11.
Il
primo a vederla, il mattino dopo, fu Donald: era una forma
chiara rannicchiata sull’erba. Gridò ai
soccorritori che battevano il bosco a
raggiera, a una cinquantina di metri l’uno
dall’altro, un grido che veniva come
da un taglio nella carne. Uno dei ranger sparò in aria.
La
piccola sagoma non si mosse.
Isaias
accorse e affiancò il professor Charmaine, che correva
e incespicò e cadde e non voleva rialzarsi.
–
Dimmi che non è vero. Dimmi che è viva. Dimmi che
non…
–
Stiamo andando a vedere, Donald. Vuoi che vada avanti io?
L’uomo
si aggrappò al braccio di Isaias e puntò deciso
verso
la forma per terra.
Era
Anna, non c’erano dubbi.
Heath,
che aveva setacciato il greto del torrente, udito lo
sparo li raggiunse e corse su per la riva e poi verso la sagoma chiara,
con
altri due ranger.
E
il fagotto di vestiti si mosse, si allungò e si
sollevò a
sedere. Spettinata, confusa, qualche filo d’erba nei capelli,
Anna alzò i
grandi occhi azzurri, vacui, verso gli uomini che la circondavano con i
fucili
in mano. I ranger non osavano toccarla.
–
Perché mi guardate così?
– Anna! Anna, amore,
stai bene?
Donald
si lanciò sulla figlia. Tutti guardarono Isaias.
–
Ahem. Tutto è bene quello che finisce bene, no? Avanti,
lasciamoli soli un momento. Qualcuno dia il cessato allarme.
Dan,
uno dei più vecchi, alzò un sopracciglio.
–
Però dovremmo…
–
Daniel. Ho detto che va bene così.
In
piedi davanti a Sacco d’Ossa, Heath fumava di rabbia.
–
Senti, cosa ti dice il cervello? Abbiamo frugato nella
foresta tutta la…
–
Heath! Finiscila, – sbottò Isaias.
–
Stai bene? Oddio, sta bene – farfugliò Donald.
Le
orecchie di Buck sbucarono da dietro un dosso, in
lontananza.
–
Sono stata con lui – disse Anna indicando il lupo –
l’ho
seguito e dopo lui mi ha scaldata.
Heath
non credeva ai suoi occhi né alle sue orecchie, ma
un’occhiataccia di Isaias gli tappò la bocca. Buck
si avvicinava, tranquillo, e
allora gli corse incontro.
Con
quella cretina avrebbe fatto i conti più tardi.
***
L’infermiera
che ricevette Anna, Donald, Isaias e Heath in
Pronto Soccorso guardò tutti male.
–
Vieni, cara. Che è successo? Non devi più avere
paura di
niente.
Mentre
si allontanavano lungo il corridoio, Heath sentì la
donna, una nera di una cinquantina d’anni, chiedere cosa
ti hanno fatto,
tesorino? all’orecchio della cretina.
–
Ma l’hai sentita? Quella pensa che…
–
Scusate, io davvero non volevo distur –
–
Donald, è tutto a posto, davvero. Non è successo
niente.
Heath
schizzò dalla poltroncina della sala d’aspetto.
–
Scusa, non è successo niente? Niente, dici. Quella
è sparita
tutta la notte. Col mio cane. È partita tutta Highwood per
andare a cercarla!
Come minimo doveva slogarsi una caviglia!
Neena
apparve dietro ai vetri delle porte girevoli. Ecco, ci
voleva giusto lei.
Heath
alzò le braccia e uscì, in cerca di un
caffè o qualsiasi
altra cosa. Non aveva nemmeno la moto, così avrebbe dovuto
aspettare assieme
agli altri che la cretina venisse dimessa.
La
sera a cena nessuno parlava. Nessuno tranne il notiziario
delle 20 e Neena, che commentava ogni notizia, compreso il prezzo del
petrolio.
Isaias si gustava gli spaghetti con le polpette, Donald mangiucchiava a
piccoli
bocconi. Heath allungò il piatto per farsi servire la
seconda porzione, ma
cambiò idea e si servì da solo.
Anna,
con la punta della forchetta, faceva rotolare una polpetta
avanti e indietro, da un bordo del piatto all’altro passando
per il centro. Non
aveva toccato nulla.
–
Allora, tesoro, quando andate alla Cresta dell’Orso? Forse
Anna potrebbe…
Heath
fulminò sua madre, lanciò il tovagliolo sul
tavolo e si
alzò. Il rumore della sedia coprì la voce della
tizia delle previsioni del
tempo.
Anna
lasciò andare la forchetta e, le mani in grembo,
cominciò
a strapparsi coscienziosamente le pellicine intorno alle unghie.
Heath
uscì sbattendo la porta.
–
Lo so che ce l’hai con me.
No,
eh. No. Per favore, no.
Sdraiato
sull’erba in fondo al giardino, Heath si sentì
fortunato che il fumo gli facesse schifo, perché se no si
sarebbe sparato un
intero pacchetto di sigarette. In compenso aveva passato in rassegna
tra il
pollice e l’indice ogni singola ciocca di pelo sulla schiena
di Buck, che di
tanto in tanto mugolava di disapprovazione.
Quando
la voce di Sacco d’Ossa li raggiunse alle spalle –
a
tradimento, come la sfiga – il mezzo lupo si alzò
per andarle incontro. Il
traditore.
Un
fruscio gli disse che lei si era seduta.
–
Ce l’hai con me.
–
Sei perspicace.
Heath
fissava ostinatamente il cielo. Non si girò. Non disse
altro. Eccheccazzo.
–
Non ho mai preso l’autobus.
E
poi gli dicevano poverina, devi trattarla bene.
Dio,
quanto era suonata!
–
Non ho mai… La mamma non mi fa uscire.
–
Senti, non mi devi spiegare niente, va bene così.
L’hai
sentito mio padre, tutto è bene quello che…
–
Cheryl non… Io non ho amiche – sputò
fuori Anna in un soffio.
- Cheryl era la mia migliore amica fino alla terza. Poi non potevo
più andare a
scuola e allora le ho scritto delle lettere, ma la sua mamma le diceva
che non
poteva essere mia amica. Io ho continuato a scriverle. Non so dove sono
finite
le lettere.
Heath
non sapeva più dove guardare. Dove si era cacciato Buck?
Alla fine si decise a guardare verso Anna. Giuda Iscariota in forma di
lupo si
era accoccolato vicino a Sacco d’Ossa, il testone sulle cosce
magre della
ragazzina.
Neena
gliel’aveva detto, che Anna non andava a scuola.
Succedeva. Alcuni studiavano con la madre o il padre, a casa propria.
Cosa
c’era di strano?
–
Mamma dice… Una volta mi ha detto che sono in pericolo. Per
via dei sogni, sai. Mi ha detto che lei gliel’avrebbe
impedito in tutti i modi,
che non sarebbe riuscito. Dopo ha divorziato da papà e
abbiamo anche cambiato
città. L’abbiamo cambiata tre volte.
–
Chi ha impedito cosa a chi, scusa?
–
L’uomo con gli occhi azzurri. Mamma ha detto che lui non
sarebbe riuscito a portarmi via, mai.
Heath
ebbe un brivido: l’erba si faceva fredda sotto la sua
schiena. Anna non sarebbe uscita così bene da quella
bravata, se Buck non
l’avesse tenuta al caldo durante la notte.
Niente
ferite, avevano detto al Pronto Soccorso. Neanche una
contusione, niente di niente, e niente ipotermia.
Mi
ha scaldato Buck.
–
Non l’abbiamo mai visto, è per questo che hanno
litigato.
Lei e papà, intendo. Papà le ha detto che
è pazza e che mi sta rovinando la
vita.
Che
doveva fare, lui, adesso? Dirlo a Neena e Isaias? Lo
sapevano. Dirlo a Donald?
Era
proprio per quello che avevano divorziato, aveva detto
Neena. Perché Anna avrebbe avuto una vita normale, almeno
quando stava con lui.
–
Non avevo mai… Sai, dormito fuori. Non ero mai andata da
sola da qualche parte. Da nessuna parte. E c’era Buck, me
l’ha chiesto lui. E
c’era Notte.
Heath
la guardò negli occhi.
Erano
accesi da un’emozione che li rendeva lucidi, quasi
febbrili, e l’azzurro si era tinto di blu scuro.
Era… tenera. Se non fosse
stata così strana, forse un giorno sarebbe stata carina.
Buck
le leccò il viso e lei sorrise.
–
È stato bellissimo, la cosa più bella di sempre!
–
La cosa più bella? Per te, forse. Tuo padre per poco non ci
ha lasciato la pelle, avevamo paura che gli prendesse un infarto. Stava
per
chiamare tua madre quando ti abbiamo trovata – rispose Heath
torvo – e,
francamente, se quella per te è una figata vuol dire che non
hai combinato un
granché fino ad ora.
–
Non faccio mai niente. Mai quello che voglio, intendo.
Anna
si tirò su e si pulì i calzoncini con le mani.
Buck,
seccato per avere perso il suo cuscino, mugolò dispiaciuto.
–
Ora vado. Scusami.
Si
allontanò come un refolo di vento, e poi la maglietta
chiara riapparve.
–
Sei fortunato.
–
Io? Io sono fortunato?
–
Tu fai quello che vuoi. Vai dove vuoi. Nessuno ti dice cosa
devi fare e tu fai quello che vuoi.
Heath
lasciò che quelle parole gli facessero compagnia, come
il lupo accoccolato sul prato, come i sogni che riempivano la notte.
Tu
fai quello che vuoi.
Forse
la ragazzina aveva ragione.
Heath
attese che Donald e Sacco d’Ossa se ne andassero a
dormire – non dovette aspettare molto – e che
Isaias rientrasse dopo aver
parcheggiato la Jeep per la notte. Buck sedeva sul prato, il collo
dritto, le
orecchie tese; qualcosa attirava la sua attenzione sulla montagna.
Dalla
finestra Heath vedeva solo il profilo scuro e nobile. Avrebbe voluto
correre da
lui.
–
Posso parlarvi un attimo? Ho preso le mie decisioni.
Neena
si lasciò andare su una sedia. Isaias rimase in piedi,
alto e tranquillo, le mani sulle spalle della moglie.
I
suoi genitori.
Ferirli
non era semplice.
–
Non andrò all’università. Mi dispiace.
Volevo fare il lavoro
di papà ma se per farlo devo andare via da qui ci rinuncio.
Non risponderò a
Pasadena, o se preferite risponderò che non mi interessa
più. Nero su bianco.
Le
mani di Neena si strinsero fino a quando le nocche
sbiancarono.
–
Ti rovini la vita. Questa è la riserva, Heath. Non so se ti
rendi conto…
–
Rendermi conto di che cosa? Papà qui è felice e
tu anche, lo
dici sempre. Spiegami perché io no. Perché non
dovrebbe funzionare, per me?
Neena
fissava il piano del tavolo. Isaias le posò la mano
grande e calda su una spalla.
–
Sono stanco di dirtelo, ma qui non ci sono molte
possibilità. Ci sono il parco e la forestale e la tavola
calda al campeggio.
Finito. Noi siamo stati fortunati, lo sai. Tu sei il primo
che… Hai ottimi
voti, hai una possibilità. Perché sprecarla
così? Insomma, saresti sprecato, tu,
per una vita qui.
–
Tu sei sprecato? Fai un lavoro utile, lo dici sempre.
–
Io vengo da Puerto Rico.
–
Sei razzista al contrario? Devo andare al college per forza
perché sono figlio di un portoricano?
Neena
si alzò e Isaias la trattenne.
–
Non sapete cosa dire, eh? Perché ho ragione. E non mi potete
obbligare. Resto qui. Non so ancora bene cosa fare, ma resto e mi trovo
un
lavoro. Fatemi sapere se posso continuare a vivere con voi o se devo
cercarmi
un posto da qualche parte. Prima o poi me ne vado in ogni caso, lo
sapete.
***
Quella
notte sarebbe stata tiepida, forse, a causa dello
chinook che soffiava tra le cime degli alberi. La luna era ormai piena
e
illuminava a giorno i sentieri, quello che portava alla strada per la
città e
l’altro, tortuoso, che saliva verso il bosco.
Heath
aprì la porta e Buck si alzò; il ragazzo scelse
senza
esitare il sentiero della montagna e partì di corsa. Il lupo
lo seguì.
Il
vento caldo accarezzava la pelle di uomini e animali, delle
coppie sdraiate sull’erba, e disperdeva nuvole bianche e
grigie attorno al
volto della luna.
Non
ti lascerò mai,
gridò il
cuore di Heath che pulsava troppo forte per la corsa, un tamburo, un
rombo
ardente nelle orecchie.
Il
lupo lanciò il suo richiamo.
Buonasera! Grazie, come sempre, a chiunque legga e ancora di più a chi lascia qualche parola. Credo che il dialogo con i lettori sia la parte più bella dello scrivere, quello che manca alla pubblicazione tradizionale. Ditemi pure cosa pensate anche se si tratta di cose bruttine, e soprattutto se la storia è "lenta" oppure no, perché io, rileggendo mentre pubblico, credo abbia bisogno di tagli. Fatemi sapere. Un abbraccio! J.