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Autore: Nike90Wyatt    02/12/2022    0 recensioni
Milano, 2016. Marinette Dupain-Cheng vive la nuova realtà di studentessa dell’Accademia di Moda Bellerofonte per coronare il suo sogno di diventare un giorno una stilista di livello internazionale. Quella borsa studio ottenuta grazie al suo immenso talento è stata una vera benedizione del cielo. Ma la strada verso la gloria è frastagliata e irta di imprevisti e le certezze di Marinette, lontana dal sostegno dei suoi amici, iniziano a vacillare fino a crollare del tutto quando una minaccia tanto pericolosa quanto imprevedibile inizia a incombere su Milano. I poteri di Ladybug potrebbero non essere sufficienti per affrontarla; pertanto, Marinette dovrà ricorrere a tutto il suo coraggio e fare delle scelte che cambieranno per sempre la sua vita.
[Cover Credits: https://www.instagram.com/my_bagaboo_/]
Genere: Azione, Sovrannaturale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Nonna Gina, Tikki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Salto da una trave all’altra in modo da non svelare la mia posizione. Il sentimostro comandato da Portanova continua a scagliare lame di vento verso l’alto nella speranza di colpirmi. Una delle travi si è inclinata sotto la forza bruta del potere di quell’alabarda.
Non posso affrontarlo mentre è al suo pieno potere. Devo riuscire a strappargli il pendente, romperlo e liberare l’amok imprigionatavi. Non si merita tanta grazia da parte mia, ma vorrei evitare di colpire forte il questore.
L’ombra del sentimostro emette un ruggito. «Dove diavolo sei?»
Quindi ha mantenuto una certa indipendenza come quando i due corpi erano separati e il sentimostro si era manifestato in quel gigante dalla forza bruta.
Balzo giù da una trave e atterro silenziosa su una scatola incellofanata. Un altro ruggito del sentimostro fa oscillare le lampade a neon. Il volto di Portanova è screziato da vene scarlatte: più resta legato al sentimostro, più il suo animo viene corrotto. Per aver attecchito in modo così decisivo, ci doveva essere già un serio problema nella mente del questore.
Attendo che mi dia le spalle, prendo bene la mira e gli scaglio il tomo che avevo con tutta la forza che ho. Il libro rotea, ma il sentimostro si volta di scatto e lo afferra. Lo sbatte a terra, Portanova solleva l’alabarda e la cala con furia sulla copertina. Scarica una serie di colpi finché non è soddisfatto.
Sta perdendo il senno.
Entrambi sollevano lo sguardo su di me. Impugnano l’alabarda a quattro mani e caricano. Salto a destra, il fendente dall’alto mi manca di un soffio, lo spostamento d’aria che provoca mi sferza il viso e brucia.
Il sentimostro si separa per un attimo da Portanova e scaglia un pugno che mi colpisce in pieno petto. Volo all’indietro come una bambola di pezza, atterro sul nastro trasportatore con le braccia scomposte.
Muovo gli arti, mille spilli mi pungono in tutto il corpo. Devo ringraziare il potere del Miraculous se ora non ho tutte le ossa rotte. Quel pugno aveva una potenza spaventosa.
Il sentimostro si riunisce al suo padrone, abbatte al suolo l’alabarda nera e la terra trema. I finestroni del fabbricato vibrano fino a frantumarsi, milioni di frammenti di vetro piovono dall’alto. Un’aura viola circonda i due e li protegge dalle schegge.
Portanova scatta in avanti, cala l’alabarda ancora e ancora. Continuo a schivare senza riuscire a rialzarmi. Lancio lo yo-yo, ma il sentimostro lo intercetta, serrandolo nel pugno. Dà uno strattone e mi tira a sé.
Mollo la presa appena in tempo e, sfruttando lo slancio, pianto i piedi su una colonna. Mi rituffo a proiettile contro Portanova e gli mollo una testata alla base del mento. Lui cade di schiena, il sentimostro si libra in volo separandosi di nuovo dal suo corpo.
Devo sfruttare il momento. Frugo nelle tasche del questore: a parte un mazzo di chiavi e il portafoglio, non ha niente. Nessun pendente, maledi—
Un altro montante mi colpisce sotto alla mascella e mi fa volare tra alcuni scatoloni. L’atterraggio stavolta è stato morbido, ma la testa adesso mi gira come se fossi sulle montagne russe.
Accidenti, che male!
Gli orecchini cinguettano un bip. È il segnale che a breve la trasformazione terminerà.
L’urlo del sentimostro riecheggia tra le mura. Salto di nuovo sulle travi in alto e mi nascondo alla sua vista. Balzo su un’altra adiacente e mi calo tra due scatoloni, di fianco ad un manichino spoglio.
Non posso batterlo se non trovo il pendente e ho troppo poco tempo per farlo. Poggio il mento sullo sterno e respiro, chiudo gli occhi. Un’idea disperata mi attraversa la mente.
È una follia, ma al momento non vedo altre soluzioni.
«Ritrasformami,» sussurro. Dal fascio di luce si manifesta Tikki, metto la mano a coppa per farla atterrare.
Recupero un biscotto dalla pochette – per fortuna porto sempre con me una scorta – e glielo porgo. «Ho bisogno che tu faccia una cosa per me.»
Tikki addenta il biscotto. «Farò più in fretta che posso.»
«Non parlo di recuperare le energie, ma di qualcosa di più… pazzo.»
«Che hai in mente, Marinette?»
Mi metto le mani tra i capelli. «Portanova non ha con sé il pendente, quindi non posso liberarlo dall’amok. È molto probabile che lo tenga ancora conservato in quella teca, a casa sua. Io da qui non posso muovermi, ma tu puoi raggiungerlo facilmente e portarlo da me.»
Tikki spalanca i suoi occhioni blu. «Vuoi che ti lasci sola con quel mostro? Non se ne parla proprio.»
«È l’unico modo, Tikki. Portanova deve pensare che io sia ancora qui, o mi cercherà per tutta la città mettendo a rischio le vite di innocenti.» Sospiro. «Me la caverò. Ho fiducia nel fatto che sarai più rapida di un fulmine e tornerai prima che Portanova mi abbia trovato.»
«Marinette, io…» Esita, una zampetta gli copre la bocca. «Non posso…»
Chiudo le mani intorno al suo corpicino e faccio aderire la mia fronte con la sua. «Fidati di me.»
Le consegno un altro biscotto.
Tikki sbatte le palpebre. Spicca il volo e schizza fuori la fabbrica.
Ora, devo solo prendere tempo.
 
***
 
Dal casino che stanno provocando, Portanova e il sentimostro devono essere furiosi con me per essermi nascosta. Polvere e briciole di polistirolo aleggiano per l’ambiente.
«Dove sei?» urla Portanova.
Se non faccio qualcosa finirà per trovarmi. Devo distrarlo.
Raccolgo tutto il coraggio che ho. «Cos’hai intenzione di fare adesso? Scatenerai quel mostro contro la città e poi ti ergerai a difesa dei cittadini per fermarlo? Sei disposto a far soffrire povere anime innocenti pur di raggiungere i tuoi scopi?»
«Che cosa ne sai tu? Nessuno si è mai interessato di quello che volevo io. Il mio unico obiettivo era vivere nella gloria con una donna al mio fianco. Ma questa donna mi ha voltato le spalle, perché io non ero più sufficiente per lei. E allora l’ho punita, come punirò tutti i Satiri. E come punirò anche te.»
Altri scatoloni volano in aria. Erano piuttosto vicini al punto dove mi trovo io.
Ho bisogno di un’idea. In fretta. «Potevi dimostrarle che si sbagliava in tanti altri modi.»
Portanova prorompe in una risata tonante. «Cosa ne vuoi sapere tu?»
Afferro il manichino. È solo un mezzo busto tenuto su da una sbarra verticale, ma è più che sufficiente per tentare un diversivo.
La furia del sentimostro continua ad abbattersi sull’ambiente circostante.
Mi spoglio della tuta, restando in intimo, e vesto il manichino. Lego stretto l’elastico dei pantaloni in modo che non cada.  Il risultato sembra abbastanza soddisfacente.
Mi accovaccio dietro al manichino e attendo.
Gli scatoloni di fronte vengono disintegrati dai colpi dell’alabarda.
Uno…
La polvere si solleva, le scintille della lama crepitano.
Due…
I passi di Portanova si avvicinano nella coltre di polvere, che man mano si dirada.
Tre!
Spingo il manichino in avanti. Le rotelle sotto corrono e stridono. Passa accanto a Portanova e al sentimostro che si avventano su di lui con tutta la furia che hanno.
I colpi dell’alabarda lo riducono in frammenti. L’ultimo fendente dall’alto si pianta dritto nel ventre del mezzobusto.
Le braccia di Portanova tremano. «Dammi la tua energia.» Il volto gli si contrae in una smorfia. «Perché non funziona?»
Il sentimostro si volta di novanta gradi ed inchioda i suoi occhi fiammeggianti su di me. Anche Portanova si volta e mi fissa sbigottito. «Tu…» Mi punta contro l’indice. «Che fine ha fatto il tuo costume?»
Reggo il suo sguardo.
Portanova sogghigna. «Credi che mostrandoti così, indifesa, mi farai provare pietà?» Le quattro mani si serrano intorno all’impugnatura dell’alabarda. «Hai volato troppo vicino al sole ragazzina.»
Arretro di un passo, le spalle toccano il muro, la parete ruvida gratta sulla mia pelle nuda.
Portanova e il sentimostro levano l’alabarda oltre la loro testa.
Tendo i muscoli. Scatto verso il basso in una mossa avventatissima, infilo una gamba tra quelle di Portanova e gli calcio una caviglia. Scivolo alle sue spalle e inizio a correre, ma una mano mi artiglia i capelli. Scosse elettriche mi pervadono il corpo. Lacrime mi rotolano sulle guance.
È la fine…
«Marinette!»
La voce di Tikki! Un puntino rosso cala da un finestrone infranto e schizza nella mia direzione.
«Trasformami!» Il lampo rosso mi avvolge con il suo calore. Il sentimostro lancia un rantolo e molla la presa.
Effettuo una capriola e atterro sui tacchi. I miei fantastici tacchi a spillo.
Nella mano stringo il pendente. Tikki ce l’ha fatta. Siamo a fine gioco. 
Carico il pugno. Il pendente si circonda di un’aura viola, trema. In un attimo, vola via e va a posarsi nel palmo aperto di Portanova.
Se lo mette al collo e soffia aria dai denti digrignati. «Pensavi fosse così facile? Sei stata un’avversaria molto ostica, ti avevo sottovalutato, Stiletto. Ma hai commesso un errore e ora conosco anche il volto angelico che si nasconde sotto quel cappuccio e dietro quella mascherina.» Muove un passo in avanti. «Ricordo bene il giorno in cui ci siamo incontrati in quel negozietto e ti ho strappato di mano il pendente; è come se fosse stato un incontro voluto dal destino.»
Agito le braccia e scuoto le gambe a turno. I muscoli sono appena intorpiditi, ma non sento dolore. Posso reggere un altro round. Purtroppo, lui sa che il mio unico obiettivo sarà puntare al pendente che porta al collo, ma non ho scelta.
Ciò che è certo è che non posso affrontarlo alla cieca, senza avere una strategia.
Afferro lo yo-yo e lo lancio in aria. «Lucky Charm!»
Delle luci bianche si sollevano dai miei piedi e mi cingono il corpo, l’oggetto in alto brilla come un diamante costringendomi a socchiudere le palpebre. Il bagliore rosso si attenua e due spade dalla lama ricurva calano giù. Le afferro per l’elsa.
È la prima volta che il Lucky Charm mi suggerisce di lottare contro il mio avversario come se fosse un vero e proprio duello.
Quand’è così…
Mulino le due spade roteando i polsi e attendo che sia Portanova a fare la prima la mossa.
Lui non si fa attendere e carica il solito colpo dall’alto. Incrocio le due spade ed intercetto la lama dell’alabarda. Con un calcio lo spingo via e mi getto in avanti. Portanova spazza il fendente con l’asta, il sentimostro tende un braccio nel tentativo di afferrarmi. Hanno entrambi la forza paragonabile a quella di una mandria di tori ma i loro movimenti sembrano più lenti di prima.
Colpisco la mano di Portanova con l’elsa della spada sinistra, gli scaglio una gomitata sul mento e affondo con tutto il mio peso l’altra spada verso il sentimostro.
È come affondare un coltello nell’aria, lo slancio mi proietta a terra.
Come ho fatto a mancarlo?
Balzo all’indietro, la punta dell’alabarda passa a pochi centimetri dal mio viso, la ventata mi sferza il naso.
Accidenti, un colpo del genere mi avrebbe staccato la testa se mi avesse colpito.
Il sentimostro allarga entrambe le braccia, Portanova invece tiene i gomiti stretti ai fianchi, l’alabarda è ben salda tra le sue mani.
Lancio in aria una spada e la afferro riversa. Mulino una serie di fendenti laterali e dall’alto, ma la guardia di Portanova resta ben salda.
L’ultima parata mi fa perdere la presa su una spada che mi vola a terra alle spalle del sentimostro.
Un bip dagli orecchini mi segnala che il tempo della trasformazione inizia ad esaurirsi.
Impugno l’elsa a due mani e attacco a testa bassa. Portanova cala l’alabarda in difesa; lo anticipo e uso l’asta come trampolino. Salto oltre la sua testa ritrovandomi faccia a faccia col sentimostro. Carico un colpo diagonale ma anche questo va a vuoto e mi ritrovo di nuovo con le ginocchia a terra.
Stavolta ero sicura di non poterlo mancare.
Portanova si gira e si esibisce nel suo solito ghigno, bava nera gli cola dai lati della bocca, le sclere si stanno riempiendo di venature. Il sentimostro imita la sua espressione.
Non posso aver sbagliato mira. Il sentimostro è fatto di pura energia: diventa materiale solo durante i suoi attacchi, altrimenti è impossibile colpirlo.
Devo costringerlo a sferrare dei colpi e l’unico modo è mettere alle strette Portanova.
Un altro bip cinguetta dagli orecchini, mi restano solo quattro minuti.
Eseguo un’altra spazzata diagonale; Portanova ruota l’alabarda per intercettarla, ma a mezz’aria calo la spada e carico un montante dal basso. La lama gli striscia sul volto e gli procura un taglio. Roteo il busto, sollevo una gamba e lo colpisco alla tempia con il tacco.
Portanova finisce a terra, trascinando con sé anche il mezzobusto del sentimostro.
Finalmente ho fatto breccia nelle sue difese. I suoi movimenti iniziano ad essere lenti, oltre che prevedibili.
Il sentimostro serra anche lui le mani sull’alabarda. È diventato tangibile e, dunque, vulnerabile.
Portanova si rialza. Un largo lembo di pelle si è strappato all’altezza dello zigomo e ora gli penzola davanti alla bocca. L’area dello strappo stilla sangue bordeaux. La corruzione è arrivata fino alle sue viscere.
In coppia, sollevano l’alabarda dietro la schiena. «Muori!»
Salto in avanti, evito la lama e stendo il braccio in tutta la lunghezza: la punta della spada affonda nel fianco del sentimostro, che lancia un lamento.
Portanova barcolla sulle gambe, come se avesse avvertito anche lui il colpo. Scatto in avanti, roteo su me stessa, la lama descrive un arco in aria, si abbatte sul braccio del sentimostro mozzandoglielo.
La bestia urla di dolore, Portanova gli fa eco mormorando una sfilza di imprecazioni. Mulina l’alabarda, retta anche dalla mano del sentimostro, ma i movimenti sono molto meno fluidi.
Pianto i piedi a terra, fletto le ginocchia e paro il colpo in un fragore di ferro. Scarto di lato e piazzo un altro fendente a due mani: sotto uno zampillo di scintille, l’alabarda crolla a terra, insieme al braccio superstite del sentimostro.
Portanova arretra, il viso della bestia ora è una maschera di terrore mentre si osserva i moncherini.
Tendo una mano e strappo dal collo del questore il pendente. Lo getto a terra e lo calpesto col tacco.
Una piuma viola si libra nell’aria. Agguanto lo yo-yo e la imprigiono in esso. «Niente più malefici da parte tua.»
Riapro lo yo-yo e la piuma svolazza via, candida come una nuvola.
Recupero le due spade e le lancio in aria. «Miraculous!»
Uno sciame di coccinelle riempie l’ambiente, mi avvolge con il suo calore e scompare così come si era manifestato.
Il pendente a terra ora si rivela essere un semplice medaglione in cuoio, senza alcun simbolo marchiato sopra. Al centro della stanza, è ricomparso il corpo del Satiro assorbito dall’alabarda. È ancora privo di sensi.
«Cos… cos’è successo? Dove mi trovo?»
Mi volto. Portanova è inginocchiato a terra, il suo volto è tornato ad avere sembianze normali, privo anche dello squarcio che gli avevo provocato. Gli occhi strabuzzanti guizzano per la stanza fino a soffermarsi su di me.
Mi avvicino a lui e lo afferro per il colletto. «Buonasera, signor questore.»
Lui ansima. «C-chi sei?»
«Non ha importanza. Immagino che in questo momento la sua memoria faccia un po’ di capricci su quanto successo negli ultimi mesi. Beh, ad ogni modo, questa amnesia non la salverà dall’essere processato come mandante di attentati terroristici e per concorso in omicidio.»
«C-cosa? Lei è matta! Io sono il que—»
«Non m’importa un accidente di chi sia lei.» Lo mollo. «Rifletterà meglio sui suoi desideri. Così non ci sarà una prossima volta.»
Gli tiro un pugno sul muso e lo mando al tappeto.
Game over.
 
***
 
Stendo lo yo-yo e raggiungo la cima di un grattacielo, a fianco del parafulmine.
Da qui riesco a vedere l’intera città di Milano; una sensazione di déjà-vu mi pervade. È proprio come quando ero a Parigi, dopo una strenua lotta contro un sentimostro. In quelle occasioni, ero solita arrampicarmi sulla cima della Tour Eiffel ed assaporare la dolcezza del panorama.
Stavolta però sono sola, non c’è Chat Noir al mio fianco. E non sono nemmeno Ladybug, ma Stiletto, una versione della supereroina più feroce, più determinata, più aggressiva.
Gli orecchini emettono un bip. È il penultimo.
Inspiro a pieni polmoni l’aria fresca della notte, chiedendomi quale versione di me stessa vorrò diventare una volta tornata ad essere Marinette. Questa storia mi ha insegnato che non esiste un approccio perfetto per qualsiasi minaccia mi si ponga davanti, che sia una compagna di scuola o un mostro che plasma la volontà di un uomo.
Ho la necessità di adattarmi, di volta in volta, alle avversità che mi si parano davanti. Ma non voglio più farlo con l’insicurezza che mi imbrigliava le ali. Proseguirò per la mia strada con la determinazione che ho acquisito, forte di avere sempre dalla mia parte persone che mi sosterranno. I miei genitori, Tikki, la nonna, Alya…
Sono loro le mie fondamenta e da loro trarrò la mia forza.
Gli orecchini pigolano l’ultimo bip.
Devo sbrigarmi altrimenti mi ritroverò in cima al grattacielo senza possibilità di scendere, con indosso solo la biancheria intima.
Sorrido tra me e me. Almeno nell’essere un’eterna pasticciona, non cambierò mai.
   
 
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