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Autore: Fiore di Giada    28/11/2022    1 recensioni
Non aveva esitato a contrapporsi a suo padre e a fargli notare, con energia, la sua stupidità.
E aveva pagato tale atto di ribellione con lunghe, dolorose ore di tortura magica.
Morrigan si era divertita a provare sul suo corpo i suoi sigilli, che lo condannavano a eterni, strazianti istanti di agonia.
Ma lui, Kaidan, non aveva rinnegato il loro legame.
Genere: Hurt/Comfort, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Grigie nubi, macchiate di nero, coprivano il cielo e, di tanto in tanto, il rombo di un tuono rompeva il silenzio.
Una pioggia fredda, sottile, cadeva sulla terra, senza bagnarla, e il vento sibilava tra le foglie degli alberi di quercia, facendoli ondeggiare ora a destra, ora a sinistra.
A passo lento, deciso una figura maschile alta e imponente, avvolta in un ampio mantello marrone, si incamminava.
Tra le braccia, stringeva il corpo privo di sensi di un giovane uomo di alta statura e di corporatura atletica, vestito d'una armatura bianca a piastre.
Lunghi capelli biondi scendono sulle spalle e sul petto e una collana d'oro, terminante in una acquamarina tagliata a rettangolo, cingeva –il suo collo.
Di tanto in tanto, un fremito di dolore, come un fulmine, percorreva il corpo del giovane e una effimera ruga attraversava la sua fronte.
L'uomo, accortosi di questo, si fermò e cominciò a salmodiare alcune parole.
Pochi istanti dopo, una viva aura verde illumò il suo corpo e, come un abbraccio, avvolse le membra dell'incosciente.
A poco a poco, l'espressione sofferente del giovane si attenuò, fino a tramutarsi in un leggero sorriso.
– Stai tranquillo. Presto, potrai riposare. – mormorò, il tono pacato.
Poi, riprese il cammino.

Si fermò davanti ad una banchina di legno e lanciò un breve sguardo attorno a sé.
Scorse una canoa legata con una corda ad uno dei pali, che ora si sollevava, ora si abbassava, sollevata dal vento.
Almeno ci hanno pensato., si disse l'uomo. Quel giovane, che giaceva inerte tra le sue braccia, era un eroe per il suo paese.
Per tanto, troppo tempo, era stato considerato l'assassino di suo fratello, l'erede al trono di Namida.
Non avevano saputo vedere oltre le apparenze.
Per quanto tempo, aveva dovuto evitare le guardie di suo padre?
Certo, aveva ridato onore al suo nome, ma a quale prezzo era stato ottenuto un così pur meraviglioso risultato?
Di nuovo, le sue labbra si schiusero in una preghiera.
A poco a poco, le nubi, prima gonfie, si diradarono, liberando sprazzi sempre più ampi di cielo notturno e il vento, prima rabbioso, si placò.
Diversi minuti dopo, la luna piena sfolgorò sul mare, illuminandolo d'una viva luce argentea.

L'uomo si avvicinò alla canoa, che era stata riempita di gigli rossi, bianchi e blu, dai quali si spandeva un penetrante profumo.
Con delicatezza, posò il corpo del giovane nell'imbarcazione e attese. Presto, ne era sicuro, avrebbe aperto gli occhi.
La ferita, pur mortale, non gli aveva dato una morte repentina.
Le sue dita, leggere, sfiorarono il viso del giovane. Per fortuna, le sue magie riuscivano a contenere la pena del suo corpo.
Poteva dargli un addio degno.

A fatica, il giovane aprì i suoi occhi, dal taglio allungato, d'un intenso colore verde, e li fissò sull'uomo.
– Kaidan... Kaidan... Voglio vederti... Me lo concedi? – domandò.
Con un gesto deciso, l'uomo si abbassò il cappuccio, scoprendo un viso dai lineamenti duri, decisi, circondato da una lunga chioma ramata inanellata.
La sua mascella, dura, squadrata, era velata di barba e gli occhi sottili, d'un intenso azzurro verde, simili a quelli di una fiera, risaltavano sul suo viso.
– Certo, Ronan... Sono qui. – mormorò.
Ronan accennò ad un sorriso, mentre le lacrime bagnavano le sue guance. Quel mago, con un passato guerriero, gli era stato vicino in quegli anni.
Aveva creduto alla sua innocenza, nonostante le accuse infami di suo padre e di sua madre.
Il re Evan e la regina Aleena, sovrani di Namida, avevano creduto che lui, divorato dall'invidia, avesse ucciso suo fratello, Aidan.
Si erano lasciati manipolare dalle trame di suo zio Erwen, fratello di suo padre, e della potente e crudele maga Morrigan.
Lo avevano condannato a fuggire dalla sua terra, come fosse un criminale.
Aveva trovato affetto e comprensione in territori stranieri, che aveva considerato inferiori al regno di Namida.
Nella sua terra, solo Kaidan aveva resistito alle calunnie e lo aveva sostenuto.
Non aveva esitato a contrapporsi a suo padre e a fargli notare, con energia, la sua stupidità.
E aveva pagato tale atto di ribellione con lunghe, dolorose ore di tortura magica.
Morrigan si era divertita a provare sul suo corpo i suoi sigilli, che lo condannavano a eterni, strazianti istanti di agonia.
Ma lui, Kaidan, non aveva rinnegato il loro legame.

– Kaidan... Pensi che rivedrò mio fratello... Vorrei... Vorrei potergli parlare... Aidan... Aidan deve sapere che non sono stato io... – sussurrò.
Un sorriso bonario sollevò le labbra dell'uomo più anziano. Quel ragazzo era per lui un figlio.
E su di sé avvertiva il peso dell'impotenza.
Le sue magie non avevano la facoltà di restituire la salute a quel principe così sfortunato.
– Roran, quando si attraversa il Sacro Fiume, tutto diventa chiaro. Aidan non ti incolpa di nulla. Anzi, piange per la tua sorte infelice. – affermò.
Il giovane guerriero chiuse gli occhi, poi li riaprì.
– Come sempre, hai ragione... Io non sono ancora morto, eppure, ora, vedo la realtà con maggiore chiarezza... – cominciò.
Il mago attese, tranquillo, e appoggiò la mano destra sulla sua.
– Tu piangi. Soffri perché io sto morendo qui, con te... Credi che io ti incolpi per la mia futura morte... Kaidan, amico mio, non è così. Non posso incolparti di nulla. – cominciò.
Si interruppe e guardò l'altro. Kaidan era un mago guerriero di provata forza e abilità, ma le magie di Morrigan l'avevano provato.
Eppure, non si era mai risparmiato nelle loro lunghe battaglie.
L'uso dei suoi poteri, però, lo condannava a sopportare dolori sempre più forti.

– Pensa a curare te stesso... Mio zio e Morrigan, ormai, sono condannati alla Prigione dell'Abisso, che è peggio della morte... Vorrei che tu non soffrissi più, quando usi le tue magie... Promettimelo, amico mio... – lo supplicò. Namida aveva bisogno di combattenti come lui.
Le ferite di Kaidan, in tempi calmi, si potevano curare, ma lui doveva essere incoraggiato a pensare a se stesso.
La sua indole generosa, pur celata dalla sua natura schiva, spesso, lo portava a non scorgere il dolore sul suo corpo.
Con un gesto deciso della testa, il mago - guerriero annuì.
– Sì. Mi prenderò cura di me. 

A fatica, Roran si portò una mano al petto e, con un movimento deciso della mano, si strappò la collana.
L'altro sbarrò gli occhi, meravigliato. Perché aveva compiuto un simile atto?
Vedendo l'espressione stupefatta dell'amico, Roran sorrise e un raggio di luna si posò sul suo volto, sciogliendovi un debole lucore argenteo..
– Vedi... Come hai detto tu, la morte aumenta la consapevolezza... Io ho odiato la mia famiglia, per avermi condannato... Avrei voluto la loro morte... Ma, in questi ultimi, dolorosi giorni ho scorto la verità... Erano stati costretti a credere a quell'infamia... Non si può condannare chi sbaglia per costrizione... Non è giusto... –
D'istinto, strinse le mani attorno alla gemma. Quel monile rappresentava l'ira che, un tempo, aveva provato verso i suoi familiari.
In quel momento, però, non gli serviva più.

Kaidan, con un gesto teatrale, aprì il mantello e rivelò una tunica beige, stretta da una cintura marrone, pantaloni blu e alti stivali neri.
Alla cinta, era appesa una lunga spada dalla lama diritta, l'elsa scintillante di gemme policrome, e un sacchetto di pelle rossa.
Roran sbarrò gli occhi e un gemito soffocato uscì dalle sue labbra dischiuse. Da generazioni, quell'arma apparteneva a suo padre.
Zanna di Drago era una spada magnifica e, per lui, era una reliquia.
Un simile dono poteva avere un solo significato.
– I tuoi genitori volevano chiederti perdono, ma erano frenati dalla vergogna. Evan e Aleena, però, hanno chiesto a me di farti dei doni... Sono talismani che ti protegerrano. 
Prese il sacco, lo aprì e ne trasse dieci gemme policrome, tagliate a stella, che, colpite dalla luce della luna, scintillarono di deboli bagliori.
– Roran, te lo chiedo: accetti la richiesta di perdono dei tuoi familiari? – chiese, solenne.
Il giovane fissò il suo sguardo risoluto, lucido di lacrime, nelle iridi del mago. Mai era stato così fermo nella sua vita.
– Sì, accetto. Siano liberi dai loro rimorsi. 

Kaidan posò la spada tra le mani, ormai quasi del tutto inerti, del principe, poi sistemò le gemme sul suo petto.
Tutto era pronto.
Posò un bacio sulla fronte, ormai quasi del tutto gelida, del giovane, poi si alzò e sciolse il nodo.
La canoa, per alcuni istanti, rimase presso la banchina, poi si allontanò, sospinta dal vento, che aveva ricominciato a soffiare.

Kaidan, per alcuni istanti, rimase immobile a fissare l'imbarcazione, fino a quando scomparve. Il viaggio di Roran verso il Mondo degli Spiriti era cominciato.
Forse, aveva chiuso gli occhi e il suo respiro si era fermato.
A stento, trattenne un singhiozzo, poi si girò e si allontanò dal porto.
– Addio, Roran. Addio, eroe sfortunato. Che i tuoi antenati ti accolgano tra le loro braccia.


   
 
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