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Autore: DadaOttantotto    21/11/2022    0 recensioni
[The Chicago Code]
"Senti, Evers" esclama Jarek, imbarazzato da una preoccupazione che non gli piace mostrare. "Se hai bisogno di altro tempo..."
"Sono passate tre settimane" lo interrompe.
"Non c'è un tempo prestabilito per riprendersi quando ti capita una cosa del genere."
Caleb solleva di scatto la testa, puntando lo sguardo in quello grave del collega. Lo fa sentire colpevole, come se gli leggesse dentro e riuscisse a trovare senza difficoltà quella verità che lui sta così intensamente negando.
"Sto bene" ripete. "Te lo direi se non fosse così."
Non può fare a meno di chiedersi se in realtà non sia esattamente quello che sta facendo.
[Jarek Wysocki&Caleb Evers; What if? Post 1x13]
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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The burden you carry

T
he burden you carry



Non sta bene.
Non gli piace mentire, non è cosa da lui, ma quando Jarek gli chiede se davvero si sente pronto per rientrare a lavoro ciò che esce dalla bocca di Caleb Evers è una bugia.
"Te l'ho detto, va tutto bene."
"Stai andando dallo strizzacervelli?"
Caleb annuisce, abbozzando un sorriso. Non c'è bisogno che il suo partner o chiunque altro si preoccupino per lui. Certo, si sente ancora un po' nervoso, scombussolato, ma ci sta lavorando. E se il dottore lo ha ritenuto idoneo a tornare sul campo un motivo ci sarà.
"Senti, Evers" esclama Jarek, imbarazzato da una preoccupazione che non gli piace mostrare. "Se hai bisogno di altro tempo..."
"Sono passate tre settimane" lo interrompe.
"Non c'è un tempo prestabilito per riprendersi quando ti capita una cosa del genere."
Caleb solleva di scatto la testa, puntando lo sguardo in quello grave del collega. Lo fa sentire colpevole, come se gli leggesse dentro e riuscisse a trovare senza difficoltà quella verità che lui sta così intensamente negando.
"Sto bene" ripete. "Te lo direi se non fosse così."
Non può fare a meno di chiedersi se in realtà non sia esattamente quello che sta facendo.
Wysocki lo fissa ancora per qualche secondo, poi sbuffa, scuote la testa e sceglie di credergli.
"Ok, ragazzo" esclama, tirando fuori dalla tasca le chiavi della macchina per poi lanciargliele. "Andiamo a guadagnarci lo stipendio."


Non sta bene.
Il volto di Wysocki è paonazzo, ha gli occhi spalancati e la sua camicia stretta nel pugno mentre lo tira giù e lo spinge contro la fiancata della macchina.
"Stai cercando di farti ammazzare?" gli urla contro.
No, non sta cercando di farsi ammazzare, almeno non di proposito; è che quando l'uomo che stavano inseguendo si è girato e ha iniziato a sparargli contro non è riuscito a fare niente. Non ha tirato fuori la pistola. Non ha nemmeno provato a mettersi al riparo. E ora, mentre Jarek lo tiene ancora schiacciato tra il suo corpo e l'auto, Caleb si accorge che le sue mani tremano come foglie, bloccate appena sopra la chiusura della fondina, e l'aria gli esce dalla bocca sotto forma di flebili rantoli.
Davvero, non capisce. Non ha avuto problemi a tenere l'arma in mano quando hanno arrestato la figlia di Killian in quello studio veterinario, o quando ha pensato che il suo partner avrebbe davvero sparato al criminale irlandese. Non può bloccarsi così, di fronte a qualcuno che cerca di ucciderli, mentre la sua vita e quella del suo partner sono in pericolo. Non dovrebbe tremare, non riuscire a respirare, perché quello ha tutta l'aria di essere un attacco di panico e non è così che si comporta un poliziotto.
I proiettili smettono di fischiare loro intorno e Wysocki si sporge appena oltre il telaio della macchina per controllare.
"Ci è scappato" borbotta, per poi tornare a guardare lui.
Conosce abbastanza bene il suo partner da sapere che non è tipo da lasciar perdere, non mollerà il colpo fino a quando non otterrà una spiegazione sufficientemente convincente. Il problema è che Caleb non ne ha una.
"Non so cosa mi sia preso" gli dice, non appena si rende conto di riuscire di nuovo a parlare.
Lo sguardo di Jarek si fa ancora più serio, la mano allenta la stretta sulla sua camicia fino a essere un palmo aperto che lo spinge, lo allontana, quasi a voler rimettere la giusta distanza tra di loro.
"Credo che tu abbia bisogno di tornare in terapia."
 Evers trova di nuovo il respiro e la forza per annuire. L'uomo dal quale sta imparando cosa vuol dire essere un poliziotto a Chicago ora gli sta facendo capire che non c'è niente di male nel chiedere aiuto. Il giovane detective sa che il suo partner ha ragione, che forse ha accelerato i tempi, sottovalutato la situazione e sopravvalutato sé stesso. Ma gli è stato facile pensare di essere l'imperturbabile Boy Wonder - sì, sa che è così che Jarek lo chiama quando è sicuro che non lo possa sentire -, di aver indosso una corazza che si costruisce solo con l'esperienza.
Non sta bene. Forse è giunto il momento di rendersene conto.


Non sta bene.
Se lo ripete sprofondando nella poltroncina troppo bassa, sentendosi un idiota, giudicato dallo sguardo serio dello psicologo, lo stesso a cui meno di un mese prima ha propinato frasi ad hoc suggerite da Wysocki per velocizzare l'andamento della terapia.
"Ho bisogno di aiuto."
La voce fuoriesce flebile, sottile. Come il rumore di un segreto tenuto dentro per troppo tempo che finalmente vede la luce.
"Ho ucciso un uomo."
Ricorda il movimento del corpo colpito dai proiettili, il rumore che ha fatto cadendo sul telone. È quel viso che lo sveglia di notte, togliendogli il fiato, e che gli impedisce di tornare a dormire.
"Non sto bene."
Ed è solo dicendolo a voce alta per la prima volta che si rende conto di quanto sia vero.


NdA: "The Chicago Code" è una serie poliziesca andata in onda nel 2011 e composta da (sfortunatamente) solo una stagione di tredici episodi. Tratta di un gruppo di poliziotti, tra i quali il sovrintendente Teresa Colvin (Jennifer Beals) e i detective Jarek Wysocki (Jason Clarke) e Caleb Evers (Matt Lauria), il cui scopo è riuscire a incastrare un assessore corrotto (Delroy Lindo).
Bon, sapevo che avrei scritto qualcosa su questa serie prima o poi. Ci ho messo una vita, ma pazienza. Se siete arrivati fino a qui, i miei complimenti e le mie scuse per ogni malessere causato.
   
 
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