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Autore: NyxTNeko    27/11/2022    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 141 - Desiderio di amore e di gloria -

29 aprile

Passata l'euforia per l'armistizio, Bonaparte aveva deciso di inviare l'ennesima lettera alla sua amata moglie. La guerra e le trattazioni diplomatiche gli avevano lasciato poco tempo da dedicare al cuore. "Ora, però, prima di pensare al Direttorio, a come sconfiggere gli austriaci e ad impossessarmi dell'intera Italia, dedichiamoci alla mia adorata Joséphine" disse tra sé, nel mentre, accasciandosi scompostamente sulla sedia, aveva preso carta e penna.

'Murat, che ti consegnerà questa lettera, ti spiegherà, mia adorabile amica, ciò che ho fatto, ciò che farò e ciò che desidero. Ho concluso una sospensione dei combattimenti con il re di Sardegna'. Anche se aveva avvertito il colonnello qualche giorno prima, quella mattina glielo aveva ripetuto e quest'ultimo si era messo all'erta, sapendo che il comandante lo avrebbe fatto spedire in Francia da un momento all'altro. Inoltre gli aveva dato istruzioni su cosa avrebbe dovuto riferire in caso di domande da parte sia della moglie, sia di qualche membro del Direttorio - In modo da spegnere ogni loro curiosità residua, ho intenzione di metterli a tacere comunque - aveva aggiunto infine Napoleone, senza troppi giri di parole.

'Ho fatto partire, tre giorni fa, Junot con mio fratello; ma arriveranno dopo Murat che passa per Torino; abbrevierai di quindici giorni: sarà dunque possibile che io ti veda qui quindici giorni prima' il desiderio di averla accanto a sé, anche solo per pochi giorni, non lo aveva mai abbandonato, al contrario, aumentava man mano che i giorni, le settimane passavano. Il ritratto era solo una mera consolazione di quel cuore solitario, affamato di amore 'Vieni, questa immagine mi accende di gioia' aveva fatto preparare vari alloggi nelle città vicine e le avrebbe permesso anche di visitare molte città d'Italia, avrebbe fatto tutto solo ed esclusivamente per lei. 'Se la cosa ti aggrada. La mia felicità è che tu sia lieta, la mia gioia è che tu sia allegra, il mio piacere è il tuo'.

La mano cercava di restare ferma nel mentre riportava ciò, ma il sentimento cercava di prevalere, gli aveva imporporato leggermente le guance, non riusciva più a liberarsi del suo pensiero, della sua immagine, leggiadra, sensuale, erotica 'Mai donna fu amata con maggior devozione, ardore e tenerezza. Né è possibile, in modo più completo, essere padrona di un cuore e determinazione ogni diletto, ogni inclinazione, plasmarne ogni desiderio: se per te è diversamente, deploro la mia cecità, ti consegno ai rimorsi del tuo animo; e se non ne morissi di dolore, offeso per la vita, il mio cuore comunque non si aprirebbe più ai sentimenti del piacere e del dolore', le continue riletture del Werther, la sua influenza si rifletteva in tali frasi, nel modo in cui raccontava le emozioni, che sembravano travolgere il suo animo inquieto e che trascriveva sulla carta. Il tratto molte volte si faceva indeciso e alcune parole non sempre erano chiaramente leggibili.

'Triste, altero o freddo, la mia vita sarebbe soltanto fisica: perché riterrei, perdendo il tuo amore, il tuo cuore, la tua adorabile persona, di perdere tutto ciò che rende la vita amabile e preziosa!', l'occhio finì sul ritratto e l'impulso di stringerlo come se fosse la sua donna in persona era, ormai, incontrollabile. Mai si era sentito così preso da una donna, mai il suo cuore aveva amato e sofferto così tanto. E si era ripromesso di non amare più una donna! 'A quel punto non mi rincrescerebbe più di morire, o forse riuscirei ad accogliere la morte sul campo dell'onore. Come vuoi, vita mia, che io non sia triste? Niente lettere da te; ne ricevo solo ogni quattro giorni, mentre se tu mi amassi, mi scriveresti almeno due volte al giorno'.

Ed ecco che la gelosia, tipica del suo carattere focoso, mediterraneo e del suo trascorso di vita, emergeva prepotente e quasi gli faceva perdere la testa, anche perché non era facile trattenere tutto quell'universo di passioni brucianti, che pervadevano persino i suoi sogni. Immaginarla lontana e con altri attorno, che potevano vederla, venerarla, adorarla, mentre faceva salotto ed esponeva il suo bel corpo alla loro vista, gli procurava addirittura invidia e più reclamava la ragione, più questa diventava sbiadita e flebile agli occhi e agli orecchi 'Ma bisogna ciarlare con i signorini visitatori sin dalle dieci della mattina e poi ascoltare le scempiaggini e le sciocchezze di cento cicisbei sino all'una di notte. In un paese dove la moralità esiste, dopo le dieci di sera ciascuno si ritira; ma in quel paese si scrive al proprio marito, si pensa a lui, si vive per lui. Addio Joséphine, sei per me un mondo che non riesco a spiegarmi; ti amo ogni giorno di più'.

L'universo femminile era sempre stato qualcosa di incomprensibile per Napoleone, aveva cercato di penetrarvi, ma i risultati erano decisamente scarsi e infelici. La sua goffaggine, la sua totale incapacità di relazionarsi con una donna gli creavano problemi, ma la moglie sembrava appartenere ad uno stadio superiore. La sua mente maschile, puramente razionale, matematica non poteva nulla contro l'irrazionale creola, che mandava all'aria ogni possibilità di essere calcolata, classificata e definita. In certi casi, come questo, ci si doveva arrendere e accettare il dato come indefinibile: neppure Linneo riuscirebbe in una simile impresa.

'L'assenza guarisce le piccole passioni e accresce le grandi. Un bacio sulla bocca, un altro sul cuore - non v'è altri che me, non è vero? - e poi uno sul seno. Che fortuna per Murat... piccina... Ah!... se non vieni! Conduci con te la cuoca, la cameriera, il cocchiere, ho pronti per te cavalli da tiro e una bella carrozza. Porta soltanto ciò che ti è personalmente necessario. Ho un servizio d'argento e uno di porcellana a tua disposizione' Si era fatto procurare qualsiasi cosa, affinché fosse appagata, felice, a lui bastava soltanto la gloria delle battaglie, avrebbe rinunciato anche a nutrirsi se era necessario per lei, era il suo amore quel sostentamento.

'Addio, il lavoro è tiranno. Non posso deporre la penna. Se non ho lettere tue stasera, mi dispero. Pensa a me, o dimmi con disprezzo che non mi ami, e allora forse troverò nel mio spirito qualcosa di cui meno compatirmi' Come se non bastasse Bonaparte aveva pronti altri 200 luigi, tramite Murat, per lei 'se hai bisogno o che impiegherai per arredare l'appartamento che mi destini. Se tu potessi collocarvi ovunque il tuo ritratto! Ma no è così bello quello che io reco nel mio cuore', nessun dipinto avrebbe potuto rendere la sua donna com'era realmente, c'erano dei limiti che solo l'immaginazione poteva superare 'Che per quanto bella tu sia e per quanto abili siano i pittori, ci perderesti. Scrivimi, vieni in fretta: sarà un giorno tanto felice, come quello in cui valicherai le Alpi: è la più bella ricompensa ai miei affanni e alle vittorie che ho riportato' terminò quel flusso con la sua sempre più illegibile firma 'Bonaparte'.

La richiuse per bene, con la ceralacca e la diede a Murat, giunse da lui come un lampo e immediatamente si mise in cammino, seguendo la strada che il comandante gli aveva imposto di intraprendere. Ma non c'erano solo notizie per la sua amata... Bonaparte aveva rivolto la sua attenzione anche, e soprattutto, al Direttorio. Sapeva di essere andato oltre il suo compito, di aver superato i limiti delle proprie competenze e quindi, doveva zittire qualsiasi lagnanza da parte loro. Avrebbero potuto avere da ridire persino del fatto di aver lasciato un re, come quello piemontese, sul trono, anzichè spodestarlo e creare una repubblica.

Era riuscito a trovare una giustificazione logica e inconfutabile, nell'altra lettera: ovvero che si era occupato solo di un'ala dell'esercito e di non aver avuto tempo per pensare al resto, quell'armistizia andava fatto alla svelta "Qualsiasi menzogna va bene, assieme ai soldi s'intende, soltanto in questo modo non avranno da ficcanasare" e subito si era prodigato per recuperare diversi milioni, provenienti dall'intera Italia Settentrionale, specialmente dal Ducato di Parma e dalla Repubblica di Genova, e sarebbero confluiti nelle casse della Francia. "Barras ha disperato bisogno di quel denaro, per mantenere il proprio potere saldo, come potrebbe corrompere ancora e continuare ad avere quella vita di lusso e agi?" Sorrise leggermente nell'immaginare come la situazione si stesse letteralmente capovolgendo, adesso era il direttore ad aver bisogno di lui e non viceversa. Anche se era ancora presto, la sua ascesa era soltanto all'inizio.

- Ho fatto bene a perdonare Saliceti - pensò ad alta voce, alzandosi in piedi ed osservando le guardie che si davano il cambio alla sorveglianza - Si sta rivelando utile nell'ottenere il pagamento adeguato per l'esercito - pensò a Chauvet e sorrise amaramente - Lo sta sostituendo in maniera adeguata per il momento, deve ricordare che ora è in debito con me!

Acqui Terme, 30 aprile

- Finalmente siamo arrivati - esclamò Luigi al fratello, si sforzava in modo egregio nel non mostrare la stanchezza accumulata in quei giorni - Per un po' potremmo riposarci e pensare a come muoverci...

- Spero solo che Beaulieu continui a comportarsi come vorrei - emise Napoleone sospirando. Si augurava che quella clausola segreta circolasse in maniera nascosta e che giungesse alle orecchie dell'anziano generale austriaco - La sua prudenza ed età ci stanno aiutando con l'avanzata - diede una pacca sulla spalla al fratello, fiero di come si stava comportando sul campo. Era sempre più convinto del fatto che sarebbe stato il suo erede militare, in caso di morte improvvisa - Ora vai pure dai tuoi colleghi e riprenditi un po' - gli sorrise - Te lo sei meritato

- Grazie fratello - disse Luigi annuendo e si allontanò, con la sempre più forte sensazione di essere trattato da Napoleone quasi come un figlio. Si allontanò dalla sua tenda per raggiungere, correndo, quella riservata al reggimento degli ussari, in cui veniva accolto con grande calore e rispetto, era una grande famiglia.

Napoleone, intanto, rivolse lo sguardo alla scrivania e alla cartina distesa, assieme ad una moltitudine di libri sull'esercito austriaco e sulle zone lombarde che avrebbe dovuto superare e invadere, era un grosso rischio, doveva cercare di portare dalla sua parte gli italiani. E così gli era venuta in mente l'idea di mandare un proclama ai vari popoli d'Italia, voleva ispirare loro simpatia e se non ci riusciva almeno la loro neutralità, però anche risvegliare quel popolo da quel letargo che pareva durare da secoli. Non lo faceva per semplice opportunismo, come molti avrebbero potuto pensare, ma sinceramente voleva ridestarli; più volte aveva ribadito agli scettici che avrebbe dato agli italiani ciò che gli avrebbe permesso di liberare dalle catena della schiavitù feudale. Com'era accaduto alla Francia, sarebbe rifiorita.

L'Italia era la fonte della gloria più sublime, una terra preziosa, fondamentale, che il Direttorio non aveva compreso affatto; in passato la Francia aveva avuto influenza su quelle terre, e non pochi sovrani erano calati sulla Penisola: da Carlo Magno a Francesco I. I loro destini erano da sempre legati, si influenzavano e si combattevano a vicenda. Ma stavolta non voleva che gli italiani lo vedessero come il solito conquistatore, al contrario, desiderava ardentemente la loro collaborazione. Specialmente di quelle classi sociali, tra queste anche l'emergente borghesia, che erano a stretto contatto con la cultura d'oltralpe "E che, probabilmente, si sono allontanati dalla Rivoluzione a causa della violenza eccessiva, che io stesso condanno e aborro".

Si alzò di scatto e uscì per fare due passi, prendere un po' d'aria, ma anche per cercare il fido Berthier, senza il suo aiuto non sarebbe riuscito ad ottenere nessun rifornimento per la sua armata. Era ligio e capace, era stato davvero fortunato. Nel passare tra i bivacchi vedeva i soldati che lo salutavano rispettosi non appena questi passava accanto e Napoleone ricambiava sorridendo, togliendosi il cappello - Generale Berthier! - tuonò non appena se lo trovò davanti.

Stava contando che le nuove uniformi fossero giunte nel numero richiesto, si accorse di Bonaparte e si mise subitamente in posizione - Comandante! Come potete vedere sto controllando che tutto ciò di cui ha bisogno l'esercito, dopo le ultime battaglie, sia nelle quantità adeguate - poi ci tenne a precisare, controllando il taccuino - La logistica dovrebbe arrivare in giornata, così mi hanno assicurato

- La sorte è stata generosa con me nell'affiancarmi un Capo di Stato Maggiore come voi - sorrise sincero Napoleone - Ma ora ho bisogno della vostra calligrafia, torniamo in tenda, vi spiegherò...

Dall'espressione pensierosa Berthier intuì che fosse qualcosa di serio e sul quale aveva riflettuto per molto tempo, senza però farne accenno prima. Stava imparando a conoscerlo sempre di più e sapeva quando era il momento di fare domande e quando no; quel ragazzo era una sorpresa continua. Si affiancò e lo seguì lungo il breve tragitto - Ditemi pure Comandante - e si accomodò alla scrivania, attendendo che il capo rivelasse quello che aveva in mente.

Napoleone stava in piedi, con le mani dietro la schiena, irriquieto, seppur stanchissimo - Sapete bene che stiamo per entrare nel territorio lombardo, che è sotto il controllo austriaco Berthier... - lo fissò intensamente - E che alcuni italiani desiderano ardentemente liberarsi dal loro giogo... - prese a camminare in lungo e in largo - Io li conosco bene, so della loro storia millenaria e delle loro aspirazioni più profonde e nascoste, ma so anche che noi francesi non siamo molto amati da loro, per via di alcuni screzi del passato che hanno influenzato la loro visione... - poggiò la mano su una sedia e vi tamburellava sopra - Cerco la loro simpatia, ma se non dovessi riuscirci, desidererei comunque la loro collaborazione o neutralità, non voglio recare male ad alcun civile, per questo avevo pensato di mandare loro un proclama con il quale mostrare la nostra intenzione...

- Capisco comandante - preparò tutto il necessario, spostando la cartina e altri strumenti da lavoro e trascrisse quel torrente di affermazioni 'L'Armata d'Italia è qui per spezzare le vostre catene; il popolo francese è l'amico di tutti i popoli; accoglietelo con fiducia: le vostre proprietà, la vostra religione, le vostre tradizioni saranno rispettate' - È tutto?

- Sì, ma non fatela spedire per il momento, prima dobbiamo pensare al vero nemico, all'Austria - e aggiunse - E anche al Direttorio, mi ha consigliato di non lasciare nulla in Italia che la nostra situazione politica vi consenta di portar via e che possa tornarci utile - emise ricordando parte di una lettera che aveva ricevuto.

- Vogliono prove concrete, dunque - disse Berthier - Non si fidano ancora di voi e dei vostri risultati... - si massaggiava il mento, era decisamente perplesso.

- Io credo che invece stiano iniziando ad avere paura, generale - rivelò con arrogante sicurezza - Erano sicuri che avrei seguito le loro indicazioni e che avrei obbedito senza fare storie, invece ho addirittura aperto trattative di pace senza il loro consenso - ridacchiò divertito - Ma non possono farmi nulla, dato che sto vincendo, per questo vogliono almeno delle testimonianze e il mio dovere è quello di rassicurarli, rabbonirli - I direttori stavano chiaramente facendo riferimento alle opere d'arte da poter portare ed esporre alla Galleria di Parigi, che in quegli anni stava cercando di ingrandirsi e una propria identità.

"E sia, non è una richiesta troppo assurda, soprattutto perché anch'io desidero che sia Parigi il nuovo centro della cultura europea, per non dire mondiale, come furono Atene e Roma nell'antichità e Firenze e altre importanti città subito dopo il Medioevo" gli occhi rapaci brillarono intensamente. Nella sua mente una simile richiesta non era vista come furto o trafugamento, perché era un atteggiamento diffuso e "accettato". Inoltre era seriamente convinto che la rivoluzione sarebbe dilagata ovunque e che la Francia avrebbe stabilito ancora una volta, e fortemente, il canone al continente - Tenetevi in contatto con Saliceti, non appena sarà il momento vi muoverete per far arrivare il tutto a Parigi, qualsiasi loro richiesta di questo tipo verrà esaudita, se servirà al proseguimento della Campagna...













 

 

   
 
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