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Autore: jakefan    20/11/2022    1 recensioni
Cos’hanno in comune Heath e Buck, il suo cane? Molte cose: entrambi sono giovani, pieni di energia e vivono sul confine tra due mondi. Buck è per metà lupo, Heath appartiene alla riserva Lakota e anche al mondo «di fuori», bianco e tecnologico. Ma c’è di più, anche se i due non lo sanno: un’eredità sconvolgente sepolta dentro a ricordi lontani.
Quando il richiamo della vita adulta diventa perentorio, per entrambi si prospettano scelte difficili, rivelazioni e incontri che cambieranno loro la vita.
E la scoperta di un terzo mondo nascosto, governato dalla magia che permea tutte le cose.
Ho ucciso sua madre. E' mio.
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11.

 

 

Il primo a vederla, il mattino dopo, fu Donald: era una forma chiara rannicchiata sull’erba. Gridò ai soccorritori che battevano il bosco a raggiera, a una cinquantina di metri l’uno dall’altro, un grido che veniva come da un taglio nella carne. Uno dei ranger sparò in aria.

La piccola sagoma non si mosse.

Isaias accorse e affiancò il professor Charmaine, che correva e incespicò e cadde e non voleva rialzarsi.

– Dimmi che non è vero. Dimmi che è viva. Dimmi che non…

– Stiamo andando a vedere, Donald. Vuoi che vada avanti io?

L’uomo si aggrappò al braccio di Isaias e puntò deciso verso la forma per terra.

Era Anna, non c’erano dubbi.

Heath, che aveva setacciato il greto del torrente, udito lo sparo li raggiunse e corse su per la riva e poi verso la sagoma chiara, con altri due ranger.

E il fagotto di vestiti si mosse, si allungò e si sollevò a sedere. Spettinata, confusa, qualche filo d’erba nei capelli, Anna alzò i grandi occhi azzurri, vacui, verso gli uomini che la circondavano con i fucili in mano. I ranger non osavano toccarla.

– Perché mi guardate così?

  Anna! Anna, amore, stai bene?

Donald si lanciò sulla figlia. Tutti guardarono Isaias.

– Ahem. Tutto è bene quello che finisce bene, no? Avanti, lasciamoli soli un momento. Qualcuno dia il cessato allarme.

Dan, uno dei più vecchi, alzò un sopracciglio.

– Però dovremmo…

– Daniel. Ho detto che va bene così.

In piedi davanti a Sacco d’Ossa, Heath fumava di rabbia.

– Senti, cosa ti dice il cervello? Abbiamo frugato nella foresta tutta la…

– Heath! Finiscila, – sbottò Isaias.

– Stai bene? Oddio, sta bene – farfugliò Donald.

Le orecchie di Buck sbucarono da dietro un dosso, in lontananza.

– Sono stata con lui – disse Anna indicando il lupo – l’ho seguito e dopo lui mi ha scaldata.

Heath non credeva ai suoi occhi né alle sue orecchie, ma un’occhiataccia di Isaias gli tappò la bocca. Buck si avvicinava, tranquillo, e allora gli corse incontro.

Con quella cretina avrebbe fatto i conti più tardi.

 

***

 

L’infermiera che ricevette Anna, Donald, Isaias e Heath in Pronto Soccorso guardò tutti male.

– Vieni, cara. Che è successo? Non devi più avere paura di niente.

Mentre si allontanavano lungo il corridoio, Heath sentì la donna, una nera di una cinquantina d’anni, chiedere cosa ti hanno fatto, tesorino? all’orecchio della cretina.

– Ma l’hai sentita? Quella pensa che…

– Scusate, io davvero non volevo distur –

– Donald, è tutto a posto, davvero. Non è successo niente.

Heath schizzò dalla poltroncina della sala d’aspetto.

– Scusa, non è successo niente? Niente, dici. Quella è sparita tutta la notte. Col mio cane. È partita tutta Highwood per andare a cercarla! Come minimo doveva slogarsi una caviglia!

Neena apparve dietro ai vetri delle porte girevoli. Ecco, ci voleva giusto lei.

Heath alzò le braccia e uscì, in cerca di un caffè o qualsiasi altra cosa. Non aveva nemmeno la moto, così avrebbe dovuto aspettare assieme agli altri che la cretina venisse dimessa.

 

***

La sera a cena nessuno parlava. Nessuno tranne il notiziario delle 20 e Neena, che commentava ogni notizia, compreso il prezzo del petrolio. Isaias si gustava gli spaghetti con le polpette, Donald mangiucchiava a piccoli bocconi. Heath allungò il piatto per farsi servire la seconda porzione, ma cambiò idea e si servì da solo.

Anna, con la punta della forchetta, faceva rotolare una polpetta avanti e indietro, da un bordo del piatto all’altro passando per il centro. Non aveva toccato nulla.

– Allora, tesoro, quando andate alla Cresta dell’Orso? Forse Anna potrebbe…

Heath fulminò sua madre, lanciò il tovagliolo sul tavolo e si alzò. Il rumore della sedia coprì la voce della tizia delle previsioni del tempo.

Anna lasciò andare la forchetta e, le mani in grembo, cominciò a strapparsi coscienziosamente le pellicine intorno alle unghie.

Heath uscì sbattendo la porta.

– Lo so che ce l’hai con me.

No, eh. No. Per favore, no.

Sdraiato sull’erba in fondo al giardino, Heath si sentì fortunato che il fumo gli facesse schifo, perché se no si sarebbe sparato un intero pacchetto di sigarette. In compenso aveva passato in rassegna tra il pollice e l’indice ogni singola ciocca di pelo sulla schiena di Buck, che di tanto in tanto mugolava di disapprovazione.

Quando la voce di Sacco d’Ossa li raggiunse alle spalle – a tradimento, come la sfiga – il mezzo lupo si alzò per andarle incontro. Il traditore.

Un fruscio gli disse che lei si era seduta.

– Ce l’hai con me.

– Sei perspicace.

Heath fissava ostinatamente il cielo. Non si girò. Non disse altro. Eccheccazzo.

– Non ho mai preso l’autobus.

E poi gli dicevano poverina, devi trattarla bene. Dio, quanto era suonata!

– Non ho mai… La mamma non mi fa uscire.

– Senti, non mi devi spiegare niente, va bene così. L’hai sentito mio padre, tutto è bene quello che…

– Cheryl non… Io non ho amiche – sputò fuori Anna in un soffio. - Cheryl era la mia migliore amica fino alla terza. Poi non potevo più andare a scuola e allora le ho scritto delle lettere, ma la sua mamma le diceva che non poteva essere mia amica. Io ho continuato a scriverle. Non so dove sono finite le lettere.

Heath non sapeva più dove guardare. Dove si era cacciato Buck? Alla fine si decise a guardare verso Anna. Giuda Iscariota in forma di lupo si era accoccolato vicino a Sacco d’Ossa, il testone sulle cosce magre della ragazzina.

Neena gliel’aveva detto, che Anna non andava a scuola. Succedeva. Alcuni studiavano con la madre o il padre, a casa propria. Cosa c’era di strano?

– Mamma dice… Una volta mi ha detto che sono in pericolo. Per via dei sogni, sai. Mi ha detto che lei gliel’avrebbe impedito in tutti i modi, che non sarebbe riuscito. Dopo ha divorziato da papà e abbiamo anche cambiato città. L’abbiamo cambiata tre volte.

– Chi ha impedito cosa a chi, scusa?

– L’uomo con gli occhi azzurri. Mamma ha detto che lui non sarebbe riuscito a portarmi via, mai.

Heath ebbe un brivido: l’erba si faceva fredda sotto la sua schiena. Anna non sarebbe uscita così bene da quella bravata, se Buck non l’avesse tenuta al caldo durante la notte.

Niente ferite, avevano detto al Pronto Soccorso. Neanche una contusione, niente di niente, e niente ipotermia.

Mi ha scaldato Buck.

 – Senti. Se c’è qualcuno che spaventa te e tua madre dovreste andare alla polizia, credo, dovreste…

– Non l’abbiamo mai visto, è per questo che hanno litigato. Lei e papà, intendo. Papà le ha detto che è pazza e che mi sta rovinando la vita.

Che doveva fare, lui, adesso? Dirlo a Neena e Isaias? Lo sapevano. Dirlo a Donald?

Era proprio per quello che avevano divorziato, aveva detto Neena. Perché Anna avrebbe avuto una vita normale, almeno quando stava con lui.

– Non avevo mai… Sai, dormito fuori. Non ero mai andata da sola da qualche parte. Da nessuna parte. E c’era Buck, me l’ha chiesto lui. E c’era Notte.

Heath la guardò negli occhi.

Erano accesi da un’emozione che li rendeva lucidi, quasi febbrili, e l’azzurro si era tinto di blu scuro. Era… tenera. Se non fosse stata così strana, forse un giorno sarebbe stata carina.

Buck le leccò il viso e lei sorrise.

– È stato bellissimo, la cosa più bella di sempre!

– La cosa più bella? Per te, forse. Tuo padre per poco non ci ha lasciato la pelle, avevamo paura che gli prendesse un infarto. Stava per chiamare tua madre quando ti abbiamo trovata – rispose Heath torvo – e, francamente, se quella per te è una figata vuol dire che non hai combinato un granché fino ad ora.

– Non faccio mai niente. Mai quello che voglio, intendo.

Anna si tirò su e si pulì i calzoncini con le mani. Buck, seccato per avere perso il suo cuscino, mugolò dispiaciuto.

– Ora vado. Scusami.

Si allontanò come un refolo di vento, e poi la maglietta chiara riapparve.

– Sei fortunato.

– Io? Io sono fortunato?

– Tu fai quello che vuoi. Vai dove vuoi. Nessuno ti dice cosa devi fare e tu fai quello che vuoi.

Heath lasciò che quelle parole gli facessero compagnia, come il lupo accoccolato sul prato, come i sogni che riempivano la notte.

Tu fai quello che vuoi.

Forse la ragazzina aveva ragione.

 *** 

Heath attese che Donald e Sacco d’Ossa se ne andassero a dormire – non dovette aspettare molto – e che Isaias rientrasse dopo aver parcheggiato la Jeep per la notte. Buck sedeva sul prato, il collo dritto, le orecchie tese; qualcosa attirava la sua attenzione sulla montagna. Dalla finestra Heath vedeva solo il profilo scuro e nobile. Avrebbe voluto correre da lui.

– Posso parlarvi un attimo? Ho preso le mie decisioni.

Neena si lasciò andare su una sedia. Isaias rimase in piedi, alto e tranquillo, le mani sulle spalle della moglie.

I suoi genitori.

Ferirli non era semplice.

– Non andrò all’università. Mi dispiace. Volevo fare il lavoro di papà ma se per farlo devo andare via da qui ci rinuncio. Non risponderò a Pasadena, o se preferite risponderò che non mi interessa più. Nero su bianco.

Le mani di Neena si strinsero fino a quando le nocche sbiancarono.

– Ti rovini la vita. Questa è la riserva, Heath. Non so se ti rendi conto…

– Rendermi conto di che cosa? Papà qui è felice e tu anche, lo dici sempre. Spiegami perché io no. Perché non dovrebbe funzionare, per me?

Neena fissava il piano del tavolo. Isaias le posò la mano grande e calda su una spalla.

– Sono stanco di dirtelo, ma qui non ci sono molte possibilità. Ci sono il parco e la forestale e la tavola calda al campeggio. Finito. Noi siamo stati fortunati, lo sai. Tu sei il primo che… Hai ottimi voti, hai una possibilità. Perché sprecarla così? Insomma, saresti sprecato, tu, per una vita qui.

– Tu sei sprecato? Fai un lavoro utile, lo dici sempre.

– Io vengo da Puerto Rico.

– Sei razzista al contrario? Devo andare al college per forza perché sono figlio di un portoricano?

Neena si alzò e Isaias la trattenne.

– Non sapete cosa dire, eh? Perché ho ragione. E non mi potete obbligare. Resto qui. Non so ancora bene cosa fare, ma resto e mi trovo un lavoro. Fatemi sapere se posso continuare a vivere con voi o se devo cercarmi un posto da qualche parte. Prima o poi me ne vado in ogni caso, lo sapete.

 

***

 

Quella notte sarebbe stata tiepida, forse, a causa dello chinook che soffiava tra le cime degli alberi. La luna era ormai piena e illuminava a giorno i sentieri, quello che portava alla strada per la città e l’altro, tortuoso, che saliva verso il bosco.

Heath aprì la porta e Buck si alzò; il ragazzo scelse senza esitare il sentiero della montagna e partì di corsa. Il lupo lo seguì.

Il vento caldo accarezzava la pelle di uomini e animali, delle coppie sdraiate sull’erba, e disperdeva nuvole bianche e grigie attorno al volto della luna.

Non ti lascerò mai, gridò il cuore di Heath che pulsava troppo forte per la corsa, un tamburo, un rombo ardente nelle orecchie.

Il lupo lanciò il suo richiamo.




Buonasera! Grazie, come sempre, a chiunque legga e ancora di più a chi lascia qualche parola. Credo che il dialogo con i lettori sia la parte più bella dello scrivere, quello che manca alla pubblicazione tradizionale. Ditemi pure cosa pensate anche se si tratta di cose bruttine, e soprattutto se la storia è "lenta" oppure no, perché io, rileggendo mentre pubblico, credo abbia bisogno di tagli. Fatemi sapere. Un abbraccio! J.
   
 
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