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Autore: AicchanNoSekai    02/12/2022    1 recensioni
Era un giovane uomo, decisamente avvenente. Mangiarlo l’avrebbe sicuramente appagata.
Anche lei però si era distratta, lo scricchiolio di rami sotto ai piedi di un demone la colse alla sprovvista: esattamente dalla parte opposta a lei, sbucò un demone inferiore che mostrava le fauci da cui penzolava copiosa la saliva. Voleva forse rubarle la preda?!
Il demone inferiore scattò senza perdere tempo, mirando alle spalle del ragazzo.
Cosa doveva fare? Intromettersi? Il ragazzo stava davvero per morire per mano di un demone del genere?
((𝑹𝒊𝒆𝒄𝒄𝒐𝒎𝒊 𝒒𝒖𝒊, 𝒔𝒖 𝑬𝑭𝑷, 𝒅𝒐𝒗𝒆 𝒂𝒏𝒏𝒊 𝒆 𝒂𝒏𝒏𝒊 𝒇𝒂 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆𝒗𝒐 𝒇𝒂𝒏𝒇𝒊𝒄 𝒎𝒂 𝒅𝒐𝒗𝒆 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒓𝒊𝒖𝒔𝒄𝒊𝒕𝒂 𝒂 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒂𝒓𝒆 𝒖𝒏 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒆𝒔𝒕𝒓𝒂𝒕𝒕𝒐, 𝒏𝒆𝒎𝒎𝒆𝒏𝒐 𝒄𝒐𝒔ì 𝒃𝒆𝒏 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒕𝒕𝒐. 𝑬𝒑𝒑𝒖𝒓𝒆 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒗𝒆𝒓𝒆 𝒎𝒊 è 𝒔𝒆𝒎𝒑𝒓𝒆 𝒑𝒊𝒂𝒄𝒊𝒖𝒕𝒐. 𝑯𝒐 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒐 𝒑𝒂𝒖𝒔𝒆, 𝒔ì, 𝒆 𝒊𝒍 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒅𝒊 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒇𝒂𝒏𝒇𝒊𝒄 𝒓𝒊𝒔𝒂𝒍𝒆 𝒂 𝒔𝒗𝒂𝒓𝒊𝒂𝒕𝒊 𝒎𝒆𝒔𝒊 𝒇𝒂, 𝒆𝒑𝒑𝒖𝒓𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒆𝒓𝒂 𝒄𝒉𝒆 𝒖𝒏 𝒇𝒊𝒍𝒆 𝒇𝒊𝒏𝒄𝒉é 𝒏𝒐𝒏 𝒉𝒐 𝒅𝒆𝒄𝒊𝒔𝒐 𝒅𝒊 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒂𝒓𝒍𝒐 𝒒𝒖𝒊. 𝑽𝒐𝒈𝒍𝒊𝒐 𝒑𝒓𝒐𝒗𝒂𝒓𝒄𝒊, 𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒎𝒊 𝒊𝒏 𝒈𝒊𝒐𝒄𝒐, 𝒗𝒆𝒅𝒆𝒓𝒆 𝒔𝒆 𝒄𝒐𝒏 𝒍𝒂 𝒔𝒄𝒓𝒊𝒕𝒕𝒖𝒓𝒂 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒎𝒊𝒈𝒍𝒊𝒐𝒓𝒂𝒕𝒂 𝒎𝒂 𝒔𝒐𝒑𝒓𝒂𝒕𝒕𝒖𝒕𝒕𝒐 𝒔𝒂𝒑𝒆𝒓𝒆 𝒒𝒖𝒂𝒍𝒊 𝒔𝒐𝒏𝒐 𝒍𝒆 𝒓𝒆𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊, 𝒍𝒆 𝒐𝒑𝒊𝒏𝒊𝒐𝒏𝒊. 𝑷𝒆𝒓𝒄𝒊ò 𝒔ì, 𝒂 𝒄𝒉𝒊 𝒔𝒊 𝒅𝒆𝒄𝒊𝒅𝒆𝒓à 𝒂 𝒍𝒆𝒈𝒈𝒆𝒓𝒆 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒐 𝒑𝒓𝒊𝒎𝒐 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒐 𝒅𝒊𝒄𝒐 𝒈𝒊à 𝒖𝒏 𝒈𝒓𝒂𝒛𝒊𝒆 𝒆 𝒂𝒕𝒕𝒆𝒏𝒅𝒐 𝒄𝒐𝒎𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊, 𝒄𝒓𝒊𝒕𝒊𝒄𝒉𝒆, 𝒘𝒉𝒂𝒕𝒆𝒗𝒆𝒓. 𝑭𝒂𝒕𝒆𝒎𝒊 𝒔𝒂𝒑𝒆𝒓𝒆 𝒔𝒆 è 𝒊𝒏𝒕𝒆𝒓𝒆𝒔𝒔𝒂𝒏𝒕𝒆, 𝒔𝒆 𝒗𝒐𝒍𝒆𝒕𝒆 𝒄𝒉𝒆 𝒑𝒖𝒃𝒃𝒍𝒊𝒄𝒉𝒊 𝒂𝒍𝒕𝒓𝒊 𝒄𝒂𝒑𝒊𝒕𝒐𝒍𝒊, 𝒔𝒆 𝒒𝒖𝒆𝒔𝒕𝒂 𝒔𝒕𝒐𝒓𝒊𝒂 𝒂𝒗𝒓à 𝒖𝒏𝒂 𝒄𝒐𝒏𝒕𝒊𝒏𝒖𝒂𝒛𝒊𝒐𝒏𝒆.
Genere: Drammatico, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Giyuu Tomioka, Shinobu Kochou
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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«Sento già gli effetti del sangue raro di ieri, e tu Shinobu?»
La viola lanciò un’occhiata alla compagna dalle trecce che contenevano a stento i capelli vaporosi, annuendo poi senza modificare l’espressione neutrale. «Sì, sono in piene forze. Ma questo non m’impedirà di andare a caccia anche oggi.» e ora sì, un largo sorriso famelico si fece strada su quel viso candido come la neve.
Si alzò, lanciando uno sguardo fuori dal rifugio: il sole era tramontato, finalmente potevano uscire.
«A dopo, Mitsuri.» e così dicendo, il demone dalle fattezze tanto esili si spostò in maniera fulminea, abbandonando temporaneamente la compagna.
Corse tra i boschi, ispirando l’aria fresca a pieni polmoni, cercando di capire almeno in parte questo concetto di respirazione.
Chissà, magari se fosse rimasta umana avrebbe perseguito la strada di ammazzademoni. Magari sarebbe diventata addirittura un pilastro!
Tuttavia, se c’era qualcosa che ricordava da umana, era la poca forza che l’aveva sempre contraddistinta. Ora però che era un fidato demone di Muzan, si sentiva imbattibile. Aveva rinnegato la sua vita umana, il suo passato con le sorelle Kanao e Kanae, entrambe morte dopo l’attacco di un demone.
Era tutto archiviato, non aveva mai più sentito nostalgia. Niente più dolore, e niente più debolezza e impotenza.
Continuò a correre, sentendosi quasi in grado di volare mentre sfrecciava tra gli alberi.
L’effetto del sangue raro divorato il giorno prima si sentiva eccome, l’energia fuoriusciva da ogni poro così come la sensazione di essere un demone potente, che nessun ammazzademoni di qualsivoglia rango poteva anche solo sognare di abbattere.
Ah, in quel momento avrebbe fatto volentieri fuori uno di loro. Adorava vederli combattere, cercare in ogni modo di recidere il suo collo puntualmente con scarsi risultati.
Adorava vedere i loro animi combattivi, soprattutto quando si spegnevano insieme alla luce dei loro occhi. Nulla era più gustoso del loro sangue caldo che scivolava giù per la gola. Per non parlare della loro carne, temprata da tanto allenamento. Non c’era paragone con quella flaccida di chi viveva nelle campagne o nei villaggi. Carne semplice, di gente semplice.
E ora Shinobu aveva proprio voglia di un pasto più pregiato.
La fortuna sembrò sorriderle così come la luna piena nel cielo blu, quando i suoi occhi violacei captarono la figura di uno spadaccino, con il suo buon profumo che già le metteva l’acquolina in bocca. Era da solo. Si posò sull’alto ramo di un albero, a debita distanza: se il ragazzo era in gamba, si sarebbe accorto presto di lei.
Eppure… non accadde. Era totalmente concentrato nei suoi allenamenti con una katana di legno, che con forza sferzava l’aria in maniera controllata. Sicuramente non si trattava di un pilastro. Doveva essere un ammazzademoni di rango basso, che stava appena imparando come usare quella che presto sarebbe diventata l’estensione del suo braccio. Però doveva ammettere che i suoi movimenti erano carichi di risolutezza, di vigore. Sembrava che nulla potesse deconcentrarlo.
Infatti, nemmeno lei ci era riuscita. Grave, un errore davvero grave.
Scese a terra con un balzo silenzioso, senza distogliere lo sguardo dalla figura della sua vittima.
E questo si voltò, senza guardarla: stava provando dei fendenti, muovendo tutto il corpo e mostrando di essere forte e capace.
Quei suoi spostamenti permisero al demone di osservare il suo viso: anche la sua carnagione era chiara, anche se non quanto quella della viola.
Solo che… aveva una particolare luce, sotto quella luna.
E gli occhi? Blu, esattamente come il cielo.
Era un giovane uomo, decisamente avvenente. Mangiarlo l’avrebbe sicuramente appagata.
Anche lei però si era distratta, lo scricchiolio di rami sotto ai piedi di un demone la colse alla sprovvista: esattamente dalla parte opposta a lei, sbucò un demone inferiore che mostrava le fauci da cui penzolava copiosa la saliva. Voleva forse rubarle la preda?!

Il demone inferiore scattò senza perdere tempo, mirando alle spalle del ragazzo.
Cosa doveva fare? Intromettersi? Il ragazzo stava davvero per morire per mano di un demone del genere?
Quella manciata di secondi di esitazione si tradusse nel giovane spadaccino che si voltò verso quello che voleva essere il suo carnefice, e che venne prontamente colpito con forza in pieno sterno.
Quel colpo servì a far tentennare il demone, ma non era quello il modo giusto per farlo fuori.
Infatti ci volle poco perché questo riuscisse a sopraffare il ragazzo, facendolo cadere a terra e lottando per saggiarne le membra.
Lui in tutta risposta cercò di tenerlo lontano con quella katana inadatta. No, non poteva farcela.
E così Shinobu si fiondò su di loro, con impressa negli occhi l’immagine dell’ammazzademoni che ce la stava mettendo tutta per non farsi divorare. Che si stava aggrappando alla vita.
Senza alcuna esitazione, staccò il capo al demone, tenendolo saldamente tra le dita dotate di unghie lunghe e affilate.
«Ragazzo, con quella katana non ci fai proprio niente. Ti devi allenare con una lama Nichirin.» affermò lei, stringendo la morsa su quella testa insulsa fino a farla esplodere. Lui, dal canto suo, la guardò stranito. «...Anche tu sei un demone.» poté leggere sorpresa nel suo viso, mista a odio. E probabilmente a disgusto. Impugnò nuovamente la katana di legno, ma nel momento stesso in cui la sollevò, con un calcio Shinobu mandò quell’oggetto inoffensivo a diversi metri di distanza.
E lo sapeva, ora avrebbe visto un’espressione familiare di puro orrore deformare il viso del giovane. Sarebbe scappato? Avrebbe pianto e urlato supplicandole di risparmiargli la vita?
Con sua enorme sorpresa lo vide estrarre qualcosa dalla giacca, e quel particolare scintillio la portò ad allungare la mano proprio in quella direzione: bloccò così un coltello diretto alla sua gola.
«Cosa fai?! Volevi forse… ucciderti?» adesso era lei ad essere stupita, e non poco. Non aveva scorto il minimo cenno di paura o di indugio. Vedeva solo tanta fermezza su quel viso. «Mi hai sconfitto. Ma non ti darò la soddisfazione di uccidermi, mi toglierò la vita io stesso.» e così dicendo, aumentò la forza del proprio polso, la cui mano era ancora stretta a quella piccola lama.
Shinobu però senza il minimo sforzo lo stava tenendo perfettamente immobile.
«Dai così poco valore alla tua vita?» mormorò lei, guardando quel ragazzo davvero debole rispetto ad ella. Un fulmine di sofferenza attraversò il suo volto. «Siete voi che non date minimamente valore alla vita umana!» sbraitò lui in risposta, facendo quasi sussultare un demone come lei.
Quanto tempo era passato da quando aveva visto un simile vigore? Era come una fiamma viva.
E lei poteva spegnerla da un momento all’altro. Inclinò il capo di lato, avvicinando appena il viso.
«Avresti potuto tentare di uccidere me.» e sì, era perfettamente consapevole che suonava insana l’idea di quel ragazzo che l’affrontava con una lama dalla dimensioni tanto ridotte, più adatte a sbucciare una mela.
«Non sono forte abbastanza… non sono stato forte abbastanza.» abbassò lo sguardo, afflitto, ma Shinobu non distolse il proprio da lui neanche per un millisecondo. Un’altra cosa insana era che si stava trattenendo a parlare con un umano, anziché divorarlo senza pietà e senza attendere.
«...Cosa aspetti a mangiarmi?» già, cosa stava aspettando?
Scrutò il suo volto, ne studiò l’espressione e i lineamenti. E lasciò passare un’interminabile manciata di secondi, prima di mollare la presa dal suo polso.
Proprio non riusciva a spiegarsi il motivo. Possibile che la sua forza spirituale l’avesse colpita tanto? Vi rimuginò su, e solo dopo riportò lo sguardo sul giovane, dal viso che lasciava trapelare non poco stupore. «Allenati di più. Diventa più forte.» quelle furono le ultime parole che fuoriuscirono dalle labbra della donna minuta ma che conosceva il vero significato della forza, almeno per quanto riguarda quella fisica. Lanciò un ultimo sguardo all’aspirante ammazzademoni, prima di allontanarsi e salire su un ramo, da cui sarebbe partita una corsa attraverso la foresta.
E così fece, avviandosi verso una meta ignota, con tanti dubbi alla mente, e con un «Perché?» che risuonò in quell’area, urlato da una preda che aveva volutamente lasciato andare.
Perché non lo aveva mangiato? Se lo chiese, Shinobu, mentre aumentava sempre di più la distanza da lui. Come se avesse potuto cambiare idea da un momento all’altro.

Mai era successa una cosa del genere, mai prima d’ora. I demoni non erano in grado di mostrare compassione, per loro era inconcepibile l’idea di risparmiare una vita umana. Ma era davvero la compassione ad averla trattenuta? Non ne era tanto sicura. Fatto sta che ora avrebbe dovuto cambiare bersaglio.
La vittima su cui ripiegò era un ragazzo di ritorno da una serata alle terme, tutto da solo – un errore fatale. Ma anche se avesse avuto compagnia, il fatto che avesse incontrato proprio lei sul proprio cammino aveva significato morte certa. La sua carne era sostanziosa, ma il sapore non era nulla di speciale. Si ripulì del sangue che le aveva macchiato il viso con il dorso della mano, pensierosa, mentre davanti a sé giacevano i vestiti in un lago di liquido rosso cremisi.
La cattiva sorte era capitata a questo umano, mentre quello che aveva incontrato prima l’aveva scampata. Poteva considerarsi estremamente fortunato.
E la viola sperò in cuor suo che egli avrebbe fatto uso di quella concessione di vita in maniera produttiva ed intelligente, oltre che diligente. Sarebbe diventato più forte?
Un giorno forse avrebbe potuto constatarlo, se mai lo avesse rivisto.

 

  
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