Il fruscio di una porta che si apriva, sostituito da dei passi pesanti, interruppe il suo sonno. Di scatto, Autolico aprì gli occhi e, seduto sulla branda, scorse Hercules. L'imponente eroe, per alcuni istanti, tacque, poi allungò la mano e sfiorò i capelli dell'amico. Si era accorto della serietà di Autolico. Aveva deciso di ritirarsi nella sua stanza, adducendo il pretesto della stanchezza. Dapprima, aveva creduto alle sue parole, poi si era fatta strada nella sua anima la perplessità. Autolico era un guerriero forte e un combattimento simile non lo distruggeva. La sfida, per lui, era un nettare dolcissimo, di cui non poteva e non voleva privarsi. Che cosa lo spingeva a un comportamento insolito? L'altro tacque. Gli occhi di Hercules luccicavano di preoccupazione e premura, ma non poteva rivelargli la ragione delle sue pene. Il suo compagno e amico aveva conosciuto sofferenze ben peggiori delle sue e non poteva farsi carico dei problemi altrui. No, non era giusto soffocare il suo cuore già provato.
– Autolico... Che cosa ti succede? – chiese il gigante. Quel silenzio fiero, ostinato era per lui angoscioso. Lui e Autolico si conoscevano da anni, eppure erano divisi da tanti, troppi misteri. Il suo commilitone conosceva la storia della sua vita, ma non gli aveva mai svelato nulla di se stesso. Si chiudeva dietro una cortina di pudore e fierezza. – Non ne avevo voglia. Anche io ho bisogno di silenzio, a volte. – fu la risposta. Hercules tacque e scosse la testa. No, non lo convinceva l'affermazione dell'amico. Vedeva il pallore del suo volto e gli occhi velati d'amarezza. – Non dire stupidaggini. Il tuo viso è quello di chi ha ucciso uno spettro. – dichiarò. D'istinto, il suo corpo si irrigidì, come una sbarra di metallo, poi si rilassò. Quelle parole gli avevano ricordato la strage della sua famiglia. Forse, Autolico aveva conosciuto un simile, dilaniante trauma.
– Non uno. Forse, erano due. – dichiarò il mercenario. Il gigante aggrottò le sopracciglia e fissò lo sguardo sulla figura distesa dell'amico. – Ma non è servito a niente. La vendetta non cancella i ricordi... Non allontana i rimorsi. – replicò l'altro. – Io non credo che tu abbia nulla da farti perdonare. Tu sei un uomo leale. Tante volte hai salvato la vita a me e ai nostri compagni. – obiettò Hercules, pacato. Un sorriso amaro sollevò le labbra di Autolico. Il suo compagno, nonostante la tragedia, manteneva un cuore puro. Come avrebbe potuto capire la sua colpa? – Un uomo leale non abbandona i suoi genitori. E non li vendica vent'anni dopo, per un caso fortuito. –
L'eroe ateniese sbarrò gli occhi, sorpreso. Quando era bambino, Autolico aveva assistito alla morte dei suoi genitori. E si caricava il cuore d'un assurdo senso di colpa. Tutto, in quel momento, nella sua mente, si rischiarava. Siamo più simili di quanto non sembri. Entrambi avevano conosciuto sulla pelle la crudeltà dell'essere umano. Ma questa somiglianza poteva creare un ponte tra di loro.
– Puoi farmi spazio? – chiese. Autolico, stupito, alzò la testa e fissò lo sguardo sul compagno. Un sorriso leggero sollevò le labbra dell'altro. La confusione, che ben si vedeva negli occhi dell'amico, riscaldava il suo cuore. Oltre quella maschera ironica e cinica, lui celava un animo palpitante, che non dimenticava nulla. – Sei sordo? Voglio distendermi accanto a te. Non mi va di festeggiare la nostra vittoria. – spiegò, tranquillo. La voglia di divertirsi, prima prepotente, era svanita. Desiderava offrire al suo compagno il calore di un appoggio. Tutto, davanti a questa priorità, svaniva.
Un moto di commozione invase il cuore di Autolico. Per lui, Hercules rinunciava ad una gioia legittima. Voleva condividere con lui la sua pena. Hercules si tolse i calzari e si stese accanto al compagno. Non aveva detto nulla, ma vedeva in quelle iridi nere una richiesta di conforto. Poi, allungò il braccio e lo costrinse ad appoggiare la testa sul suo petto. Autolico, d'istinto, allungò la mano e la appoggiò sulla spalla dell'altro. La sua resa, in quel momento, era completa. E non gli importava nulla. Tra le braccia del suo amico, nulla gli pareva impossibile. – Grazie... Grazie, Hercules. – mormorò. Per lui, rinunciava al suo diritto ai festeggiamenti. E non poteva non essergliene grato. L'eroe sorrise e la sua mano indugiò ora sulla sua schiena, ora sui suoi capelli. – Niente di così difficile. Stai tranquillo, mio. –