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Autore: StarFighter    01/12/2022    6 recensioni
“Vuoi sposarmi?”
“Cosa?” il telefono quasi le cadde di mano, lo stupore le aveva bloccato le funzioni motorie.
“Vuoi sposarmi?” un respiro profondo, il suo temperamento mandava scintille anche a distanza. “È la terza volta che lo ripeto. Sei per caso sorda, Sango-san?” Un gentleman, come sempre.
C’erano due grossi problemi con quella frase: di sicuro non avrebbe sposato il suo capo e di certo lei non era Sango.
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A Business Proposal Au che partecipa al contest Inu-spiration, indetto su Tumblr dalla comunità feudalconnection :)
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inu no Taisho, Inuyasha, Kagome, Miroku, Sango | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                  Capitolo II                                                       

                                                      

 

Il fatto  che lei e Sango fossero sedute all’izakaya a due passi dal tempio non era di per sé strano. Ogni venerdì sera dopo il lavoro, si ritrovavano puntuali a sedere l’una di fronte all’altra con diverse bottiglie di birra tra loro e i migliori takoyaki della zona est di Tokyo, pronte al resoconto della settimana. La cosa strana però era che quello era un mercoledì sera e ad appena metà settimana Sango le aveva proposto di incontrarsi con una certa urgenza.  Cosa ancora più strana, l’amica continuava a versarle sakè e birra con la reverenza con cui li avrebbe versati ad un suo superiore, incoraggiandola a bere e mangiare a volontà perché al conto ci avrebbe pensato lei.

Qualcosa non andava.

“Sputa il rospo.” All’ennesimo tentativo di Sango di versarle altro sakè, poggiò la mano sul bicchiere, impedendoglielo.

“Cosa?” l’amica distolse lo sguardo e con una risatina isterica si versò uno shot e buttò giù tutto d’un fiato. “Non posso offrire una serata alcolica alla mia amica? Da quello che mi hai detto la tua settimana non sta andando nei migliori dei modi, voglio risollevarti il morale!”

“Certo che puoi. Ma sembra che tu stia cercando in tutti i modi di farmi ubriacare! E una sbornia è l’ultima delle cose di cui ho bisogno al momento, se dovessi arrivare tardi al lavoro o dovessi rendere poco, mi giocherei il posto.” Si prese la testa tra le mani e un lamento le salì dalla gola. Sentiva già l’alcol fare effetto, afferrò un takoyaki e lo ingurgitò sperando che assorbisse un po’ di quel mix velenoso che Sango le aveva versato. “Forza, Sango. L’ultima volta che ci hai provato mi hai costretta ad anda-…” la voce le morì in gola quando l’amica giunse le mani e chinò la testa come per pregarla.

“Ah, non posso crederci!” Bingo. Quella serata puzzava come natto lasciato fermentare al sole per settimane. Il suo istinto non sbagliava mai. “Una trappola, ecco cos’è!”

“Ti prego, solo stavolta.” Sango le afferrò le mani, cercando di farla ragionare.

“È la stessa cosa che mi hai detto l’altra volta.” Si liberò dalla presa dell’amica e incrociò le braccia al petto, sperando che quella discussione non sfociasse nel ridicolo.

“Sono andata agli ultimi tre ma se dovessi sopportarne un quarto mi sparerei!” la voce dell’amica esplose a quell’affermazione e i ragazzi dei tavoli accanto si voltarono a guardarla spaventati.

Kagome si scusò imbarazzata con un sorriso tirato sulle labbra, piegando lievemente la testa. “Non essere ridicola, andare ad appuntamenti con uomini facoltosi non mi sembra così male. Meglio di questa digiuno forzato a cui sono sottoposta io.” Si passò una mano tra i capelli e pensò a quanto tempo fosse passato dal suo ultimo appuntamento. Davvero troppo. Ma tra il lavoro che la tormentava anche di notte, il mandare avanti il tempio nei weekend e cercare di far quadrare i conti a fin mese, non le rimaneva molto tempo da dedicare alla vita sociale, figurarsi a quella amorosa. Prese la bottiglia al centro del tavolo e, soppesatone il contenuto, se la portò alle labbra e la scolò fino all’ultima goccia.

“Allora perché non ci vai tu,eh?” Sango batté una mano sul tavolo e le bottiglie tintinnarono allegre.

“Perché quegli uomini vogliono conoscere Sango Taijiya, erede del Taijiya Group, non Kagome Higurashi, dipendente sottopagata, miko part-time al tempio.” Perché dirlo ad alta voce le faceva così male? “Potresti perdere l’occasione di conoscere l’uomo della tua vita!”

“Come no. Quei pomposi palloni gonfiati sono davvero uno spasso quando parlano dei loro studi all’estero o dei loro progetti per me una volta sposati. Mio padre non si arrende al fatto che io non sia interessata al matrimonio o quantomeno non a uno dei matrimoni che vuole organizzarmi lui. Se, ed è un grande se, un immenso se, deciderò di sposarmi sarà perché lo vorrò io e non perché qualcuno mi ci costringe.” Sango avrebbe potuto fare concorrenza ad uno shinkansen, le parole le fluivano dalla bocca come un treno in corsa, avrebbe potuto arringare un’intera folla con il suo fervore, ma Kagome sapeva che quella stessa sicurezza svaniva quando Sango cercava di parlarne col padre.

L’amica si lasciò cadere contro lo schienale della sedia, come se pronunciare tutte quelle parole l’avesse svuotata, e reclinò la testa all’indietro con un sonoro sbuffo. Kagome si congratulò con se stessa, dandosi un’immaginaria pacca sulla spalla perché almeno quella volta aveva vinto lei.  Però Sango sembrava non aver finito, perché si raddrizzò e con un sorriso cospiratorio sparò il suo ultimo colpo.

“Ti pagherò, qual è il vantaggio di avere un’amica ricca se non può aiutarti?”chiese retorica.

“Vantarti del fatto che tu sia schifosamente ricca non ti aiuterà di certo.” Le disse con una nota di veleno.

“Andiamo, Kagome-chan. Un appuntamento al buio è il prezzo per risolvere tutti i tuoi problemi.” Un baluginio pericoloso le brillava negli occhi. “Economici e di cuore. Due al prezzo di uno.” Tirò fuori dalla borsa il libretto degli assegni e una penna.

Sapeva che aiutare Sango era una pazzia e che la cosa non sarebbe andata a finire bene, per entrambe. Ma l’amica continuava a farle penzolare davanti un’esca fatta di birra e biglietti da cento e forse se la sua vita avesse fatto meno schifo in quel momento avrebbe di certo detto no. Ma il tempio era sull’orlo della bancarotta e aprire le bollette alla fine di ogni mese era più spaventoso che buttarsi nel fuoco.

“Facciamo finta per un momento che io accetti, cosa dovrei fare perché un tizio provi avversione verso di me…di te, intendo.” sbuffò frustrata, “Vedi, anche dirlo ad alta voce mi fa sembrare stupida.” Buttò giù l’ultimo sorso di birra e afferrò l’ultimo takoyaki. “È da pazzi, e lo sai.”

Sango alzò una mano e fece un cenno verso la cameriera che le aveva servite all’inizio e ordinò ancora birra e takoyaki. La serata non accennava a voler finire. L’amica non avrebbe mollato la presa finché non l’avesse avuta vinta.

“Puoi sempre fare quella cosa.” Le dita della mano destra le svolazzarono davanti al volto.

“Quale cosa?” Kagome cominciava a spazientirsi e l’alcol non la stava aiutando. Da quel momento in poi la serata avrebbe potuto avere due possibili esiti: lei sbronza che piangeva piegata sulla scale di casa o lei che inveiva contro Sango per averle rubato ore di sonno con le sue idee assurde.

“L’esorcismo, fai buon uso degli ofuda che tuo nonno ti costringe a tenere in borsa.” Propose come se fosse la cosa più normale del mondo.

“Sango,” prese un respiro profondo e cercò di non urlarle in faccia, “non posso andare in giro ad appiccicare ofuda su gente a caso solo perché tu non riesci a schiarirti le idee e dire a tuo padre che sei stanca di questi appuntamenti che ti combina.”

Il silenzio scese tra loro come una cortina di ferro mentre la cameriera poggiava sul tavolo il loro ordine e portava via le bottiglie vuote. Forse aveva esagerato.

Sango fece scivolare la sedia all’indietro, producendo un rumore stridulo, e si alzò. La paura che forse le sue parole l’avessero offesa le strinse lo stomaco. “Sango-chan, io…”

Si zittì quando l’amica si inginocchiò al suo fianco e si portò le mani giunte alla fronte. “Ti prego, Kagome. Aiuta una sorella in difficoltà. Ti giuro che se fai questo per me un’ultima volta parlerò con mio padre e non ti chiederò mai più di farlo.” Prese fiato e con un ultimo affondo disse “Lo giuro sulla memoria di mia madre.”

Colpo bassissimo da parte sua tirare in ballo la madre. Kagome non aveva scampo.

“Cosa fai? Alzati, la gente ci sta fissando e amo troppo questo posto per farmi bandire a vita.” Cercò di staccare le mani unite di Sango, ma l’amica non voleva saperne.

“Di’ che mi aiuterai.”

“Sì… sei una pessima amica, ti approfitti dei miei problemi per…”

“Promettimelo.”

“Te lo prometto.”

“Che uno yourei possa possederti l’anima se ti rimangi la parola.”

Sango.” L’ammonì. La sua pazienza era arrivata al limite.

“Va bene. D’accordo.” L’amica tornò al suo posto e cominciò a scrivere sull’assegno.

“I miei servigi sono costosi, Taijiya-san.” Scherzò, versando da bere ad entrambe. “Chi è il fortunato stavolta? Shibari Inc? Kinomoto Corp?”

“Non ne ho la più pallida idea.” Firmò l’assegno con uno svolazzante movimento della mano e glielo passò.

Quando gli occhi si posarono sulla cifra le si spalancarono per la sorpresa. Con quella cifra avrebbe potuto dormire tranquilla per almeno un paio di mesi. “Forse sono un po’ troppi.”

“Sciocchezze. Consideralo un investimento.” Le sorrise facendo cozzare i loro bicchieri in un sonoro chin-chin. “La mia pace mentale non ha prezzo.” 

“A questo accordo, allora. Che sia proficuo per entrambe.”

Bevvero insieme e si versarono le poche gocce rimaste nel bicchiere dietro le spalle, in un rito quasi propiziatorio.

“Quand’è che si va in scena?” 

 

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“Il segretario di tuo padre ha appena inviato un altro messaggio.” Miroku entrò senza bussare, la testa piegata sul tablet che teneva tra le mani.

“Cosa vuole ancora? Non si è ancora stancato di tormentarmi con assurde richieste?” Inuyasha sollevò lo sguardo sul nuovo entrato, ma le sue mani continuarono a picchiettare sulla tastiera del portatile: i resoconti di fine trimestre non si compilavano da soli.

“No, a quanto pare. Il messaggio dice: Shikon Plaza, domani sera alle 19, Sango Taijiya del Taijiya Group.” Rilesse quelle poche e spicce righe, poi sorrise sornione. “Mmh, potrebbe essere divertente, ho sentito che ha cercato di purificare uno dei suoi pretendenti con degli ofuda, ma ci pensi!”

“Keh.” Disse seccato. “Pensavo che il vecchio ne avesse avuto abbastanza dopo l’ultima.” Staccò le mani dal pc e inclinò la testa prima da un lato e poi dall’altro, sciogliendo la tensione che gli si era accumulata nel collo e nelle spalle. Da quando suo padre lo aveva costretto ad andare a quegli appuntamenti la poca scorta di pazienza che aveva messo da parte durante gli anni si era esaurita, prosciugata fino all’ultima goccia. E in assenza di una buona dose di pazienza ad oliare e tenere saldi i suoi nervi, la sua indole ruvida e scorbutica aveva cominciato a venir fuori sempre più spesso, intimorendo tutti quelli che gli stavano attorno. L’unico che ancora lo sopportava era Miroku, che aveva anni di esperienza alle spalle riguardo al suo temperamento turbolento, ma era sicuro che a quel punto più della metà dei dipendenti del settore marketing lo odiasse. Negli ultimi giorni aveva cercato di mantenere la calma e reprimere l’istinto di urlare al mondo intero di quanto quella lotta impari con suo padre lo stesse sfiancando, ma arginare la sua rabbia si ripercuoteva sul suo corpo, contratto e fiaccato. Era stanco e a suo padre non sembrava importare molto della sua salute mentale.

 “È davvero cocciuto, bisogna dargliene atto.” Miroku gli sorrideva dall’altro lato della scrivania.

L’amico/confidente/segretario/fratello non di sangue che la sorte gli aveva affidato capiva il suo malessere ma non poteva fare a meno di essere divertito da quella situazione. Vederlo annaspare all’attenzione di donne poco interessate a lui quanto al suo patrimonio, guardarlo lottare dal vivo con la voglia di liberarsi da ogni costrizione sociale e di dare libero sfogo alla sua lingua sfacciata e tagliente, era diventato il suo passatempo preferito a quanto pareva. Sapeva che Miroku non poteva salvarlo da quella situazione, c’era ben poco che potesse fare, e quindi non gliene faceva una colpa.

“Crede che io abbia tempo per queste stronzate? Prima mi lascia qui, trascinandomi via da LA, poi mi mette a capo del fottutissimo marketing quando sa benissimo quanto io sia pessimo. E ora, dal nulla, proprio quando sto per chiudere l’accordo con gli Ookami, cosa mi chiede? Di sposarmi?” Ormai era un disco rotto, quella domanda era stata ripetuta un’infinità di volte nelle ultime due settimane ma non c’era mai stata una risposta.

“Tornare a casa ogni sera da una dolce mogliettina non mi sembra così male.” Le sopracciglia dell’amico si mossero su e giù in un inquietante balletto. “Pensa a tutti i benefit che ne deriverebbero.”

“Questa è bella.” Chiuse con uno scatto il portatile e rise divertito. “Sentir parlare di matrimonio un pervertito come te mi fa accapponare la pelle. Qual è il conteggio della settimana? Tre? Quattro?”

“Sei ingiusto. Mi tieni chiuso qui fino a notte, una volta fuori dovrò pur trovare un modo per scaricare la tensione. E poi se dovessi mai trovare quella giusta, potrei cominciare a pensare alla monogamia.”

“Sarà dura. Per come la vedo, è molto difficile che tu trovi qualcuno da sposare che ami davvero, perché la cosa che ami di più è te stesso.”

“No, c’è una cosa che amo molto di più.” Non c’era nessuna ambiguità nel suo tono, nessuno avrebbe potuto fraintendere a cosa si riferisse. Non era un segreto che a Miroku piacessero le donne, e molto. L’unica regola che gli aveva imposto era di non creare casini sul lavoro, tenersi lontano dalle dipendenti per evitare spiacevoli incidenti.

 “Fuori di qui.” Gli lanciò una penna, cercando di reprimere la risata che gli risaliva dal petto. I bilanci e i resoconti dimenticati per qualche minuto.

“Io almeno non mi censuro, non nego i miei bisogni. Da quant’è che non ti diverti un po’?” Miroku si alzò per versarsi da bere al mobile bar nell’angolo: era lui che lo svuotava e lo riforniva quando ce n’era bisogno. Si preparò uno scotch e soda con mani esperte e gli allungò il bicchiere, per offrirglielo.

“Lascio a te questo onore.” Inuyasha scossa il capo, rifiutando. Aveva lo stomaco sottosopra per il nervoso, l’alcol non avrebbe aiutato.

L’amico si riaccomodò all’altro lato della scrivania, si allentò la cravatta e bevve un sorso dal bicchiere. “Sai…le suite dello Shikon sono molto confortevoli.”

“Ascolta, Miroku. Non so con quali donne tu abbia a che fare, ma dubito che una delle donne su quella maledetta lista sarebbe disposta a passare la notte con me al primo appuntamento.”

Miroku aprì la bocca per controbattere ma lo zittì alzando una mano. “Non ti ci mettere anche tu, le pressioni di mio padre bastano e avanzano.” Riaprì scocciato il portatile, lo sguardo che si spostava veloce sullo schermo alla ricerca di qualcosa. “Come se non bastasse sembra che Shippo abbia fatto un disastro a Seul e ora Sesshomaru vuole la mia testa. Davvero credi abbia tempo per tutto questo?”

“È così difficile avere a che fare con te.”

“Mi adori e lo sai. E poi ti pago, profumatamente aggiungerei.”

“Mi dai troppo per scontato, uno di questi giorni potrei abbandonarti!” lo prese in giro con una voce acuta e femminile.

 “Conferma che ci sarò all’appuntamento.” Gli disse serio, tornando a concentrarsi sul lavoro che aveva da fare.

Quello era il segnale che metteva fine alla ricreazione. Miroku sarebbe di sicuro tornato dopo mezz’ora con qualche scusa per tirarlo via da quel dannatissimo computer e lui glielo avrebbe permesso perché l’amico era l’unico che ultimamente riuscisse a tenerlo sano di mente.

“Spero solo sia l’ultimo.” Mormorò tra sé, mentre Miroku usciva e lo lasciava ancora una volta da solo ad annegare nei suoi pensieri.

 

 

 

 

 

Glossario:

Izakaya- tipico locale giapponese in cui si servono bevande accompagnate da cibo (tipo un pub)

Takoyaki-polpette fritte giapponesi di forma sferica, a base di polpo impastellato

Natto- alimento tradizionale giapponese prodotto attraverso la fermentazione dei fagioli di soia, dal sapore/odore molto forte

Shinkansen- “treno proiettile”, treni ad alta velocità

Ofuda-talismani distribuiti dai templi shintoisti, sono realizzati scrivendo il nome di un kami su un pezzo di carta

Yourei-fantasmi della tradizione giapponese

 

Nda: ciao a tutti! Mi scuso per il ritardo ma ho avuto problemi con la connessione. Ho pubblicato di fretta e furia prima che mi abbandonasse di nuovo, quindi potrebbero esserci degli errori. Tornerò a rileggere tutto e correggere nel caso ne trovassi :) Grazie a chi ha recensito e ai lettori silenziosi che hanno aggiunto la storia tra le seguite/preferite. Spero di leggervi al prossimo capitolo!

 

   
 
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