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Autore: Scarlett Queen    20/11/2022    2 recensioni
[Murcielago]
Seguito diretto di "Sarà un errore...oppure no?".
Togo e Kuroko stanno portando la loro relazione clandestina da un mese, una relazione dalla passione travolgente, che li coglie nei momenti più inopportuni e nei luoghi più impensabili, tuttavia, l'indagine su un misterioso assassino spingerà Togo ad affrontare il proprio demone interiore, comprendendo davvero cosa prova per la spietata assassina. La stessa Kuroko, per la prima volta in vita sua, si troverà al limite, davanti alla complessità delle sue emozioni e la natura dei propri sentimenti.
In una notte di pioggia, quindi, si deciderà il destino di questa coppia mal assortita da un destino beffardo e le decisioni che verranno dopo saranno, forse, la risposta alle domande che li hanno tormentati per settimane.
Genere: Introspettivo, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: OC
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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   Era proibito, era segreto...ed era più intossicante di qualsiasi droga. Tougo non resisteva, Kuroko non faceva nulla per impedirlo e quando si trovavano solo, frani corridoi della stazione di polizia di Ruruie, quel piccolo ripostiglio di vecchie carte e scatoloni diventava qualcosa di più: un caldo, umido e fremente nido d'amore. Amore, era questo a legare due anime tante diverse, travolte dalla stessa fame, dallo stesso, fottuto desiderio? Nessuno dei due era in grado di rispondere a quella domanda, di dire un secco "si" o un deciso "no" ma questo non gli impediva di ritrovarsi fra gli scaffali impolverati, tentando di soffocare i gemiti di piacere fra i baci e i tocchi.
   Tocchi fugaci, precisi, caldi e gelidi. Tougo spostò la bocca dalle labbra della carnefice di stato al suo collo sottile, sinuoso, le strinse una gamba avvolta nel lungo stivale di pelle e stringhe, spingendola contro le scatole alle sue spalle. Una di queste traballò e cadde a terra, facendolo sussultare. Kuroko tese l'orecchio e Mitsurugi si guardò alle spalle, il cuore che picchiava contro il costato, alla stessa altezza con quello della donna. Si sentirono dei passi in lontananza, ma nessuno si avvicinò alla porta del ripostiglio. «È una pazzia» disse il detective, lasciando però un succhiotto sul collo della compagna, strappandole un basso mugolio e indietreggiando, combattendo contro l'erezione che premeva sui pantaloni neri. «Se ci dovessero scoprire...».
   «Che cosa? - chiese Komori con un angolo della bocca sollevato, aggiustandosi i bottoni della giacca di pelle aperta sul seno, mettendo a nudo un generoso solco fra le curve abbondanti e guardandolo sorniona - una tirata d'orecchie? Avanti Tsuru Chan, non c'è scritto da nessuna parte che non possiamo essere amici» sibilò sporgendosi verso di lui, circondandogli il collo con le braccia e leccandogli il volto con la lingua, dalla guancia, alle labbra all'orecchio opposto. «E tu hai un così buon sapore...» gli disse all'orecchio, col sibilo di un serpente. Tougo rabbrividì a quel contatto, percepiva la fredda falce della morte poggiata contro la sua giugulare e nei suoi occhi, sottili come la cruma di un ago, vi scorgeva quell'oceano di depravazione che era Kuroko Komori. Ma allora perché, perché quando erano lontani sentiva quasi disperatamente il bisogno della sua compagnia?
   «Meglio andare - disse sciogliendo il suo abbraccio, tentando di non tremare, di non cedere e di lasciarsi trasportare dalla perdizione contagiosa di quell'essere infernale dalle sembianze di femmina - fra poco arriverà anche Kasagi, dobbiamo fare il punto della situazione» e aprì adagio la porta, gettò uno sguardo nel corridoio e si ravvivò i capelli prendendo una boccata d'aria. Quando era solo con Kuroko si sentiva asfissiare dalla sua presenza, soffocato e stritolato e ne aveva paura, perché adorava quella folle sensazione. Komori taccheggiò dietro di lui, ondeggiando sulle linghe gambe e stringendosi fra le braccia, abbassandosi per baciarlo sulla guancia con le labbra di ghiaccio. 
   «Ti voglio bene, Tsuru chan» sussurrò prima di superarlo e ancheggiare verso la sala riunione per po' voltarsi verso di lui. Quell'espressione canzonatoria, quel "buon lavoro" detto con lo sguardo sarcastico e il sorriso che diceva tutto, sul come lei e lui fossero stati legati contro la loro volontà. "Buon lavoro"... Ma era lei il suo lavoro. La osservò allontanarsi, osservò come la lunga giacca unita alla gonna abbracciava la curva delle natiche, come gli stivali terminavano a metà coscia e con quale naturalezza camminava sui tacchi a spillo. Si massaggiò la fronte con due dita, occhieggiò il divieto di fumare; quando seguì la donna, la sigaretta ardeva fra le sue labbra.
   «Sei stranamente puntuale - borbottò Saburota Kasagi quando Komori entrò nella sala adibita alle riunioni salutando con le braccia tese oltre la testa - e non posso dire che vedere la tua faccia di prima mattina mi predisponga al meglio per tutta la giornata, anzi». 
   «Avrei fatto volentieri a meno di vedere il tuo muso cattivo - rispose lei allargando le gambe ad arco per girargli attorno, facendo ondeggiare le braccia sopra la testa con un'espressione derisoria in faccia - ma speravo di vedere Kimihara Chan» ridacchiò portandosi davanti a lui e mettendo le mani in tasca, guardandosi attorno senza preoccuparsi di nascondere uno sbadiglio.
   «Ha la fortuna di essersi beccata una brutta febbre estiva». La voce dell'investigatore capo della questura, Akeomi Sudo si frappose fra un nascente diverbio fra i due. Si accostò gli occhiali al volto, gettando le carte sul caso sul tavolo in mezzo a loro, sospirando esausto già alle 9:30 del mattino. «Hai avuto il rapporto di base per e-mail giusto Komori? Allora vorrei sentire le tue considerazioni prima di iniziare».
   «Io non dico nulla - disse lei gonfiando le guance e intrecciando le braccia sotto il seno - se non vedo almeno una ragazza carina fra noi! Hinako ha verifica, Chiyo è all'università. Sono tanto sola - cantilenò - e non ho nessuna accanto». 
   «Falla finita Komori, non ho nessuna intenzione di dar corda alle tue stronzate» Togo entrò buttando la sigaretta spenta nel cestino, Kasagi imprecò sottovoce mettendosi a sedere facendo raschiare la sedia contro il pavimento. Con un borbottio indistinto, l'assistente ispettore Mitsurugi prese posto, portandosi le mani alle tempie per massaggiarle eppure, eppure sembrava stare sempre meglio. A un mese distanza dal caso Insumasu e con l'avvicinarsi dell'autunno, il suo aspetto si faceva via via migliore, come se il tempo, per una volta, bastasse a curare le ferite che quell'uomo si portava dentro da anni. 
   «Con voi non ci si può mai divertire - tubò Komori portandosi la destra fra i seni, spingendo le dita a fondo nel solco della scollatura e ne trasse fuori una mappa delle prefettura di Ruruie che poggiò davanti a loro, piegandosi in avanti con un fare sensuale e provocatorio, facendo danzare la lingua davanti al volto - ma immagino, anal-turalmente, di non avere scelta. Fin'ora la persona che cerchiamo ha colpito cinque volte in questa zona» disse puntando il dito in un'area racchiusa entro un cerchio rosso con un buffo teschio disegnato sopra e la scritta "cattivo". «In una settimana ha ucciso quattro persone, una al giorno, facendo ritrovare il corpo alla stessa ora, con gli organi asportati per intero e il busto ricucito. Tre uomini e una donna, non credo che ad importargli sia il sesso ma la condizione pedonale».
   «Coss vuoi dire? - la interrogò Kasagi, portando i gomiti sul tavolo e osservando la mappa da sotto le folti sopracciglia scarlatte - è un serial killer giusto? Anche i dilettanti sanno che seguono sempre uno schema, un obbiettivo, un fine».
   «Ed è per questo che la condizione personale è importante - borbottò Togo - se non le sceglie in base all'età, alla razza o al sesso, cosa resta? Lo status sociale?»
   «Oh, Tsuru Tan, hai uninimo.di cervelo, eh, eh, eh» lo canzonò Komori punzecchiandogli la guancia un paio di volte con l'indice destro; lui le prese il polso con stizza, allontanandola con un movimento brusco e scostò la sedia.
   «Non toccarmi, sei gelida...come se fossi morta» sibilò.
   «Che cattivo Tsuru Taaaan - fece lei, inclinando la testa da una parte e sorridendo, sorridendo maligna facendo percepire un fiotto ghiacciato lungo la schiena dei tre uomini presenti - e dire che potremmo andare molto d'accordo, tu e io».
   «L'unico momento in cui accadrà - ringhiò Togo - sarà quando chiederò il permesso di essere io ad attivare la sedia elettrica».
   «Va bene, va bene, che noiosi musi lunghi! - esclamò esasperata agitando in cerchio le mani attorno alla testa prima di piegarsi ancora di più, mettendo io mento fra i pugni chiusi, ondeggiando come una serpe con i fianchi - comunque hai ragione, in parte, ma in parte no. Non c'entra lo statu sociale ma una cosa molto, molto più intima. Le quattro vittime erano tutte vergini» disse con teatralità e prese una penna dal solco dei seni, tracciando una linea che collegasse i quattro punti di ritrovamento dei cadaveri. «E anche se non sono esperta in cose occulte, mi fanno venire i brividi, non ci vuole un genio per capire che verginità + culto significa...» e si ritrasse, lasciando i tre uomini presenti a fissare la sagoma di un pentacolo inconcluso, con un punto interrogativo tracciato ora li dove avrebbero dovuto trovare il quinto corpo. «Che manca ancora una vittima all'appello» concluse battendo le mani felice facendo ondeggiare la lunghissima chioma corvina. «Ma questo è il vostro compito, giusto? Non il mio: voi trovate e io uccido, buona fortuna a tutti!» lasciò loro la mappa e si voltò, facendo per uscire dalla stanza quando Kasagi batté violentemente le mani sul tavolo, facendo discutere tutti i presenti. Akeomi scattò in piedi tendendo un braccio in avanti, ma Saburota lo evitò con una torsione del busto e la afferrò per un gomito con forza, strattonandola per farla voltare.
   «Ne ho pieni i coglioni delle tue stronzate Komori! Un innocente potrebbe essere sgozzato ed eviscerato da un momento all'altro e ogni volta ci ritroviamo ad una fottuta corsa contro il tempo. Non questa volta, tu resti e ci aiuti a venirne a capo». Prima che Togo potesse portare mano alla pistola, prima che Akeomi riuscisse ad intervenire, la testa di Kasagi sbatté contro il tavolo, con la guancia premura sul legno e la canna di una pistola puntata alla tempia.
   «Forse mi sono davvero stancata» sibilò Kuroko, facendo guizzare gli occhi su Togo e Sudo «Se voi non riuscite a stare dietro alla città forse dovreste solo cambiare lavoro, non credete?» sorrise maniacale, con gli occhi che brillavano di malizia. Kasagi spalancò le palpebre, aveva un braccio torso dietro la schiena e la forza della donna era tale che, se solo avesse provato a muoversi, avrebbe potuto ritrovarsi con una frattura scomposta. Sudò freddo osservando i due colleghi, con le mani al calcio delle pistole, esitavano. 
   «Che cazzo aspettate? Questa è un'occasione unica no? Togo, che cosa fai razza di vigliacco, sparale, ha violato l'accordo no? Falla fuori e facciamola finita».
   «Si Tsuru Tan - gli fece eco Komori, puntando gli occhi su di lei e schiacciando il foro d'uscita del proiettile contro la tempia sinistra dell'agente - perché non fai un favore a tutti e non spari? Non dicevi di voler accendere la sedia elettrica, ecco la tua opportunità. Fallo!». Lui deglutì a vuoto, una goccia di sudore gli scivolò lungo la guancia destra, segnandogli la tempia e sfiorò la pistola con i polpastrelli; doveva farlo, sapeva che doveva e sapeva che poteva, che nessuno lo avrebbe accusati, che era giusto...ma, in cuor suo...con che coraggio avrebbe potuto estrarre la pistola e premere quel grilletto. Vide, con la coda dell'occhio Sudo che tirava fuori la pistola e agì d'impulso, sentendo una fitta al petto.
   «Mettila giù Akeomi!» urlò puntando l'arma sul compagno, portando entrambe le armi al manico della pistola «Tutto questo non ha un cazzo di senso, mettiamo giù le armi, tutti!» urlò guardando Komori con una luce supplice negli occhi.
   «Sei impazzito Togo? - Sudo guardò lui e guardò la donna, Kasagi provò a parlare ma uno strattone al braccio ne soffocò le parole in un gemito di dolore - punti l'arma contro di me? Si può sapere cosa ti passa per la testa?». 
   «Si, Tsuru Tan, cosa c'è? Perché non premi il grilletto? Tsuru tan? Tsuru tan?»
 


   «Togo!».
   Sentì un'esplosione, il suo corpo venne spinto all'indietro, contro la parete, batté la testa e cadde disteso a terra, perdendo conoscenza. Quando si riebbe si trovava in un magazzino edile di Ruruie, scosso. Si girò sull'addome, scosso dei conati di comito e si portò una mano al collo dal quale scendeva un rivolo di sangue. Agitando la testa pulsante si sollevò sulle braccia, lottando contro la nausea, con i capelli neri fradici di sudore, la camicia attaccata al corpo e si guardò attorno. Accanto a lui, con l'ultimo sorriso folle sul volto, stava il killer; calvo, altro un metro e settanta cinque, di trentaquattro anni. Battè le palpebre, cercando di mettere a fuoco la figura di Kuroko col braccio teso, la pistola in mano e il viso stravolto. Con uno spasmo, Togo si portò la destra alla spalla sinistra, dove il proiettile lo aveva passato da parte a parte, ma Komori era stata brava: la pallottola lo aveva sbalzato contro la parete alle sue spalle, lo shock ridestato dalla trance indottagli dalla droga che era stato costretto ad assumere. «Io...merda, cosa...è successo?».
   Komori gli fu accanto in poche falcate, portava lo stesso completo in cuoio della sua visione, ma non gli rispose subito e si fece passare un braccio dietro il collo aiutandolo a sostenersi e camminò verso l'uscita. Attraverso gli occhi ancora annebbiati, Togo vedeva le sirene della polizia, udiva ovattate le sirene, le voci e lo scrosciare della pioggia. Kuroko lo trascinò un passo dopo l'altro al cordone formato dalle auto di pattuglia. Sudo aspettava assieme a Kasagi, tormentandosi con le mani sui fianchi, la giacca fradicia d'acqua. Quando li vide lanciò una bestemmia fra i denti, correndo nella loro direzione facendo sguazzare la suola degli stivali contro le gelide pozzanghere, passandosi una mano sul volto. «Che accidenti è successo la dentro Komori? Sentivamo voci...e poi due spari. Hai ucciso quel cane?».
   «Vai a vedere tu, io ne ho le ovaie piene per tutta una settimana» borbottò la donna in risposta. Togo gli fece cenno di non insistere e si lasciò aiutare sino all'ambulanza, dove i paramedici lo misero seduto sulla branda. Era febbricitante, sudava e nonostante la precisione di Komori, aveva perso molto sangue. «Mi hai fatto spaventare - gli disse lei a bassa voce, gettandosi un'occhiata alle spalle - all'improvviso mi hai puntato la pistola contro, credevi fossi Sudo...starai bene senza di me?». Per tutta risposta, Mitsurugi cercò il pacco di sigaretta in una delle tasche della giacca, ma le trovò fradice ed inutilizzabili.
   «Quel figlio di puttana mi ha fatto vedere cose - bofonchiò alla fine, con dei colpi di tosse - e sembrava vero, non so cosa cazzo mi abbia iniettato...merda» ringhiò passandosi il pollice sugli occhi lacrimevoli, scuotendo il capo per pentirsene subito dopo, sentiva come se il cervello rimbalzare fra le pareti del cranio. «Komori, noi... Per davvero...». Lei non rispose, si portò due dita alla bocca sottile, distesa in uno dei suoi perfido sorrisi e gli portò quelle stesse dita alle labbra, facendo guizzare la punta biforcuta della lingua.
   «Ne riparliamo a casa mia, Tsuru Tan» gli sussurrò, prima di voltarsi e allontanarsi, sculettando. Togo la seguì con lo sguardo finché non fu fatto distendere di schiena e caricato sull'ambulanza, i portelloni si chiuse e il mezzo partì verso l'ospedale, sotto una pioggia battente furiosa. “A casa mia” gli aveva detto Komori...come doveva prenderla? Una sorta di proposta? Sarebbe andato a trovarlo al suo capezzale?
   «Stupido coglione - si disse mentre vedeva al sedativo che gli avevano iniettato - pensare ad una cosa del genere...prorpio adesso» e scivolò nel mondo dei sogni, vedendo davanti a sé i sorrisi enigmatico di Kuroko Komori.
   Si svegliò dopo due giorni, in una camera d'ospedale bianca, asettica e con un grande mazzo di fiori in un vaso violetto posto sul ripiano alla sua destra. Aveva uno sfigmomanometro attaccato all'indice destro e vedeva la linea verde nello schermo che scandiva il suo battito cardiaco. Battè le palpebre sentendosi nuovamente lucido e si sforzò di mettersi a sedere. «Buongiorno - un'infermiera, graziosa, con corti capelli neri e una divisa bianca sul corpo snello, con un seno generoso che premeva contro i bottoni - finalmente si è svegliato, Detective. C'è stato un grande via vai di gente in questa stanza nelle ultime quarantotto ore». Gli sorrise cordiale, superando la lettiga e sollevando la veneziana, facendo entrare la luce del mattino.
   «È passata anche una donna? Capelli neri, inquietante?» aggiunse con la voce impastata dal sonno, sollevando una mano per pararsi gli occhi. La ragazza rabbrividì, portandosi le mani al seno.
   «Si ma...sembrava più interessata alle mie tette che alle sue condizioni...anche se è rimasta qui per un'ora - precisò mettendogli in bocca un termometro e controllando le pulsazioni - sembrava tenerci a lei... ad ogni modo, le sue condizioni sono buone, ma abbiamo dovuto somministrarle un cocktail di farmaci per purgare il suo corpo dala droga. Ringrazio chi le ha fatto quel buco alla spalla, la perdita di sangue ha giovato alla disintossicazione».
   «Si...credo lo avesse calcolato» borbottò poggiando la schiena al cuscino. La sua temperatura era di un dignitoso 37.1, si sarebbe rimesso del tutto entro la settimana e avrebbero potuto dimetterlo. Quando vide che era in grado di mangiare da solo nonostante il dolore alla spalla ferita, l'infermiera lo lasciò solo, chiudendosi adagio la porta alle spalle. Con uno sbuffo, Togo si liberò della coperta sottile della lettiga e si alzò in piedi, reggendosi alla branda finché non fu certi che le gambe reggessero e si avvicinò alla finestra, passandosi lentamente la mano sinistra sul volto, sentendo le occhiaie sotto i polpastrelli. 
   «Certo che non perdi tempo - Sudo entrò nella camera picchiando con la falange dell'indice destro contro il battente, superando la soglia senza attendere l'invito - stavolta odio ammetterlo, ma siamo davvero in debito con Komori» disse con un mesto sorriso, fermandosi a pochi passi dal collega. «Come ti senti?».
   «Credo bene... Strano che sia io a dirlo ma...bene. È venuta anche Kimihara a trovarmi?».
   «È passata la prima notte, poi ha preso il tuo posto col rapporto e le pratiche d'ufficio. Sai com'è fatta, estremamente ligia al dovere... Ha fatto rapporto anche su Komori, ma per quello aspettiamo che tu ti senta meglio. Togo, te la senti - disse dopo una breve pausa, aggiustandosi gli occhiali sul setto nasale - di dirmi cosa hai visto, quando sei stato drogato? Kuroko ha detto che è stata costretta a spararti, è la verità?» 
   «Io...ho rivisto la riunione di quella mattina, ma era cambiata...diciamo che mi sono trovato in una situazione di tirare fuori la pistola e puntarla» "contro di te...per difendere Kuroko" avrebbe dovuto dire, e voleva, voleva dire la verità, almeno a Sudo, che gli era accanto dai tempi dell'accademia ma ci ripensò, quella era una cosa che andava decisa con Komori «Contro di lei, ma ripeto, era un'illusione e stavo per premere il grilletto...non mi ha ucciso, anche se sarebbe stata legittima difesa e il suo sparo mi ha permesso di riprendermi. Le devo la vita» concluse con semplicità, tornando a sedersi e prendendosi il volto fra le mani.
   «Capisco...Kasagi ti manda i suoi auguri, rimettiti presto, Togo» gli disse con dolcezza poggiandogli una mano sulla spalla. 
 


   Era quasi il tramonto, aveva cenato con una cotoletta di pollo e delle verdure bollite, si era lavato e rasato nel bagno che aveva in camera e stava salendo di canale in canale nella piccola TV che aveva davanti al letto quando sentì un bussare alla finestra. Sul momento non ci fece caso, preso com'era dal gioco a premi che stava guardando, ma i colpi al vetro si fecero più forti. Quando si rese conto di cosa succedeva fece un salto dalla branda e si precipitò alla vetrata scorrevole, sbloccandone il meccanismo con le dita e quando sentì lo scatto, la fece scivolare sulla destra. Komori lanciò uno sbuffo quando si lasciò cadere all'interno, di faccia, sollevando braccia e gambe nella caduta, lamentando mentre si rialzava. 
   «Ahi ahi ahi, dannati orari per le visite!» esclamò alzandosi sulle gambe e grattandosi la fronte arrossita. Togo avrebbe voluto chiederle come si fosse arrampicata sin lì, da quanto aspettava fuori, come avesse fatto ad entrare...come le fosse passato in mentre di rischiare l'osso del collo. Ma in realtà, tutto ciò che fece fu ridere, ridere di cuore portandosi le mani allo stomaco. Rise sino alle lacrime, cadendo a terra e tenendosi l'addome, scosso dai singhiozzi. «Grazie tante - sbottò Kuroko piegandosi sulle ginocchia per guardarlo negli occhi - quasi mi ammazzo per te e tu mi ridi in faccia!». Gli sollevò il mento con l'indice destro, guardandolo negli occhi; Mitsurugi si sforzò di ricomporsi, lottando contro gli ultimi scoppi di risa e le lacrime che gli scendevano dalle guance e ricambiò lo sguardo. Quel dito era come un coltello, una mossa falsa e si sarebbe ritrovato con la gola lacerata da un orecchio all'altro, ma, in un certo senso, aveva fatto l'abitudine all'aura omicida di Kuroko, un desiderio di uccidere, una voglia di versare sangue che la donna non tratteneva e lasciava che sgorgasse liberamente dal suo corpo. «Accidenti a te - disse dopo un lungo attimo di silenzio, dandogli a sorpresa una schicchera sulla fronte - mi hai spaventata Tsuru Chan! ... però ho potuto mettere le mani addosso a quell'infermiera, ha delle tette così grandi e morbide» cambiò espressione in un volto afrodisiaco, agitando le dita delle mani ad emulare una sana, pervertita palpata. 
   Togo sospirò, mettendosi a sedere sulla lettiga «Sei irrecuperabile, e se dovesse partire una denuncia di molestia a tuo carico? Ci hai mai pensato?».
   «Sei tu che pensi troppo, te l'ho già detto - sussurrò Kuroko, prima di prendergli il volto fra le mani e baciarlo sulle labbra, spingendosi adagio contro di lui, percependo beata la sua immediata risposta - e... c'è una cosa che devo e non posso aspettare che tu venissi dimesso». Si tirò indietro, stringendo le braccia contro la maglietta a righe bianche e grigie, orizzontali che enfatizzavano la prorompente curva del seno, guardandolo in volto. «Tsuru Chan...».
   «Chiamami per nome Kuroko - disse lui con tono stanco e un sorriso esausto - mi hai salvato la vita e mi hai chiamato "Togo"... Fanculo tutto - esclamò alzandosi in piedi e afferrandola per le braccia, facendola squittite di sorpresa e baciandole frettolosamente sulle labbra, con forza però - e che Kasagi dica ciò che cazzo vuole... Io...»
    «Non...dirlo... Non so ancora come prenderla, come viverla, fra te e le altre....»
    «Ti amo».
   Il silenzio cadde fra loro, Togo respirava affannosamente e Kuroko si coprì il volto con la cartella, sentendo crescere il rossore sono alla radice dei capelli e le tremarono le labbra sottili. Mitsurugi la tenne stretta, guardandola e alla fine cedette, abbracciandolo con forza, quasi soffocandolo fra i seni. «Stupido, sei un coso brutto, stupido e cattivo» sussurrò con le spalle che tremavano, il corpo che si agitava debolmente. Togo sorpreso si tirò indietro e sgranò gli occhi vedendo le sue lacrime, vedendo quel volto spettrale sembrare, per la prima volta, umano. «Accidenti a te, come farò ora a palpare le tette di Hinako mentre dorme?» borbottò sedendosi sul letto, prendendosi il mento fra i pugni, poggiando i gomiti alle gambe coperte dai jeans «Abbiamo fatto un gran casino, Togo» e arrossì ancora, sentendosi pronunciare il suo nome. 
   «E ora?».
   Togo la fissò un attimo prima di sedersi accanto a lei, cercando le dita della sua mano destra con la sinistra e strinse forte, sentendo il battito cardiaco di lei contro il petto. Rimasero un attimo in silenzio, con quelle parole non dette che pensavano fra loro ma alla fine buttò fuori l'aria dai polmoni. «Sono un idiota ma...vorresti provarci?». Lei chiuse gli occhi, serrando la presa su quella mano calda e forte, così in contrasto con la propria pelle gelida, da assassina. Era tutto sbagliato, tutto...ed era questo, forse, a piacerle tanto.
   «Si...si. Possiamo provarci»

 

   Non ve lo aspettavate vero? Nemmeno io! Ma questi due imbecilli hanno alcuni momenti sin troppo ambigui nel manga per non costruirci niente sopra e poi dai, sono così opposti che si attraggono come due calamite giganti! Ce ne saranno altre fra loro? Vorrei dire no ma..chissà che invece non diventi un progetto più grande, chissà...
   
   
 
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