidirmi?»
«Non ti ho disubbidito» replicò la donna. «Ho cancellato i suoi ricordi, come mi hai chiesto. Ma non ho potuto mettere a tacere la sua Volontà, non per molto, almeno. E nemmeno tu puoi.»
Solomon non riusciva a capacitarsi di cosa stesse succedendo. Possibile che fosse tutto un bluff, fin dall'inizio? Davvero Jim aveva architettato tutto questo...?
Per avvicinarsi il più possibile a lei, capì. Per farle abbassare la guardia.
L’espressione di Lucindra era persa, stupita. Provò a staccarsi da Jim, ma lui la strinse più forte, riprendendo il controllo sul suo potere.
«Non puoi...non ne hai la capacità..!»
«L'hai detto tu» disse il ragazzo, negli occhi una luce nuova, spietata. «Ho avuto i migliori insegnanti.»
Lucindra urlò. Arabeschi neri spiccavano sulla pelle bianca come venature nel marmo, mentre lottava per allontanarsi.
«Sei pazzo! Credi di poter controllare il Vuoto da solo?!»
«Sono come te» replicò Jim e malgrado la sua determinazione, la sua voce suonò affaticata. «Per questo il Vuoto ci ha scelti.»
«No...»
«Nella magia vige il Principio della Corrispondenza. Io e te abbiamo un legame: un legame potente, che tu hai cercato di sfruttare. Posso farlo anch'io.»
«Non oseresti!»
«Sta’ un po’ a guardare.»
Jim continuò a tenerla stretta, mentre il potere defluiva da lei e scorreva in lui. L’Oscurità si riversò fuori da Lucindra in torrenti di inchiostro nero, dai suoi occhi spaventati, dalla sua bocca...
Il Vuoto iniziò lentamente a retrocedere, attratto dal ragazzo come da una calamita. Le sue gambe si piegarono e lui e Lucindra crollarono in ginocchio di fronte all’altare, esausti.
«Fermati!» ansimò la strega, sofferente. «Morirai!»
Ma Jim non si fermava. Continuava a chiamare a sé il Vuoto, a fagocitarlo nel suo petto, imprigionandolo dentro di lui. La Torre Nera intanto aveva iniziato a disgregarsi, le creature alate a disperdersi strillando dal dolore e dalla confusione: sottili raggi di luce solare fendettero come lame le pareti di tenebra del Vuoto, mandandole in frantumi.
La presa di Jim su Lucindra perse energia e la strega riuscì ad allontanarsi da lui con un gemito.
«Che cosa hai fatto?»
Jim si accasciò a terra, stringendosi le braccia al petto, mentre dentro di lui il Vuoto si agitava e ribolliva. Solomon non aveva mai visto qualcosa del genere in vita sua; nulla di ciò che aveva letto nei suoi libri, nulla di ciò che conosceva lo aveva preparato a questo.
In lacrime, Alycia lottò per separarsi da suo padre e correre da Jim, ma quando il ragazzo sollevò la testa, scosso da terribili spasmi, i suoi occhi erano due abissi neri.
Lucindra era inorridita quanto loro. «Cosa hai fatto!?» 
Presto il Vuoto reclamò ciò che gli spettava e per quanto la Volontà del giovane mago fosse forte, il suo corpo mortale era incapace di contenere un potere divino.
Inerme di fronte a quello spettacolo, Solomon guardò il ragazzo morire lentamente; vide la pelle del suo volto ricoprirsi di crepe come porcellana, un rivolo di sangue nero fuoriuscirgli dalla narice e il rosso brillante dei suoi capelli venire spremuto via lasciando al suo posto fragile neve fino alla radice...
L'allievo che lo aveva accompagnato in quell'impresa impossibile, che aveva creduto in lui, e che alla fine aveva trascinato con sé all'Inferno...
Un'altra vittima delle sue ossessioni. 
Sentì i membri della compagnia agitarsi intorno a lui impotenti, gridare il suo nome.
«Devi fare qualcosa!» gridò Alycia, riempiendo il suo petto di pugni. «Devi salvarlo! Avevi detto che c'era un modo!»
«É troppo tardi, Alycia.»
«Ti prego!» gemette lei. «Mi avevi giurato che c'era un modo! Lo avevi giurato!»
«C'è un prezzo» provò a dire lui, il cuore gonfio di dolore. «Il Vuoto esige sempre un prezzo...!»
«Non mi importa! Non importa, devi riportarlo da me!»
Piangendo di rabbia e disperazione, Alycia gli scagliò contro un incantesimo per sbalzarlo via e corse da Jim.
«Alycia, no!»
Lei superò l'altare e cadde in ginocchio al suo fianco.
«Lascialo andare» lo supplicò. «Ti prego Jim, non devi affrontarlo da solo!»
Lui si contorse producendo un debole rantolo, incapace di parlare, incapace di vederla o di sentirla. Viticci di impalpabile oscurità gli si avvolgevano attorno come fumo. Lei gli afferrò la mano e quel semplice contatto le procurò un urlò di dolore lancinante.
«Permettimi di aiutarti» sussurrò, senza abbandonare la presa. «Resta con me, Jim, ti prego...!»
Nel panico, Solomon li raggiunse di corsa, ma non fu il solo: Arthur, i gemelli Svanmör, Frank, Rodrigo, persino O'Malley circondarono i due ragazzi.
«Resistete, vi diamo una mano noi» disse Arthur, toccando la spalla di lei. Il potere riverberò nell'aria, incendiandola. Un coro di grida sofferenti si sprigionò dai membri della compagnia, che si stringevano gli uni agli altri, sorreggendosi a vicenda per guadagnare tempo.
L'aria che avevano intorno sembrava scricchiolare, infusa di qualcosa di prodigioso, di un potere completamente nuovo, che non aveva precedenti.
Solomon congiunse le mani di fronte a sé, come in preghiera. Chiuse gli occhi, chiamò a sé tutto il suo potere, tutta la sua determinazione.
Doveva riportarlo indietro.
A qualunque costo.
Fare quello che non era riuscito a fare per Jonathan. Per Jasper, Cillian, Stephen, Jorge e Marco...
Non avrebbe perso Jim, non stavolta.
Stavolta sarebbe riuscito a spezzare la ruota.
«Per la legge dello Scambio Equivalente» recitò a fior di labbra. «Porto in offerta il mio pegno.»

 
  
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