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Autore: Monkey D Anjelika    24/11/2022    1 recensioni
Dal testo:
"A parte gli occhi, non gli aveva dato un volto preciso.
Era difficile immaginare qualcuno che non si conosceva.
Sperava soltanto che assomigliasse più a lei che a lui.
Lei che con un sorriso era riuscita ad annientare tutto quello che dentro lo stava uccidendo.
E anche lui era così.
Bastava pensarlo per alleggerire il dolore, almeno per un po'."
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aberforth Silente, Credence Barebone
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Comunque ti ho sognato, ma non ti ho dato un volto preciso
Perché non ti ho conosciuto, giusto questo preciso
Eppure ti ho immaginato, eri bello nel mio pensiero
Qualcosa di leggero, libellule sul sentiero
Alcune notti, mentre dormiva, il buio che lo circondava si tingeva di azzurro.
Azzurro come il cielo estivo, come il colore dei suoi occhi.
Sperava che lui avesse il suo stesso sguardo, l'unica cosa che gli piaceva di lui.
Gli ricordava suo padre Percival.
Aveva pochi ricordi di lui, non lo vedeva da quando aveva sette anni.
Ma da quel poco che riusciva a ricordare, era stato un buon padre.
Un padre che aveva lottato e protetto la sua famiglia, sua figlia.
Non come lui.
A parte gli occhi, non gli aveva dato un volto preciso.
Era difficile immaginare qualcuno che non si conosceva.
Sperava soltanto che assomigliasse più a lei che a lui.
Lei che con un sorriso era riuscita ad  annientare tutto quello che dentro lo stava uccidendo.
E anche lui era così.
Bastava pensarlo per alleggerire il dolore, almeno per un po'.
Mi chiedevi della vita, beh, la vita è una condanna
O almeno così sembra se hai il vizio di raccontarla
Ti levano la gioia giusto fuori dalla pancia
Dopo corre tutta quanta una vita per riacciuffarla
Aberforth non aveva avuto l'opportunità di vedere nascere e crescere suo figlio.
Non lo aveva visto muovere i suoi primi passi ne aveva sentito la sua prima parola.
Però nei suoi sogni avevano parlato molte volte.
Suo figlio gli aveva chiesto di lui, della sua famiglia.
Forse quella era stata la prima volta che Aberforth aveva raccontato della sua famiglia e aveva condiviso tutto il suo dolore.
Non era abituato a parlare di sé agli altri.
Forse perché non aveva amici, forse perché non voleva far diventare il suo dolore quello degli altri.
Non si fidava delle persone.
L'unica persona di cui si sarebbe dovuto fidare, lo aveva deluso.
E se non si poteva fidare di suo fratello, come poteva farlo con gli altri?!
Però con suo figlio era diverso, era parte di lui.
Era come parlare con sé stesso, forse perché era così.
L'altra sera c'era un vecchio ad un programma serale
Inveiva contro casi come il nostro indi per cui
Avrei stretto la mia mano sulla sua giugulare
Per dirgli "È facile ingrassare, facendo la morale alla morale altrui"
Per molte settimane si erano diffuse strane voci a Godric's Hollow.
Ormai non si parlava d'altro.
Sembrava che tutto il villaggio dipendesse da quei pettegolezzi, era l'unica fonte di intrattenimento.
Le notizie più importanti erano passate in secondo piano.
Ciò che succedeva al di fuori di quel luogo circondato dal verde, non interessava più a nessuno.
Tutto quel vociare riempiva la mente di Aberforth.
I bisbigli albergavano nei suoi pensieri.
Pensieri che assumevano il volto di passanti che scrutavano il ragazzo dalla testa ai piedi.
Molti di essi erano donne che scuotevano il capo, gli occhi colmi di delusione.
Aberforth sapeva perché lo guardavano così.
Di solito avrebbe affrontato la situazione duellando ma quella volta no.
Quella volta era diverso.
Nel profondo sapeva che quelle persone avevano ragione.
Lui continuava a camminare a testa alta ma i sensi di colpa lo divoravano dentro.
C'è chi nei figli cerca un suo
completamento
È come cercare fuori ciò che non trova al di dentro
Quando aveva saputo che la ragazza era rimasta incinta, Aberforth era soltanto un ragazzo di quindici anni.
Il bambino era nato l'anno dopo, a primavera.
Aberforth aveva sedici anni.
Sicuramente troppo giovane ma non per questo si sarebbe tirato indietro se avesse avuto la possibilità di scegliere.
Si era occupato di sua sorella Ariana da quando aveva sette anni.
Si era dimostrato più capace di Albus, più responsabile.
Dopo la morte di sua sorella si era sentito solo, perso.
E dopo che aveva saputo di quel figlio lontano, il dolore era diventato sempre più forte.
Nel giro di un anno aveva perso tutta la sua famiglia.
Ariana e sua madre erano morte, Albus  seppellito dall'odio e dal rancore e suo figlio disperso chissà dove.
Mi hai dato un bel mal di testa
La paura di sbagliare sai, paralizza la scelta
Perdonami davvero, ma se abbiamo preso questa
È stato anche per non doverci ritrovare ostaggi della stessa
Certi giorni Aberforth puliva il suo riflesso nello specchio, cercava di cancellare quello che vedeva.
Voleva ripulire i suoi sensi di colpa, i suoi errori.
Se fosse stato meno egoista, meno testardo e meno rancoroso forse le cose sarebbero andate diversamente.
Forse per orgoglio o forse per paura aveva preso una decisione sbagliata e altri ne stavano pagando le dolorose conseguenze.
Se avesse confessato tutto ad Albus quell'estate, ora le cose sarebbero diverse.
Aberforth desiderava rimediare ai suoi sbagli.
E sapeva che non era sufficiente scrivere 'Perdonami' su uno specchio per dimenticare tutto il dolore.
Ma quando dormo puoi parlarmi dei sogni
Chiudermi di noi se hai dei dubbi irrisolti
Ti dirò di ciò che è stato e che sarà
Ora fai la buonanotte, dormi nei pensieri di papà
Dopo lunghi anni Aberforth era riuscito a ritrovare suo figlio e scoprire quello che gli era accaduto.
Nelle sue nocche scorreva sangue, le gocce cadevano a terra macchiando pezzi di vetro.
Aberforth si rifletteva nello specchio o meglio in ciò che ne rimaneva.
Il suo volto non era intero ma a pezzi, così come si sentiva dentro.
Doveva esserci una maledizione sulla sua famiglia, non c'erano altre spiegazioni.
Quella maledizione aveva un volto, un nome e un cognome: Gellert Grindelwald.
Era con lui che tutto era iniziato e con lui tutto era finito.
Aveva allontanato Albus da lui, aveva ucciso Ariana e, in parte, era il responsabile di quello che era successo a suo figlio.
Se non ci fosse stato lui, ora le cose sarebbero diverse.
Credence o meglio Aurelius gli parlerebbe ogni giorno e non solo di notte, nei suoi sogni.
Mi sveglierò domani e tu non ci sarai
Ma quando cerchi me e cerco te
Tu lo sai, dove potrai trovarmi
Nei miei sogni che poi
È lì che vedo te e vedi me, come vuoi
Non so esser così forte
Tu falle far la buonanotte
Non era mai stato pigro Aberforth, non gli piaceva tanto dormire.
Ma era solo nei sogni che poteva rivedere la sua famiglia e immaginare una vita diversa.
Vedeva sua madre e suo padre di nuovo insieme.
Credence era con loro. Era felice, libero e amato.
E con loro c'era anche la piccola Ariana.
Dopo anni Aberforth la vedeva serena, in salute.
Presto li avrebbe raggiunti e sarebbe potuti stare insieme come una famiglia.
Avrebbe raccontato di nuovo tante storie ad Ariana per farla dormire come faceva ogni sera, anni fa.
Nel frattempo ci avrebbe pensato suo figlio, lui si sarebbe preso cura di lei e lei di lui.
Sapeva che non erano poi da soli e dopo anni Aberforth si addormentava con più leggerezza.

 
Spazio autrice:
La canzone è "Buonanotte" di Ernia e parla di un figlio mai nato, Credence al mondo ci è venuto ma Aberforth non lo ha conosciuto se non alla fine. Non è la stessa cosa però la canzone mi piaceva e ho cercato di riprendere solo le parti più 'adatte'. 
In teoria Aberforth ha tre anni in meno di Albus quindi nel 1899 doveva avere 15 anni, Aurelius dovrebbe essere nato nel 1900 anche se nel fim c'è scritto1904 sul foglio di adozione e 1901 su internet. Comunque non è questo l'importante.
Spero vi sia piaciuta.
 

   
 
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