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Autore: Jeremymarsh    02/12/2022    3 recensioni
Una volta si erano ripromessi di affrontare ogni cosa insieme, ma poi lui le aveva lasciato la mano, abbandonandola di nuovo.
Ora lei lo ha ritrovato e riportato nel Dritto, incurante delle conseguenze, ma si renderà conto che la parte più difficile deve ancora arrivare.
Ofelia e Thorn scopriranno che prima di amarsi, prima di cominciare quella vita tanto agognata, dovranno trovare il coraggio per affrontare ciò che sono diventati. Eppure nemmeno quello avrà importanza, se prima non impareranno a condividere i rimorsi e le proprie paure.
Scopriranno che l’unico modo per curare le ferite e colmare i vuoti sarà affidarsi all’altro e cominciare un nuovo viaggio insieme.
Genere: Angst, Hurt/Comfort, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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N/A: Ed eccoci al penultimo capitolo della storia - non sembra vero! 
Spero vi piaccia e, soprattutto, che vi piaccia l'Ofelia che andrete a leggere 😉. 
Un piccolo appunto da farvi, invece, riguarda il modo in cui ho continuato a riferirmi a Ofelia e Thorn come moglie e marito anche dopo l'annullamento del matrimonio. Penso sia abbastanza chiaro che l'ho fatto perché i due continuano a considerarsi tali - dopo tutto, ora si risposano - ma volevo precisare nel caso qualcuno avesse avuto dubbi. 

Detto ciò, vi auguro buona lettura e spero di tornare presto con l'epilogo. Un abbraccio!







Matrimonio 

 

 

La mattina del matrimonio, Thorn si svegliò di buon’ora sentendo i rumori insoliti che si diffondevano nell’ambiente, sicuramente causati da ospiti indesiderati che avevano deciso — di loro sponte e senza alcun permesso — di occupare le stanze libere del suo castello. La sera prima aveva lasciato correre, preoccupato per lo stato d’animo di Ofelia, ma in quel momento non riuscì a trattenere il malumore.  

Accanto a lui, la moglie si svegliò captando subito ciò che gli passava per la testa. Gli cinse l’addome da dietro e lo baciò tra le clavicole a mo’ di buongiorno, pensando che quel giorno importante non doveva essere macchiato da certi pensieri e che, dunque, era suo dovere distrarlo e calmarlo.  

Ci riuscì senza problemi.  

Poco dopo, infatti, nella mente di Thorn non rimase altro che la sensazione della pelle calda di lei contro la sua, del suo corpo che si muoveva sotto il suo, delle braccia che lo stringevano ancora più a sé e di quel calore che lo stringeva fino a soffocarlo e poi fargli provare il piacere più intenso. Si mosse in lei ancora e ancora, accogliendo quelle sensazioni meravigliose e grato a Ofelia per avergli ricordato cosa fosse davvero importante. Le sue grandi mani percorsero tutto il suo corpo, le dita affondarono nella carne, le labbra la marchiarono e non solo alla ricerca di uno sfogo per quel desiderio che lo bruciava dentro, ma anche dell’ennesima rassicurazione che tutto fosse reale, solo per lui. Il modo in cui gli rispondeva, poi, lo lasciava sempre senza parole, ma non dubitava più delle proprie capacità e poteva solo essere grato del modo in cui facilmente riusciva a soddisfarla. E ogni ansito, preghiera o mormorio la rendeva ancora più bella ai suoi occhi; ogni volta che apriva le labbra in un grido muto o inarcava la schiena gli ricordava quanto fosse fortunato ad averla tutta per sé, ad averla ritrovata.  

Tuttavia, quel benessere non durò a lungo perché presto, mentre erano ancora preda della passione, la porta della camera padronale si aprì, cogliendoli impreparati e rivelando la fonte di ogni loro guaio dalla sera precedente.  

“Ofelia, per amore di ogni Antenato. È tardissimo, dobbiamo-” 

I due amanti cessarono ogni attività all’istante e se Ofelia non poté far altro che rimanere pietrificata mentre sua madre irrompeva in un momento tanto delicato e intimo, lo shock per Thorn durò molto di meno. Reagì immediatamente.  

“Fuori!” urlò, imbestialito, la voce bassa e letale, gli occhi ridotti a due fessure e il corpo in posizione d’attacco. Interruppe la suocera senza remore – proprio come avevano fatto qualche secondo prima lei e la figlia maggiore – e la fulminò con lo sguardo, sicuro che quel poco sarebbe bastato a intimidirla. Non avrebbe mai creduto le due donne capaci di un’azione simile e ora non riusciva più a contenere la propria rabbia né a tenere a freno gli Artigli. Questa volta, nemmeno Ofelia avrebbe potuto aiutarlo.  

“Ma insomma, come vi permet-” 

“Ho detto: fuori!” Se avesse potuto – ovvero, se non fosse stato nudo – Thorn avrebbe provato non poca soddisfazione nel troneggiare sulla donna bassa e grassoccia e incuterle timore senza nemmeno dover utilizzare gli Artigli. Ma se non fosse scomparsa dalla sua vista a breve, non sapeva nemmeno lui cosa sarebbe stato in grado di fare. 

Attratte dalle urla, giunsero anche le zie, scioccate, che si accorsero subito della situazione osservando l’espressione furiosa di Thorn e quella imbarazzata di Ofelia. Roseline si portò le mani alla bocca e poi cominciò a pregare un qualche Antenato, mentre Berenilde allontanò di peso le due Animiste colpevoli, il tono autoritario e per nulla contenta di ciò che era accaduto. Prima di sparire, la dama si voltò un’ultima volta verso i due per offrire un sorriso contrito, ma non servì a nulla perché lei stessa era consapevole di quanto la situazione fosse improvvisamente precipitata. 

Non appena la porta fu nuovamente chiusa, Thorn scacciò via le lenzuola e come un tornado, cominciò a vestirsi di tutto punto, avendo raggiunto il limite, pronto a impartire più di una lezione a quei parenti invadenti. Ofelia, sapendo di non poter evitare ciò che sarebbe accaduto a breve, seguì il suo esempio e si vestì.  

“Thorn, mi spiace. Io-”  

La testa di lui scattò nella sua direzione mentre le dita continuavano ad allacciare i bottoni in modo automatico; lo sguardo che le lanciò le fece intendere che non avrebbe dovuto concludere la frase.  

Ci mancava solo che ora lei si scusasse per avere parenti del genere.  

Ofelia non tentò, dunque, nemmeno di confortarlo in altro modo, riconoscendo che era inutile, soprattutto perché lei stessa stava facendo fatica a controllarsi. Ma le sorprese non erano finite e quando svoltarono il corridoio che si affacciava nel salotto, udirono chiaramente quali erano i piani che erano stati loro nascosti finora.  

“Cosa mai vi è saltato in testa?” stava sbraitando Roseline che non poteva credere alle azioni della sorella e della nipote. Certo, viveva da tanto al Polo, ma non aveva mica dimenticato le usanze della sua arca natale, anzi, e ciò che avevano appena fatto di sicuro non rientrava tra quelle.  

“Questo dovrei essere io a chiederlo a te, Roseline!” sbottò Sophie. “Non importa cosa abbiano mai pensato quei due, ma da sua chaperon non avresti dovuto permettere a Ofelia di restare in questa casa una volta che il matrimonio era stato annullato. Dov’è finito il decoro? Dormire nello stesso letto, intrattenere un uomo che non è suo marito. Ahi, ahi, cosa ho fatto mai per meritarmi tutto questo?” 

Berenilde, che stava cominciando a comprendere i suoi errori così come Roseline, vedeva ora tutto più chiaro e si imbestialì nel sentire certe parole. “Se non avete capito il motivo per cui i nostri figli hanno fatto quel che hanno fatto, non è un mio problema, ma non vi permetto di offendere così Thorn e Ofelia davanti a me né di arrogarvi certi diritti. Ciò che avete fatto è vergognoso ed esigo delle scuse in loro vece.” 

Sophie tirò il fiato, scioccata, portandosi le mani al petto. “Io non-” 

“Devo ricordarvi della cerimonia imminente?” la interruppe Agatha, rivolta a Berenilde, per lei l’unica che in quella situazione potesse rinsavire e risolvere tutto. “Sarebbe meglio non scandalizzarci troppo e sbrigarci. Gli invitati saranno qui a momenti e gli sposi non sono minimamente pronti. Che figura faremmo?” Ma se si aspettava un qualche tipo di aiuto da parte della dama si sbagliava di grosso.  

Eppure, Berenilde non ebbe modo di castigarla perché a quel punto Thorn ritenne necessario intervenire, schiarendosi la voce per portare l’attenzione delle quattro su di sé. Lui e Ofelia avevano ascoltato tutto e fu proprio quest’ultima, la cui rabbia ora prevaleva su quella del marito, a prendere parola.  

I pugni stretti lungo i fianchi, il corpo che tremava, il capo calato e la sciarpa arrampicata attorno a lei che si agitava furiosa rivelarono loro lo stato d’animo della giovane. “Sono consapevole dei miei sbagli in questi anni in cui non avete avuto mie notizie ed ero pronta a scusarmi con voi per ogni pena, tuttavia mai... mai vi avrei creduto capaci di arrivare a tanto.” Alzò il volto e mostrò loro gli occhi pieni di lacrime e l’espressione ferita. “Questo giorno per me e Thorn significava molto ma, ancora una volta, nel tentativo di avere l’ultima parola e impicciarvi di cose che non vi riguardano, avete rovinato tutto.” Poi si rivolse alle zie. “Berenilde, Roseline, sapete bene cosa io provi per voi e avevo ingenuamente creduto che aveste capito cosa desiderassimo, ma mi sbagliavo.” Lui allungo la mano per schiuderle il pugno sinistro e poi intrecciare le loro dita, non volendo interromperla ma, allo stesso tempo, cercando di darle forza.  

“È il nostro giorno, e questa volta vorremmo un matrimonio che segua le nostre preferenze. Dimenticate ogni cosa che avete organizzato e ritirate ogni invito. Se voi volete ancora esserne parte ce lo farete sapere entro mezzogiorno.” E, detto ciò, fece dietrofront portando con sé il rumore dei suoi singhiozzi. Thorn la seguì un secondo dopo, non prima di avere lanciato a tutte un’occhiata omicida per far capire loro cosa pensasse di quel che avevano fatto, ma soprattutto incollerito per il dolore che tutto ciò aveva causato alla moglie.  

Tra coloro che erano rimasti nel salotto, Berenilde e Roseline si guardarono negli occhi, le loro espressioni contrite identiche, e si scambiarono un messaggio muto. 

Avevano involontariamente causato quel problema e sarebbe stato dunque loro dovere risolverlo.  

  

*** 

 

Quando Thorn raggiunse Ofelia, la donna stava cercando di tenersi occupata armeggiando con vari oggetti della stanza da letto che, però, contagiati dal suo turbamento interiore, le scappavano in continuazione contribuendo a loro volta al suo malumore. Le si avvicinò piano, poggiandole le mani sui fianchi, e solo allora lei si bloccò. Si irrigidì, poi lentamente inspirò ed espirò come nel tentativo di darsi un contegno, ma Thorn non la lasciò nemmeno per un attimo. A quel punto, come se avesse ricevuto il permesso di crollare, riprese a piangere, voltandosi verso di lui e rifugiandosi nel suo petto.  

Lui continuò ad abbracciarla per qualche minuto, non trovando le parole adatte e lasciando che sfogasse il dolore dato da quell’ultima delusione, anche se desiderò poterle dare più del silenzio; avrebbe voluto ricordarle che in realtà era molto amata e che quelle intromissioni era proprio frutto di quel sentimento, ma era difficile anche per lui crederlo in quel momento. Per di più, era Ofelia che di solito forniva consolazioni simili.  

“Ho vissuto a lungo con loro e ancora non capiscono che non desidero fronzoli o cerimonie; ancora si ostinano a voler imporre i loro dogmi su di me. Non devo mica impressionare qualcuno né temere che il mio fidanzato mi molli perché non sono adeguata,” bofonchiò irritata, interrompendosi solo nel sentire la risata quasi silenziosa del marito. Sorrise di conseguenza. “Ti diverte la cosa?” 

Thorn scosse la testa. “Nemmeno la prima volta che ti ho vista avresti dovuto sforzarti per fare una buona impressione.” 

“Perché ero un caso perso?” lo stuzzicò lei, conoscendo già la verità.  

“No,” la contraddisse chinandosi, “perché anche impegnandoti, la percentuale di vittoria nel caso avessi voluto impedirmi di innamorarmi era uguale a zero. Ero io il caso perso.” Poi le rubò un bacio per nulla casto che ottenne l’effetto desiderato, quello di farle dimenticare ogni tristezza.  

“Ero proprio una sciocca.” Rise ricordando la prima impressione che aveva avuto di Thorn e a come aveva pensato che, fortunatamente, lui non l’avrebbe mai amata. E invece...  

“Siamo in due. E oggi ci sposeremo come avremmo dovuto fare la prima volta, anzi, come entrambi abbiamo sempre voluto fare. Non mi importa se saremo solo noi due e colui che ufficerà la cerimonia: ho bisogno di te, nessun altro.” E al contrario di ciò che aveva inizialmente pensato, aveva appena trovato le parole giusto per consolarla, proprio come gli disse lei poco dopo.  

Si alzò in punta di piedi, gli cinse il collo con le braccia e lo baciò a stampo. “Non so cosa farei senza di te. Dici sempre ciò che ho bisogno di sentirmi dire.” 

 

***  

 

In seguito, quando tornarono in salotto per annunciare la decisione presa, trovano le due zie alla presa con la testardaggine di Sophie e Agatha e quel poco bastò a Thorn per fargli capire da chi la moglie avesse preso quel tratto. Fu sollevato nel sentire le voci di Berenilde e Roseline alzarsi in loro difesa – soprattutto considerando che erano la causa principale di quello scompiglio –, ma non avrebbero ottenuto nulla pur continuando per ore.   

Si schiarì una seconda volta la gola e lasciò ancora che Ofelia parlasse per entrambi. “Mamma, come ho già detto prima, sono dispiaciuta per il mio comportamento degli ultimi anni ed è per questo che ieri sera, nonostante il vostro arrivo sia stato improvviso, ho accettato questa vostra sorpresa. Tuttavia, vorrei ricordarvi che non sono più quella ragazzina ribelle di un tempo, ma una donna adulta e responsabile che sa prendere le sue decisioni. Per questo motivo, la vostra iniziativa mi ha profondamente offesa e non sono più disposta a farmi trattare in questo modo.”  

“Ofelia.” Sophie si alzò tutta impettita e la raggiunse, guardandola dal basso verso l’alto con la sua tipica espressione seria e a tratti scandalizzata. “È facile dirsi responsabile, tuttavia le tue azioni da quando hai messo piede su quest’arca dimostrano il contrario.” 

Nonostante Sophie fosse ancora sul piede di guerra, Ofelia le sorrise. “È normale, mamma, non trovarsi d’accordo anche se si è madre e figlia e, dopo tutto, le nostre personalità si sono sempre scontrate. Ma ciò che forse non vi è chiaro è che non vi sto chiedendo alcun permesso; non ne ho più bisogno.” Alzò il volto e incrociò gli sguardi degli altri presenti. “Sono qui, invece, per informarvi che nonostante gli attuali attriti, il mio affetto per voi non ne ha mai risentito. Per questo, vorrei avervi tutti presenti quando, questo pomeriggio, sposerò una seconda volta mio marito nel cortile di casa nostra. Sarà una cerimonia intima e destinata solo ai familiari stretti – veramente stretti.” 

“Ofelia, non capisci,” cercò di farla ragionare la sorella. “Questo è un momento importante e proprio perché la prima volta ci sono stati dei disguidi,” tutti tranne Sophie storsero la bocca per l’uso di quell’ultima parola, come se il fatto che Thorn fosse stato incarcerato e condannato all’epoca potesse essere definito un disguido, “è fondamentale che adesso tutto vada come programmato.” Come Sophie, anche lei cercava di mostrarsi autoritaria e sicura di sé, come se stesse spiegando a un bambino dove questo aveva sbagliato.  

E così come aveva fatto con Sophie, Ofelia sorrise, ogni forma di collera dimenticata. Non poteva, d’altronde, sperare di cambiare le due donne, come loro non l’avrebbero mai spuntata su di lei. “Hai ragione: tutto deve andare come abbiamo programmato io e Thorn.”  

La voce risuonò nella stanza con tale finalità da interrompere anche il flusso delle lacrime di coccodrillo di Sophie. “Non dirai sul serio, figliola!”  

Ofelia annuì. “Ovviamente mi spiacerebbe se non foste presenti, ma la cerimonia si terrà in ogni caso. A voi la scelta. Ora, se volete scusarci, vorremmo prepararci così da essere perfetti per il nostro matrimonio.” 

E mentre andavano via, a nessuno sfuggì il mormorio di Thorn – più serio che mai – a che le ricordava come lei non avesse bisogno di prepararsi per essere perfetta.  

Era chiaro più che mai che quei due avevano davvero fatto passi da gigante.  

 

***  

 

Da quel momento in poi, tutto proseguì a gonfie vele, proprio come aveva predetto Ofelia la sera prima e nessuno ebbe più nulla da ridire. Dopo tutto, chiunque avrebbe avuto anche solo l’intenzione di farlo sarebbe stato zittito dai sorrisi sinceri e appagati sui volti degli sposi e dall’aria che si respirava in quel piccolo gazebo allestito per l’occasione nel cortile del castello.  

Al suo interno, in modo molto semplice e immediato, Thorn e Ofelia tornarono a essere marito e moglie per la legge. Non ebbero occhi per nessun altro durante l’intera cerimonia e l’Intendente non si lasciò distrarre nemmeno dalle provocazioni di Archibald, il quale aveva addirittura abbandonato i vestiti malconci, ma non il cilindro rattoppato con il quale la figlioccia aveva cominciato a giocare quando l’evento aveva perso per lei ogni attrattiva. A un certo punto, interruppe a gran voce il magistrato per chiedergli di lasciargli ripetere anche la Cerimonia del Dono, sebbene fosse impossibile, ma poi quando cominciò a colargli sangue dal naso scoppiò semplicemente a ridere mentre prendeva un fazzoletto per tamponarsi. Non era stato Thorn a ferirlo, però, bensì Berenilde accanto a lui, che per tutto il tempo non aveva fatto altro che piangere, mandando all’aria ogni decoro. Non capitava tutti i giorni, d’altronde, di vedere il proprio figlio sposarsi – a tutti gli effetti questo era Thorn per lei. 

In seguito, tutti si accomodarono alla lunga tavola imbandita per ospitare i pochi commensali e gli Animisti si mischiarono agli abitanti del Polo. Ogni differenza e discordia sparì, rimasero gli abbracci, le risate e non mancarono gli scherzi – sia da parte delle persone che dagli oggetti. Per quella sera, fu facile dimenticare i dolori e le perdite degli anni trascorsi o coloro che non potevano essere presenti e anche se i ricordi non sarebbero mai spariti del tutto così come le conseguenze, sia buone che cattive, andava bene così.  

Domani tutto sarebbe tornato alla normalità e ognuno alle sue responsabilità, ma nel frattempo Thorn e Ofelia si godevano il momento a lungo desiderato.   

  

   
 
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