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Autore: LatazzadiTea    30/11/2022    3 recensioni
La pace regna incontrastata ormai da anni nel piccolo ma prosperoso regno di Patnar, quando la notizia di un'imminente catastrofe ne sconvolge gli abitanti. E in particolar modo Madya - giovane guaritrice dotata di enormi ed oscuri poteri - che per scongiurare la completa distruzione del suo mondo sarà costretta a indagare al fianco di un eccentrico generale e un invincibile assassino.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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Mentre la ragazza riposava alla gilda nell'attesa che l'antidoto contro il veleno facesse effetto, Agastia restò fuori dalla stanza, deglutendo nervosamente al pensiero che sarebbe veramente potuto morire quel giorno. Se il corpulento guaritore era disposto ad assassinare qualcuno pur di mantenere il segreto su cosa stesse succedendo nelle terre dell'Ovest, era logico pensare che ne fosse ben consapevole. Così come dovevano esserne al corrente da tempo sia i membri del consiglio dei Saggi di Murwara che quello di Chattisgart, vista l'anomala presenza di un importante falange del suo esercito fuori dalle mura. Agastia aveva notato lo stanziamento militare dei Druzi a capo del "Celato" sin da quando aveva messo piede nella capitale la sera prima, trovando quella presenza alquanto stravagante vista la stagione in cui erano.

In primavera i Druzi di Korazhan erano soliti trovarsi altrove, generalmente servendo da scorta a quella parte di popolazione che annualmente si spostava nelle piane dell'Ombra per raggiungere in pellegrinaggio il tempio di Nerborus, il Dio che adoravano. Lo stesso generale Dunagan avrebbe dovuto partecipare al rito annuale di svestizione e consacrazione della carne e del sangue alla divinità di Korazhan, occasione in cui il "Celato" si spogliava pubblicamente della sua armatura affinché venisse riconsegnata simbolicamente al Dio, dagli Alti sacerdoti che officiavano al tempio. Agastia lo aveva sentito raccontare molte volte dalla sua famiglia, soprattutto la sera, quando il clan dei Falchi Argentei a cui apparteneva si radunava davanti al fuoco per festaggiare i favolosi bottiti frutto delle loro razzie. Se lo Zamindaro aveva ragione nell'affermare che i mostri dell'Oltre non sopravvivessero mai al di fuori dei suoi confini, allora qualcosa di veramente orribile stava per succedere al mondo. La cosa strana era che se il vecchio Antarik aveva dimostrato reticenza, cercando addirittura di uccederlo pur di nascondere i fatti, Madya non aveva esitato a parlare della provenienza dei Verydas, quasi non ne fosse sorpresa.

Perciò, pur ammettendo di aver provato un incotrollato senso di disgusto verso quei ripugnanti ragni rosicchia metalli, il giovane sentì comunque l'irrefrenabile bisogno di conoscere meglio i fatti. Secoli prima, dopo le ultime devastazioni, in molti, fra cui i suoi antenati, si erano spostati verso le montagne per sottrarsi agli effetti distruttivi dell'Oltre. Ma se una nuova ondata espansiva stava per colpire - trasformando al suo passaggio tutto quello che toccava in qualcosa di aberrante, terrificante e spaventoso - a quel punto poteva essere già troppo tardi, pensò il ragazzo.






Madya si svegliò quello stesso pomeriggio in una pozza di sudore, passando il resto della giornata a letto con un gran mal di testa. Per non parlare delle estremità gelide e le profonde occhiaie che le erano comparse sotto gli occhi, ora lividi, che da grandi e luminosi si erano ridotti a due fessure al centro della faccia da quanto erano gonfi. La guaritrice - che non si era minimamente alterata all'idea che quelle creature fossero sfuggite chissà come al controllo dell'Oltre - provò un profondo senso di inutilità all'idea di non essere più sola a gestire la faccenda. Avrebbe dovuto ammettere molte delle sue responsabilità a quel punto, ad esempio come aveva complottato col "Celato" per entrare in contatto con la "Moltitudune" per avere informazioni e farsi aiutare in quella folle impresa. La ragazza finì per alzare dolorosamente lo sguardo dalla sua ciotola di zuppa tiepida e insapore verso chi, da tempo, la osserva in silenzio appoggiato al muro della stanza con le braccia conserte. Antarik sembrava ancora profondamente in collera con lei, così scuro, imbronciato e taciturno da far spavento mentre Altay se ne stava seduto al suo capezzale a sorvegliarla per ordine del padre. Madya sbuffò al pensiero di aver perso parte della sua totale autonomia, anche se a quel punto, data la reale entità della minaccia, nessuno avrebbe potuto negare che scoprire cosa stesse accadendo nell'Oltre fosse necessario quanto inevitabile.

"Scusami se sono sparito a quel modo, ma vederti svanire nel nulla in compagnia di quel tipo, beh, mi ha davvero fatto perdere il senno!" ammise Altay.

"Non riesci proprio a fidarti di lui, vero?" indovinò Madya, rimestando debolmente il suo cucchiaio di legno nella zuppa ormai fredda.

"Certo che no! E non dovresti nemmeno tu visto che Dunagan è tutto tranne che un innocente ragazzino bisognoso d'aiuto..." ribadì Altay, che oltre alla brutta reputazione che Valkya si portava dietro, conosceva bene sia la violenza che i metodi brutali di cui i Druzi erano capaci.

"Lo so, ma la situazione è più grave di quanto pensassimo purtroppo... Anche se ad essere sincera, ancora non capisco cosa stia davvero succedendo..." confessò Madya, voltandosi pensierosa verso la finestra con la speranza che malgrado tutto, Valkya fosse ancora nei paraggi.

Fu a quel punto che la guaritrice ebbe un sussulto improvviso, sentendo come un brivido freddo attraversarle la spina dorsale al pensiero che lui la stesse davvero osservando. Per quanto si fosse sforzata di non pensarci, era certa di aver sentito qualcosa di strano nell'aria, al suo risveglio. Era ancora frastornata, certo, ma sentiva chiaramente un profumo aleggiare attorno a sé. Un odore dolce e a tratti nauseabondo, del tutto simile a quello dell'incenso che aveva respirato sotto le fitte coltri della tenda, in cui aveva incontrato Valkya per la prima volta. Fortunatamente non le ci volle molto a capire da dove venisse, quando intravide il capo argenteo del generale fare capolino da dietro la porta della sua stanza, lasciandola del tutto incredula e spiazzata.

Valkya era riuscito ancora una volta a sorprenderla, presentandosi al cospetto di Antarik che, fra l'altro, non aveva affatto reagito male nel vederlo. Fu allora che Madya capì, ricordandosi di come i due uomini si conoscessero da più di trentanni benché le fattezze del "Pallido" col tempo non fossero cambiate. Ma se l'incontro del "Celato" col Tazelwurm non era stato un incidente, cosa aveva spinto il generale a gettarsi di proposito nel nido di un mostro? La spiegazione più logica era che Valkya l'avesse fatto apposta per incontrarla dal momento che nessuno di quei neonati, per quanto letali già in quello stadio, avrebbe potuto veramente ucciderlo. In altre parole, ora che aveva la certezza che quei due fossero davvero in combutta tra loro per Madya non restava che un ultimo ma importantissimo quesito da svelare, il perché.

"Il veleno dei Verydas ti ha conciata proprio male, ragazza! Eppure, ero convinto che nessuna creatura dell'Oltre potesse ferirti..." esordì Valkya, sedendole premurosamente accanto nel letto. Anche il principe e Agastia erano entrati nella stanza con lui, mentre Madya continuava a chiedersi se si fosse veramente svegliata o stesse ancora sognando di fronte a cotanto fascino maschile.

"Che diavolo ci fa lui qui?" sbottò invece Altay - riferendosi a Valkya - puntando lo sguardo colmo di rabbia e confusione proprio verso il padre.

"Ho chiesto io al generale di venire, soprattutto perché credo sia arrivato il momento di dirvi la verità su quanto abbiamo scoperto, comprese e le ragioni che ci hanno spinto a indagare su quei mostri malgrado l'apparente assenza apparente di un'ondata espansiva..." iniziò a spiegare Antarik.

"State dicendo che i Signori di Murwara erano al corrente di tutto e non ci hanno avvertito?" volle sapere lo Zamindaro.

"Lo sappiamo da tre settimane ormai, esattamente da quando abbiamo rinvenuto quei ragni fra i rottami di una "Paffa" - piccola imbarcazione da recupero fluttuante - proveniente da Trivandrum..." dovette ammettere Antarik.

"Aver taciuto il pericolo al mio popolo, avrà delle conseguenze!" aveva sbottato il principe a quel punto.

Dopo la palese minaccia da parte del nobile - che nel frattempo si era alzato dalla scomoda poltrona su cui sedeva per raggiungere l'uscita - nella stanza, scese il silenzio. Solo Valkya aveva avuto la prontezza di fermarlo sbarrandogli la strada, fra l'altro a suo rischio e pericolo, viste le grandissime abilità combattive che i Dahaar dei Sibir avevano in serbo per i loro nemici. Tuttavia, malgrado la drammaticità del momento a Madya scappò un sorriso nell'intravvedere la buffa espressione disegnata sul volto del giovane "Pallido". Come al solito Valkya sembrava vivere in un mondo tutto suo, quasi non si rendesse conto di quanto apparisse incosciente e ridicolo agli occhi di chi non lo conoscesse o sapesse chi fosse.

"Vi daremo soddisfazzione statene certo! Anche se per il momento, per il bene vostro e del vostro popolo vi consiglio di non fare tutte queste storie, mio Signore..." aveva sottinteso il generale.

"Altrimenti?" aveva reagito lo Zamindaro, che dal primo momento l'aveva guardato con diffidenza e disprezzo.

Era bastata la lieve incrinazione nel tono di voce del suo Dahaar a far scattar uno dei due gigantesci Olona che lo scortavano, al punto che Madya l'aveva visto apparire alle spalle di Valkya in tutta la sua possanza prima che si incastrasse nel controtelaio di legno della porta da cui aveva cercato di entrare. Alla fine Antarik non si era scomposto più di tanto di fronte a quell'inevitabile e preannunciato disastro; le mura del palazzo erano troppo strette e solide per riuscire a sfondarle e difatti, il crollo fu minimo e si alzò un esiguo nugolo di polvere quando la guerriera cercò di liberarsi, cadendo goffamente a carponi al centro della stanza.

"Tutto questo non era necessario, Enna! E va bene, resterò ad ascoltare il resto della storia, ma vi avverto, se qualcosa non dovesse piacermi, non me ne starò in silenzio!" aveva finito per rispondere imbarazzato l'uomo, pronto nuovamente a sedersi.

Così, mentre tutti si calmavano decidendo come e da dove iniziare, Altay - che fino a quel momento era rimasto buono in silenzio a guardare - osservò Madya, che nello scoprire che l'Olona in realtà era una femmina, sembrò ancora più confusa. Come la guaritrice, anche lui era scettico. Soprattutto dopo l'inaspettato incontro col suo "Devanagari" di un tempo - anziano dei Bradesch e gran maestro di spada - che lo aveva messo in guardia sul fidarsi o meno del "Celato" in vista di quell'imminente catastrofe. Che il Sacro Concilio dei Bradesch fosse o meno a conoscenza di ciò che accadeva nelle terre dell'Ovest non era dimostrabile, fatto stava che ora più che mai era necessario svelare l'arcano, si disse il ragazzo. L'improbabile alleanza tra il padre e il "Celato" era la cosa più strana si fosse mai vista, pensò il giovane. Un po' come l'olio che si mischiava incredibilmente all'acqua - che fra l'altro era una cosa impossibile - o un complimento fatto da lui alle sue inesistenti curve femminili concluse, tanto per dirne un'altra.

Da quello che avevano potuto capire, l'unione d'intenti tra Antarik e Valkya era nata a causa della possibile origine soprannaturale di quegli eventi inspiegabili. Era stato proprio il guaritore a chiamare Valkya quando aveva trovato i Verydas a bordo dell'imbarcazione pirata schiantata ai piedi delle Valli, scoprendo fra l'altro che anche a Korazhan succedeva qualcosa. Per questo Antarik si era affidato completamente a Dunagan, dandogli fiducia persino quando lo aveva assecondato nel folle piano di gettarsi nella strana voragine che si era aperta a pochi chilometri dal Tempio. Era così che lo avevano scoperto, quando Valkya era uscito in fin di vita da quel buco nella terra con l'orripilante progenie appena nata di un Tatzelwurm avvinghiata addosso.

"Quindi, cosa pensate significhi l'invasione di quei ragni?" chiese Madya incuriosita.

"Che sono in cerca di cibo visto che si nutrono di minerali, anche se a nostro avviso c'è molto più di questo. Pensiamo che i Verydas si trovino sulle montagne perché hanno la capacità di estrarre e assimilare i metalli, sciogliendoli grazie alla presenza di potenti acidi nei loro organismi. In particolare, Imperius, Mublite e Wolfranio - detto anche sporcizia di lupo - che combinati in una lega sono in grado di dar vita al leggendario acciaio di Necros..." gli svelò Antarik.

"So che tutto questo può sembrare incredibile, ma è bene che sappiate che ad oggi esiste un solo oggetto fatto di Necros, e a quanto ne so, ad oggi sono l'unico a indossarlo" cercò di spiegare Valkya.

"Solo un Dio potrebbe usare l'armatura del "Celato" senza esserne completamente consumato, e questo perché al solo contatto la carne di un normale essere umano marcirebbe all'istante" continuò Antarik.

"Un Dio, certo, oppure un demone!" aggiunse invece Altay.

"Se era per questo ed eri d'accordo con lui, perchè hai cercato di dissuadermi?" volle sapere Madya.

"Perché trovarti priva di sensi al campo dei Druzi mi ha spaventato a morte, Madya. E questo malgrado sapessi con certezza che in quanto ultima figlia dell'Oltre saresti stata l'unica a poter investigare su questa storia senza correre rischi..." dovette confessarle Antarik.

"Avete esposto Madya agli effetti devestanti del metallo necrotico senza avere la minima idea di come avrebbe reagito? Sapevo quanto il "Celato" fosse un inutile bastardo senza scrupoli, ma voi, padre? Come avete potuto? Proprio non me lo aspettavo!" era esploso Altay al culmine dell'umana sopportazione.

"Perciò sono anch'io come Valkya, l'unico a potersi avvicinare all'armatura del "Celato" senza morire, è così?" domandò tristemente Madya.

"Sì, è così. Presto quei ragni estrarranno dalle montagne tutti gli elementi necessari a creare l'acciaio di Necros, per poi tornarsene del tutto indisturbati nell'Oltre. Per questo abbiamo motivo di pensare che la minaccia in arrivo sia peggiore di una semplice ondata espansiva..." gli assicurò Antarik.


 
   
 
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