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Autore: rosalielena    19/11/2022    0 recensioni
Questa è la storia di Ecletto e Biancolatte. Il primo forte e potente, glorioso sia per fama che per essere il capo del villaggio di bruti i Vibilin; l'altro soffice e candido come un tenero animaletto, principe del villaggio oltre il ponte che li separa. Uno incapace di esporre le proprie paure, l'altro alla continua ricerca dell'amore.
Ma allora cosa c'entrano gli dei?
Una storia d'amore, d'avventura e fantascienza, ne volete la prova? Vi aspetto. LGBT-
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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"Non entrare nell'oscurofittobosco o perderai tutto. Figlio mio non è un posto adatto a te né a bambini ne ad adulti. Promettimi che non vi entrerai mai! Prometti che mi ascolterai! Prometti che non darai all'oscurofittobosco la possibilità di cambiarti!" Gli diceva sempre suo padre.

Ripeteva e ripeteva sempre la medesimo come una cantilena, a volte ad Ecletto sembrava fosse ossessionato da quel posto di tanto timore e di cui nessuno ne parlava, poi si calmava e il giovane finiva per non pensarci più fin a quando il padre non ricominciava con quella manfrina e allora di nuovo a chiedersi quanto strano fosse il padre.  

Quand'era bambino era convinto che suo padre potesse prevedere il futuro, aveva parecchi misteri, spesso spariva per giorni e nel meglio delle ipotesi tornava tutto intero e con qualche gioco, nelle peggiori mancava per mesi per poi tornare sfregiato e massacrato e con qualche storia fantasiosa in più. Quando fu abbastanza grande decise di non porre più interesse alle scemenze del padre, almeno finché quell'omone grande del padre non scomparve misteriosamente, senza lasciare nessuna traccia. Parte di Ecletto alla scomparsa del padre, si sentì in colpa per aver creduto che il padre fosse folle per tutto quel tempo, gli mancavano persino quei suoi racconti o quell'essere duro e rigido. Questo spinse il giovane a cercare il padre per molto e molto tempo, ma nulla. Per quanto lo cercasse, lo chiamasse a gran voce, disperandosi, spingendosi oltre il confine senza mai arrivare fin all'oscurofittobosco. Non ci fu nulla da fare, era scomparso. Non servirono gli amici e i cavalieri, non bastò neanche il regimento del padre di Biancolatte ad aiutarlo, non bastò nessun uomo impegnato nell'impresa. 

Aveva pregato l'amico tanto tenero e amato Biancolatte quando in realtà non sarebbe servito, in cuor suo sapeva di averlo quasi "costretto" a pregare il padre a impegnare la sua armata nelle ricerche. Era arrivato in groppa al suo Lucefalo, il suo grande cavallo, fin oltre il confine, aveva trasgredito le regole, ma nessuno avrebbe fatto nulla o almeno questo aveva sperato, perchè in caso contrario aveva giurato agli dei che avrebbe ucciso chiunque gli si fosse scontrato. 

L'ultimo giorno, protese quella promessa, si convinse ad arrivare fin all'oscurofittobosco, intravide quell'oscurità davanti a se, gli alberi scuri e neri come la pece, si muovevano come visione, gli facevano tremare il sangue e le urla che da dentro ne provenivano gli rizzavano i peli alle braccia. Era inferocito, rabbioso, non sopportava di essere debole di fronte quella sua paura. Poco prima di entrare e perdersi anch'esso, perchè sapeva sarebbe stato da lì a poco scomparso anche lui una volta superato il primo albero oscuro, sentì una voce urlare il suo nome. Non era una voce qualsiasi, non era neanche un canto soave, ne qualcuno di sconosciuto, era Biancolatte, l'unico, vero, amore della sua vita, anche se quel magro ragazzo che lo seguiva come un disperato  non ne fosse a conoscenza. Forse non l'avrebbe mai scoperto, lui di certo non avrebbe mai avuto il coraggio di dirglielo, il forte ad essere sensibile e dire le proprie paure era sempre stato Biancolatte. Lui al massimo era quello scontroso che sapeva come reprimere, tenere dentro di se, fingere di non avere paura, essere forte. Biancolatte era il perfetto bilanciere sopra la mia anima, sapeva come farmi esprimere, tirare fuori tutto, mantenere una certa stabilità mentale. Lucefalo, che conosceva tanto bene Biancolatte, si fermò senza nessun ordine imposto. Ecletto non lo rimproverò, come poteva rimproverare il suo cavallo per essersi fermato all'udire della voce del suo unico amore. Forse, in parte avrebbe invece dovuto ringraziarlo. 

"Dove stavi andando?", sembrava disperato, perso, smarrito, si guardava intorno come se non credesse possibile Ecletto di compiere quel gesto ed entrare dentro l'oscurofittobosco. Continuò a guardarlo, era confuso, incredulo. "Stavi per en-entra-entrare?", chiese indicando di fronte. 

Non era da lui Biancolatte arrabbiarsi, non era da lui neanche quell'espressione spaventata. "Come...hai solo pensato di poterlo fare, se-senza dirmelo, senza dirmi addio. Come?", era in bilico tra le lacrime alla delusione e balbettava. Vederlo in quello stato non piaceva ad Ecletto, averlo deluso ancora meno. Scese da cavallo con un solo slancio, non gli importava più cercare il padre, entrare dentro l'oscurofittobosco, sfidare gli dei; davanti a lui c'era il candido e biondo ragazzo di cui era disperatamente innamorato e voleva occuparmi solo di lui. Si appoggiò alla gamba di Biancolatte che penzolava dal suo cavallo sempre troppo bianco e pulito. Quel cavallo scontroso e pieno di sé con cui non andava mai troppo d'accordo, che avevano preso insieme alla fiera del bestiame qualche anno addietro,  indietreggiò, portando poco lontano anche la figura dell'amico. Osservò Biancolatte guardarlo da capo a piedi, era in lacrime. Iniziò a provare dolore al petto, come una pugnalata, odiava vederlo in quel modo. Davanti a lui era fragile, debole e non gli importava, avrebbe potuto mettersi anche in ginocchio davanti a lui, pur di farsi perdonare. 

Non aveva mai chiesto perdono a nessuno, ma con il suo amico Biancolatte l'aveva fatto così tante volte da perdere il conto, lui sbagliava con la sua crudeltà e il biondo e bellissimo amico lo perdonava, come sempre, come quel circolo vizioso da cui Ecletto era incapace di tirarsi fuori. 

Alla fine Biacolatte lo perdonò scese dal quel dannato cavallo e l'abbraccio come se dovesse morire domani, ed Ecletto sarebbe stato ben grato al cielo se fosse successo, perchè morire dopo un abbraccio del genere sarebbe stato un buon modo per andarsene. 

Solo in quel frangente respirava, solo in quel momento gli sembrava di vivere. Aveva smesso di fasciarsi la testa chiedendosi cosa provasse Biancolatte nello spesso momento in cui veniva stretto dalle sue braccia, tanto chiederselo non avrebbe portato risposta, sembrava sollevato quando piano il biondo fiondava i suoi ricchi dentro il suo petto quindi era giusto e in un qualche modo vero per entrambi e quello bastava sempre. 

"Smettila di pensarti solo, ci sono io adesso con te, sempre!", ammise e io mi persi come tutte le volte in ogni sua parola. sapevo della sua ingenuità, del suo essere libero e privo da responsabilità, eppure in quelle parole fu io dentro di me a promettere a lui che ci sarei stato sempre per lui. 

Gli diedi un leggero bacio sulla tempia, non eravamo mai restii a dimostrarci affetto. L'incitai a incamminarsi che l'avrei raggiunto, dovetti persino prometterglielo quasi a sangue. 

M'inginocchiai di fronte quella che era la mia la parte più tetra e spaventosa di tutto il mondo. 

"Io giuro davanti il cielo e la terra, gli dei che prima o poi sfiderò l'oscurofittobosco. Per questo chiedo al padre Zeus, la madre Era, il Dio Marte e la Dea Diana, di darmi la forza per affrontare qualsiasi sfida. Giuro di diventare un temuto re, come lo era mio padre e spero di poterlo trovare un giorno. Inoltre chiedo forse la cosa più egoista che possa chiedere. La vostra beneamata pietà. A qualsiasi costo e con qualsiasi prezzo anche a costo di me stesso e di ogni cosa io possa mai essere, proteggete il mio amato Biancolatte. Proteggetelo dal male, dalla perdizione e dalla crudeltà che dovrò imporre per essere quello che voi volete per esser degno di vostra attenzione. Proteggetelo da me quando perderò la ragione e l'unica cosa che mi sembrerà familiare sarà la cattiveria. Proteggetelo dal mia amore quando diverrà troppo insopportabile, e spero voi mi diate la forza per abbattere ogni ostacolo e per superare tutto senza mai creargli troppo dolore per quello che diventerò", in segno di sigillo proprio lì in quel poco soleggiato e simpatico posto, sperso tra le nuvole poco in lontananza Ecletto si ferì con il pugnale del padre impregnando la terra al confine del suo sangue, della sua promessa e di una nuova era quella in cui lui sarebbe stato il re e nessuno l'avrebbe sottomesso. 

L'oscurofittobosco era la via degli smarriti e degli infedeli, dei perdenti e di chi una casa non aveva, di chi smarrito si perdeva o di chi vi entrava sfidando la sorte e il male pregando per la benedizione degli dei.  

Dell'oscurofittobosco si raccontavano di mostri spaventosi e labirinti nascosti, di alberi moventi capaci di inghiottire i bambini o prosciugare i grembi delle madri, e la terra divorare padri o qualsiasi uomo come concime.

Del bosco si raccontavano di mostri, ragni enormi e foreste paludose che trascinavano le gambe delle persone fin sotto le viscere della terra come se una voragine si aprisse per risucchiare ogni nobiluomo pronto ad affrontare il bosco. Spesso gli animali scappavano ai rumori che vi udivano venir fuori da dentro quell'oscurofittobosco, i cieli s'incupivano fin a venirne fuori delle gocce di piaggia nere come la pece.

 

  
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